Mimose mimosine

Buona festa delle donne a tutte mie adorate! E come celebrarla nel modo più sublime se non scribacchiando sulle mie due eroine storiche per eccellenza, le perle del mio cuore? (Non amo solo loro, ma queste due detengono il podio e non volevo allungare il brodo ahahaha).

One shottine dai titoli ispirati a canzoni di Hamilton perché mi è rimontata la passione 😂





Giulia Maggiore - Satisfied

Quando hai capito quale destino spettasse alle donne, Giulia?

Il cielo di Pandataria è annuvolato stanotte, la luna sepolta dietro un drappo di nembi, le stelle oscurate. Riecheggia il rombo d'un tuono.

Giove è adirato?

Può l'ira di Giove eguagliare quella di tuo padre? Se, alla venuta a galla delle tue presunte nefandezze, s'è adirato. Non sei propensa a crederlo, conoscendo il cosiddetto. Ottaviano Augusto è il tipo della calma glaciale, inquietante, quella calma di sguardi penetranti, guardinghi, pugnali di ghiaccio che ti gelano il sangue e silenzi imbarazzanti, un'agonia di attesa snervante prima che venga emesso il verdetto.

Il silenzio può rivelarsi letale, lo sai bene.

Allora... quando hai compreso quale sarebbe stato il tuo ruolo in quanto donna?

Da bambina no di certo. Vivevi un sogno ad occhi aperti, sgargiante e vivido. Tuo padre salvava la patria e tu ne eri - e nei sei effettivamente diventata - la principessa, la sua bambina. A porte chiuse Ottaviano effondeva tenerezze e complimenti sull'unica sua figlia. La sua Piccola Roma. Beneficiante di un'istruzione di alto livello, spiccato acume, circondata dalle menti geniali di un raffinato circolo di intellettuali, da cugini a bizzeffe e inseparabili compagni di giochi.

Tutto filava liscio. Papà salpava in guerra e sfilava in trionfo, elargendo a Roma, dopo infinite tribolazioni iniziate prima ancora che tu fossi concepita, la tanto anelata pace. Pace. Da miraggio a realtà, tangibile e spumeggiante.

Il merito andava tributato a tuo padre.

L'erede di Cesare, successore di Enea, conducente una sbandata, profuga Roma a un nuovo, florido e luminoso avvenire. Un eroe.

Il tuo.

Quando si è trasformato in un carnefice? Nel veleno corrodente la tua esistenza?

Veleno, Giulia? Lo era davvero? O è stato l'amore che ti ha distrutto?

Come la regina Cleopatra. La formidabile, disinibita, sovrana orientale. La famigerata nemica di Roma. La fattucchiera di Marco Antonio. L'onta all'encomiabile reputazione di tua zia Ottavia. Forse è stato quando hai riflettuto sulla crudele sorte toccatale che, nella tua mente, si sono delineati i contorni di ciò che ci si aspettava da te.

Perché conveniva. A tuo padre e al suo Impero pacifico.

Perché eri donna.

Cleopatra era stata di più della meretrice egiziana, la lussuriosa e discinta concubina, la strega. Lo sentivi. Era ingiusto attribuirle la colpa del declino di Antonio. Era stata regina, studiosa, moglie, madre, di figli di carne e figli di popolo. Aveva sognato un Mediterraneo dai costumi orientali, dalle tendenze ellenizzanti e, magari, il suo errore fatale era stato quello di sognare troppo ardentemente, bruciare di quel sogno e precipitare con esso, incenerita dalla smania di concretizzarlo.

Tuo padre si muoveva cauto, giocava d'astuzia, stratega conscio di dover tessere le trame della realtà per poter ammirare l'arazzo ultimato di un sogno.

È per questo che ha sempre vinto.

Ma la cultura di Cleopatra, la sua tenacia, la sua volontà, rappresentavano inutili orpelli al quadro completo. Al quadro che gli uomini dipingevano di lei.

Grazie a lei hai capito che una donna è definita da un uomo.

Sotto ogni suo aspetto.

In tutto.

Figlia di qualcuno. Moglie di qualcuno. Sorella di qualcuno. Madre di qualcuno.

Mai tu.

Mai una donna indipendente nella sua identità.

Eri quello che un uomo stabiliva che fossi.

Sposina ritrosa e pudica di Marcello. Moglie matura di Agrippa. Madre dei Principi della Gioventù, i baldi Gaio e Lucio Cesare, radiosi spiragli del futuro dell'Impero, garanti della pace come il nonno che li ha adottati.

Consorte sboccata e infedele di Tiberio.

Gli uomini, parametri del tuo valore.

L'amore di tuo padre non era più sufficiente.

«È il bene dell'Impero bambina mia, per assicurare la pace alle generazioni che verranno...»

Provvedeva a diffondere la pace dovunque, meno nel tuo cuore, il tuo caro padre. E non migliorava che tentasse di alleggerire con la gentilezza.

Aumentava il senso grottesco di farsa.

«E al mio bene non ci pensi?!»

Possibile che non fosse turbato? Sposare quell'apatico di Tiberio era paragonabile a una tortura. Ti asciugasti gli occhi annebbiati dalle lacrime, il tramonto fiammante sopra Roma, quasi un fosco presagio dell'insensatezza delle tue nozze.

«Tesoro mio.» Se eri il suo tesoro perché ti dilapidava a mariti di continuo? «A volte, in nome di un bene superiore...»

«Di certo anche Bruto credeva d'agire in nome d'un bene superiore e guarda dove si cacciò!» infieristi furibonda.

Tuo padre non si scompose. Ti prese le mani, rivolgendoti quello sguardo dolce e affettuoso delle promesse di bambina. Uno sguardo traditore, adesso.

«Ti prometto che sarà un matrimonio di facciata.»

«Come tutta la messinscena in cui viviamo? Non ti basta?»

La sottile finzione del potere. Una recita che tuo padre dirigeva con abilità e maestria da guitto. Non ti ci eri mai abituata. Detestavi le maschere.

Livia, al contrario, si destreggiava con innata naturalezza.

«Abbi pudore Giulia.» ti rimproverò un giorno per il tuo abbigliamento provocante, la scollatura succinta e le braccia scintillanti di gioielli. «Modestia.»

Al che rispondesti a tono, dispensando una frase ormai storica.

«Tu sei la moglie di Cesare, io sono la figlia.»

Se non potevi evadere da una prigione dorata, tanto valeva approfittare dei privilegi che ne derivavano e ostentarli senza timore.

«E quindi?»

«Una moglie si può rimpiazzare, il sangue no.»

«Il sangue può seccare.»

La folgorasti. Non avevi mai rintracciato un punto d'incontro con la tua matrigna. Eri contenta che non ti avesse soffocato in culla, ma, fin da piccola, l'hai avvertita sgradevole come una spina nel fianco, una rivale alle attenzioni di tuo padre, scaltra nel suo stile impeccabile, da perfetta matrona romana.

Quello che tu non eri e non ci tenevi a essere. Ma che richiedevano da te.

«Mi stai minacciando Livia?»

«Ti sto avvertendo.» S'avvicinò a un palmo di naso, fissandoti. «Il potere, di per sé, non esiste. È l'idea che gli uomini hanno del potere a conferircelo. Ruota intorno all'immagine. È il trucco di Augusto. E il mio. Costruisciti un'immagine, lavoraci sopra, affinala. Rendila la tua forza, la tua arma. Guarda me.»

«Neanche per sogno!» Imitare lei? Era rintronata?

«Dovresti. La moglie irreprensibile e morigerata rende lieti, è un cagnolino ubbidiente e i cagnolini vanno premiati. Ogni mia richiesta viene esaudita.»

«Anche la mia.» sibilasti, socchiudendo gli occhi.

Papà ti aveva sempre accordato tutto, nei limiti della decenza. Giochi, educazione, strappi alle regole, eccezioni per la sua Piccola Roma.

«No, ochetta. Tu credi di ricavare qualcosa dai tuoi capricci destando scandalo, quando l'arma ideale è starsene in silenzio a filare.»

Come una serva? Una sottomessa donnetta? Non per te!

C'era un mondo da esplorare, esistevano biblioteche intere da leggere e divorare e-

«La vita è più di una filata al telaio.»

«Può darsi, ma potrebbe dipenderne, forse, chissà. Un giorno potresti avere bisogno di me e il mio silenzio al telaio sancirebbe la tua condanna.»

Ha mantenuto fede alla parola data, la megera.

E se la rovina della tua vita andasse scovata nell'insoddisfazione Giulia?

Insoddisfatta.

Dei limiti che non dovevi oltrepassare, di venire offerta sull'altare della pace, catena della successione imperiale. L'insoddisfazione tua e di Iullo. Gli sprizzava dagli occhi, una fiamma inestinguibile, estasi e tormento a un tempo.

L'insoddisfazione di una vita da risparmiato, da superstite, da ragazzo amato da Ottavia e intravisto con sospetto da parte di suo fratello.

Iullo cercava un suo posto - che posto al figlio di un traditore? Non è parente di sangue - e credette di trovarlo nell'esaltazione di suo padre.

Insoddisfatto dalla sua ignominiosa morte.

(Ti soddisfavano gli amplessi rubati a lui Giulia? E a Sempronio Gracco? E a Ovidio? E quando Iullo convolò a nozze con Marcella, il tuo sorriso artefatto, triste, era diretto a lui o era sintomo della tua malinconia? Non sarebbe mai stato tuo. Mai. Potevate baciarvi al buio, mai amoreggiare in piena luce. Che almeno ti sforzassi di sentirti soddisfatta nei confronti di Marcella... e ci hai provato, oh, ci ha provato.)

E tuo padre ora, Ottaviano Augusto l'irreprensibile, maschera di marmo e oro incandescente di divinità nelle vene, è soddisfatto della tua punizione? Una meritata punizione a una figlia scapestrata. A un cancro, a un ascesso.

Lo è? Senza le tue grane potrà occuparsi della pace in cui sperava.

E tu, Giulia, sei soddisfatta?






Chiara d'Assisi - Who lives, who dies, who tells your story

Approfittando del Capitolo in corso a Santa Maria degli Angeli, Ugolino benedice d'una sua visita il monastero di San Damiano e le sue Povere Dame.

Povere Dame, gradirebbe rimarcargli Chiara. Un termine affettuosamente coniato da Francesco, reminescente di racconti e imprese cavalleresche. Le Povere Dame dei Poveri Cavalieri. Che vivono come loro, seguendo il loro esempio, nella povertà e nelle privazioni, campando d'elemosine, uscendo all'aperto e assistendo i malati, gli infermi, i bisognosi e i reietti, stando a contatto coi lebbrosi.

Le Povere Dame.

Non le Sorelle Recluse, come le ha ufficiosamente ribattezzate il porporato.

«Una donna non può scorrazzare per il mondo.» sentenzia Ugolino, conferendo con lei soltanto nel refettorio. «Cerca di capirmi Chiara. È pericoloso. Sareste esposte ai travagli, alle umiliazioni, diverreste bersaglio di sospetti e accuse.»

«Un'imitazione ancor più fedele delle peripezie di Nostro Signore allora.» scherza lei, ritornando subito seria. «Non abbiamo paura. Siamo consapevoli di quanto ci aspetta e l'abbiamo scelto di nostra spontanea volontà.»

«Ciononostante...»

«I frati, nostri fratelli, hanno adottato questa vita e non incontrano ostacoli.»

Tranne pressioni per una Regola che accontenti la Curia e litigi e dissidi interni. Francesco n'è oberato. L'ultima volta che l'ha visto l'è sembrato così stremato, stanco tanto nel corpo quanto nello spirito, dandole l'impressione di essere talmente interiormente combattuto da dubbi laceranti, che le ha suscitato una pietà sconfinata. Magari le intromissioni di Roma finissero qui! Il qui presente Cardinale Ugolino è deciso a imporre a lei e alle sue sorelle una forma di vita su modello della regola benedettina! Benedettina! Con possessioni, rendite, beni.

E la povertà? Che n'è del fondamento della loro missione?

«I frati sono uomini.» le sottolinea Ugolino col tono di un maestro all'allieva un poco stolta di comprendonio. «Uomini con la licenza di predicare, di muoversi, di servire i miserabili. Una donna non può aspirare a tanto. Sarebbe innaturale, illogico.»

«Cristo apparve alle donne il mattino di Pasqua, ebbe tra i suoi discepoli-»

«Devo rammentarti San Paolo?»

«Devo rammentarvi il Vangelo?»

Ugolino storce la bocca, come se avesse assaporato un boccone sgradevole. «Lettera a Timoteo. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all'uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo.»

«Sì, ma-»

«Lettera ai Corinzi. Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea.»

«La Legge di Cristo è l'amore! Chiunque può offrirlo! Il suo messaggio è universale, inclusivo, aperto a tutti!» Chiara si drizza in piedi. Non riesce più a rimanersene in silenzio. Francesco non esercita distinzioni tra le sue sorelle e i suoi fratelli, il Padre nei Cieli non favorisce nessuno tra i suoi figli. L'amore scavalca i confini, è cieco davanti ai ranghi, ai titoli, al sesso. «Egli chiama ogni uomo.»

«Diversamente, secondo i disegni e le capacità di ciascuno.»

«Visto? Nascere uomo o donna non conta davanti a Dio.»

«Sì invece!» sbotta Ugolino, sulla soglia dell'esasperazione. È testarda, una cocciuta testarda quanto, se non più, del suo amico. «Il peccato ci macchia per colpa di una donna! Siamo condannati alla morte per la debolezza di una donna!»

«E salvati grazie a una donna! Una donna che ha rischiato tutto e-»

«Lei era diversa.»

«Ha cresciuto quel figlio in grembo sapendo che poteva venire lapidata, bollata dalla società, estromessa. Non ha mollato un secondo di vista quel figlio suppliziato alla stregua d'un malfattore! Questo non è forse coraggio? Coraggio di donna?»

Ugolino è paonazzo dall'ira. «Stai attenta. Impara a tacere.»

Tacere? Venire imprigionata nella clausura? Chiara non ci sta.

Non è fuggita da una gabbia per rinchiudersi in un'altra.

(La figlia di Favarone? È scappata di casa? Dite sul serio? Traviata da quei manigoldi, non c'è dubbio, da quello strambo di Francesco! Era a un soffio dal matrimonio! Vedi? Una donna occorre maritarla il prima possibile o finisci come quella, a infrangere le buone convenienze. Cosa?! Le hanno tagliato i capelli? Quei suoi maestosi capelli dorati, quel fiume in piena, quel velo biondo, biondissimo... svergognati!)

«Una donna può consacrarsi a Nostro Signore solo accettando benefici, donazioni, solo proteggendosi dietro le sbarre della clausura.» prosegue impettito Ugolino. «Tu sei la badessa, dovresti preoccuparti della protezione delle tue sorelle.»

«Le benedettine sono comandate da badesse.» Francesco l'ha forzata a sobbarcarsi quella carica, sebbene fosse l'ultima cosa a cui Chiara puntasse. «Noi non siamo benedettine, dovreste saperlo bene. Il Privilegio della Santissima Povertà, concesso al nostro convento da Papa Innocenzo - che Dio l'abbia in gloria - parla chiaro: siamo esentate dal dotarci di beni e possedimenti.»

«Una smania temporanea.» sbuffa Ugolino. «Presto ti passerà e cambierai parere.»

Chiara non n'è tanto sicura.

«Qui ognuna è serva delle altre.» gli puntualizza, una parte di lei bramosa di prevalere. «Siamo libere di uscire nel mondo e soccorrere i nostri fratelli. I frati ci forniscono una mano. Francesco ne ha piantonato un manipolo affianco a noi, per sostenerci e guidarci spiritualmente, oltre all'amministrare i sacramenti. Il mio ruolo di badessa è una mera formalità. Siamo tutte uguali tra queste mura.»

«Tutte tentatrici.» sibila Ugolino. «Tentazioni ambulanti, lasciate allo sbaraglio, che possono adescare uomini e deviare operai nelle vigna del Signore dai loro cammini spirituali. Allo scoperto, prede di minacce e incursioni. È questo che vuoi? Eh? Dimmelo Chiara, vuoi la precarietà?»

«Se sperare nella Provvidenza di chi veste i gigli e sfama i passeri la considerate precarietà allora sì, con tutto il cuore, Eminenza.»

«La clausura vi difenderebbe....»

«Ci difende benissimo Nostro Signore, non temete.»

Ugolino non la teme, la considera semmai una scocciatura. Una sciocchina che rifiuta di aprire gli occhi sull'evidenza. Oh, Chiara la scorge eccome l'evidenza.

L'evidenza di una vita all'insegna del Vangelo, improntata all'estrema povertà, all'imitazione degli uomini. Uomini con cui interagire, da chiamare fratelli e amici, da abbracciare e sostenere e ammirare.

Come Francesco.

«Non s-sarò carnefice coi miei f-fratelli...» le rivela quando si presenta a lei, malato e prossimo alla cecità. Le responsabilità e le pressioni l'hanno schiacciato. Il Francesco giocondo e spensierato di un tempo si è dissolto. Ora si serra nel suo bozzolo di silenzi, mugugni e preghiere. E acuminati sensi di colpa. «I potenti s'impongono, io non m'imporrò. Rimango un novellus pazzus, l'ultimo pazzo, il misero, il piccolino, uno scarafaggio insignificante e inerme, lo sai. Mantengo fede alla pace. A-Anche se l'Ordine assumerà un'altra forma la C-Chiesa ci serve Chiara, n-non possiamo...»

Reggerci senza di lei. N'è consapevole.

«Lo so dolce Francesco.» lo rassicura e gli tampona la fronte rovente con un panno gocciolante. «Adesso riposa, smettila di pensarci. Hai fatto quello che era necessario fare, era il momento giusto. Da qui in poi me la sbrigo io, fidati di me.»

«N-Non posso riposare...» si oppone. «D-Devo...»

«Ssh... buono...»

(Si incontrarono nel frutteto, immersi in un mare di papaveri sgargianti. Lei apparve da lontano, bionda da offuscare il sole, costeggiando gli ulivi, e lo raggiunse, lui, il figlio imbambolato di Pietro di Bernardone. «Pensano tutti che sei matto, lo sai questo? Quando andasti alla guerra, la gente diceva che eri bravo e intelligente. E ora sei matto, perché... perché fai il verso degli uccelli, corri dietro alle farfalle e guardi i fiori.» Esitò un secondo. Lui l'ascoltava in silenzio, la mirava, conquistato dalla sua bellezza, dalla verità delle sue parole. «Secondo me eri matto prima, non ora.»)

E se la sbrigherà Chiara.

Sopravviverà a Francesco per ventisette lunghi, ardui anni, contrassegnati da opposizioni al Papa - quello stesso Cardinale Ugolino eletto pontefice con il nome di Gregorio IX - da intense lotte per vedere riconosciuta la sua Regola intrisa della reale essenza di Francesco. Scambierà lettere con donne valorose quanto lei, incitandole a non demordere, a non arretrare di un passo dalla scelta intrapresa. Hanno abbracciato la povertà amata da lei e Francesco e dovranno procedere spedite.

"...Memore del tuo proposito, come un'altra Rachele, tieni sempre davanti agli occhi il punto di partenza. I risultati raggiunti, conservali; ciò che fai, fallo bene; non arrestarti; ma anzi, con corso veloce e passo leggero, con piede sicuro, che neppure alla polvere permette di ritardarne l'andare, avanza confidente e lieta nella via della beatitudine che ti sei assicurata... E se qualcuno ti dice o ti suggerisce altre iniziative, che impediscano la via di perfezione che hai abbracciata o che ti sembrino contrarie alla divina vocazione, pur portandoti con tutto il rispetto, non seguire però il consiglio di lui, ma attaccati, vergine poverella, a Cristo povero..."

Si batterà in prima linea per realizzare il sogno suo e di tutte le donne che si uniranno a lei. Un sogno di libertà, d'impavida libertà. Arriverà addirittura a uno sciopero della fame, a disubbidire al Papa, a contrastare i suoi comandi.

Conserverà e trasmetterà ai posteri la memoria di Francesco, del suo caro Francesco, divenendo custode dei suoi insegnamenti, insegnamenti che l'Ordine di lui, là fuori, nel frattempo, altera, estremizza. Quando la Chiesa manovrerà l'immagine del Poverello redigendo biografie in cui la sua santità diventa irraggiungibile, vertiginosa, escludendo Chiara, neanche accennandola di striscio, lei risponderà disseminando qua e là, in certe biografie autorizzate, in compendi di ricordi trascritti dai compagni, senza scompiglio, tracce del Francesco che ha amato, del Francesco vero, non del santino zuccherino di cui si serve il Papato per i suoi interessi.

Fronteggerà per due volte di fila un esercito davanti alle mura del convento, disarmata di spada, ma armata della sua fede. Non indietreggerà mai d'un passo - lei, prima donna autrice di un Regola indirizzata ad altre donne - e, alla fine, seppelliti Papi, imperatori e vecchi amici, l'avrà vinta.

Due giorni prima di spirare da questo mondo, la Regola di Chiara - il sogno suo e di Francesco - riceverà l'approvazione papale.

Come la ripagherà la Chiesa? Coronandola d'un nimbo e diluendo la sua straordinaria persona in una mite discepola a margine, il sesso debole attratto da Francesco, il ramoscellino smorto che, senza la guida del suo maestro, si sarebbe lasciato appassire nelle penitenze, nelle privazioni, disciolta nelle lacrime. Per secoli Chiara verrà calcolata a malapena nelle agiografie di Francesco, una nota in disparte, brillante di luce riflessa. La dipingeranno come una fanciulla infatuata, sognante, rapita dalla predicazione del pazzo cittadino, tra le nuvole di un legame che Francesco, diffidente delle donne, stando a quanto riporteranno, o s'inventeranno, avrebbe spezzato subito, giacché un santo della sua portata non può abbassarsi a frequentare delle donne, delle deboli, recluse, timorose femmine!

Come no.

La sua audacia, il suo coraggio, la sua caparbietà, il suo ruolo chiave nella vita del Poverello, il suo passare da pianticella a tronco, saranno riscoperti solo nel ventesimo secolo. La Regola di Chiara - calpestata dopo la sua morte - e documenti e informazioni che la riguardano riaffioreranno alla luce dagli archivi impolverati.

«Francesco...» sospira Chiara dal suo giaciglio quella mattina afosa d'agosto, rinsecchita nell'età, nel fisico, provata dalle battaglie. «... sto arrivando!»

Lui l'ha aspettata.

L'ha aspettata per tutto quel tempo.








Notine notucce

- Sentite, ho l'headcanon che Giulia e Selene, un po' più grandicelle, siano andate a rovistare di nascosto tra i cimeli della processione trionfale di Ottaviano per accertarsi che il simulacro con tutto il catafalco rappresentante Cleopatra non fosse stato buttato. Naturalmente questo comporta traumi per Selene, lo so. Sono crudele🌞

- Giulia mi da più vibes da Angelica, anche se lei, Selene e Antonia Minore gironzolano per Roma alla stregua delle Schuyler Sisters. SATISFIED È LA SUA CANZONE COMUNQUE, GIÙ LE MANI. Per Cleopatra è Helpless, per Ottavia First Burn, per Augi History has its eyes on you (ma quella ci azzecca anche per Bruto, sono indecisa)

- Chiara invece è Eliza che campa più di tutti (oddio, non proprio, Frate Leone è vissuto fino al 1271 e non chiedetemi come ahahh) e preserva il ricordo dell'uomo della sua vita💃🏼. Indecisa su chi, delle sue sorelle, sia Angelica, se Agnese/Caterina o Jacopa dei Settesoli che è sepolta accanto a Francesco come Angelica accanto ad Alex. Sicuramente Beatrice è Peggy, ma, contrariamente a lei, è sopravvissuta a entrambe le sorelle. Tranne Penenda, la cui mancanza totale di informazioni all'infuori del classico "si è sposata" mi fornisce libero sfogo alla fantasia e la immagino tirare le cuoia centenaria🌞

- Per Roma invece... Antonia Minore è Peggy e non accetto dispute in merito🌝

- E mo' ve spiego perché Ugolino/Gregorio rompe così tanto a Chiara e amici: nel 1216 avviene il Concilio Lateranense IV dove in pratica viene stabilito che ogni nuovo ordine - soprattutto quelli pauperistici fioccanti al momento in tutta Europa - che si sta formando dovrà adottare, a seconda del suo genere, se di tipo monastico, eremitico o altro, una regola preesistente di uno dei Padri della Chiesa. O Benedetto, o Agostino o... non mi ricordo più chi era il terzo. Temporalmente Francesco riesce a inserirsi di sguiscio perché sei anni prima Papa Innocenzo III ha approvato ORALMENTE il suo primo impianto di Regola. Sul piano pratico invece ne' lui ne' Chiara vogliono adottare una Regola già tracciata, perché hanno le loro, GIUSTAMENTE... ma... Mentre Francesco è in Oriente il cardinale Ugolino (si l'amico di Elia e futuro Papa che romperà i maroni a Chiara per anni) viene nominato patrono e protettore dell'Ordine e si sente in dovere di provvedere alla scrittura di una Regola SUA, di stampo benedettino (quindi con proprietà e rendite e CLAUSURA) per l'Ordine di Chiara, ignorando completamente il fatto che lei avesse ricevuto da Innocenzo III il privilegio dell'Altissima Povertà, ergo di non possedere nulla. Francesco torna. S'incavola. Chiara si incavola pure, ma ormai le cose sono fatte, Ugolino è il protettore e Francesco si dimette da capo dell'Ordine perché vessato dalle critiche, dalle pressioni per una regola meno rigorosa e da problemi di salute, affidandone le direzione a gente che ritiene più competente, nel mentre cercando di redigere una Regola che sia di gradimento a questi scontenti, siccome non voleva assolutamente provocare spaccature all'interno suo stesso Ordine. Quindi Chiara si ritrova come protettore dell'Ordine quello che le sta già rompendo le uova nel paniere e deve affrontarlo da sola🌞

In pratica gli anni 20 del 200 fino alla morte di Francesco sono tipo:

Francesco: si ritira in isolamento in uno stato di sconforto e malattia cercando in tutti i modi di pacificare il suo Ordine e quando non ci riesce più è tipo: "sapete che c'è? lo mi ritiro in solitudine con poca gente e gli animali. ALMENO LORO MI CAPISCONO."

Chiara: Ugolino, Elia, piantatela di rompere CHE COL CAVOLO CHE MI ARRENDO.

- Frase di Chiara tra i papaveri tratta da quel capolavoro di Fratello Sole Sorella Luna di Franco Zeffirelli (e mi rendo conto adesso che questi due non sono altro che Elio e Selene... SIETE LETTERALMENTE FRATELLO SOLE SORELLA LUNA BAMBINI MIEI)

Ciliegina sulla torta, vi aggiungo due miei video dal Tubo. Una scena molto dolce in cui Chiara conforta un Francesco malato prima di leggere il Cantico delle Creature tratta dal film a lei dedicato di Susanna Nicchiarelli. E, dopodiché, un tributo a Giulia di cui vado estremamente fiera. Lei con Jenny of Oldstones❤️

È LA SUA CANZONE 😭



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