Capitolo 62
Varco l'imponente ingresso a passo insicuro e, dopo aver atteso in fila per un paio di minuti, arriva finalmente il mio turno al banco dell'accettazione.
-Buonasera. Ha con se la tessera sanitaria?- una biondissima infermiera, dai modi alquanto bruschi, mi osserva impaziente mostrandomi nervosamente il palmo della mano.
-S..si- rispondo, colta alla sprovvista e improvvisando quindi nell'immediato un immersione in borsa alla ricerca del portafoglio.
-Bene- sbotta lei -intanto può dirmi il suo nome e cognome e cominciare a spiegarmi qual è il motivo che l'ha condotta qui-
-S..si. Dunque...- biascico, continuando a ravanare -Greco Melissa... Ecco- esclamo quindi, estraendo finalmente l'agoniato porta tessere e porgendogli i documenti richiesti, che lei subito comincia a registrare battendo freneticamente sulla tastiera del computer.
-Ve..vede- continuo -io sono alla tredicesima settimana di gravidanza... Più o meno- l'infermiera alza la testa e mi lancia un'occhiata mista fra il perplesso e il preoccupato.
-Sono un po' di giorni che trovo il salva slip leggermente macchiato di rosa- proseguo dunque, facendomi forza con un sospiro -E... A dire il vero non posso dire nemmeno di sentirmi particolarmente in forma... Mi sento stanca, spossata, spesso e volentieri vengo sorpresa anche da lievi ma insistenti crampi che si estendono proprio qui- dico, indicando con la mano il basso ventre.
-Mh. Ok- sentenzia, non lasciando trasparire la sua preoccupazione più del dovuto -La faccio trasferire direttamente in reparto, una mia collega l'accompagnerà a momenti su in ginecologia. Può attendere qui- afferma, indicandomi una sedia appartata dietro il banco dell'accettazione.
-D'accordo- ribatto, sempre in balia della più totale confusione -Grazie- bisbiglio poi, avviandomi a passo arrancante fino al posto indicato.
-Greco Melissa?- una giovanissima signorina vestita con la classica divisa verde che spesso si vede circolare per gli ospedali, mi osserva sorridente. Ha con se una sedia a rotelle.
-Si- dico, rivolgendole lo sguardo -Sono io-
-Prego- esclama, facendo roteare l'arnese a due ruote in modo da facilitarmi la seduta -Si accomodi qui-
-Oh... Non credo sia necessario... Posso camminare-
-Meglio evitare sforzi, signorina Greco- asserisce sicura lei -Faccia la visita almeno prima-
Deglutisco a fatica, scossa pesantemente dal sottile ma tagliente messaggio che ho scorto tra le parole della schietta infermiera e seguo il suo invito, lasciandomi scivolare controvoglia sul trabiccolo da lei capitanato.
-È da sola?- mi chiede poi, guardandosi dubbiosa attorno.
-Si- ribatto, sentendomi prevaricare dal peso di questa affermazione.
Neanche il tempo di sollevare i piedi da terra e parte spedita, sfrecciando fra freddi e semi deserti corridoi, cambiando ben due diversi ascensori, conducendomi velocemente a quella risposta che tanto bramo ma che, al tempo stesso, temo più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Dopo cinque interminabili minuti di strada, durante i quali sono stata accompagnata solo da stridenti cigolii dovuti a ruote non da poco oliate, ecco che giungiamo alle porte chiuse del reparto di ostetricia-ginecologia.
Il cuore batte prepotente, ora che il fastidioso rumore della sedia è cessato posso percepire chiaramente il rimbombo dei battiti che sovrasta il silenzio soffocante di questo posto. La silenziosa infermiera si accosta alla mia seduta e suona un vistoso campanello.
Passano neanche due secondi e la porta, dopo aver fatto il classico rumore da comando automatico, si apre, lasciando intravedere un'altro semi illuminato e deserto corridoio.
La goffa donnetta in divisa verde torna al comando dell'arnese a due ruote e mi conduce dentro di buon passo, portandomi a quella che a tutti gli effetti credo si possa definire una stanza per ecografie.
-Ora può alzarsi- esclama, ricordandomi il suono ormai dimenticato della sua voce -Si spogli lì dietro- dice poi, indicandomi un separè di colore verde -E poi si accomodi qui, sul lettino. Il medico arriverà a minuti- si riappropria della sedia e comincia ad avviarsi alla porta -Quando avrà finito, se il dottore deciderà di dimetterla, verrò a riprenderla. Auguri intanto- mormora poi, rivolgendomi un ultima occhiata piena di tutto e lasciando quindi definitivamente la stanza.
Rimango a fissare la soglia ormai vuota per quasi un minuto, in preda ad innumerevoli ed indefinibili tetre congetture poi, cercando l'equilibrio in un respiro maldestramente controllato, mi decido finalmente a spogliarmi e ad accomodarmi di conseguenza sul lettino.
Un uomo rasato di mezza età, avvolto in nel classico camice bianco che contraddistingue i medici, entra nella stanza dopo ben due minuti, seguito in pompa magna da un'affascinante infermiera dai vaporosi ricci rossi.
-Salve- esclama, avviandosi alla scrivania con lo sguardo rivolto alle carte che tiene in mano.
-B..Buonasera- mormoro, rendendomi poi conto che, data l'ora, sarebbe più appropriato un 'buonanotte'.
-Allora- squilla la rassicurante infermiera, avvicinandosi sorridente al lato libero del lettino -Che succede?- chiede, sfiorandomi in modo confortante il braccio.
-Ecco- comincio, rincuorata dalla sua rasserenante presenza -Io sono circa alla tredicesima settimana. Ho fatto di recente la traslucenza nucale in uno studio medico privato e, a quanto emerso durante la visita, tutto, perlomeno fino a quel momento, sembrava fosse a posto- faccio un lungo respiro -Succede però, che proprio a partire da quella sera stessa, le cose hanno cominciato a prendere una piega strana. Mi sono accorta di avere delle perdite, lievi, di colore rosa- tremo nel pronunciare ad alta voce queste parole -E, oltre a questo, ho cominciato a sentirmi particolarmente stanca, molto più del solito... Spesso e volentieri si fanno sentire anche dei leggeri ma fastidiosi ed insistenti crampi che nascono proprio qui, sul basso ventre- dico, indicandolo e lanciandole nel contempo un'occhiata piena di domande.
-Ora facciamo un'ecografia per controllare che sia tutto a posto- esordisce dal fondo della stanza il medico che a quanto pare ha ascoltato attentamente tutto, nel suo silenzio.
-Vedrai che sarà tutto a posto- mi sussurra materna la calorosa donna riccioluta, sorridendomi con i suoi enormi occhioni scuri.
Le sorrido di rimando e giro la testa, scontrandomi con lo sguardo con un modesto schermo al plasma posizionato sul muro di fronte a me.
-Dunque- esclama l'uomo pelato, avvicinandosi al macchinario alla mia destra -Le perdite non sono mai state di un rosso vivo, a quanto ho capito, giusto?- chiede, infilandosi i guanti.
-E..esatto- rispondo io, con un filo di voce. Sento l'anima staccarsi dal corpo, seguo ogni suo movimento sentendomi ondeggiare con esso.
-Bene- mormora, concedendomi un tirchio sorriso -Ora controlliamo- asserisce dunque, tornando professionalmente serio e cominciando ad armeggiare con l'intimidatorio macchinario.
Cerco di darmi un contegno, ma credo che ciò che mi porto dentro, ora, non può fare a meno di riflettersi chiaro anche agli occhi degli altri.
Posso vedere tutto il film del mio sogno di felicità che mi passa scorrendo veloce davanti.
Ho avuto diversi sogni nella mia vita, sicuro che sono stati tanti. Ma questo, lo giuro, è il meno rinunciabile di tutti quanti.
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