Capitolo 55

Il dottor Lodi ha lasciato che lo scorrere dei battiti imponenti sovrastasse il silenzio immacolato della stanza per meno di un minuto.
Sono stati gli istanti più pieni della mia vita. Quelli più vivi. Quelli più veri.
La vita è un continuo susseguirsi di emozioni, di sensazioni che ti attraversano dentro pitturandola di mille colori, ma è a ciò che provo adesso, so per certo, che non esistono paragoni.
Dopo aver ricondotto il freddo stanzino nel silenzio, il serioso e distaccato dottor Lodi mi ha gentilmente pregato di alzarmi e di attendere l'arrivo di una certa Lucia, l'infermiera dello studio, che sarebbe venuta a farmi il prelievo di lì a qualche minuto.
Poi, prima di congedarsi, mi ha invitata a presentarmi nel suo studio una volta eseguito l'esame.
Ad essere sincera sono rimasta un po' delusa, mi aspettavo che durante l'ecografia si soffermasse su ogni dettaglio spiegandomelo per filo e per segno, che mi aiutasse a capire meglio, considerando il mio occhio poco clinico, l'immenso splendore che mi trovavo davanti. Invece è stato silenzioso, fin troppo.
È vero anche che probabilmente non sarei riuscita ad afferrare il senso di una sola parola, i miei occhi e la mia mente sono stati irrimediabilmente rapiti da ciò che avevo davanti, penso che i cori di gioia e stupore dentro di me non siano mai stati tanti.
Una volta fatto il prelievo con la simpaticissima Lucia, tanto simpatica e reale da non sembrare neanche appartenere allo staff dello studio medico, mi sono affrettata a raggiungere la solita stanza enorme, vuota e fredda che ho capito essere lo studio personale del dottor Lodi.
Lui mi attendeva seduto sulla sua solita scrivania, quella fuori stile con il ripiano in marmo bianco e le gambe in legno, assorto nella lettura di alcuni incartamenti che poi ho capito non essere i miei. Difatti, non appena mi ha sentita bussare e comparire poi successivamente affacciata con la testa, li ha subito scostati per andare a recuperare la mia cartellina.
Dopo essermi accomodata di fronte a lui, ha cominciato a bombardarmi di informazioni senza che io riuscissi veramente a cogliere il senso di nessuna di loro. Mi ha descritto nel dettaglio tutto ciò che aveva analizzato, ma con termini assolutamente medici, così è andata a finire che ho capito solo il succo di discorso.
Il mio bambino sembra stare bene, ed è questo l'importante.
O, perlomeno, da ciò che si evince dall'ecografia pare si stia sviluppando in modo regolare. Pare.
Ora devo attendere i risultati del famoso test che va ad analizzare queste benedette proteine placentari che hanno prelevato dal mio sangue, mi hanno detto che ci vorranno all'incirca sette giorni per avere gli esiti. Sette maledettissimi e lunghissimi giorni.
E poi... Beh, e poi ho scoperto un'altra cosa. Non è certa, il dottor Lodi è comunque voluto rimanere vago, riservarsi la possibilità di errore ma... A quanto pare sto portando in grembo una piccola donnina. Già. Proprio così.
Me l'ha detto di getto, lungo il percorrere del suo lungo discorso, come se fosse un dettaglio da niente. Però non è un dettaglio da niente. Non per me almeno.

Ora sono in tram, sto percorrendo il mio lungo tragitto di ritorno verso casa.
Verso quella casa che, fra qualche mese, si riempirà.
Si riempirà di vita, di speranza, di gioia. Di pianti notturni, di risate non ancora del tutto testate, del sapore di fresco di cui possono godere davvero le giornate. Si riempirà di quella sensazione di famiglia che non ho mai conosciuto, di quel senso di pienezza che non ho mai avuto. Della felicità che la scoperta può dare, minuto dopo minuto.
Non lo so se esiste qualcosa che può squarciare in qualche suo punto la forza che mi sta accompagnando in questo momento. Oramai non mi riservo più la presunzione di poter sapere cosa l'attimo dopo questo mi riserva. Ma una cosa sono sicura di poterla affermare. Niente romperà la magia di questo attimo, neppure il lato più oscuro del male.
Sorrido felice e la mano mi scivola naturalmente sulla pancia.
La mia piccola ancora non si sente, non riesco a percepire i suoi movimenti dentro di me, ma la consapevolezza di cui sto cominciando a rivestirmi a poco a poco me la sta facendo sentire sempre più vicina, sempre più reale.
Chiudo gli occhi provando a disegnarla nella mia mente per un momento. La curiosità di conoscere ciò che già iniziò ad amare nel modo più naturale è forse il solletico più ingestibile che io abbia mai subito.
Il siluro rosso giunge a destinazione e io mi appresto a smontare.
Sorrido lieta alla leggerezza che accompagna ogni mio singolo passo.
La fame grida prepotente, attraverso la strada velocemente mossa dal suo insistente richiamo.
Il caldo oggi è veramente pesante, ma nonostante ci metta tutto l'impegno non ci riesce ad abbattere le mie ali, non adesso, non più.
Stringo ancora la cartellina con esami ed ecografie fra le mani, osservo per un attimo la donna stilizzata con il pancione disegnata sullo sfondo blu e provo a rivedermici. Ad un primo acchito potrei apparire forse buffa, un risolino soffocato esplode provocato da questo pensiero. Ma poi quel ventre comincia a prendere forma, nella mia mente.
La vita che cresce al suo interno ha un volto, si sta appigliando al mondo, cerca un nome. Un fremito pieno di tutto mi attraversa togliendomi il respiro.
Sono la custode di una esistenza e solo ora comincio davvero a realizzare nel profondo ciò che mi sta accadendo e la sua infinita essenza.
Apro il cancello del giardino condominiale come se mi fossi aperta le porte del paradiso. Per un attimo mi balena per la mente l'idea di suonare ad Andrea, vorrei raccontargli tutto, implodere ed esplodere nella mia gioia e travolgerlo con essa, rivivere con lui quegli istanti che mi hanno mostrato i contorni della mia terra promessa. Condividere con qualcuno la grandezza dell'amore in cui mi sono concessa.
Non lo so perché ho pensato ad Andrea. No, non lo so davvero il perché.
Forse sarebbe stato più naturale pensare ad Elisa, a Camilla, forse anche a Carla.
A mia madre no, sono ancora fottutamente incazzata con lei e comunque non mi sarebbe passato per la testa di chiamarla neppure se non fosse successo niente. Abbiamo sempre avuto uno strano rapporto noi due.
Però pensandoci bene sarebbe sembrata una scelta più normale rispetto ad Andrea, in fin dei conti nemmeno ci conosciamo fra un po', pare un po' fuori logica in effetti.
Eppure l'ho pensato. L'ho fatto istintivamente.
Sbarro gli occhi inchiodando davanti al portone a fronte delle mie riflessioni e, dopo aver frugato per cinque minuti buoni nella borsa alla ricerca delle chiavi e averle trovate solo dopo lunghi smadonnamenti, entro finalmente nel pianerottolo per poi apprestarmi veloce a salire.

Ora posso gridarlo forte, è arrivato anche per Melissa il momento di gioire.

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