19 agosto
Non potevo saltare una data memorabile come questa!😁 Però vi avviso: se non vi rispondo nei commenti non è per sgarbo o svista o altro, ma da qui a circa tre giorni sto riscontrando un problema. Quando digito sull'aeroplanino viola per inviare un commento o una risposta non mi fa inviare! A volte si sblocca, ma poi ricomincia con questo casino.
Solo per illustrarvi bene la situazione 😅spero che non ve la prendiate (e che si risolva)
A voi!
La morte l'osserva al suo primo vagito.
Sta lì, incombe e osserva, signora dal paludamento cangiante. È la troppa luce che ferisce le pupille del neonato. È l'ossatura scarna, una nervatura sottile di carne su ossicine fragili, che si spezzeranno al primo brivido. È lo spiffero dallo spiraglio della porta. È la balia che lo spupazza con eccessiva libertà.
Indossa tante vesti, la morte, s'incarna in molti esseri, calza innumerevoli maschere. Al guinzaglio i suoi seguagi infernali, nel suo grembo si contorcono vipere e fantasmi.
Marte Silvano è ladro di neonati. Tre guardiani sorvegliano la puerpera, la sua porta. All'imbrunire uno colpisce con la scure, uno pesta con il pestello e l'ultimo ramazza con la scopa. Risucchia le loro anime informi, le scaglia nelle tenebre, nelle fosse.
Gaio Ottavio Turino conosce la morte dal momento che è stato catapultato in questo mondo contraddittorio e fragoroso.
E lotta per rimanerci.
La morte si prende suo padre.
Ha quattro anni e Ottaviano conserverà una sbiadito riflesso, un'ombra inconsistente. Più presente il nome che l'uomo.
Di febbre, sussuranno le donne in casa e circondano la mamma, piangente e floscia su una seggiola, un gracile fuscello piegato dalla furia del vento.
Ne ha dodici quando si prende sua nonna e la pira diventa suo podio d'oratoria e Cesare lo adocchia, quel pronipotino all'apparenza poco promettente. Cesare non è un uomo con cui scherzare. Non è il tipo da cui distogliere lo sguardo.
La morte fornisce a Ottaviano un riscatto dai pronostici infausti che lo inseguono da una vita. Cesare lo prende sotto la sua ala.
Può rivelarsi anche benigna, questa dea bifronte come Giano.
La morte appicca il fuoco d'una guerra lacerante i sogni.
Di gioventù e di un futuro roseo. Uccide il ragazzo per far posto all'uomo. Alla soglia dei diciannove anni prende in mano le briglie d'un mondo che pensava d'assaporare per gradi, lentamente, come un vino buono si gusta con attenzione.
Un cadavere accoltellato, l'anarchia a un passo, la più maestosa città mai esistita vacillante sul baratro glielo impediscono.
Ottaviano parte, assetato di vendetta, di giustizia, riaggiusta i tasselli d'un sogno andato in frantumi in una pozza di sangue.
È colpa della morte.
È sempre colpa sua quando sua madre deperisce alla vigilia di battaglie segnanti la Storia. Quando il loro unico maschio, suo e di Livia, esala un primo e ultimo respiro mai nemmeno imboccato. Quando la gioventù di Marcello si spegne, un lume gagliardo su cui la nera megera soffia.
Quando Virgilio e poi Agrippa, Ottavia, Druso e poi Mecenate e Orazio scompaiono, erosi come marmi che rifulgono su Roma. L'ha ringraziata per Antonio e l'Egiziana, la maledice per i suoi cari. Coltiva il giardino lussureggiante e imponente d'un Impero, ma l'albero della sua famiglia appassisce, i frutti avvizziscono.
Gaio, Lucio. Giulia muore all'apparenza, nel padre la sua fiamma d'amore brucia imperitura. Iullo ripetente l'epilogo di suo padre. Ovidio esiliato. Postumo anche.
Da Tiberio la morte gira al largo.
«Sono forse maledetto?» pone Ottaviano Augusto una sera purpurea come le vesti imperiali alla sua ingrigita, inossidabile consorte. I giardini scrosciano di zampilli e getti, riecheggiano di solitudine. Come un blocco di marmo, imponente e solo. Come lui. «Tutti coloro che amo muoiono o si allontanano da me per altre ragioni.»
«È il costo della grandezza amore mio.»
«Io non l'ho voluta.»
«Per questo grandezza fa rima con amarezza. Chi non desidera il potere è il più tagliato per maneggiarlo.»
Spazia il suo sguardo sui tetti di quella città per cui il suo cuore sanguina. È il sangue di Cesare che non si è mai asciugato, pensa. Un rivolo che s'ingrosserà in un torrente, un torrente che investirà la Storia.
«Nessun monumento è innalzato senza sudore e fatica.»
«E ferite.»
Vero. Il suo cuore n'è sfigurato. Molte sono ancora fresche.
La morte s'intrufola, cala il sipario, si toglie la maschera, s'inchina e ringrazia la platea. In fondo recita pure lei.
Molteplici ruoli in molteplici farse.
«Se la commedia vi è piaciuta, applaudite!»
Applaudisce la morte. È raro.
Ha assistito a infiniti spettacoli.
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