Capitolo 60
La signora Urti è scomparsa dalla mia vista da almeno cinque minuti, ma io ancora non riesco a schiodarmi dallo stipite della porta. In questo momento il mio cervello è troppo impegnato in innumerevoli e assurde associazioni, nonostante non stia riuscendo a barcamenarmi realmente in nessuna di esse.
In questi giorni di isolamento voluto, stranamente, dell'uomo misterioso e delle sue rose non c'è stata l'ombra, né nelle mie giornate, né nella mia testa.
Sopratutto dopo l'ultima visita con il dottor Lodi poi, posso dire sinceramente che la mia mente è stata totalmente assorbita da tutt'altro, non c'è stato spazio, in me, per le solite fustigazioni.
Le nefandezze commesse da Daniele e Nora addirittura, per un attimo, mi sono quasi apparse come sbiaditi e malconci ricordi. Nemmeno le dure parole scambiate con mia madre, a dire il vero, sono realmente riuscite ad intossicare la delizia del più dolce dei pensieri.
È certo però che il ritrovarmi qui adesso, ancora dolente per l'ultimo schiaffo subito, mette a dura prova il ritrovato equilibrio. O, perlomeno, quella piacevole illusione di ritrovato equilibrio.
Se prima credevo che ignorare fosse la soluzione migliore, ora comincio a realizzare che la cosa si sta facendo pesante, quindi è inutile tergiversare, devo arrivare ad un punto. E per farlo, devo usare l'astuzia.
Una lieve fitta parte cogliendomi alla sprovvista.
Porto d'istinto una mano alla pancia e mi ritiro in casa, chiudendomi finalmente il blindato alle spalle. A doppia mandata. Che non si sa mai.
Lo sguardo cade per un attimo sullo schermo spento del televisore, e non può fare a meno di cogliermi il pensiero che effettivamente, questo silenzio, comincia a diventare di nuovo insopportabile.
Mi avvento sul telecomando e accendo l'apparecchio con la stessa foga con cui avrei aperto una valvola d'ossigeno in mancanza d'aria e le voci che cominciano a riecheggiare seguendo un loro senso, nella stanza, riescono subito a darmi un fittizio sollievo. Mi lascio scivolare sul divano e, con il cuscinone grigio appoggiato lievemente alla pancia, anche i crampi paiono aver intenzione di calmarsi.
Giro annoiata i canali della televisione in cerca di non so manco bene io cosa mentre, nel frattempo, tento di concentrarmi affinché le suggestioni che mi provocano le fitte alla pancia, di cui parla il dottor Lodi, liberino la mia mente.
Non so bene secondo quale logica medica abbia fatto questa diagnosi, eppure è sicuramente la versione delle cose che mi piace di più, e quindi ho scelto di avvalorarla, nonostante dentro di me, in realtà, io abbia fatto ben altre tesi, decisamente più paranoiche.
Vorrei alzarmi per andare a controllare il salva slip ma non ne ho il coraggio.
Non lo so perché mi sto inondando il cervello di melma, non lo so perché mi sto affannando fra le più terribili congetture, non lo so perché sto lasciando che prendano nuovamente il sopravvento le paure, tutto questo sta accadendo proprio quando credevo di navigare finalmente in acque più sicure.
La verità è che mi sto aggrappando a questa creatura più di quanto non mi sia mai aggrappata alla vita stessa, sto riversando in lei ogni mio sogno, ogni mia speranza, ogni singola parte di ciò che sono, in sostanza. È un amore che cresce incondizionatamente secondo per secondo, malgrado la palpabile lontananza.
Lo so che è sbagliato, lo so che la strada ancora è lunga e piena d'insidie, ma ho voluto crederci, mi sono permessa di non mettere le mani avanti, mi sono fusa assieme a tanta bellezza fino a dimenticare tutte le altre cose importanti.
Io non so cosa mi riserverà la vita, ma so per certo che in questa nuova avventura sto puntando tutto e, questa volta, voglio vincere.
Mi sono trovata ad affrontare battaglie che mi sembravano eclatanti, ora, ripensandoci, credo di poter affermare con certezza che le cose che hanno riempito la mia esistenza fino adesso sono state assolutamente frivole, di poco spessore.
Sto scoprendo una dimensione completamente diversa, a me finora sconosciuta, quella del fare veramente parte di qualcuno. E non per frase fatta, degna da bigliettino dei baci perugina, ma per dato di fatto.
È a questo che devo la forza che improvvisamente mi sono scoperta dentro, è questo che non devo assolutamente perdere.
Sicuramente, essere presa di mira da qualcuno che si muove in modo ambiguo e fa di tutto per non palesare la sua esistenza non mi sta aiutando di certo, a trovare la chiarezza necessaria per affrontare serenamente questa gravidanza.
Non bastavano Daniele, Nora, mia madre e tutto quello che ci viene dietro, doveva pure mettercisi un estraneo, ad impantanare la mia vita. Ad avvelenare i miei pensieri. La mia voglia di ricominciare. Si, la mia voglia di ricominciare, perché non nascondo che sta riuscendo a togliermi anche quella.
È il dubbio ciò che mi strugge di più, il non vederci chiaro, il non saper darmi una risposta. Non capisco chi sia questa persona ma, in primis, mi si fondono le meningi nel cercare di capire il perché mi stia facendo una cosa del genere.
Oramai va avanti da tempo, ne è corsa di acqua sotto i ponti dalla prima volta che la signora Meli se n'è uscita con la famosa storia del balordo col cappuccio che si aggirava per il condominio.
Qual è il senso di ripetersi all'infinito con gli stessi comportamenti senza mai arrivare a dare un segnale in più? Dove vuole arrivare questa persona?
Sicuramente una soluzione efficace potrebbe essere quella di parlare alla signora Meli, lei in tempo zero informerebbe tutto il palazzo e, considerando che ci sono dodici appartamenti qui dentro, sicuramente prima o poi qualcuno dovrebbe riuscire a beccarlo sul fatto. Per forza.
A quel punto si sentirebbe come minimo messo al muro, se non altro, potrei avere qualche speranza di togliermelo definitivamente dai piedi senza giungere a metodi alternativi ed estremi, quali ad esempio rivolgermi alle forze dell'ordine.
In fin dei conti non mi ha mai fatto del male, cosa potrei mai raccontare?
Con tutte quelle che si sentono oggigiorno ho quasi paura che le denunce non vengano prese abbastanza seriamente neppure nei casi più gravi, figurarsi davanti a delle rose quanto poco verrei presa in considerazione, probabilmente tornei a casa trovandomi al punto di partenza.
Tuttavia, se la cosa non arriva a spontanea conclusione, farò anche questo.
Scuoto la testa nel maldestro tentativo di scacciare qualsiasi riflessione compromettente e, con gran sforzo, mi tiro in piedi.
Il salotto gira e sento la testa bruciare, prima di riuscire ad avviarmi a passo lento verso il bagno ho bisogno di un paio di minuti di ricognizione.
La mia faccia è sconvolgente, lo specchio non lascia spazio a repliche diverse da questa. Chiudo gli occhi inspirando piano e apro l'acqua fredda per immergerci completamente il viso, magari ho qualche possibilità di resuscitare.
Due minuti di orologio di manate gelide e ancora mi sento friggere il cervello. Fantastico.
Ruoto lentamente su me stessa e lascio cadere l'occhio sul wc.
So che devo farlo, so che devo fare la pipì e, di conseguenza, controllare il salva slip, ma ho una fifa attorno che non mi permette di mandare l'impulso necessario al sistema nervoso, sedersi sulla tavoletta si sta rivelando più difficile del previsto.
Stringo forte i pugni, chiudo per un attimo le palpebre, un respiro più che profondo e ci sono. Le mutande scivolano lentamente sulle cosce e le ginocchia si piegano fino a che il sedere non si incolla al water.
Sento una goccia di sudore che scende distintamente sulla fronte, la paura di piegare il collo e lasciar scivolare gli occhi su quel maledetto salva slip è fottutamente troppa.
Ancora un respiro, smorzato.
I battiti aumentano, il respiro si accorcia, una morsa stringe prepotente le tempie.
Le vertebre si piegano una dietro l'altra, convergendosi verso il basso, ho gli occhi ancora chiusi e, il ricambio d'aria dai polmoni, si è fermato.
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