Augusto & Giulia - Rome and you
Uscita de botto ieri sera, accettatela dai🌝😂😂😂
Roma, Colle Palatino, due giorni prima delle Calende di Novembre - 715 AVC (30 ottobre 39 a.C)
La nascita di un figlio dovrebbe, per antonomasia, essere fonte di gioia e celebrazioni. Nuovo sangue a rinvigorire la gens, eredi, nodi matrimoniali.
Il nodo matrimoniale di Scribonia viene sciolto il giorno stesso della nascita di sua figlia.
Un divorzio in cambio di una bambina.
Si accascia sulla sedia gestatoria affaticata dal parto, gli umori e le secrezioni sgocciolanti a ripulire il suo ventre, sopravvissuto da una battaglia straziante. Gli uomini non resisterebbero un'ora ai dolori infernali delle donne, come una rissa di demoni a pugnalarti le interiora.
L'ostetrica - Maia, le riaffiora nell''annebbiato rintronamento successivo. Tutte le ostetriche si chiamano Maia, un timbro della loro professione - le tampona la fronte imperlata di sudore. Un'altra, più giovane, le tasta l'ingrossamento a sincerarsi che la materia che deve fuoriuscire stia fuoriuscendo. Ha le mani ancora unte d'olio. Glielo aveva spalmato sulle cosce così da agevolare il passaggio del bambino nel canale.
Bambina.
Una figlia.
Ottaviano non sembra deluso, ne' accigliato. Scribonia ha rinunciato da tempo a decriptare le sue espressioni inflessibili, statiche. Quel bagliore affilato nelle iridi di ghiaccio capace di farti strisciare brividi invisibili sulla pelle. Sanno entrambi quale messinscena politica siano le loro nozze. Sposata per denaro, per la parentela con quel brigante di Sesto Pompeo. Il suo salvadanaio. Nome illustre in più lastricante il cammino politico di Gaio Giulio Cesare Ottaviano.
Scribonia aveva storto il naso un anno fa, ora come allora. Un ragazzino per consorte, lei che di mariti ne ha contati due e altrettanti figli. Alla cerimonia aveva dovuto trattenersi dal ridere.
Donna più vecchia del suo sposo... non è forse un ribaltamento della convenzione?
Convenzionale o meno, i frutti che Ottaviano ne ha ricavato non si enumerano solo nelle sale marmoree dei palazzi di potere.
Eccone uno.
L'esitazione, il silenzio di lui, le fanno temere di aver sofferto invano. La bambina, schizzata di muco e sangue, rubiconda di vita e prodiga di schiamazzi, è stata depositata a terra, davanti al padre, in ossequio alla tradizione. Se la solleverà sarà segno che la riconosce come sua, la accetta in famiglia. Se non lo farà... un'occhiata ai fagotti abbandonati al fato sul ciglio delle strade, bottino dei passanti, o altrimenti raccolti alla base della Colonna Lattaria.
Ciechi, fiacchi, storpi, femmine.
Femmine. Il fiato le si aggroviglia in gola.
Gli ha partorito una femmina.
Le sue paure decadono quando il corpicino della vivace bimba viene preso in braccio da Ottaviano. L'ha riconosciuta. È sua. Nella legge e nel sangue.
«Giulia.» sussurra. Una ruga di sorpresa increspa la fronte di Scribonia. Alle femmine si impone il nome otto giorni dopo la nascita. È la tradizione. Il suo marito ragazzino sembra infischiarsene al momento. «Ti chiamerai Giulia, in onore a una grande uomo.»
Giulia perché figlia di Ottaviano adottato nella gens Iulia. Con le femmine si è sintetici. Nomi assonanti al clan o, se seguono sorelle o parenti omonime, numerate con Maggiore o Minore o Prima, Secunda, Tertia. Ecco perché Giulia, vorrebbe ribattere velenosa. Il suo idolo sguazzante nel sangue di un truce delitto c'entra poco o niente.
Cosa se ne fa un grembo ambulante, un grembo prestigioso e costoso, una mera urna di seme, di una sfilza pomposa di nomi uno in fila all'altro?
Un fico secco. Il valore di una donna è pari alla difficoltà emessa nel darle un nome.
Nullo.
Scribonia, dall'alto della sua esperienza, lo sa. Non nasconde la verità o l'amarezza che la pervade, bruciante come le doglie, come l'impulso di spingere.
Anche sua figlia aprirà gli occhi su questa realtà un giorno.
Sua figlia? Le appartiene ancora?
Tenente la bambina in braccio Ottaviano le sgancia l'atto di divorzio. Si scinde da lei per fornicare con quella meretrice di Livia Drusilla, pure lei gravida. Di un figlio spurio di suo marito, sussurrano malelingue invidiose. Da quanto la scopa in effetti? Da quanto la conosce?
La pergamena s'appiccica al corpo accaldato e gonfio di Scribonia. La sua ricompensa, il pagamento per un anno di disastrosa sopportazione. Non il calore soffice di una neonata suggente al seno, non una carezza su una testolina velata di peluria dorata.
Un divorzio.
Libertà barattata con sua figlia.
Cerca conforto - per quanto conforto una statua di ghiaccio possa dispensare - nello sguardo di Ottaviano. Ma lui è rapito dalla contemplazione di Giulia, le manine, i piedini, la rosea vitalità di bimba. Non ha mai dimostrato un simile interesse con lei e lei se n'è fregata. Il suo sposo adolescente, stupido ragazzino che gioca a triumvirati e patti, può divertirsi come e con gli compiace.
Non è spettanza di una moglie retta ficcanasare nella vita altrui.
«Vivrà presso di me ovviamente.» rompe il silenzio Ottaviano. «Livia si occuperà della sua educazione. Verrà istruita dai migliori precettori, crescerà ubbidiente, bella e buona. Un orgoglio della gens Iulia.»
E io? Vorrebbe protestare Scribonia. E io che l'ho scaraventata in questo mondo disonesto e corrotto? Io che sono sua madre secondo le leggi della natura?
Ma a Roma a dominare sono altre leggi, si rammenta rassegnata.
«Potrò vederla?»
Una staffilata raggelante d'azzurro. «Non vorrai mica che assuma i tuoi deplorevoli costumi.»
Tracannare, vivere gaudente, civettare con gli uomini in una supponenza che dovrebbe possedere il retrogusto della vittoria. Almeno alle feste può indugiare in un simile lazzo. Noiosa, scomoda Scribonia. Non si è fatta illusioni su come la reputino Ottaviano e i suoi amici.
«I-Io...»
Ottaviano non l'ascolta più. Ha voltato le spalle e se n'è andato, portando con sé la bambina. Scribonia si morde il labbro, ricaccia indietro il pianto.
Conduce Giulia fuori dalla sua vita, a condannarla un giorno a divenire un nuovo grembo di pregio, una nuova merce di scambio. È nella natura degli uomini. Approfittare, ottenere e poi levare le tende, con noncuranza, con normalità.
Conduce Giulia a rivolgerle una tenerezza - vibrava tenerezza nella voce di Ottaviano quando ha scandito il nome della bambina, un sentimento di cui Scribonia non lo riteneva capace - a lei sempre preclusa.
Conduce Giulia lontano dalla sua madre naturale.
Non ha neanche potuto stringerla tra le braccia.
Roma, Colle Palatino - 727 AVC (27 a.C)
Il tuono rimbomba e il cielo si ravviva di fugaci bagliori violacei, bluastri, un giallo accecante, elettrico. Rovescia sul mondo un torrenziale diluvio, una coltre di nuvole scure fagocitanti il sole.
Temporale. L'ira furente di Giove. Una paura insensata per un imperatore direbbe qualcuno... no?
No.
Tremante, Ottaviano Augusto si raggomitola contro la parete, palmi a tapparsi le orecchie. È una paura normale, si ripete, giustificabile. Cesare temeva il buio e i lampi. Comprensibile: nelle tenebre si tramano complotti, si possono celare pugnali pronti a colpire.
Il cuore gli rimbalza nel petto. È una paura normale, anche per un princeps, per un imperatore. Giove è in collera, ma passerà, passerà e ritornerà il sereno e-
Boom!
Gli ambienti del palazzo sono illuminati come a giorno, un coltello di luce squarciante il sipario intricato di pioggia.
No, no, no non può passare, non-
«Papà?»
Giulia, splendente nella prima pubertà, per nulla perplessa. Sorridente. Augusto le rimanda un sorriso tremulo, subito cancellato dal fragore del tuono in cielo. Serra le palpebre.
Andranno via, Giove si placherà. La smetterà di tremare come un bambino.
Calore s'insinua nelle pieghe della sua toga. Giulia s'è abbassata alla sua altezza, seduta anche lei a terra, cingendolo protettiva.
«È solo un temporale papà, finirà presto vedrai.»
Le spire paralizzanti di terrore si allentano. Augusto riprende a respirare, ampie e profonde boccate. Sua figlia gli scocca un bacio sulla guancia, mani carezzevoli, attente. Sua panacea.
«Mia piccola Roma...»
Giulia è stata la più grande benedizione della sua vita, l'unico aspetto positivo sorto dall'unione con Scribonia.
Non mente, si dice, quando afferma di avere due figlie dilette da viziare: Roma e Giulia.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top