15. Darsi una mano
Beck e David rimangono nascosti dietro una colonna, con gli occhi puntati sull'esercito in marcia. La neve cade copiosamente dalle nuvole bianche che ricoprono il cielo di Pietrogrado il 2 Marzo del 1917. Sono avvolti dai loro cappotti pesanti, i cappelli abbassati fin sull'orecchie. Un tocco alla spalla e Beck si gira spaventata. "Tornate ai vostri posti!" urla un uomo in un accento russo molto marcato. Beck annuisce - dopotutto sono anni che lei e David studiano il russo - ma rimangono dietro la colonna ancora per qualche minuto. Si guarda dietro e nota David porgere una cartellina ad un uomo con cui parla vistosamente. Aggrotta le sopracciglia. Quando David la raggiunge di nuovo, pianta i suoi occhi in quelli chiari di lui. "Cosa gli hai dato?" domanda a bassa voce mentre il rumore dei passi della calca di gente procede spedita verso il palazzo. David scuote le spalle. "Quello che ha detto Ander. Cambiare la Storia dai piccoli e forse insignificanti gesti." Beck annuisce, poi si gira e vede gli uomini iniziare a correre, arrivando in massa contro il cancello del Palazzo d'Inverno.
L
'esercito dello Zar cerca di ostacolare tutti quegli operai e quei contadini che si riversano contro i cancelli del palazzo, chiedendo impetosamente aiuto e miglioramenti.
David prende la mano di Beck e inizia a trascinarla via. "Dobbiamo andarcene" dice, retrocedendo. Beck tiene gli occhi fissi su quella rivoluzione che inizia a compiere i primi passi, lasciando un segno indelebile nella storia.
Quando rientrano in sede, Ander li aspetta dietro la postazione ma i suoi occhi sono incollati sugli schermi che in tempo reale cercano segni dell'operato dei viaggiatori. Beck nota negli occhi del direttore solo sconforto. Si scrolla la neve di dosso e si spoglia dell'indumenti pesanti, poi si accosta all'uomo con ancora le mani infreddolite e la punta del naso arrossata. "Dunque? E' cambiato qualcosa?" Ma il direttore scuote la testa. "Perché non ci stiamo riuscendo?" esclama Beck, cercando di intravedere qualcosa sui monitor, qualche dato che possa ritornarle utile.
Ander si porta una mano alla base del mento, continuando a tenere gli occhi fissi sugli schermi che gli illuminano il volto pallido. "Perché nella nostra Storia ci sono degli eventi che sono destinati a succedere." Guarda finalmente la ragazza e Beck percepisce tutto lo sconforto. Il cuore le batte nel petto. "Ho pensato che spedendovi ancora più lontano avremmo potuto contribuire maggiormente al cambiamento, ma mi sono sbagliato. Ormai c'è poco che possiamo fare."
Beck stringe tra loro le mani, cercando di riscaldarle, mentre David le si accosta e guarda Ander negli occhi. "Ci stai dicendo che la guerra per il petrolio è inevitabile?"
Il direttore guarda i due ragazzi negli occhi, serrando le labbra. Non risponde.
Beck allora sgrana gli occhi. "Ma hai sempre Memento!" dice, sussurrando verso la fine della frase.
Ander la fulmina. "Non dire il nome del progetto a voce alta, Beckie!"
"Ma quello potrebbe funzionare!" Beck guarda prima il direttore, poi sposta gli occhi su David. "Torneremo indietro nel tempo di qualche anno e azioneremo Memento così che la Russia possa dimenticare quello che pensa di voler fare, ovvero marciare contro gli Stati Uniti!" Beck sgrana gli occhi, mordendosi il labbro inferiore. "Non c'è bisogno di tornare indietro di secoli. Qualche anno basterà! Se dimenticano la guerra che hanno intenzione di avviare, non avremmo alcun problema!" David prende un ampio respiro. Le sue gote sono ancora lievemente arrossate e i capelli scompigliati sulla fronte. Beck ritorna con gli occhi su Ander. "Perché non possiamo farlo?"
E' David che risponde. "Siamo appena tornati, Beck! Sì, i postumi si sono leggermente attenuati perchè, dopotutto, sono anni che viaggiamo" dice, portandosi una mano alla tempia che ha iniziato a dolergli, preannunciando il solito mal di testa del ritorno, "ma il nostro metabolismo deve ripristinarsi prima di poter viaggiare di nuovo."
Il direttore continua a tenere le labbra serrate, passando accanto ai ragazzi e scendendo dalla pedana sopraelevata. "Il mondo non è ancora pronto per Memento, Beckie. Non può essere usato a piacimento."
La ragazza nota Ander lanciarle un'ultima occhiata, dopodiché se ne va, lasciando i due viaggiatori a guardarsi tra loro.
*****
"Sai perché sono andato in Russia?" dice David lungo la strada verso casa. Beck tiene le mani infilate nelle tasche del pantalone, gli occhi fissi sulla strada ma le orecchie drizzate verso la voce del ragazzo che le cammina accanto. Si sente un po' a disagio perché, nonostante David le parli con una certa pacatezza, i suoi pensieri vertono sulla storia che le ha raccontato. Davvero dovrebbe credere nei viaggi del tempo? Si gira a guardarlo, cercando di prestare attenzione alle parole che lentamente abbandonano le sue labbra rosee. "Per incontrare i miei nonni."
Beck aggrotta la fronte. "I tuoi nonni sono in Russia?"
David la guarda negli occhi scuri, annuendo. "Sì. Hanno vissuto per qualche anno in Russia prima di ritornare negli Stati Uniti. Mio nonno aveva ricevuto un lavoro a tempo determinato che gli è valsa parecchia fortuna."
"E come mai sei andato a trovarli?" domanda Beck, incuriosita. Sorride sovrappensiero. Il racconto di David inizia a presentare diversi buchi di trama. Non ha detto di provenire dal futuro? Sorride tra sé.
Però David le risponde subito. "Perché sono morti prima che io nascessi." Rebeckah solleva un sopracciglio. Prende un ampio respiro, ingoiando a vuoto. Fa per parlare, ma il ragazzo riprende il suo racconto, come se da tempo ne volesse parlare ma non ne ha mai avuto l'occasione. "Erano molto giovani quando mia madre è nata-"
"Sono molto giovani, David. Mi hai detto che sono vivi."
David la guarda, abbozzando un effimero sorriso. "Vero." A Beck inizia a far male la testa. Non capisce più niente. Prenderà sul serio questa storia? "E così sono andato a vedere che tipi fossero. Ho trovato la loro villetta in campagna, contornata da un giardino finemente intagliato e una piccola bambina che giocava in un finto labirinto." Rebeckah vede i suoi occhi persi in quello che dice, come se ci credesse veramente, ma lei non riesce a contemplarlo. "I miei genitori sono morti quando ero piccolo, Beck. Sono cresciuto da solo e vedere mia madre così piccola e spensierata mi ha scaldato il cuore." Prende un ampio respiro. "Mi mancano moltissimo." I suoi occhi non sono lucidi, sembrano celare qualcosa di più profondo che Beck non può e non riesce a comprendere.
"Mi dispiace, David" dice soltanto, leccandosi le labbra.
Lui scuote le spalle. "E' passato tanto tempo, Beck." La vede negli occhi, abbozzando un sorriso. "E sono quasi certo che tu non creda ad una sola cosa che ho detto."
"No, no. E' solo che-"
"Tranquilla."
Beck prende un ampio respiro, fermandosi all'ingresso della metro. "No, David. Senti, io vedo nei tuoi occhi che sei sincero. Gli occhi di un bugiardo non sarebbero così limpidi e sicuri di quello che dice."
"Dal tuo punto di vista, però, potrei essere un ottimo bugiardo."
Beck gli si avvicina e prende le sue mani calde, stringendole tra le proprie. "Il problema è che tutto questo potrebbe anche essere vero, ma non sono la persona giusta che riuscirebbe a capirti."
David prende un ampio respiro. Si libera dalle mani di Beck, infilandole in tasca per prendere la piccola quantità di antidoto che la sua collana ha nascosto per tutto quel tempo. Beck la nota, ingoiando a vuoto. "Sei tu che non vuoi far tornare la persona giusta" dice David all'improvviso, mostrandole la soluzione rossastra davanti gli occhi scuri. Beck la prende tra le dita, poi vede lui tirare fuori dalla tasca il bigliettino con il suo nome e quello che le ha mostrato il primo giorno in cui si sono visti, Ho scoperto qualcosa. Vediamoci subito nella stanza di Ander., guardando quella scrittura ordinata e da cui traspare una certa fretta. "Questo qui" dice David, facendole spostare lo sguardo da un bigliettino all'altro, "lo hai scritto tu, chiedendomi di vederci perché hai scoperto qualcosa e quest'altro con il tuo nome Ander, il direttore dell'istituto in cui lavoriamo. Sicuramente ha a che fare con tutto questo. Perché mai un bigliettino con la sua scrittura ma con il tuo nome scritto sopra era nella tasca del tuo pantalone?!" esclama, allargando le braccia. "Io ho solo bisogno che la Beck che conosco da anni mi aiuti, e può farlo solo ricordando!" David le fa chiudere la mani in pugno, dopo averle consegnato entrambi i bigliettini e facendole stringere l'antidoto tra le dita. "Ti prego, Beck. Ritorna da me perché non hai idea di quanto ne ho bisogno."
Il labbro inferiore di Rebeckah inizia a tremare. "Mettiti nei miei panni, ti prego." Lo guarda dritto negli occhi chiari. "Io sono così e non ho idea di cosa questo antidoto contenga. Non posso assumerlo come se niente fosse, non sapendo quali siano gli effetti."
"Io l'ho analizzato. Non ti farà alcun male."
"Ma io non posso saperlo, questo."
"La Beck che conosco da anni sì."
La ragazza abbassa gli occhi sulle loro mani unite, poi si libera dalla sua presa ferma e fa un passo indietro. "Devo tornare a casa, adesso. E sul serio."
David annuisce, continuando a guardarla negli occhi. "Promettimi che ci penserai. Ti prego, Beck. Sei l'unica a doverlo fare." E' disperato.
Prende un ampio respiro, dopodiché Beck si gira e procede verso le scale mobili della metro.
Solo quando torna a casa, aprendo la porta d'ingresso, ricomincia a pensare. Il silenzio in quegli ambienti vuoti è surreale ed è per questo che i suoi pensieri sono più rumorosi che mai. Lascia le chiavi sul mobiletto all'ingresso e va in soggiorno, accoccolandosi sul divano morbido circondato dall'immensa libreria che riveste i quattro angoli di quella stanza. Si stende in maniera scomposta sui cuscini, tenendo ancora tra le mani l'antidoto rossastro e i bigliettini, tra cui quello con il quale David si è presentato a casa di Benedict. Prende un ampio respiro. Si alza pesantemente dal divano e va in camera, sedendosi alla scrivania e prendendo un foglio bianco e una penna. Prova a riscrivere lo stesso messaggio senza lasciarsi condizionare dalla scrittura. Mantiene il foglio con una mano e impugna la penna con l'altra, riscrivendo esattamente le stesse parole. Quando mette le due grafie accanto, si rende conto di essere le stesse. Quel biglietto l'ha scritto per forza lei.
Accarezza le parole, vedendo in controluce l'inchiostro premuto contro la superficie del foglio. Prende ampi respiri e rivive mentalmente quello che ha affrontato da quando ricorda aver messo piede a Londra. Ripensa alla disperazione di David quando ha cercato di abbracciarla la prima volta in strada, ricorda il suo arrivo a casa di Benedict e il passato che David ha cercato di restituirle con calma, senza sforzare la sua mente già provata da una dimenticanza non voluta. Beck si ricorda perfettamente di quanto abbia voluto rivivere le cose di cui lui le ha parlato. Allora perché non vuole darsi una mano? Ha la risposta proprio accanto ma anche timore di scoprirla. Il cuore le batte forte nel petto. David le ha raccontato di quanto entrambi fossero esperti in chimica e di aver trafficato in laboratori per anni. Beck chiude gli occhi. La sua mente non le dice niente, deve lavorarci da sola.
Si deve aiutare.
Prende un cucchiaio e ci versa sopra con cautela le gocce del liquido rossastro contenute in quella sfera trasparente e piccolissima. Sul tavolo appoggia e affianca i due bigliettini scritti a mano da lei e li guarda attentamente prima di avvicinare il cucchiaio alle labbra. Deve solo schiuderle e ingerire il liquido. Il cuore le batte all'impazzata, il respiro è corto e le mani le tremano vistosamente. Si deve aiutare. Se davvero c'è un'altra Beck nascosta dentro di lei, sicuramente sta implorando di uscire. Magari la storia dei viaggi del tempo è finta, ma l'affetto che David nutre per lei sembra sincero e la sua richiesta di aiuto reale. Non è tempo di fare l'egoista. Magari tutto questo non porterà a niente, ma deve provarci nonostante la paura abbia preso possesso del suo corpo. Chiude gli occhi. Ripensa ai primi istanti, a quando arrancava spaesata per le vie di Londra senza riconoscere il suo stesso viso, al dolore fisico che provava e alla sua mente che tentava disperatamente di aggrapparsi a qualche segno. Una lacrima le solca la guancia. Serra le labbra prima di schiuderle e ingerire l'antidoto. Lo assume fino all'ultima goccia, dopodiché ripone il cucchiaio nel lavabo con la mano che continua a tremarle e il cuore che le batte all'impazzata nel petto. Beck però sgrana gli occhi improvvisamente e sente una fitta lancinante colpirle la fronte. Cade a terra, con la testa trattenuta tra le mani e le urla che iniziano a lasciare la sua bocca. Quel dolore sembra durare un'infinità, ma nel giro di qualche secondo si attenua.
Poi il silenzio.
Beck inizia a calmarsi e i suoni intorni a lei si fanno sempre più vividi, le macchine e i loro clacson che scoppiettano dalla strada in basso, il rumore del motore del frigorifero.. Appoggia le mani sul pavimento freddo. Il suo respiro si regolarizza. Solleva leggermente le palpebre e vede le sue mani. Il dolore alla testa è sparito e il tremore alle sue dita scomparso.
Inizia a guardarsi intorno, perlustra le pareti della cucina e accade.
Il suo passato è tornato prepotentemente nella sua testa.
Il respiro accelera.
Ricorda tutto.
Ogni singola cosa.
Si alza di scatto in piedi, ignorando il capogiro subentrato all'improvviso. Si avvicina al tavolo e, tenendosi al piano, prende i due bigliettini in mano. Stringe i denti e corre in camera sua. Si avventa sulla scrivania e prende la sua collana ancora rotta. Se la porta alle labbra e vi lascia sopra un tenero e rapido bacio. "Grazie, mamma" sussurra, sentendo il cuore esploderle nel petto. Poi afferra il telefono ed esce di casa, correndo lungo le vie di Londra con un nuovo senso di libertà addosso.
Ma ha un compito adesso e non può farlo da sola.
Corre all'impazzata, schivando passanti.
Ricorda ogni viaggio, ogni conversazione.
Ricorda i suoi amici, le lacrime che ha versato.
Ricorda David, la sua mano stretta alla propria quando si smaterializzavano di fronte una nuova partenza.
Ricorda i suoi genitori, l'istituto Archè... ricorda Memento e tutto quello che segue.
Corre il più velocemente possibile. Deve raggiungere David e raccontargli tutto.
Ora che ricorda, nessuno può fermarla. Digrigna i denti perché una nuova rabbia ha preso possesso del suo animo e non può lasciarsela scappare. La brandisce tra le dita e se la tiene stretta.
New York li aspetta e non c'è più tempo da perdere.
E' giunto il momento delle spiegazioni.
N/A
Finalmente Beck ricorda, è riuscita a vincere la sua paura e a tornare quella di sempre. Come dice la fine del capitolo, ora è tempo delle spiegazioni!🤗
Spero che vi sia piaciuto e se vi va lasciatemi qualche voto/commento!
Alla prossima ❤
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