Capitolo 7

Ebbene sì, potevano farmi ancora più male.
Udite e udite, signore e signori, la coppia dell'anno attende un cercato e desiderato pargoletto.
Si miei cari, avete sentito bene, sono incinti. Cercato e desiderato.
Perché non solo Agnese è venuta a darmi la buona nuova, no! Ho pure incontrato quella stronza di Ludovica, qui sotto in farmacia, dove sono andata per prendere un qualcosa a base di erbe onde evitarmi l'infarto, e non ha potuto ovviamente fare a meno di dirmi che Pina, quella dell'edicola, già gli aveva sgammati da mesi, i fedifraghi! E che per di più, Nora, la parrucchiera, ultimamente comprava riviste sul concepimento, era proprio un brutto affare!

Bingo

Se lei comprava riviste sul concepimento significava che ci aveva pensato ad averlo, un figlio. Ci aveva pensato ad averlo un figlio, con Daniele. Il mio Daniele.
Il pensiero che potesse averlo desiderato anche lui mi fa gelare il sangue nelle vene.
E se non li avessi beccati? Quando me l'avrebbero detto? Perché me l'avrebbero detto, vero? O mi avrebbero lasciata cornuta e inconsapevole per tutta la vita?
No. Impossibile. Aspettano un figlio, lei non gliel'avrebbe mai permesso. Un figlio...
No. Daniele ne aspetta due di figli.
Una da Nora, desiderato e cercato e uno da me. Anonimo, inesistente. Un qualcosa da nascondere, dimenticare, cancellare.
Sono sicura che di nostro figlio penserebbe questo. Ma la verità è che non lo pensa nemmeno, questo figlio, manco con disprezzo. Non può, non sa che esiste, e ora più che mai son convinta che non dovrà mai saperlo. Comunque io scelga di far andare le cose. Perché io ancora non lo so, come andranno le cose.

Non appena Agnese se n'era andata ho chiamato Carla.
Le ho detto di avere trentanove di febbre, vomito, diarrea e pure gli spasmi. Mi ha intimato lei stessa di rimanermene a casa, onde scongiurare un'epidemia all'intero personale del locale.
Quando sono risalita dalla farmacia mi sono messa a fare una serie infinita di cose.
Ho steso la lavatrice, ne ho caricata un'altra di soli bianchi, svuotato completamente il frigo e smontato ogni singolo scomparto per pulirlo al meglio. Poi ho cambiato le lenzuola e pulito tutti i pavimenti, spostando i mobili, il divano, i tappeti e spingendomi pure sotto il letto, strisciando sul pavimento.
Una volta stremata, mi sono lanciata sul materasso.
Pensavo di imbastire qualcosa per la cena, ma ci ho ragionato un momento e ho concluso che era molto più semplice e comodo ordinare nuovamente la pizza, visto che quella di ieri manco l'ho assaggiata e ancora non mi sono tolta la voglia. Se di voglia si può parlare.
Non ho mai aperto il messaggio di Daniele.
L'ho cancellato, direttamente, senza leggerlo. Sicuramente voleva avvisarmi che la madre sarebbe passata, il coniglio.
Il ragazzetto senza palle che manda avanti mammà perché non ha il coraggio di prendersi le sue responsabilità, di fare l'uomo. O perlomeno l'ometto.
No, niente, un'ammasso di ossa senza spina dorsale. Inutile, completamente inutile.
Ora che ci penso la dovrei ringraziare Nora per esserselo preso, io mica mi ero accorta di che ameba mi fossi messa affianco, se non fosse stato per lei avrei sicuramente rischiato di scarrozzarmelo appresso a vita.

Grazie Nora, sei la mia salvatrice!

Gongolo trionfante per auto convincermi della cazzata a cui ho appena pensato e afferro il cellulare. Il numero della pizzeria è anche l'ultimo che ho chiamato ieri, quindi lo trovo subito sulle chiamate recenti, appena dopo quello dello studio del dottor Lodi, che ha chiamato stamattina. Altro omuncolo inutile.
Invio la chiamata e, dopo neppure uno squillo, riaggancio. Suonano di nuovo il campanello.

Non ci posso credere.

Alzo gli occhi al cielo e vado verso la porta, rassegnata all'idea che chi mi cerca è proprio lì dietro, quindi mi ha sentita e non posso nemmeno fingere di non essere in casa.
Davanti a me appare una signora Meli alquanto agitata, avvolta in un elegante vestaglia a fiori.

-Oh Melissa, meno male che sei in casa!- esclama, piombando dentro prima che abbia il tempo di invitarla. -Ho suonato tutti i campanelli e tu sei l'unica che mi ha risposto- continua, muovendosi nervosamente su e giù per la stanza. -Lo sapevo io, lo sapevo che prima o dopo anche questo non sarebbe più stato un quartiere tranquillo!- esclama.

Non so a cosa si riferisca, né tantomeno perché stia vaneggiando nel mio salotto, ma so che fra poco vomiterò se non la pianta di camminare avanti e indietro.

-Si calmi signora Meli. Venga, si sieda qui sul divano e mi spieghi cosa...-

-C'è un estraneo che si aggira per il condominio Melissa.- afferma interrompendomi e ponendo finalmente fine alla sua marcia senza senso.

Si accomoda poi su una delle sedie del tavolo da pranzo, probabilmente la comodità del divano l'avrebbe privata della concentrazione necessaria per sparare la sua ennesima stronzata.

La guardo di traverso. -Un estraneo? Ma chi? Da quando? Cosa le fa pensare che non sia qualcuno in visita?- sono perplessa e anche un po' scocciata, conosco le teorie romanzate a cui è solita la signora Meli.

-No.- ribatte decisa. -Non viene a trovare nessuno. Osserva. Osserva i movimenti e aspetta il momento opportuno.-

- Il momento opportuno? Il momento opportuno per cosa?- comincio ad innervosirmi, non ho né testa né tempo per perdermi dietro alle costruzioni mentali di una vecchia giallista paranoica.

-Per cosa esattamente non lo so- alza le mani in segno di resa -chiaro è che non deve avere buone intenzioni.- conclude, lasciandole poi cadere a palmo aperto sul tavolo.

Si rialza in piedi di scatto e tira fuori il pacchetto di sigarette dal taschino della vestaglia.

-Posso?- chiede, mostrandomi la scatoletta velenosa.

Fumo anch'io, non tantissimo, meno di dieci sigarette al giorno, ma ora non dovrei, non potrei e lei mi sta facendo voglia. Molta. Moltissima.
Anzi, ora che ci penso credo di non aver mai avuto tanto bisogno di fumare.
Ma non lo farò.
Le dico invece che effettivamente in casa fa caldo, e che forse si starebbe meglio a parlare in terrazzo, così finisce che lei si gode la sua bionda aspirandola di gusto all'aria aperta e io non devo giustificarle perché, improvvisamente, non si fuma più dentro casa mia.

La signora Meli si è trattenuta per quasi un'ora.
Ha continuato per tutto il tempo a parlare di questo fantomatico malintenzionato che si aggira da un paio di giorni per i corridoi del nostro condominio, in cerca di combinare chissà che cosa e chissà a chi.
Porta una felpa con il cappuccio tirato su, sulla testa e questo, in pieno luglio, è sicuramente un indizio più che valido per sostenere la tesi del balordo, secondo lei.
Poco importa se in questi giorni ha fatto letteralmente freddo e le temperature si sono abbassate di almeno quindici gradi, a lei di quel nuovo tizio non le ha parlato nessuno, e quindi deve essere per forza un manigoldo, senza alcuna possibilità di appello.
Lei è fatta così, crede di aver sempre la verità in tasca e se non si vuole arrivare allo scontro, conviene assecondarla.
Ho fatto finta di ritenere plausibile la sua percezione e le ho assicurato che sarei stata vigile e attenta nel captare qualunque movimento strano all'interno del suolo condominiale. Mi è parsa sollevata.
Sono scesa a prendere la pizza e sono tornata a casa con una diavola più patatine fritte. Dovrei evitare il piccante, ma credo s'intoni alla perfezione con il mio umore questo salamino infuriato. Per stasera farò un eccezione.
Siedo in divano con la mia cena accompagnando il tutto con una Coca Cola che, solitamente, sarebbe stata una birra doppio malto. La TV è sintonizzata sulla finale di MasterChef. Niente di impegnativo stasera, ho bisogno di staccare il cervello.
Mentre gli ultimi due concorrenti duellano, sfidandosi ad una lotta all'ultimo piatto, io addento anche l'ultimo morso di pizza che, miracolosamente, ho mangiato per intero.
Sono piena quasi da star male ma relativamente soddisfatta. Afferro soprappensiero il pacchetto di Marlboro che tengo sempre di scorta sulla mensola in cucina, ma mi fermo di colpo. Lo fisso per un attimo e poi lo getto via.

È una buona cosa comunque.

Ho guardato in seconda serata un documentario su Real Time. Parlava di gente che cha ha il vizio di racimolare ogni cosa senza mai buttare niente, raccattano di tutto, fino al punto che in casa non trovano quasi più spazio per camminare. Allucinante.
Mi ci sono persa per quasi un paio d'ore, poi me ne sono andata a letto. Non a dormire, semplicemente a letto.
Ricordo di aver fissato il soffitto bianco per lungo tempo, non so quanto, ma è stato tanto.
Ho pensato a Nora e Daniele, stretti sotto lo stesso lenzuolo mentre fantasticano sul sesso del loro bambino, sul nome che gli piacerebbe dargli, o sul profilo che potrebbe avere. Ho immaginato la pancia di lei crescere sotto la mano di lui che l'accarezza, fiero. Ho pensato agli sguardi felici e pieni d'intesa e d'attesa che si staranno scambiando, quelli che solo due innamorati conoscono. Due innamorati che condividono qualcosa di profondo.
Un rivolo d'acidità mi risale dritto fino in bocca.

Che schifo.

Provo a girarmi su un fianco dando le spalle alla metà del letto vuota e cerco di riportare la mente al discorso con la signora Meli, per quanto assurdo. Perlomeno ho qualcosa di diverso su cui proiettare il cervello. Mi sforzo di chiudere gli occhi e comincio a pensare all'uomo misterioso con il cappuccio sulla testa che incute tanto terrore alla mia vicina di casa.

Posso quasi vederlo, mentre si nasconde sotto le scale, proprio dove ci sono le cassette della posta, giù, nell'androne...

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