Capitolo 66

Sento la vita scivolare via.
Tutto si sta esaurendo. Ogni mia certezza, anche la più piccola, fra queste braccia nemiche, scompare.
Il fiato caldo e pesante di Fabrizio si insinua prepotente fra i miei capelli, mi schiaffeggia il viso, mi penetra il condotto uditivo. Mi impedisce di incamerare l'aria.
Posso respirare solo il suo riciclo di ossigeno, la sua morsa è imperiosa e autoritaria, il mio terrore pietrificante e prevaricante.
Sento lo stomaco bruciare e la testa pesante, sempre più pesante.
Ogni istante della mia esistenza viene ripescato dagli infiniti cassetti della mente e mi si ripalesa davanti, in tutta la sua indelebilità.
Incredibile pensare a come spesso ci dimentichiamo di tante cose, non le riteniamo sufficientemente importanti. Le perdiamo senza nemmeno accorgercene lungo la strada. Cose che magari si danno per scontate, che ormai non vengono più vissute a fondo, logorate dall'abitudine, non più considerate.
Ma quando senti che la vita ti viene strappata violentemente dalla mani, quando ti senti ostaggio della più totale impotenza, ecco che lo percepisci diverso il sapore, ti godi anche quello dato dalle minuscole emozioni.
Il quarto d'ora di sonno in più dopo che è suonata la prima sveglia. Il caffè caldo e profumato del mattino, ancora più buono se qualcuno ti sorprende portandotelo nel letto. Il primo raggio di sole della giornata, quello che ti risveglia solleticandoti sbarazzino il viso. Le giornate fredde e piovose invernali passate sotto al piumone, stretta fra le braccia della persona che ami. Il primo bagno della stagione, nell'immensità e spettacolarità del mare. Il lasciarsi cadere a peso morto sulla neve, e poi mangiarla. La sigaretta nei dieci minuti di pausa al lavoro, quella che fumi in due tirate così poi vai pure in bagno e fai magari in tempo anche a mangiare.
I silenzi. Quelli pieni di parole, nel letto, fra le braccia della persona che ami, dopo aver fatto di gusto l'amore. Le notti passate in riva al mare, stesi sulla sabbia, ad aspettare di veder sorgere il sole. La prima sbronza con le amiche, e il terrore al pensiero dello zoccolo di tua madre stampato dritto dritto in fronte al rientro a casa. I primi sguardi rubati, quelli più importanti, quelli più odiati.
Ogni attimo della mia esistenza, fra queste braccia pericolose, ha trovato un suo posto.
Soprattutto l'attimo in cui mi sono sentita la custode di qualcosa di veramente importante. Della vita stessa di qualcuno che fa parte di me, che si fida di me. Non permetterò a nessuno di far del male alla mia creatura. Mai.

Una scarica d'adrenalina si sprigiona arrogante al ricordo del mio piccolo cuoricino che pulsa sicuro.
Affondo le unghie nel dorso scarno di Fabrizio e alzo la testa, scostandomi da lui di colpo. Non so dove ho trovato la forza per liberarmi dalla sua presa.
Sento scorrere un'energia nuova in me. Nei miei occhi, le fiamme. Gli lancio uno sguardo e lo distruggo con la vita che mi scorre dentro.

-Ti ho detto che devi lasciarmi stare- sto urlando. Tremo e urlo. So di essere un'incosciente, ma non riesco a controllarmi.

Lui mi guarda con gli occhi sbarrati, è rimasto di sasso, completamente sconvolto dalla mia improvvisa e inaspettata reazione.
Trema, visibilmente, e il suo viso sta cambiando colore.
Un fremito di terrore mi squarcia il ventre, la sua espressione descrive un mondo tenebroso, lugubre, desolato. Privo di luce. Carico di odio.
Un rumore brusco irrompe dal piano di sopra. Una porta si apre.
Una frazione di secondo e Fabrizio scompare, lanciandosi di corsa giù per le scale.
Rimango immobile, lo sguardo fisso alla tromba delle scale, vampate di calore che salgono e scendono come sulle montagne russe.

-Mel?- Andrea arriva scendendo gli scalini due a due -Che è successo? Ti ho sentita urlar... Mel!- vede bene la mia faccia e fa un sussulto -Dio mio, ma che cazzo è successo? Vieni, entriamo- mi cinge dolcemente con un braccio e mi porta in casa. Devo aver un viso alquanto sconvolto, a giudicare da come mi guarda.

-Mi spieghi che è successo?- mi fa sedere sul divano, accompagnandomi nella discesa. Devo apparirgli sinceramente instabile -Sei sconvolta!-

-I..io- non riesco nemmeno a parlare, le lettere mi si sciolgono in bocca.

-Aspetta- si avvia verso la cucina -Ti porto un bicchiere d'acqua-

Torna con il bicchiere colmo dopo qualche secondo e si siede vicino a me.

-Hey piccola- mi accarezza il viso -Sei caldissima, e tutta sudata. Vuoi che ti accompagno a darti una rinfrescata al viso?-

Faccio cenno di sì con la testa e accetto il suo aiuto per alzarmi.
Camminiamo fino al bagno lentamente, Andrea non mi molla con lo sguardo per un attimo soltanto. Vedo che ha paura di far troppe domande, ma è severamente preoccupato, fa una fatica tremenda a rimanere sulle sue.

-Ecco- mormora, sciacquandomi lievemente guance, fronte e collo con l'acqua fresca -Vedrai che ti sentirai un po' meglio. Hai mangiato questa sera?- incredibile quanto sia paterno. Mi commuove quasi questo suo interessamento apparentemente privo di doppi fini.

-Non me lo ricordo- non mento, ad essere sincera in questo momento non mi passa nulla per il cervello. Credo sia tipo in stand by.

Mi guarda con aria di rimprovero senza perdere comunque la dolcezza.

-Vieni- dice, riprendendomi sotto braccio e accarezzandomi con gli occhi -Torniamo a sederci-

Una volta tornati sul divano lascio sprofondare la testa sul cuscinone grigio e sfocio senza nemmeno accorgermene in un pianto disperato.
Tutta l'adrenalina che mi scorreva nelle vene mi ha abbandonata ed ora è il momento del crollo, emotivo, fisico, totale.
Andrea mi passa delicatamente la mano fra i capelli, sa che per me non è momento di parlare. I venti minuti di singhiozzi e lacrime più sentiti della mia vita, almeno fino ad ora.

Mi rialzo con la schiena a fatica, tirando su col naso.

-Scusa...- gli rivolgo uno sguardo imbarazzato.

-Credo che io e te dovremo smettere di scusarci per le nostre debolezze, siamo esseri umani- ridacchia -Allora. Ti senti un po' meglio?-

-Si- è vero. Questo pianto mi ha liberata.

-Di nuovo il tuo ex...?- azzarda, titubante.

-No- alzo la testa e lo guardo fisso. Nei miei occhi credo si legga ancora chiaramente il disegno perfetto del terrore.

-C..che è successo Mel?- non mi sbagliavo. Il suo tono dice tutto.

-Vorrei saperlo anch'io- sbotto, sentendo l'amaro risalire in bocca e le lacrime ricominciare a spingere per uscire -Ti va se parliamo un po'?- chiedo, consapevole di non essere più in grado di portare da sola un fardello così pesante.

-Certo!- risponde lui, perforandomi con lo sguardo più rassicurante che io abbia mai incontrato.

Sono felice che sia qui. Averlo al mio fianco mi fa sentire sicura.
Non so cosa mi abbia portata a pensare di poter condividere con lui la mia paura.
Ma sono certa che liberarmi da questo peso mi darà la forza necessaria per liberarmi da questa terribile morsa oscura.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top