Capitolo 47
E tanto rumore in un silenzio non l'avevo mai sentito, che potesse esistere tanta speranza in un lamento non l'avevo mai capito, quel dolore che si spezza sotto il semplice sfiorare di un singolo dito.
Non esiste termine per spiegare il significato di questo momento che resterà scolpito, c'è qualcosa di più forte del dolore, oltrepassa l'animo ferito e lo guida verso l'infinito.
Non esiste più niente che ti può toccare quando sei stretto fra due braccia sincere, l'affetto è quella luce che dona la vista nelle notti più nere.
Spingo la testa contro la sua spalla e lui stringe ancora più forte. Non l'avevo mai sentita tanta energia trasmessa dalla sola forza di un abbraccio.
Di strette lusinghiere distribuite ad arte per raggiungere secondi obiettivi me ne hanno date tante, ma mai nessuno si era preoccupato di accarezzarmi l'anima prima.
Mi scosto lentamente, negli occhi decine di lacrime incastrate che mi impediscono di vedere con chiarezza i lineamenti dolci del suo viso, lui mi guarda attento, sa che non servono parole, è chiaro che è uno che ne capisce di dolore.
-Scusa- sussurro a fatica, asciugandomi maldestramente il viso con le mani.
-Tieni- esclama lui, estraendo dalla tasca un pacco di fazzoletti che non potevano fare uscita migliore per poi porgermeli, senza smettere di accarezzarmi dolcemente con lo sguardo.
-Grazie- rispondo a mezza voce io, tirando subito dopo su col naso.
Lui mi guarda abbozzando un sorriso -Per cosa ti stai scusando esattamente?- chiede quindi.
Lo guardo come imbambolata per un attimo. Faccio una fatica incredibile a connettere -Per tutto questo- esclamo, tutto d'un fiato -Immagino che tu mi abbia sentita urlare- continuo, dopo aver preso per un momento il respiro.
-Se hai urlato evidentemente avevi i tuoi buoni motivi- ribatte, scostandosi leggermente e asciugandomi il restante delle lacrime dal viso con un nuovo fazzoletto -Quindi non hai niente per cui doverti scusare, Melissa- sorride teneramente -Capita a tutti di perdere il controllo, siamo esseri umani- aggiunge, stringendomi poi lievemente una guancia con le nocche, come si fa con i bambini.
-Ultimamente mi succede spesso- sussurro, senza quasi rendermene conto -Ma non sono abituata a dare di matto così- affermo, alzando di colpo la testa e guardandolo con gli occhi sbarrati di chi, comunque, ancora deve tornare del tutto con i piedi nel mondo.
-Ascolta- mi cinge amichevolmente con un braccio -Io non ti farò domande, e non entrerò nel merito dei motivi che ti hanno portata a reagire così, a meno che non sia tu a sentire il bisogno di parlarne- mi accarezza nuovamente con gli occhi -Però se ti va ti porto fuori a bere un succo di frutta, così prendi un po' di aria e ti disintossichi un po' la mente. Che ne dici?-
Lo guardo quei intimorita -I.io non so se è una buona idea- biascico, tentando disperatamente di sbrigliarmi dal groviglio che ho in gola.
-A meno che tu non goda nel crogiolarti nelle disgrazie direi che si, è decisamente una buona idea!- asserisce sicuro lui, mollando la presa e dandomi un lieve buffetto dietro la spalla -Su coraggio, vai a metterti su qualcosa, ti aspetto qui- sorride -E non accetto un no come risposta- aggiunge poi, sicuramente istigato dalla mia espressione poco convinta.
-Se ti va puoi entrare- mormoro quindi, senza ancora aver ben chiaro in testa cosa voglio fare.
-Ok. Ma non metterci troppo a prepararti eh!- ridacchia divertito.
-Promesso!- mi nasce spontaneo un sorriso, appena accennato -Sono abbastanza veloce, puoi ritenerti fortunato- esclamo, ridacchiando poi a mia volta.
-Per fortuna- se ne esce lui in tono sarcastico accomodandosi sul divano -Sono cresciuto con quattro sorelle in casa, quasi mie coetanee fra l'altro, perché mamma ci ha avuti tutti con circa un anno di differenza uno dall'altra- sorride perdendosi per un momento con lo sguardo, come a riviversi serenamente un ricordo -Non ti dico la domenica quando si doveva uscire tutti assieme per la messa- ride, scuotendo la testa -una tragedia! Ovviamente avevamo un bagno solo, la precedenza assoluta ce l'aveva mio padre, ma lui era veloce tutto sommato, una rinfrescata, una sistemata alla barba ed era pronto- socchiude leggermente gli occhi. Evidentemente veder riaffiorare l'immagine di suo padre nella mente lo tocca nel profondo -Poi chiaramente era il turno di mamma, la sua quarantina di minuti di preparativi erano sacri e non poteva toccarglieli nessuno, pena saltare il succulento pranzo della domenica e credimi, considerando l'eccellenza dei manicaretti che sfornava mia madre non correva il rischio nessuno- sorride con gli occhi -Dopo di lei toccava, per l'appunto, alle mie sorelle, a turno. Io finivo sempre a prepararmi per ultimo, probabilmente perché ero, sono anzi, il più piccolo- ridacchia -Fatto sta che loro ci mettevano una vita per darsi una pettinata, e quando finalmente riuscivo a sciacquarmi il viso io già si era fatto tardi, inutile dirti su di chi ricadeva la colpa di questo!- se la sghigna di gusto -Per me era un vero incubo, giuro, cominciava ad urlare mamma e di conseguenza si svegliava il lato peggiore di papà, veniva a recuperarmi dal bagno trascinandomi per le orecchie, con delicatezza, s'indente, ma ti assicuro che per me era un trauma tutte le volte- ridacchia ancora, rivolgendomi subito dopo lo sguardo.
-Fantastico- ribatto io, rispondendo poi alla sua risata -Però dai, almeno hai delle sorelle- esclamo -Io avrei sempre desiderato averne un fratello o una sorella, ma poi crescendo ho capito che è già un miracolo se esisto io!- rido. Si, lo so, non era divertente, difatti Andrea mi guarda leggermente perplesso, anche se è evidente che non me lo vuole far capire -Vado- dico quindi, imbarazzata -Altrimenti finisce che non usciamo più- aggiungo, sparendo dalla sua vista in un attimo per raggiungere il bagno.
Sbatto con lo sguardo contro lo specchio e la vista della mia faccia a dir poco sconvolta mi fa sobbalzare lievemente, sarà difficile rimettersi in sesto, ce l'ho tatuato in faccia lo stordimento che tutta questa situazione mi ha creato.
Comincio a truccarmi leggermente il viso mettendoci più tempo del previsto, e non può fare a meno di rinascere un sorriso sulle mie labbra a ripensare al buffo racconto di Andrea sulla lungaggine delle sorelle, strano che non abbia portato ad esempio qualcosa in relazione ad un eventuale ex fidanzata però, dato che dev'essere più o meno mio coetaneo di sicuro ne avrà avuta qualcuna, forse parlare di avvenimenti più recenti avrebbe avuto più senso, o magari anche no, pensandoci bene. Magari la sua ex era velocissima a prepararsi, talmente bella e perfetta da non necessitare quasi dello specchio, per quanto ne so io. Inutile è controproducente farsi troppe domande.
Riemergo dai miei vaneggiamenti, sciolgo i capelli sulle spalle pettinandoli velocemente, mi do un'ultima furtiva occhiata e sono pronta. Credo.
Corro in camera, una sfogliata veloce all'armadio, recupero le prime cose decenti che mi capitano sotto mano, ossia un semplicissimo pantalone bianco e una maglia blu a maniche lunghe perché oggi è brutto tempo e fa decisamente più fresco, e torno in salotto da Andrea.
-Sono pronta- esclamo sorridendogli -Andiamo?-
Lui mi sorride di rimando, dentro di me una scossa, si alza con un atletico slancio e mi raggiunge avvicinandosi alla porta.
-Andiamo- dice sicuro, facendomi strada.
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