Capitolo 9
La visita con il dottor Lodi è durata, in tutto, una quarantina di minuti.
Mi ha fatto ascoltare per qualche attimo il suono più dolce e coinvolgente che io abbia mai sentito.
Perfino la sua faccia da culo sembrava meno insopportabile, durante il librarsi deciso nell'aria del battito del cuore del mio bimbo.
Mi ha fatto rialzare dal lettino e io quasi non mi reggevo in piedi dall'emozione.
Un mix di sensazioni inspiegabili stavano percorrendo ogni vena del mio corpo, per poi esplodermi lì, dritte al cuore.
Sono uscita dal suo studio saltellando a pie' pari dopo aver ritirato le impegnative per i vari esami che mi ha assegnato e aver distrattamente ascoltato il plaining delle visite successive che dovrò fare con lui, ovviamente già perfettamente stilato.
Ho salutato la segretaria e gli altri presenti nella sala con un sorriso che ormai non ricordavo più di possedere, e mi sono lanciata fuori dall'edificio Europa con un'energia mai sentita prima.
Ho aspettato l'autobus per quasi venti minuti questa volta, ma non mi sono minimamente pesati. Ho fantasticato su quel piccolo esserino che abita la mia pancia per tutto il tempo.
Quando il pullman è arrivato, quasi vuoto, non mi sono manco seduta. Mi sono aggrappata ad uno dei sostegni e ho continuato a nuotare nel mare di pensieri, finalmente felici, che popolavano la mia mente in quel momento.
Non esisteva niente e nessuno accanto a me.
È stato un istante, ma è bastato.
L'autista inchioda e io finisco dritta dritta con il culo per terra.
Mi sono risvegliata dai miei sogni ad occhi aperti così, a gambe all'aria, nello stretto corridoio di un pullman di linea.
-Posso aiutarti?- una calda voce alle mie spalle mi scuote, facendomi improvvisamente rendere conto della figura di merda appena fatta.
Mi giro lentamente, rossa come un peperone e rivolgo lo sguardo al ragazzo in piedi alle mie spalle, che mi porge la mano.
È lo stesso a cui sono finita in groppa l'altra volta, ne sono certa. Certi occhi non mentono.
Accetto di buon grado la sua offerta e gli afferro la mano, nel tentativo di rialzarmi. Mi gira ancora la testa, e ci riesco con fatica.
-Venga, si sieda qui!- una signora sulla cinquantina, abbastanza imponente, attira la mia attenzione.
Seguo il suo consiglio e mi accomodo, sotto lo sguardo preoccupato dello sconosciuto che, ormai, tanto sconosciuto non è più, e del resto dei passeggeri.
Il ragazzo mi si avvicina sorridente e, dopo essersi abbassato per avvicinarsi all'orecchio, mi sussurra.
-Te l'ho detto che devi stare attenta.-
Poi si rialza in posizione eretta e va a sedersi su uno dei posti più avanti.
Lo guardo perplessa mentre si allontana, con quei jeans un po' troppo stretti e una felpa a fantasia da età adolescenziale.
È strano come tipo, m'incuriosisce con quell'aria da bambino dall'occhio vispo un po' troppo cresciuto.
Chissà cosa nasconde dietro quegli scrigni color ghiaccio che non ti lasciano entrare.
Non che ci abbia provato, io il suo sguardo non lo reggo.
Ma mi sono apparsi proprio così, freddi e glaciali, usati da scudo per nascondere un mondo tenuto volutamente sommerso.
Sto vaneggiando troppo.
Dopotutto è semplicemente un bel ragazzo che prende forse abitualmente questa linea, nulla di più, nulla di meno. Ho ben altre cose a cui pensare adesso.
Mi desto dalle mie proiezioni e noto, con gioia, che siamo già arrivati in centro.
Potrei prendere subito il tram che mi conduce fino a casa, ma taglio per la piazza e vado a fare un giro al centro commerciale. Destinazione - negozio per bambini.
Non voglio comprare niente, sia chiaro, voglio solo dare un'occhiata, così, per vedere l'effetto che fa. Che mi fa.
Salgo precedendo il lento movimento delle scale mobili fino al terzo piano.
Questo non è un centro enorme, è distribuito su cinque piani ma è fatto come una torre, quindi alla fine non è grandissimo, ma ci sono comunque bei negozi e un giro ce lo si può fare.
Se non altro c'è l'aria condizionata. A palla.
Entro in quello che si può definire il mondo dei bebè, difatti la prima parte della bottega è allestita totalmente con vestitini e scarpine da neonato.
Mi perdo fra una moltitudine di tutine intere con tanto di scarpetta annessa e poi, senza che io possa davvero riuscire a rendermi conto che sta succedendo davvero, ecco che li vedo. Sono lì, a pochi passi da me.
Si sono proprio loro.
Nora e Daniele sorridono felici mentre confrontano due abitini minuscoli di ciniglia. Uno è azzurro, l'altro è rosa.
Una forte morsa mi stringe all'improvviso il petto.
Non devono vedermi. Non deve succedere, non devono assolutamente vedermi.
Presa da non so quale forza sovrumana mi riscuoto dal mio oblio e sfreccio decisa fuori da quel negozio che si è rivelato una trappola mortale.
Il sangue mi si è gelato nelle vene ma, allo stesso tempo, il cuore mi sta per esplodere nel petto. Non riesco a capire il connubio tra questi due eventi, ma sta andando esattamente così.
Mi lancio giù per le scale faticando a trattenere le lacrime. La testa mi gira talmente forte che mi sembra di essere ubriaca , non so nemmeno se mi conviene uscire fuori di qui, considerando il caldo che fa.
Magari crepo e risolvo tutto a tutti.
Non mi sto piangendo addosso, lo credo veramente.
Tutta la gioia che mi sguazzava dentro fino a poco fa si è dissolta nel niente, così, come una nuvola di fumo.
Mi sento persa nel vuoto, eppure sono circondata da tantissima gente.
Guardo le loro facce e mi sembrano tutte nemiche, cattive, arrabbiate, astiose.
È un impressione ovviamente, non possono avercela tutti con me. O invece si?
Magari in realtà sono una persona sbagliata. Magari me lo si legge in faccia.
Forse è per questo che Daniele se n'è andato e Nora mi ha girato le spalle. Forse si sono accorti che sono una brutta persona.
Altrimenti non avrebbero potuto, non c'è l'avrebbero fatta a farmi tanto male. Non posso crederlo. Mi sento più a mio agio nel pensare che sia colpa mia.
Si. È sicuramente colpa mia, perché non ti si girano tutti contro così, improvvisamente.
Devono avercelo avuto un motivo.
E allora perché non me l'hanno detto? Perché non mi hanno detto che ho qualcosa che non va? Perché se ne sono andati così, in un assordante silenzio?
Non avevo mai capito quanto rumore potesse fare il silenzio.
L'ho sentito chiaro e forte, il trambusto che fa, all'interno dell'anima.
Se mi metto ad ascoltare lo sento elevarsi ancora, con la stessa foga del primo giorno.
Mi sono diretta dritta alla fermata del tram.
Il cartellone digitale dice che arriverà fra quattro minuti.
Una ragazzina che avrà a malapena quattordici anni sbuffa una nuvoletta di fumo affianco a me. L'odore della nicotina che si diffonde nell'aria mi fa prendere un morso alla bocca dello stomaco. Credo di non aver mai avuto tanto bisogno di una sigaretta come in questo momento, ora posso dirlo davvero.
Reprimo il mio istinto predatorio verso le maledette bionde e ammiro sollevata il tram che nel frattempo si è deciso ad arrivare.
È quasi l'una, quindi non c'è praticamente nessuno. La gente è a pranzo.
Mi siedo per evitare un altro capitombolo e porto lo sguardo perso e disattento fuori dal finestrino, più per evitare di incrociare quello di qualcun altro che per altro.
La mia mente viaggia in mondi oscuri, sconosciuti e fin troppo lontani, sono qui, ma è come non ci fossi.
Arrivo alla fermata sotto casa dopo venti minuti esatti.
Questi trabiccoli, se non si bloccano (e succede spesso) sono davvero puntuali come un orologio, altro che gli autobus!
Mi trascino fino all'altra parte della strada fino al cancello del mio condominio.
Vedo la signora Meli, è davanti al portone e sta parlando animatamente con Cristina.
Cristina Malli. Abita al primo piano ed è na pigna pazzesca.
Nel senso che, se ti becca per sbaglio mentre ti appresti ad uscire o tornare a casa, comincia a parlare di tutto e di niente e non ti molla più. È in assoluto la peggiore di tutte, ma se la gioca comunque con la signora Meli, la prima posizione.
L'unica differenza è che la signora Meli avrà all'incirca settant'anni, mentre lei, a parer mio, non arriva manco ai trenta, anche se ne dimostra molti di più.
È di una pesantezza infinita e, non bastasse, mette il naso dappertutto. Non credo abbia una vita sociale molto attiva, considerando il tempo che passa a far da cronista agli avvenimenti del complesso residenziale.
Sospiro rassegnata all'idea che non potrò in alcun modo evitarle e infilo la chiave nella serratura del cancello.
Non faccio nemmeno in tempo a girarla che sento il suono del comando elettrico, e l'inferriata si apre.
Una signora Meli fuori modo eccitata mi urla da in fondo.
-Melissa! Vieni cara! Ci sono novità!-
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