16. E.
E' il loro ultimo tentativo.
La popolazione è in trepida attesa perché la guerra è alle porte. I loro occhi sono puntati sui monitor giganti posti nelle maggiori piazze della città, i loro cuori stretti in un'unica morsa.
Le voci dei politici si inseguono nei telegiornali, le accuse volano nel cielo internazionale.
A
ll'Archè quelle voci vengono messe da parte perché l'attenzione è tutta rivolta a David e Beck che, insieme ad altre tre coppie che si tengono per mano, sono pronti ad intraprendere il loro ultimo viaggio.
Questa volta torneranno indietro di qualche anno.
"Un'unica raccomandazione" dice Ander al di là dell'imponente scrivania che sovrasta il palchetto. "State attenti a non incontrare voi stessi."
"E qualora succedesse?"
"Non cambiate nulla" sibila Ander, serrando i denti. Guarda Beck negli occhi, leccandosi le labbra. "Avete pochi mesi a disposizione. Agite sulla Russia contemporanea." Dopodiché i viaggiatori si guardano negli occhi, prima di abbassare lo sguardo sui loro orologi stretti al polso. Inseriscono diverse coordinate e, una coppia per volta, si smaterializzano.
David e Beck si guardano negli occhi prima di sentirsi inghiottiti nel vuoto.
Riprendono forma all'Archè di sette anni prima. Si intrufolano nei corridoi e si appiattiscono contro le pareti, cercando di non dare nell'occhio. Nel momento in cui qualche ragazzo passa loro accanto, abbassano lo sguardo sul pavimento, ignorandolo. Il vociare continuo che proviene dalla fine del corridoio indica la presenza dei tirocinanti e dei viaggiatori in mensa, così lentamente vanno in quella direzione. David tiene ancora la mano stretta in quella di Beck. "Dobbiamo coprirci" dice, trascinandosela dietro e imboccando un corridoio familiare. Si bloccano davanti alla porta della stanza di David con il respiro corto.
"E' molto più difficile stare in allerta che poter essere riconosciuti" sussurra Beck mentre il ragazzo solleva l'indice per aprire la porta. Entrano nella stanza e si chiudono all'interno. "E se ci fossi stato tu qui dentro?" domanda Beck.
"Non credo. Starò in mensa con tutti gli altri." Guarda le precise coordinate indicate sul display al polso. "Beh, non proprio con tutti, considerato che fossi da solo."
Apre l'armadio e getta una maglietta a Beck che afferra al volo. Anche lui si prende un ricambio, oltre ad un cappello a visiera. La ragazza solleva un sopracciglio. "Fai sul serio?"
David alza gli occhi al cielo. "Nei film basta solo un cappello e il camuffamento funziona. Va' in bagno e cambiati senza fare storie. Ti darò un paio di occhiali."
Beck scuote la testa sorridendo, dopodiché si dirige verso il bagno della camera e si chiude all'interno. Si spoglia davanti allo specchio, tenendo gli occhi fissi sul suo corpo quando qualcosa di strano attira la sua attenzione. Riflessa nello specchio vede una mattonella del muro alle sue spalle leggermente divelta dalla parete. I suoi contorni sono marcati, come se non fosse stata incollata per bene. Infila la maglietta e si gira, sfiorando con le dita la mattonella, rendendosi conto del fatto che possa essere tolta. La sfila con le mani, scoprendo un buco all'interno della parete. Solleva un sopracciglio quando i suoi occhi si appoggiano su un plico di fogli ripiegati. Li prende senza far rumore, poi rimette la mattonella al suo posto. Trattiene quelle carte tra le mani. Dovrebbe spiarle? No.
Ma le sue mani agiscono più velocemente di quanto faccia la mente. Le sue dita stanno già scorrendo quelli che sono dei documenti intestati a due scienziati, probabilmente parenti dato il loro stesso cognome. I suoi occhi percorrono quelle scritte, incontrando una sola volta il nome dei suoi genitori. Probabilmente erano stati colleghi. Oltre a quei documenti, Beck trova una fotografia di David da piccolo, abbracciato ai suoi genitori.
Una foto.
Una carta stampata che da anni non trova più posto nel loro mondo. David e i suoi si trovano in una piazza e alle loro spalle un imponente palazzo raffinato e colmo di colori nella sua autentica e contraddistintiva architettura. Dietro la foto c'è segnata una data. Mosca, 2071. Beck sposta la fotografia e nota fogli ricolmi di appunti scritti frettolosamente e in una lingua che identifica come russo. Non inizia neanche a leggere le prime parole che un rintocco contro la porta del bagno la fa sobbalzare.
"Sei caduta nel gabinetto?" dice David al di là della porta.
"N-no!" esclama Beck, spostando la mattonella e rimettendo tutto a posto. Il cuore le batte a mille. Apre la porta. "Sono pronta."
"Bene" dice David, non accorgendosi degli occhi sgranati della ragazza che inizia lentamente a fare dei collegamenti che lui non potrebbe mai vedere. "Usciamo da qui" continua lui, dandole degli occhiali da vista finti e facendola uscire per prima dalla stanza. Tornati in corridoio si avviano verso l'uscita dell'istituto ma David si blocca, nascondendo un sorriso. "Ma tu non sei curiosa?" domanda, destando l'attenzione di Beck.
La ragazza lo guarda negli occhi chiari. "Che vuoi fare?"
Lo vede incamminarsi verso la mensa, così inizia silenziosamene a seguirlo. Quando superano l'ingresso, notano tutti i ragazzi che parlano animatamente tra di loro ma sono sprazzi di conversazione che destano in loro il ricordo di quel giorno. David e Beck si guardano negli occhi e si dirigono verso l'Aula in cui, in quel momento, gli scienziati stanno distribuendo i microfoni per i viaggi nel tempo. Incontrano i loro sè del passato, in fila e in attesa di essere ricevuti. Beck vede se stessa guardarsi intorno mentre David ha appena preso in mano il suo microfono e se l'è infilato nella tasca della camicia. Il ragazzo sorride, vedendo la sua versione passata.
Poi un lampo di genio.
Prende Beck per mano e si avvicinano, sempre cercando di non destare attenzione. David si accosta alla sua versione passata che in quel momento torna indietro con il suo nuovo strumento tecnologico, così prende la riconcorsa e in un istante fulmineo spinge il suo sè del passato, facendolo cadere su Beck. Gli da le spalle, correndo indietro e prendendo Beck per mano. Escono dall'Aula, appiattendosi contro il muro. "Ma che diam-"
"Ora ricordo" dice David, guardandola negli occhi, prima di dare una sbirciata all'interno dell'aula. Vede il suo sè del passato che parla tranquillamente con Beck, ancora in attesa di essere ricevuta. Sorride, girandosi nuovamente verso la sua compagna di viaggio. "E' il giorno in cui tu per la prima volta mi hai invitato a stare con te, Richard e Clarisse." Beck osserva i suoi occhi chiari e vorrebbe sorridere sinceramente, se solo la sua mente non fosse impegnata a pensare a tutt'altro. "E' anche il giorno in cui abbiamo iniziato ad essere amici" continua lui, abbassandosi su di lei per lasciarle un bacio tra i capelli. La sua mano cerca quella di Beck. "Adesso dobbiamo proprio andare via."
La ragazza annuisce e si lascia portare via, pronti a tentare di cambiare la storia.
Ma dopo tre mesi di permanenza nel passato, si rendono conto che non possono fare nulla e così ritornano nel 2095, quando ormai la guerra bussa alle loro porte.
*****
Rebeckah deve assolutamente tornare a casa e riprendere le cose da dove le ha lasciate. Stringe tra le dita la sua collana sferica rotta a metà e corre lungo i marciapiedi, fermandosi davanti la porta del palazzo in cui David abita. Suona il campanello e quando David apre il portone dal suo appartamento, Beck si getta a capofitto, arrampicandosi sulle scale.
Quando apre la porta, David vede Beck sostare sul pianerottolo. La ragazza si fionda su di lui, con la mente colma di ricordi e pensieri che le smorzano il respiro. Si aggrappa al collo di David, stringendolo al petto nonostante tutto. Respira il suo odore, il suo profumo di casa.
"Grazie per non esserti arreso" dice Beck contro la maglietta del ragazzo. David la stacca da sè, guardandola negli occhi, sorpreso.
"Beck..?" Inizia a dire, esaminando il suo sguardo lucido e consapevole.
"Sì" risponde lei soltanto, abbozzando un lieve sorriso. "Sono qui."
Gli occhi di David si sgranano e il sorriso che occupa il suo volto è il più grande che Beck gli avesse visto addosso negli ultimi mesi. Si stringono tra di loro, le mani aggrappate alla schiena come se avessero paura di perdersi di nuovo.
I loro cuori battono veloci e allo stesso ritmo, le mani si tengono strette accertandosi che sia tutto vero. David inspira il suo profumo, sentendola finalmente accanto a sé come è sempre stato. Quando si separano lentamente, Beck lo guarda negli occhi tornati risoluti e seri. "E' il momento di riprendere le cose da dove le ho lasciate. Devo raccontarti tutto, così sarà chiaro il biglietto che ti ho dato prima di sparire."
David annuisce, facendola entrare velocemente nel piccolo appartamento, chiudendo la porta di ingresso e accogliendola nella sua stanza. Per fortuna Andrej non c'è.
"Allora l'antidoto ha funzionato!" esclama David, sedendosi sul bordo del letto insieme a lei. "Hai avuto qualche problema al momento dell'assunzione?"
"Solo un dolore fortissimo alla testa. Ma non è questo il punto, David!" Si siede meglio sulle coperte rimboccate. Vede i suoi occhi chiari e prende le sue mani, stringendole tra le proprie. David nota il suo sguardo risoluto e nota il rancore che inizia ad accompagnare la voce ferma di Beck. La ragazza prende un ampio respiro. "Devo assolutamente parlarti del giorno in cui sono sparita."
La guerra è a New York. C'è gente che si chiude in casa, altri che corrono per le vie trascinandosi dietro i bagagli pesanti. Beck è all'interno dell'Archè ma non ha idea di dove sia David. L'istituto è sottosopra. I dipendenti si fiondano verso le uscite di emergenza per scappare e allontarsi quanto più possibile da quella zona. Rebeckah continua a correre per i corridoi, fermandosi davanti la porta di Ander. La trova socchiusa, così la spinge verso l'interno e la trova completamente sommersa da una confusione di carte e documenti gettati per terra alla rinfusa. Stuart è a capo della porta che non viene mai aperta ma il robot non si muove, come se fosse stato messo in stand-by. Beck sta attenta a non calpestare niente.
"Ander?" lo chiama, sperando che il direttore la senta. La sua scrivania è sommersa da cianfrusaglie. Trova delle chiavi ancora infilate nella toppa di uno dei cassetti. Spera di poter capire dove sia finito Ander. Magari le ha lasciato qualche indizio, un qualunque tipo di messaggio. Gira le chiavi nella toppa e apre il cassetto. All'interno ci sono innumerevoli chiavette USB. Beck le sposta con le dita, cercando di vedere se sul fondo si nasconda un messaggio scritto a mano ma l'unica cosa che vede è una chiavetta, l'unica con una lettera segnata sopra.
Una E.
Alla base del monitor acceso vi sono diverse prese in cui infilare la chiavetta. Sfila il tappo e la posiziona sulla giusta entrata. Sul monitor si apre la casella di un video che Beck fa riprodurre mentre il suo respiro inizia ad agitarsi. Si siede sulla sedia girevole e nota delle mani che smanettano di fronte la telecamera, ma quando si spostano, Rebeckah incontra il viso dolce di sua madre Ellen al di là dello schermo. "Spero funzioni" dice la voce al di là del monitor. "Ciao Beck!". Il cuore della ragazza ha un sussulto. Avvicina le dita al monitor, sfiorando il viso della madre. Una lacrima inizia a solcare la sua guancia. "Ho poco tempo a disposizione" inizia a dire la madre, così Beck mette il video in pausa e prende un pezzo di carta dalla scrivania. Impugna una penna e scrive rapidamente un messaggio per David, non avendo idea di dove sia per mostrarglielo di persona. Ho scoperto qualcosa. Vediamoci subito nella stanza di Ander. Corre verso la camera della ragazzo, la più vicina allo studio di Ander, lasciando passare il messaggio sotto la porta, dopodiché ritorna indietro e fa ripartire il video. "Ho poco tempo a disposizione" riprende Ellen, con voce tremante. Continua a guardarsi indietro, come se si aspettasse l'arrivo di qualcuno. Ha girato il video nello studio di Ander, esattamente nello stesso punto in cui Beck siede. "Non ho idea di cosa succederà ma devi assolutamente sapere-"
"Ti piace il video?" Una voce prorompe nell'ombra.
Beck salta sulla sedia, mettendo il video in pausa. Ander è al di là del monitor, leggermente chinato in avanti e oscurato dalla luminosità scarsa dello studio. La gola si fa secca, il respiro affannato. Il cuore le batte a mille nel petto. Beck si mette subito in piedi, chiudendo il video. "Non- non dovevo spiare, mi dispiace."
"Tranquilla, Beckie." Beck si rende conto solo in quel momento che la porta che Stuart stava sorvegliando non è chiusa, ma accostata. "Credo che sia arrivato, per te, il momento di conoscere la storia." Le si avvicina, le appoggia una mano sulla spalla e la guida forzatamente verso la porta socchiusa, aprendola e facendola proseguire in quel corridoio segreto che Beck non poteva sapere sua madre, tanti anni prima, percorresse praticamente ogni giorno. Beck vorrebbe scappare ma sa di non poterlo fare. Le dita delle mani le tremano, così le infila nelle tasche del pantalone. "Sono anni che avrei tanto voluto renderti partecipe di ciò, ma non l'ho fatto. Per il tuo bene." La accompagna fino ad un laboratorio, dove innumerevoli scienziati occupano delle postazione fisse, con gli occhi incollati ai loro schermi e le cuffie nelle orecchie.
Beck si guarda intorno. "Cos'è questo posto?" domanda con il cuore in gola.
"Questo è il maggior laboratorio che sia mai stato creato in questa struttura" continua a dire Ander, guidandola in quello spazio immenso. "E dove è nato Memento."
"Hai deciso di usarlo?" bisbiglia Beck.
Ander la fa fermare di fronte una cella trasparente. "Diciamo che visto il fallimento dei viaggi nel tempo, Memento sarebbe la nostra unica possibilità di vincere la guerra."
Beck guarda gli occhi chiari del direttore e si lecca le labbra secche. "Quindi tutte queste persone dimenticheranno il motivo per cui stanno combattendo?"
Ander stacca la mano dalla spalla della ragazza, avvicinandola al suo viso per lasciarle una rapida carezza. "Non solo. Sarà un mondo migliore, Beckie."
La ragazza si porta una mano alla collana sferica che le cinge il collo, dopodiché fa un passo indietro e si gira a guardare tutti quegli scienziati intenti nel loro lavoro. I suoi occhi vagano per tutta la stanza quando all'improvviso due visi conosciuti richiamano la sua attenzione. Beck schiude le labbra. "Clarisse!?" esclama, avvicinandosi alla postazione di quella che è la sua migliore amica. Sono due anni che non la vede. Accanto a lei è seduto il fratello. "Clarisse, Richard!" li chiama, sovrastando il muretto dietro cui si nasconde il monitor su cui l'amica sta lavorando. Ma Clarisse non le presta la minima attenzione. Guarda una solo volta Beck, poi si lancia una rapida occhiata con suo fratello Richard e si alza in piedi, destando l'attenzione di Ander. "Signore, vuole che la faccia scortare via?"
Beck rimane spiazzata di fronte quell'espressione. "Clarisse, sono io."
La ragazza incontra gli occhi scuri di Beck ma il suo viso non cambia espressione. Rimane impassibile, come se tutta la situazione la stesse anche un po' infastidendo.
"No, no, continui pure" risponde Ander, così Clarisse si risiede e incomincia ad ignorare Beck ancora in piedi di fronte a lei.
La ragazza allora si gira lentamente verso il direttore, guardandolo negli occhi."Cosa le è successo?"
Ander sorride, allargando le braccia. Intima a Beck di riavvicinarsi a lui. "E' una persona nuova, Beckie. Tutti saranno persone migliori."
Rebeckah sente il respiro pesante, un groppo alla base della gola. Lancia un'ultima occhiata a Clarisse, poi sente delle mani afferrarla per i polsi e trascinarla. "Ehi, ehi!" urla, iniziando a scalciare. Due scienziati la avvicinano alla cella trasparente. "Ander, di' loro di lasciarmi subito!"
"Non posso farlo, Beckie." Il direttore si abbassa su una scrivania, prendendo un pezzo di carta e scrivendoci qualcosa sopra. Si rimette dritto, tenendo tra le dita il bigliettino.
Beck continua a dimenarsi finché i due scienziati non la immobilizzano su una sedia all'interno della cella trasparente. La urla di Beck iniziano a dare fastidio agli altri dipendenti che la osservano alzando gli occhi al cielo. La ragazza sente il cuore sul punto di esploderle e la paura che le fa tremare le braccia. Ander le si accosta. "Cosa stai facendo?" esclama Beck, con le lacrime che le solcano le guance. Il direttore si abbassa su di lei, infilandole il bigliettino con su scritto Rebeckah Smithers nella tasca del pantalone.
"Ti voglio troppo bene per non darti un minimo aiuto." Lancia un'occhiata agli scienziati e Beck li vede pigiare un pulsante sulla parete esterna della cella. Viene chiusa all'interno. L'aria inizia a mancarle.
"Ander, ti prego. Ti prego, liberami!"
"Beck, questo è il mio modo per salvarti." Il petto di Beck sussulta, le cinghie sono strette intorno ai suoi polsi e alle sue caviglie. "Ti farò andare dove sono certo che riuscirai a stare meglio. Non voglio che tu faccia parte di tutto questo."
"Che cazzo mi stai facendo?" urla Beck, sentendo i singhiozzi scuoterle il busto.
Ander si accosta alla parete trasparente, appoggiandovi il palmo della mano sopra. "Abbi cura di te. E ricordati che questo ti salverà e allevierà il tuo dolore."
Un fumo denso e scuro inizia a uscire dalle fessure alla base della cella. Beck lo guarda, cercando di dimenarsi, ma le volute di fumo si inalberano lungo le pareti e incontrano presto il suo naso. Beck cerca di trattenere il respiro, ma i suoi polmoni la stanno supplicando. Quando inizia ad inspirare l'aria contraffatta, la testa le martella. Si sente schiacciare le tempie, un dolore sordo la porta ad urlare e vorrebbe cadere a terra per aggrapparsi al pavimento ma le cinghie non glielo permettono. Ander vede l'esperimento in corso, con gli occhi fissi sulla ragazza che continua a dimenarsi fin quando non si immobilizza sulla sedia e la testa le si abbassa pesantemente sul petto. Aspetta che il fumo sia sparito, poi Ander ordina agli scienziati di aprire la cella. Beck solleva la testa di scatto e guarda Ander con occhi sgranati e vacui. Si gira intorno e il direttore percepisce il suo respiro affannoso. "Va tutto bene" ma Beck continua a guardarsi intorno, non prestandogli la minima attenzione. Gli scienziati le slegano i polsi e le caviglie. Beck cade a terra e incomincia a gattonare. La testa le scoppia. Si mette seduta e si porta le mani al viso, aggrappandosi alla guance. Non sibila neanche una parola. Ander si inginocchia davanti a lei e le porta una mano al viso ma la ragazza si scosta terrorizzata, così il direttore fa un sorriso triste. "Ti voglio bene, Beckie." Si china sul polso della ragazza e digita frettolosamente sul suo display le coordinate della destinazione. Slaccia l'orologio, così appena si smaterializza scivola via dal polso di Beck. Quando la ragazza perde consistenza, Ander si china per prenderlo e trattiene l'orologio tra le dita mentre il corpo spaesato di Beck svanisce, spedito controvoglia nel 2019 e senza alcun ricordo di sè.
N/A
Ciao a tutti!
Ecco qui il capitolo relativo alla scomparsa di Beck dove alcuni punti iniziano ad essere chiariti. Spero che vi piaccia e se vi va lasciatemi qualche voto/commento! Ci vediamo al prossimo aggiornamento ❤
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top