Capitolo 50

Passare del tempo con Andrea, oggi, è stato rigenerante.
Mentre bevevamo il nostro frullato il cielo si è scaricato, ha piovuto a gran gocce, ma in meno di un quarto d'ora il tutto si è risolto e il tempo si è rischiarato nuovamente, come capita spesso in questa stagione.
Abbiamo lasciato praticamente subito il Revolution, c'era decisamente troppa confusione, ho salutato in velocità le ragazze e siamo usciti di buon passo, poi lui ha insistito perché lo portassi a fare una camminata al parco e, alla fine, così è stato.
Ora sono a casa, da circa un mezz'oretta, nell'intimità del mio salotto a sorseggiare limonata e nella mia testa continuano a riecheggiare le sconvolgenti confessioni del mio nuovo vicino di casa.
Ascoltare le sue parole, leggere il tormento nei suoi occhi, sentirmi sovrastare dalla sua passione, mi ha permesso di entrare in connessione con lui come mai prima mi era capitato di fare con nessun altro. L'ho vissuta sulla mia pelle la sua pena, la sua angoscia, la sua dedizione, ho percepito chiaramente l'essenza di ciò che la sua anima voleva trasmettermi in quel momento. E ancora adesso non riesco a liberarmene del tutto, ancora adesso se mi guardo dentro riesco a scorgere il disordine che le sue rivelazioni mi hanno causato.
Andrea per me rimane un perfetto sconosciuto, eppure me l'ha lasciato un segno, mi ha penetrato l'anima e questo probabilmente senza nemmeno volerlo, nella sua naturalezza a confidarsi con me l'ammissione fra le righe del ritenermi un essere particolarmente degno.
Lascio cadere lo sguardo senza una meta precisa fuori dalla finestra, oggi il sole non si è fatto vedere tutto il giorno e la notte pare spingere per prendere il suo posto in largo anticipo. Dò l'ultimo sorso alla mia limonata e, come poso il bicchiere ormai vuoto nel lavandino, ecco che il telefono fisso comincia a strimpellare intossicando le mie profonde riflessioni.

Devo staccarlo. Devo assolutamente staccarlo

Sbuffo inviperita e mi avvio a rispondere camminando con la stessa agilità di una lumaca addormentata.

Magari ho culo e riattaccano prima

Ovviamente questo non accade, raggiungo la cornetta e, anche se non so nemmeno io bene il perché, rassegnata, la alzo e la porto sempre con la stessa enfasi da mummia in sarcofago, all'orecchio.

-Pronto?-

-Melissa. Sono la mamma-

Ok. Fase smadonnamento con calendario di tutti i Santi già proclamati e non alla mano, ON

-Che vuoi, mamma?- grugno -Non pensi di essere stata già abbastanza inopportuna?-

-Ascolta Melissa, so che non è stata una gran mossa presentarmi con quelli lì al seguito e ti chiedo scusa, non so cosa mi è saltato per la testa...-

Mh. Beh, almeno questo. Già cominciamo a capirci. Sentiamo che ha da dire

-Dopo che ce ne siamo andati mi sono fermata a parlare con Agnese- continua -Sarei voluta risalire subito da te a parlarti, ma lei mi ha consigliato di non farlo, non in quel momento almeno-

E menomale! Presa com'ero avrei potuto aggredirti alla gola a 'mo di vampiro in dieta da mesi

-È stato illuminante fare due chiacchiere assieme a lei, devo essere sincera...- fa un momento di pausa -Sai Melissa, il mio intento era solamente quello di proteggerti- sospira -Non mi era nemmeno passato per la mente di quanto potesse essere imbarazzante per te trovarti tutti lì davanti, il mio unico pensiero era che loro ti dovevano delle scuse, delle spiegazioni ed è stato questo a portarmi a fare la stronzata che ho fatto- fa un attimo di pausa, e riprende -Ho fatto una sfuriata a Daniele, questo è giusto che tu lo sappia, e li ho trascinati tutti li contro la loro volontà, sia perché ero preoccupata che per causa dei loro comportamenti ti fosse successo qualcosa, sia perché, appunto, volevo avessi l'occasione di sputare loro sonoramente in faccia- sospira di nuovo -Ho sbagliato Melissa, me ne sono resa conto solo dopo, ho lasciato che la mia rabbia prendesse il sopravvento non tenendo presente che il mio ruolo, in un momento come questo, doveva essere solo quello di punto di riferimento per te, nelle altre cose sei abbastanza grande da vedertela da sola. Ti chiedo scusa-

Vabbe'. Inutile commentare la prima parte, passiamo direttamente alla seconda

-Scuse accettate mamma- respiro lenta, non sono ancora del tutto tranquilla -Però ti pregherei, da ora in poi, di restartene al tuo posto. Scusa se posso sembrarti un po' dura, ma per me è già una situazione abbastanza difficile, non credo che il tuo intento sia quello di complicarmela ulteriormente-

-Certo piccola-

-In ogni caso io non ho bisogno di sputare in faccia a Nora e a Daniele- affermo, sicura -Devo pensare a me stessa ora, non a loro-

-Giusto Melissa. Sei più matura tu alla tua età di quanto non lo sia io alla mia. Dura ammetterlo-

E dura sentirselo dire, da una mamma. Spero di non doverlo mai dire io ai miei figli, un giorno

-Senti- mormora poi -Lo so che probabilmente ce l'hai ancora un po' con me, ma ti va se una di queste sere usciamo a mangiare qualcosa assieme, io e te soltanto, e facciamo due chiacchiere tra mamma e figlia come non le abbiamo mai fatte?-

Sta riconoscendo ed ammettendo che non le abbiamo mai fatte. Devo chiudere le finestre, arriverà di sicuro un tornado

-Certo mamma- Sarà dura, ma come posso dirti di no? -Avevi già un idea di quando?- chiedo.

Mi ha messo in imbarazzo questa sua richiesta inaspettata, per quanto possa apparire estremamente normale una cena tra madre e figlia, mi ritrovo a pensare che io e lei non ne abbiamo mai fatte prima. Sono a disagio, meglio accordarsi e chiudere la telefonata, l'aria si fa sempre più pesante.

-Che ne dici di giovedì prossimo?- squilla -Sai, ho fatto pace con Mario e mi porta via qualche giorno...-

-Giovedì va benissimo- esclamo, felice di avere ancora tempo davanti per metabolizzare la cosa.

-Ottimo! Comunque ti chiamo in questi giorni eh! Vedi di rispondere al telefono!-

Oh Maria Santa!

-Si mamma, promesso-

Ma non sei in vacanza con Mario? Non puoi parlare con Mario? No eh?!?

-Va bene cipollina della mamma. A presto-

Cipollina della mamma? Cipollina della mamma?!? Sparatemi! Ora!

-Ciao mamma-

Riaggancio il telefono con gli occhi sbarrati.
Non sono abituata a tutte queste smancerie, tantomeno da parte di mia madre. La cosa è quasi inquietante.
Sbuffo facendo uscire velocemente l'aria per cercare di riprendermi, e mi giro su me stessa per mettermi nella direzione della cucina.
Nemmeno il tempo di fare un passo e lo sento. È un rumore strano, come un fruscio, qualcuno che muove della carta forse, e proviene da fuori la mia porta di'ingresso.
Mi gelo di colpo.
Vorrei correre allo spioncino, capir cos'è, vedere chi è, ma non riesco a muovermi.
Il sangue pompa veloce, la paura sale in modo atroce.
Il dubbio che sia quello a cui sto pensando si fa strada nella mia testa, e prende imponente voce.

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