10. Remember
"Io non me la bevo" dice Clarisse all'improvviso mentre spezza in due un panino preso dalla mensa.
Beck solleva un sopracciglio. "A che cosa ti stai referendo?" domanda, versandosi dell'acqua nel bicchiere.
S
uo fratello Richard alza gli occhi al cielo. "Ci risiamo."
Clarisse gli fa una smorfia, poi ritorna con gli occhi sulla ragazza. "Secondo me tu e David fate sesso in gran segreto."
Beck sgana gli occhi, rimanendo con il bicchiere a mezz'aria mentre sguardi indiscreti si girano verso il loro tavolo. "Ma come ti salta in ment-"
"Cosa fate il weekend quando rimanete solo tu e lui in quest'ampia struttura? Mh?"
Beck scuote la testa, sorseggiando la bevanda fresca. "Tu sei fissata."
"Sì, sì. Tanto lo sanno tutti che non me la raccontate giusta e sono stanca di passare per quella che non si accorge mai di nulla."
"Facciamo così" dice Beck, guardando l'amica negli occhi. Sono ormai otto mesi che la conosce. "Se dovesse accadere qualcosa tra me e David sarai la prima a saperlo."
"Sempre se David non finisse per sbaglio nel mio, di letto."
Scoppiano a ridere mentre Richard finge un conato di vomito.
Beck aspetta il suo turno per ritirare il traduttore. Gli scienziati, per ogni ragazzo che si presenti di fronte a loro, controllano gli avanzamenti nella preparazione e, qualora fosse tutto in regola, concedono il traduttore privato: una tecnologia avanzata che permette la valutazione istantanea di qualsiasi lingua incontrino per strada. Dondola sui talloni, contando mentalmente quanti ragazzi ci siano prima di lei quando all'improvviso vede David sbrigarsi e, date le spalle, infilarsi il traduttore nel taschino della camicia blu notte. Le passa accanto senza vederla fino a quando un tipo con un cappello a visiera appare all'improvviso e spintona David contro di lei. "Ehi!" esclama il ragazzo, vedendo il tipo con il cappello e la giacca correre via e prendere una ragazza per mano, uscendo dall'aula. Si gira a guardare Beck. "Devi scusarmi, non ho idea di cos'abbia in testa quel tipo."
"Tranquillo" dice la ragazza, abbozzando un sorriso. "Non mi hai fatto niente." Guarda il traduttore sbucare dalla tasca della camicia, indicandolo con un dito. "Lo hai già posizionato?"
David segue la direzione del suo indice, annuendo. "Sì, almeno so che qui dentro non rischierò di perderlo." Guarda la fila che si estende davanti a Beck, stringendo le labbra. "Tra un po' lo avrai anche tu."
"Anche se non potremo usarlo prima di vederdì" ammette lei. Si solleva i capelli ricci in una coda alta, guardando gli occhi chiari di David che vagano sui volti dei presenti. Beck non l'ha mai visto parlare veramente con qualcuno. Certo, le conversazioni di circostanza ci sono sempre, ma mai nessuna che si sia prolungata anche al di fuori degli spazi che condividono per gli incontri e le lezioni. "Ti va di vederci per cena?" chiede Beck all'improvviso.
David ritorna con gli occhi su di lei, battendo le palpebre come se non avesse capito. "Oh" dice soltanto, per poi sorriderle. "Sì, perché no. Anche perché venerdì faremo il nostro primo viaggio e forse è un bene conoscerci un po', prima di partire."
Beck finisce di sistemarsi i capelli, poi procede di un passo lungo la fila. "Va bene. Allora ci vediamo a mensa. Siamo seduti al primo tavolo a destra."
David solleva un sopracciglio. "Siamo?"
"Sì, io e i miei amici Richard e Clarisse. Tipi simpatici, puoi stare tranquillo."
David vede gli occhi scuri di Beck e abbozza un sorriso. "D'accordo. A più tardi, allora."
"Grazie della compagnia, ragazzi" dice David, inoltrandosi per imboccare il corridoio della sua stanza. "Sono stato molto bene con voi."
"Il piacere è tutto m- nostro, David" dice Clarisse, prendendo suo fratello sotto braccio. "Ora però ci tocca rientrare. Nulla ci vieta di rivederci, però."
"Certo!" ammette il ragazzo, sorridendo.
"Soprattutto prima che voi partiate" continua a dire Clarisse, lanciando un'occhiata a Beck. "Sì, per noi passeranno forse tre secondi, ma voi rimarrete in viaggio per un paio di mesi! Chissà quante cose potrebbero combiare."
Beck alza gli occhi al cielo. "Va bene, Clarisse. Ci vediamo domani, ok?"
L'amica solleva un sopracciglio. "Perché vai nella stessa direzione di David? La tua camera è dall'altra parte-"
"Vado dal direttore Sharman" dice. "Spero di sapere qualcosina in più sulla nostra partenza."
Clarisse vede gli occhi di Beck incontrare per un istante quelli chiari di David, così prende un ampio respiro, spingendo via sè e il fratello. "E va bene. Ciao!" dice, prima di chinarsi verso il fratello. "Scommettiamo che passa la notte da lui? Io l'avevo detto!"
Richard la zittisce, mentre David e Beck si inoltrano per il corridoio. "Devi andare davvero da Ander?"
"Sì" chiarisce Beck. "Sono seria. Voglio qualche dettaglio in anteprima."
Passano accanto a numerose porte chiuse prima di fermarsi davanti a quella di David. Lui solleva l'indice, aspettando che il sistema riconosca la sua impronta digitale, poi si gira per salutare la ragazza. "Grazie per avermi invitato stasera, Rebeckah."
La ragazza sorride. "Per così poco?"
"Nessuno ha mai pensato di farlo in questi otto mesi. Quindi proprio "poco" non è." Solleva le spalle. "Buonanotte, allora. E fammi sapere cosa dice Ander."
Beck gli fa l'occhiolino e supera finalmente la porta del ragazzo, sentendo il suo traduttore sbattere nella tasca sulla sua coscia. Picchietta una sola volta prima che Ander le apra la porta del suo studio.
"Disturbo?" chiede lei.
"Non disturbi mai!" dice Ander, andando poi ad accomodarsi alla sua scrivania. "Che ci fai da queste parti, mia cara?"
"Volevo chiederti se potessi dirmi qualcosa sul viaggio che farò venerdì."
Ander solleva le mani, come se fosse un argomento di poca importanza. "Oh, ma stai tranquilla. Non andrete chissà quanto lontano. Rimarrete a New York, forse tornerete indietro di un annetto o due ma ci resterete per tre giorni."
"Tre giorni? Così poco?"
Ander solleva un sopracciglio. "Avevi intenzione di fare una mirabile impresa fin dalla tua prima esperienza di viaggio nel tempo?"
"No!" dice subito Beck. "E' solo che tu stesso hai detto che il corpo ci metterà tanto a ristabilirsi dopo la smaterializzazione."
"Sì, è vero, ma specialmente quando si affronta un viaggio di parecchi anni indietro nel passato. Un paio d'anni sono niente. Questa è solo una prova per vedere quanto siete abili nel gestire una situazione diversa e inserirvi in un tessuto sociale differente da quello da cui provenite." Beck annuisce, mordendosi l'interno della guancia. "Sarete monitorati tutto il tempo, ricordalo."
"Certamente."
"Non sia mai che ti succeda qualcosa."
Beck si avvicina ad Ander, chinandosi su di lui per abbracciarlo. "E subire poi una tua ramanzina? No, grazie."
Il direttore Sharman sorride e le lascia un rapido bacio sulla testa.
*****
"Quando devi partire?" domanda David ad Andrej mentre rimbocca il piumino del suo letto.
"Domani pomeriggio" risponde il coinquilino mentre si siede sulla sua valigia per far scorrere la cerniera. "Perché?"
"Voglio venire in Russia" dice David, abbozzando un sorriso. "Quindi magari mi dai qualche indicazione su dove poter alloggiare e cosa vedere. L'ultima volta che sono stato a Mosca è stato forse quando ero molto piccolo, non ricordo davvero nulla."
"Dici sul serio?" esclama Andrej. "Ma puoi stare da me!"
"No, non voglio approfitt-"
"Siamo come fratelli, amico! Sarà un piacere ospitarti!"
David guarda il ragazzo negli occhi. Poi sorride. "Grazie mille, Andrej. Starò solo un paio di giorni."
Andrej si alza da terra e gli appoggia una mano sulla spalla muscolosa. "Puoi stare tutto il tempo che vuoi. Ho una stanza per gli ospiti, non mi darai alcun fastidio."
David gli sorride stringendo le labbra.
Perché vai in Russia?
Beck stringe tra le dita il cellulare, attendendo la risposta di David. Sono tre giorni che non si vedono e lui non si è presentato neanche a lavoro. Vorrebbe tanto che lui continuasse a parlarle di loro. Lancia un'occhiata al libro che ha appoggiato sulla scrivania. Glielo ha fatto recapitare il suo datore di lavoro il giorno prima. "È da parte di David Copper" aveva detto semplicemente.
Attaccato alla pagina che funge da copertina, un piccolo post-it. "Poiché ami le storie sui viaggi nel tempo, ho pensato di prestarti questo. E' molto piccolo, ma piacevole" aveva scritto David, firmandosi semplicemente con una D.
Più che un libro, sembrava un manoscritto di circa duecento pagine, battuto al computer seppur i fogli avessero i bordi ingialliti, come se fosse in giro già da un po'. Rebeckah non lo ha ancora iniziato.
Mi ha invitato Andrej, dice il messaggio che le è appena arrivato, facendo vibrare il cellulare in mano. È David. Starò via per poco. Magari nel frattempo leggi il libricino che ti ho dato e la prossima volta che ci vediamo mi dici che te ne pare.
Beck stringe le labbra, digitando frettolosamente la risposta. Va bene. Sente la porta di casa aprirsi, così si affretta a chiudere la conversazione. Ora devo andare. Ci sentiamo presto.
Ciao, Beck. E in allegato le manda la foto che le ha mostrato il primo giorno, quella che li ritrae dopo il loro primo incarico. Beck sorride nel vedere quei volti giovani e sereni, poi spegne lo schermo e raggiunge Benedict in cucina.
Ha un cartone di Costa in mano, il corpo abbandonato pesantemente contro la sedia del tavolo e gli occhi fissi sul coperchio in plastica. Beck si ferma accanto allo stipite della porta, non sapendo cosa dire. Non le rivolge la parola da tre giorni, da quando ha pianto nella sua stanza. Beck ha rispettato il suo silenzio ma ora comincia ad essere invadente e quasi le porta via il fiato. Non riesce a sopportare quella parete gelida che si è intromessa tra loro. Rimane immobile, in attesa che Ben si giri per guardarla, ma non succede. E' solo la sua voce che improvvisamente rompe il silenzio. "Devi perdonarmi per l'altra sera" dice il medico, continuando a darle le spalle. La ragazza tira un sospiro, poi entra finalmente in cucina e prende posto di fronte a lui, rimanendo in silenzio. "Non mi merito la tua gentilezza."
Rebeckah solleva le spalle. "I periodi stressanti non possono essere evitati. Vedrai che passerà." Non dice altro. Non conosce la natura della tristezza di Benedict e non ha la minima intenzione di cercarne la causa. Il medico solleva gli occhi su di lei, abbozzando un sorriso all'angolo della labbra pallide. Notando gli occhi scuri della ragazza riconosce quelli della figlia, così scuote la testa. Rebeckah non è la sua Jodie e sicuramente non merita di essere soltanto una seconda possibilità. Benedict è stato giudicato anni fa e non è la stessa persona di allora. E' il momento di ricominciare finalmente da capo. Stringe la tazza di cartone tra le dita, rigirandosela lentamente.
"Oggi ti vedi con David?" domanda all'improvviso per cambiare discorso.
Beck scuote la testa. "No, sta partendo."
Ben solleva gli occhi su di lei, aggrottando le sopracciglia. "Davvero? E dove va?"
"Va a stare dal suo coinquilino in Russia. Non chiedermi perché."
"Però ti dispiace."
Beck guarda il medico negli occhi trasparenti, scuotendo le spalle. "Mi dispiace solo interrompere i suoi racconti, come se questo suo allontanarsi possa in qualche modo indebolire qualunque cosa si nasconda dietro la mia mente."
Benedict scuote la testa, reprimendo un sorriso. "Il suo aiuto è importante, certo, ma non è l'unico. Devi agire anche da sola, Rebeckah."
"Sì. Sì, lo so bene." Si alza in piedi, sistemandosi la maglietta sui jeans. "Vado un attimo in camera."
Benedict annuisce, poi si alza a sua volta tirando su con il naso. "Io invece vado a fare la spesa. Vuoi qualcosa in particolare?"
"Delle salsicce, magari."
"Arrivano subito" dice Benedict, girando i tacchi e uscendo di casa.
Mancano ancora tre ore prima che Beck vada a lavoro, così va in camera sua, prende il libro che aveva appoggiato sulla scrivania e si getta a peso morto sul letto. Il manoscritto non ha un titolo vero e proprio, ce n'è solo uno abbozzato, come se fosse stato ancora in lavorazione. Remember, dice.
Beck gira la prima pagina. I bordi sgualciti scricchiolano sotto le sue dita, così presta la massima attenzione nello sfogliare le pagine ingiallite. Inizia a leggere quel testo scritto a caratteri molto grandi, sperando sia bello come David le ha detto.
Il mondo è sul punto del collasso totale.
La guerra imperversa ormai da quattro giorni e le Nazioni si battono tra di loro incessantemente, incuranti delle vittime che si lasciano dietro. Ma una catastrofe ancora più grande si sta abbattendo sul mondo, una tragedia a cui nessuno era preparato.
Damien si guarda intorno mentre i satelliti continuano a rilasciare il gas che si inalbera e si mischia alla nuvole scure, cadendo sulla Terra come nebbiolina da cui nessuno può trovare riparo. La gente inizia a cadere per terra, tastando l'asfalto e respirando affannosamente. Damien corre alla ricerca di Beatrice, cercandola nei volti di chi gli sta accanto. Si tiene una mano alle labbra per non respirare ma è difficile e di lei non c'è nessuna traccia. Possibile che l'abbia abbandonato così dal nulla? Dove può essere andata?
Guarda il suo orologio da viaggio e digita le uniche possibili coordinate spazio temporali in cui Beatrice potrebbe aver trovato riparo, smaterializzandosi in mezzo alla gente che continua a cadere per terra in preda alla disperazione.
Che fine hanno fatto?, potrete chiedervi.
Ebbene, per conoscere la loro storia è necessario fare un passo indietro e ripercorrere lentamente le tappe.
Tutto ha avuto inizio otto anni prima, quando Beatrice - per la prima volta - ha rimesso piede nella struttura che le avrebbe cambiato completamente la vita.
Mentre Beck continua a leggere quelle righe, sfogliando le pagine completamente assorbita dalla narrazione, David smanetta nel laboratorio di fisica dell'università, chiedendosi se lei stesse leggendo il libro che ha scritto frettolosamente nelle ultime due notti.
N/A
Ciao a tutti! Ecco qui un nuovo capitolo. Ebbene sì, David ha scritto la loro storia sperando che possa solleticare la memoria perduta di Beck ma sarà davvero così semplice? Lasciatemi qualche voto/commento se vi va e ci vediamo al prossimo aggiornamento! Un bacio ❤
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