Capitolo 45

Ci ho provato a dare un ordine alle cose. Ci ho provato a trovare un senso anche dentro la confusione. Ci ho provato a riconoscere le mie emozioni e a dar loro un nome. L'ho cercato con tutta me stessa un giorno migliore.
Il problema è che mi ritrovo incastrata in un incubo che recita a ripetizione lo stesso copione, io tento di aprire gli occhi ma lui mi schiaccia sotto la sua morsa e non conosce ragione.
Il mio errore è stato credere che davvero fosse così semplice ricominciare, che bastasse sentirsi più leggeri per alzarsi a volare, ma la realtà è che quando ci sei dentro fino al collo nei problemi non c'è nulla che ti può davvero salvare.
Quando vivi nell'ombra dei ricordi è ridicolo avere la presunzione di star bene all'improvviso. Può capitare che qualcosa allevi il tormento, ma non sarai mai più veramente libero. Io mi ci sono legata a vita ai miei ricordi, perché sono l'unica cosa che mi è rimasta, non ho nient'altro. Nemmeno più la speranza, ormai.
Sono passati quattro giorni dalla visita con il dottor Lodi, dalla chiamata persa di Nora alla quale non ho mai dato risposta, dall'ultima volta che ho incrociato Andrea, dall'ennesima rosa misteriosa, e in tutto questo tempo non c'è stato un solo secondo in cui io abbia smesso di pensare.
In tutto questo tempo non c'è stato un solo secondo in cui abbia creduto di poterci riprovare.
Mi sono lasciata trasportare dalle emozioni, è stato bello, ma ora è necessario tornare a essere realisti.
Non c'è niente nella mia vita, a oggi, che possa farmi affermare di essere felice.
Mi sono aggrappata con tutte le mie forze a questo bambino, ma ora non sono più sicura di potercela fare, non sono certa di poterlo amare come merita. Non amo più neanche me stessa in fin dei conti, assurdo cercare le sfumature nelle tinte unite, le cose sono quello che sembrano, non possono avere letture diverse.
Forse prima devo trovare il coraggio di riprendere in mano me stessa, devo prima imparare ad usare il pennello, dipingere perlomeno lo sfondo della tela. Presuntuoso pensare di sfornare un'opera d'arte senza partire dalle basi.
Di certo non posso dire di essere partita con il piede giusto, in questi giorni ho faticato anche solo ad alzarmi dal letto, figuriamoci a pensare di pitturare la mia esistenza di qualche colore che non fosse il nero triste che mi riveste l'anima.

Giro il collo lentamente, la testa fa male e non voglio che cominci a girare. La sveglia digitale sul comodino dice che è mezzogiorno.
Non ho voglia di alzarmi, il peso che ho sul petto mi tiene arenata qui e non pare aver intenzione di lasciarmi andare, ma non posso più continuare impassibile a vegetare.
Mi alzo con la schiena facendo una fatica incredibile, una fitta trafigge inesorabile le tempie, chiudo gli occhi in cerca di una forza che non mi vuole nemmeno sfiorare.
Fuori il tempo è brutto, il cielo non è terso come i giorni scorsi, con il suo grigiore pare volermi imitare. Mi affaccio sporgendomi con il viso, una folata di vento mi sorprende impertinente, chiudo gli occhi per lasciarmi accarezzare, per un attimo mi sento quasi meglio.

-Buongiorno Melissa. Pare che stia per arrivare un acquazzone!-

Alzo lo sguardo rivolgendolo alla finestra del piano superiore. Andrea è con la testa a penzoloni sopra di me e mi guarda sorridente.

-Buongiorno!- esclamo, socchiudendo gli occhi per il riflesso che nonostante il brutto tempo fa da padrone -Il tempo cambia all'improvviso, da queste parti!- affermo poi, giusto per avere qualcosa da dire.

-Non mi dispiace la pioggia, speriamo porti un po' di fresco!-

-Non ci sperare, solitamente non appena smette l'afa riprende più soffocante di prima!-

-Fantastico- ride. Lui ride e dentro di me nasce una tranquillità inspiegabile -Allora credo proprio che dovrò procurarmi almeno un ventilatore!- guarda per un attimo il cielo, poi riabbassa nuovamente lo sguardo verso di me -Che ne dici di una pizza, stasera? Potremo ordinarle e mangiarle a casa mia, se pensi che possa piovere, mi farebbe piacere fare due chiacchiere con qualcuno- si affretta a dire.

Oh cazzo

-A..a dire il vero non sono proprio nel pieno della mia forma, oggi- non sto mentendo, mi sento uno straccio. E comunque a vedermi con lui non ce la posso assolutamente fare. Impossibile -Non prendermi per un'associale, ma non credo riuscirei ad essere davvero di compagnia... Facciamo magari verso il fine settimana? Che ne dici?-

Magari se ho un po' di culo esplodo prima!

-Andata!- sorride di nuovo. Nasconde insidie il movimento leggero delle sue labbra -Ti fai sentire tu?- chiede -io ancora non ho il tuo numero!-

Ho bisogno di un Santo che mi protegga, subito

-Te lo invio via messaggio, se vuoi-

Melissa ma sei rincoglionita? Cosa caspita stai dicendo?

-Perfetto!- esclama, visibilmente soddisfatto -Allora ti chiamo io- afferma poi -così sono sicuro che non mi tiri il pacco- ride divertito -non mi sembri del tutto convinta- aggiunge, rimordendosi per l'ennesima volta quel maledetto labbro per poi farlo sfociare nuovamente in uno splendido sorriso.

Signore Mio, non oso immaginare cosa si legga dalla mia faccia!

-Adesso te lo mando- devo chiudere immediatamente questa conversazione -ora vado- dico -è già mezzogiorno e ancora devo bere il caffè!- mi rendo conto solo dopo di quanto possa essergli parsa stramba la mia affermazione. Arrossisco -Ciao Andrea!- concludo poi, rafforzando il mio saluto con il gesto della mano e apprestandomi a rificcare la testa dentro.

-Aspetto! Ciao Mel- mormora lui, precedendomi nel rientro.

Mel. Mi ha chiamata Mel.
È una stronzata lo so, ma non sono abituata a sentirmi chiamare così da un perfetto sconosciuto, sono una che da confidenza difficilmente io, non ti viene proprio naturale chiamarmi con un diminutivo.
Il vento comincia a soffiare sempre più forte, il cielo ora è completamente coperto, avevo intenzione di uscire a prendere un po' d'aria ma credo che dovrò cambiare i miei piani.
Il salotto è quasi buio, sono costretta ad accendere la luce.
Ad essere onesta non mi sono mai dispiaciute le giornate di poggia, quelle in cui l'idea di uscire non ti viene neanche a trovare, quelle in cui l'unica cosa che vorresti è qualcuno che ti venga ad abbracciare, quelle in cui senti davvero il piacere di avere qualcuno da amare. Poi però è successo che hanno cambiato il sapore, il cielo si è fatto sempre più scuro e io non ne ho più sopportato il colore, ho pianto assieme alle nuvole e non mi sono più ricordata quando ammiravo queste tempo lì fuori con tanto stupore.
Suonano alla porta. Respiro piano e lenta mi avvio ad aprire.
Ogni movimento segue il ritmo contrario ai miei pensieri, penso troppo velocemente e mi sposto troppo lentamente.
Faccio scivolare con fatica la maniglia, la porta scorre, il cervello si azzera.

Davanti a me le faccia sconvolta di Andrea, quella disperata di Nora, quella perplessa di Agnese e quella combattiva di mia madre.

Uccidetemi. Adesso.

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