Capitolo 56
Rientrare fra le mura di casa, oggi, ha un sapore diverso.
Ho vissuto per lunghi giorni in balia dell'incredulità, della paura, forse pure della depersonalizzazione ad un certo punto.
Mi sono ritrovata a passeggiare in luoghi oscuri e ignoti, scontrata con dubbi infimi e atroci, con alcuni fra i più potenti ed interiori terremoti, con il più insostenibile dei vuoti.
Ho forse impedito alla mia mente di entrare in contatto del tutto con ciò che mi sta accadendo, ho voluto chiudere gli occhi di fronte alla realtà che mi sta accogliendo, l'ho fatto costringendo i miei pensieri a non scendere troppo a fondo, in questa mia inconscia scelta l'immensa paura ad affacciarmi su questo nuovo mondo.
Questo è il momento in cui la consapevolezza cresce, forse comincio a credere, forse stavolta mi riesce.
Mi rendo conto di aver fatto di tutto per tenere questa creatura quasi lontana dal mio cuore. L'ho fatto per codardia, forse per necessità, magari per il troppo dolore, ma ora il rimorso preme prepotente, mi sovrasta senza lasciarmi respiro e lo fa acrobaticamente.
Mi spoglio lenta, il silenzio che mi circonda riesce a donare a questo momento incantato ancora più colore.
Se fino ad oggi ho magistralmente evitato di toccare realmente con mano la vera essenza dell'incredibile avvenimento che sta sconvolgendo la mia vita, ora sento che qualcosa dentro di me sta cambiando, ora la presa di coscienza si sta facendo strada e l'emozione non mente, questo è uno di quei momenti in cui non pare riuscire distruggerti niente.
Con lei sembra sparire quella confusione, quel fottuto senso di oppressione, quel senso di perdita e smarrimento che non mi lasciava veder ragione.
Cominciare a disegnare i profili di questa creatura fra i muri spogli delle infinite stanze presenti nella mia testa mi sta caricando di una forza diversa. Quasi sovraumana, sicuramente a me sconosciuta. Il timore si sposta lasciando posto ad una sicurezza mai avuta. Una cosa ora posso affermarla con certezza assoluta. Questa creatura la amo alla perdizione ancora prima di averla conosciuta.
Indosso qualcosa di comodo e mi lascio cadere dolcemente sul letto.
Il caldo è pezzente, insistente, allargo braccia e gambe in cerca di spezzare l'abbraccio bollente ma dura solo qualche istante l'illusione di poterlo annientare.
Lascio scivolare i piedi fino al tappeto color grigio antracite a bordo letto, faccio leva su di essi e mi lascio con fatica scivolare. Punto le braccia, la testa par voler cominciare a ballare, alzo la schiena con fatica, in ultima battuta è il collo a doversi sforzare.
Sono finalmente seduta ma la stanza, attorno a me, non accenna a smettere di ruotare.
Devo mangiare qualcosa
Raggiungo la posizione eretta con fatica, andare fino in cucina si rivela più difficile del previsto. Mi avvento sulla dispensa ma nulla a prima vista pare volermi stuzzicare.
Sbuffo sconsolata e ripiego le mie speranze su di una scatoletta di tonno. So che devo mettere qualcosa in stomaco ma non ho nessuna voglia di cucinare.
La apro di fretta e ci affondo la forchetta senza nemmeno scolare l'olio, ho bisogno di ricaricare, senza benzina una macchina non la fai camminare.
La finisco in meno di un minuto. Adesso posso quasi dire di aver ricominciato a ragionare.
Esco in terrazza e mi siedo con un lieve tonfo sullo sgabello.
Ciò che mi circonda non pare volersi far guardare, davanti ai miei occhi solo il ricordo di quel piccolo disegno di vita che timido su di un anonimo schermo appare, quel sogno di rinascita che finalmente sembra volersi far toccare.
Sorrido felice, inaspettatamente questa felicità si è rivelata un'astuta tentatrice.
Ora il trambusto che ho dentro si fa con piacere ascoltare. Finalmente non sono più solo degli insopportabili mostri quelli ad urlare.
-Ti vedo particolarmente radiosa oggi- Un Andrea sorridente irrompe con grazia in uno dei miei istanti più intimi. Si sporge come al solito dalla sua terrazza, riesco a scorgerne solamente il viso, sorridente e carico d'espressione.
Lo guardo sorridendogli a mia volta. Ad essere sincera non mi ha infastidita, il mio spirito è così pieno in questo momento che sento quasi la necessità di condividere ciò che provo con qualcuno e, per qualche strano motivo, già mi era balenato per la mente di farlo proprio con lui.
Non so perché con lui, forse perché fin dal primo istante in cui i nostri occhi si sono incontrati l'ho percepito chiaro il suo tormento, sapevo che stava insidiato da qualche parte, ben che non ne conoscessi assolutamente il collocamento.
L'avevo percepita l'esistenza di quel silenzioso lamento interiore, sono cose di cui chi sa di cosa si parla a sua volta, riesce a sentirne senza fatica il sapore.
-Lo sono- esclamo, raggiante -Oggi ho visto la mia bambina- abbasso leggermente la testa, scossa da un lieve ma distinto imbarazzo -Ogni volta è sempre una nuova emozione- mi giustifico poi, forse perché non sono realmente sicura che sia davvero giusto condividere una cosa così grande con quello che, in fin dei conti, è un perfetto estraneo -Sono ancora un po' su di giri... Scusa...- devo essere arrossita.
Sono a disagio, avrei dovuto contenermi.
-Non ho mai assistito ad una ecografia- pare realmente coinvolto -Ma dev'essere una cosa grandiosa, talmente magica che credo che a tastoni non si possa neanche lontanamente immaginare...- si perde per un attimo con lo sguardo, sognante -Comunque a giudicare dalla luce che si irradia dai tuoi occhi si direbbe trattarsi di un qualcosa di insuperabile- mi lancia uno sguardo carico di tutto, forse carico della stessa passione che già ho scorto in precedenza in lui.
-Lo è- rispondo fiera, mostrando una espressione a dir poco estasiata.
Il telefono fisso comincia a squillare, interrompendo quasi sul nascere l'ammaliante conversazione.
-Scusami- dico quindi. indicando con il dito la portafinestra -Devo andare a rispondere- lo informo poi, accompagnando l'affermazione con un'espressione a dir poco infastidita.
-Oh, vai Mel, e scusa per l'intrusione!- ribatte dunque lui, travolgendomi con l'ennesimo sorriso.
-Non devi scusarti Andrea- ribatto, alzandomi - Mi ha fatto veramente piacere scambiare due chiacchiere con te. Ora vado!- sbotto poi, salutandolo di fretta con la mano e lanciandomi verso il telefono che da un momento all'altro potrebbe decidere di ammutolirsi.
Non faccio nemmeno in tempo a portare la cornetta all'orecchio che già sento strimpellare la voce stridula e arrogante di mia madre.
-Melissa! Ci sei?-
No no no!!!
-Si mamma- mi viene naturale chiudere gli occhi -Ti ho risposto, ovvio che ci sono...-
-Non stavi rispondendo, come mai? Che succede?-
Non posso reggerla. Giuro che così io non posso reggerla
-Niente mamma, cosa mai dovrebbe essere successo?- sbuffo impercettibilmente -Semplicemente ero fuori in terrazza, ho sentito il telefono che squillava solo in ultima...-
-Vabbe', Vabbe'- m'interrompe sgraziatamente lei -In ogni caso ti ho chiamato per sapere come stavi Melissa, sai, non riesco a smettere di pensarti in questi giorni...-
-Io sto bene mamma. Non ti devi preoccupare già te l'ho detto. Goditi la tua vacanza con Mario e cerca di metterti tranquilla...-
E di lasciare tranquilla pure me!
-Non posso mettermi tranquilla Melissa. Non posso- sospira rumorosamente. Sta per spararne una delle sue, ci scommetto -Mi sono pentita di esser partita, voglio dirti la verità- fa un attimo di pausa -Il tempo stringe bambina mia, e noi ancora non abbiamo avuto occasione di parlare...-
Il tempo stringe? Cosa vuol dire il tempo stringe?
-E tu nella condizione in cui sei non puoi essere lucida abbastanza- continua -questo è naturale...-
-Mamma io più lucida di così credo di non esserci mai stata... Si può sapere cosa stai farneticando?- chiedo, ridacchiando nervosamente. Comincia davvero ad infastidirmi.
-Melissa- sbotta dunque lei, dopo un momento di silenzio. Ha un tono tragico -Non penserai sul serio di tenerlo questo bambino, vero?-se ne esce poi, bloccandomi in un attimo cuore e respiro e azzerandomi completamente il cervello.
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