24. "Fidati"
Evidentemente Ander non era stato placcato a terra abbastanza. I soldati non lo avevano toccato, nè tantomeno perquisito, e questo gli ha dato modo di sfilare la pistola nascosta all'interno dei suoi pantaloni. I due spari che si sono succeduti a distanza di due secondi l'uno dall'altro hanno sconvolto entrambi i gruppi di soldati, gli americani che stringevano le braccia di David e i russi addossati alla parete opposta con le mani sollevate sulla testa, in posizione arrendevole.
I
l silenzio che segue gli spari è agghiacciante.
Ander ha il capo rivolto a terra, con una chiazza di sangue che si allarga sotto di lui mentre Beck si porta entrambe le mani allo stomaco, abbassando la testa e tremando.
E' successo tutto in un attimo.
Quando ha notato l'arma di Ander ha fatto un rapido spostamento di lato prima che premesse il grilletto. Nota la sua maglietta pulita e nessun proiettile conficcato nella pelle, così si gira a vedere David, con le braccia ancora strette nelle mani dei soldati. David, però, è piegato in avanti e una macchia di sangue sempre più grande gli sporca tutta la maglietta.
Le mani di Beck iniziano a tremare e gli va incontro, notandolo piegarsi in avanti e le gambe che non lo reggono più. I due soldati lo appoggiano a terra, parlando nei loro trasmettitori affinché facciano arrivare subito una pattuglia di soccorso.
Beck non ci aveva neanche pensato. Era davanti a David quando Ander ha sparato, quindi nel momento stesso in cui lo sparo è partito e lei si è fatta da parte, la traiettoria ha condotto il proiettile dritto verso David, immobilizzato dalle guardie.
Beck inizia a piangere più violentemente, con le mani in aria e le dita che tremano, frementi di poter fare qualcosa che non le è concesso. David ha i denti digrignati e l'aria che esce pesante dalla sua bocca. "Resisti" dice Beck mentre cerca di bloccargli il sangue, spingendo le mani contro la ferita sull'addome. "Ti prego, David" dice, premendo contro la sua pancia.
Il petto le brucia e le lacrime le offuscano la vista. "Io non volevo questo, non deve finire così" dice, stringendo i denti. David guarda i suoi occhi scuri e serra le labbra. Beck nota il suo mento tremare ma lui non dice niente. Solleva di poco una mano e la appoggia su quelle di Beck imbrattate di sangue. Un singhiozzo la scuote violentemente mentre intorno a loro c'è solo caos. Il viso di David diventa sempre più pallido e i suoi occhi faticano a stare aperti. "No, David" dice Beck, spostando una mano sporca e avvicinandola al suo viso. La posa sulla guancia fredda del ragazzo, scuotendola leggermente. "Resisti! Devi tenere gli occhi aperti" continua. "I soccorsi stanno arrivando."
Ma le palpebre di David sono pesanti. Le sue labbra esangui si schiudono e i suoi respiri diventano sempre più lenti. "Va.. bene" sussurra, tanto che Beck fatica ad ascoltarlo. Il viso di Beck è inondato dalle lacrime e non riesce a controllare il suo pianto. Le sue dita sporche macchiano la palle candida di David, i suoi capelli chiari gli coprono la fronte e il suo petto continua ad alzarsi e ad abbassarsi sempre più lentamente.
"Resta con me" dice Beck avvicinandosi al suo viso. "E' colpa mia. Solo mia. Non dovevo chiamare gli americani, dovevo lasciare le cose come stavano-"
David scuote soltanto la testa. Sente le forze venir meno, eppure riesce ancora a tenere la sua mano su quella di Beck. Il suono di sirene in avvicinamento. Vorrebbe rincuorarla ma sente che il suo tempo, in quell'istante, sta scadendo. Non basta per dirle tutto. All'improvviso i soldati russi ricevono un messaggio nei loro altoparlanti. La voce dall'altra parte dell'apparecchio parla troppo velocemente e, anche volendo, Beck non capirebbe nulla in quel momento. I russi annuiscono, dopodiché sollevano di nuovo le mani e annunciano in un inglese forzato. "Abbiamo l'ordine di ritirata."
David ha ascoltato tutto e annuisce silenziosamente. "Fidati" bisbiglia a Beck. La ferita all'addome gli smorza il respiro, così contrae le labbra per lasciarle un ultimo sorriso.
I suoi occhi si chiudono.
Forse è questo quello che si prova ad avere un cuore spezzato.
Una fitta al petto che ti smorza il fiato e ti lascia boccheggiare senza forza di reagire. Il corpo si paralizza e cerchi di respirare, non riuscendoci. Le mani di Beck si aggrappano al petto di David, stringendo in due pugni il tessuto della maglietta. Non ha fiato in gola. I suoi occhi sono sbarrati su quel volto pallido e il petto supplica di inspirare un po' d'aria.
Tutto intorno i suoni si fanno indistinti. Beck percepisce solo un fischio che le trapassa il timpano. Non ha la forza di alzarsi in piedi. Rimane lì, stesa su quel corpo inerme. Sotto i palmi delle mani non sente alcun battito, quel ritmo costante che l'ha sempre calmata e confortata in ogni occasione. Si porta una mano al petto, spingendosela contro per attutire quella fitta che la fa boccheggiare e non le permette di chiedere nemmeno aiuto.
La pattuglia di soccorso è arrivata ma le loro mani non indugiano per niente sul corpo di David. Lo lasciano lì, steso per terra e con il sangue che ormai ha imbrattato tutta la maglietta. I medici vanno direttamente da Beck e la spostano dal suo corpo, trascinandosela dietro. Le danno subito una mascherina dell'ossigeno e la controllano, notando tutto il sangue di cui è sporca e per accertarsi che non abbia ferite. Gli occhi di Beck, però, sono fissi su quel corpo immobile che viene lentamente coperto da un lenzuolo. I singhiozzi le scuotono il petto e allunga una mano in quella direzione. Non vuole che glielo portino via.
David deve restare con lei. Devono fare ancora tanti viaggi insieme, condividere nuove esperienze che aggiungerebbero alla loro collezione personale. Non possono portarlo via.
Non di fronte a tutte le avventure che la vita potrebbe dispiegare davanti ai loro occhi, imboccando quelle vie con le mani unite e i sorrisi spensierati sul volto.
"Signorina Smithers. " Un soldato si è chinato davanti a lei. "Le siamo debitori. Lei ha salvato gli Stati Uniti" le dice, abbozzando un sorriso.
Beck non lo guarda nemmeno in faccia. I suoi occhi sono fissi su un punto distante. In quel momento, l'unica cosa che avrebbe voluto salvare è David. Se n'è andato per colpa sua. Salvare gli Stati Uniti le ha portato via l'unica persona indispensabile della sua vita, il suo unico porto sicuro.
Diranno forse che salvare l'America, la sua casa, è più importante di preservare un segreto, un traditore della patria. Ma lei è una viaggiatrice del tempo, ha l'eternità davanti a sè. Ogni posto potrebbe essere casa sua, ma non è pronta ad affrontare il Tempo senza l'unica persona che l'ha fatta tornare ad essere quella che era un tempo, mettendo da parte quell'involucro che ha cercato per anni di reprimere i suoi sentimenti per non rimanere di nuovo sconfitta. Ma la nostra storia è condannata a ripetersi, e forse Beck l'avrebbe dovuto capire che aprirsi ai sentimenti l'avrebbe fatta soffrire di nuovo, come quando aveva diciassette anni.
Il soldato continua a starle inginocchiato davanti ma, di fronte il silenzio di Beck, è costretto a rimettersi in piedi e a far rompere le righe ai suoi uomini.
New York è salva, il mondo è stato salvato, ma Beck si sente frantumata.
La mascherina continua a darle l'aria di cui ha bisogno ma non riesce a rispondere a nessuna domanda che le viene posta.
Dopo un tempo infinito, controlli vari e una ripulita viene condotta nella sua stanza. Quelle pareti vuote, quel letto ordinato e i vestiti ordinatamente disposti nell'armadio la accolgono in silenzio. Si stende sul letto, rimanendo a guardare il soffitto immobile. Leyla, il suo robot personale, si va a sedere ai piedi del letto, rimanendo in silenzio insieme a Beck.
Le ore passano, il sole cala dietro la linea dell'orizzonte e le luci al neon dell'Arché iniziano ad illuminare tutto l'edificio. Ora l'istituto non ha neanche un capo. Tutti i dipendenti verranno cacciati via e i viaggi nel tempo, i progressi scientifici effettuati lì dentro diventeranno solo un lontano ricordo. Un lieve bussare alla porta desta l'attenzione di Leyla, rimasta accanto a Beck per tutto il tempo. "Vuoi che vada ad aprire?" domanda con voce flebile.
Rebeckah prende un ampio respiro. Ci pensa un istante. Le fa davvero bene rimanere da sola? Annuisce al suo robot, sollevandosi leggermente e appoggiando la schiena contro la testiera del letto. Il suo corpo è indolenzito e il profumo del bagnoshiuma con cui l'hanno fatta lavare le arriva dritto alla narici. Leyla va ad aprire la porta, dopodiché nella stanza entrano lentamente Clarisse e Richard, mantenendo tra le mani delle buste di carta. "Ciao, Beck" dice la ragazza, avvicinandosi alla scrivania e lasciando le buste sul ripiano. "So che non ne hai intenzione, ma ti ho portato delle cose da mangiare."
Beck prende un ampio respiro, poi riporta gli occhi sulle sue dita, inziando a giocarci. Clarisse fa un cenno a Richard, poi lei si va a sedere accanto a Beck e lui alla scrivania.
Clarisse le appoggia una mano sulle dita infreddolite e rimane così, infondendole un po' di calore.
"Cosa sta succedendo fuori?" domanda Beck all'improvviso. La sua voce roca desta l'attenzione di tutti.
Clarisse ingoia a vuoto, leccandosi le labbra. "La gente vuole che l'Arché venga chiuso all'istante." Beck ingoia a vuoto. D'altronde se lo aspettava. "Credono sia meglio, così nessun altro scienziato potrà attentare di nuovo il mondo."
Rebeckah annuisce, sentendo ancora le dita dell'amica accarezzarla dolcemente. "Cos'altro hanno detto in tv?"
Clarisse abbozza un sorriso. "Che New York è salva grazie a Rebeckah Smithers."
"E nessuno ha menzionato David?"
Questa volta è Richard a risponderle. "No, Beck."
"Devono farlo" dice la ragazza digrignando i denti. "Se non fosse stato per lui, niente di tutto questo sarebbe stato possibile." Scatta seduta, scuotendo la testa. "Andrò a parlare io con i giornalisti-"
"Beck, non credo sia la miglior cosa da fare."
"Perché?" sbotta lei. "Come potete pensare che rimarrò qui a sorbirmi tutte quelle cazzate di cui stanno parlando, lasciando il nome di David nel fango? Non lo avrebbe voluto-"
"Beck, hanno detto che è russo-"
"Non me ne frega niente. Non posso rimanere in silenzio. Che sia russo o che sia americano, lui ha salvato gli Stati Uniti, indipendentemente dal suo errore. Lui aveva cambiato idea, non poteva tradirmi."
"Ma lo ha fatto" dice Clarisse sottovoce, richiamando la sua attenzione. Gli occhi scuri di Beck, iniettati di sangue, si posano sull'amica. "E' stato lui a far arrivare i nemici qui."
"Se non fosse stato per lui, io starei ancora nel 2019 a costruirmi una vita senza alcun ricordo di me. Senza David, non avrei scoperto che mia madre mi aveva lasciato l'antidoto con cui salvare tutti. Senza David, io non sarei tornata perché ha perso giorni interi per costruirmi il mio orologio!" esclama, mostrando il suo polso. La sua voce si spezza, ma non ha più lacrime da versare. "Che nessuno venga a dirmi che il merito di aver salvato New York spetta a me." Si alza in piedi e si dirige fuori dalla stanza. Clarisse e Richard la seguono a ruota, vedendola marciare lungo i corridoi illuminati dell'edificio quasi svuotato. Quando esce dall'istituto una valanga di giornalisti la circondano e non le permettono di proseguire. La riempiono di domande e all'ennesima "Lei ci ha salvato!" Beck alza le mani per zittirli tutti.
"Basta!" urla mentre le telecamere vengono puntate sul suo corpo appesantito dalla tristezza e dalla rabbia che sta provando in quel momento. "Basta dire che c'entro io con tutto questo. Voglio che tutto il mondo sappia la verità, ovvero che David Copper ha salvato il mondo."
"Vorrebbe dire Dimitri-" Inizia a correggerla un giornalista.
Beck lo ammonisce. "Non c'è nessun Dimitri" grida. "L'unica persona che il mondo ha conosciuto è David Copper, un ragazzo che è arrivato a New York quando aveva appena sei anni. Lui è cresciuto qui, ha convissuto con la tristezza della separazione dal suo luogo di nascita ma soprattutto dai suoi genitori, brutalmente uccisi da Ander Sharman."
"Vorrebbe dire che il direttore era coinvolto in un omicidio?"
"Sì" dice.
"Ma era di famiglia!" esclama un'altra giornalista.
"Questo non gli ha tolto possibilità di fare comunque del male. E' stato il direttore Sharman a- " Non può dire che ha spedito nel passato i suoi genitori perché nessuno è a conoscenza dei viaggi del tempo. "- ad uccidere i miei genitori, Ellen e Jasper Smithers."
I giornalisti esplodono in una miriade di domande personali ma Beck non ha la forza di rispondere a tutte. "Quello che sono venuta a dire è che non si deve parlare male di David Copper perché mi ha salvato da Ander più di una volta e, senza di lui, Ander sarebbe ancora qui a completare il suo piano. Voleva che tutti voi dimenticaste chi siete, così da poter governare su un mondo plasmato a suo piacimento. E' stato David Copper a duplicare l'antidoto per salvare chi fosse già stato colpito, è stato lui a salvare me quando non ricordavo neanche che questa fosse la mia faccia. Quindi che nessuno osi parlare male di lui, perché forse è l'unico a cui bisognerebbe dare dei crediti." Detto questo se ne va, lasciando i giornalisti in visibilio e ancora pieni di domande. Clarisse e Richard la guardano rientrare nell'edificio, restando in silenzio. Beck si estrania, non attende nessuna risposta. Cammina imperterrita verso la sua stanza, dove Leyla la sta ancora aspettando. Il robot le abbozza un sorriso.
Beck la vede e alza un sopracciglio. "Che c'è?"
Leyla stringe le labbra. "Ti ho vista in diretta" risponde. "Sono molto fiera di te."
Rebeckah la guarda e, non riuscendo a sorridere, le si avvicina per stringerla in un abbraccio.
N/A
Ciaooo a tutti, ecco qui un nuovo capitolo!
Spero che vi sia piaciuto e, se vi va, lasciatemi qualche voto/commento! Ci vediamo al prossimo aggiornamento! ❤
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