Capitolo 43

Ho cercato di sfiorarle piano, le mie emozioni, le ho trattate con una dolcezza alla quale non esistono paragoni, è successo però che dentro di me si sono affollate assieme, di punto in bianco, tutte e quattro le stagioni, non riesco a capire quello che provo, nonostante ormai siano giorni che ci ragioni.
Forse ho passato troppo tempo senza veder sorgere il sole, forse non sono capace realmente di sbocciare come un fiore, forse mi sono lasciata trasportare troppo presto dall'illusione di questo sogno liberatore.
E io ci volevo credere che tutto sarebbe potuto davvero essere migliore.
Mi sono lasciata intrappolare stupidamente dall'emozione, ho lasciato che la mia mente vagasse senza meta, senza direzione. Ho fatto in modo che il mio cuore non conoscesse ragione. Eppure ci dev'essere un senso che accompagna questa assurda sensazione, se le cose accadono, esiste per forza una spiegazione.

Mi sono svegliata stamattina ed in testa avevo un trattore, inutile confidare nel caffè, in certe giornate non può farti resuscitare niente.
Oggi è lunedì.
Una terribile giornata. Anzi, ad essere sincera sono state ben tre le 'terribili giornate'.
Dopo che mamma se n'è andata, venerdì, sono tornata a navigare nella melma senza possibilità di appello. Da quello che so lei e Agnese si sono viste, cosa si siano dette, invece, resta tutt'ora un mistero. Sono giorni che mi nego al mondo ormai.
Me ne sono uscita con Elisa solo perché non potevo più tirarmi indietro. Una volta rientrata a casa però, ho spento immediatamente il cellulare e ho staccato il telefono. Questo week-end Melissa non è esistita per nessuno.
So che mi hanno cercato un po' tutti, anche Andrea ha provato a bussare, ma io avevo orecchie solo per il mio tormento, assurdo anche solo volerci provare.
Guardo l'ora e sono tremendamente in ritardo, fra poco più di un'ora ho la visita con il dottor Lodi e sono ancora in pigiama.
Corro in camera per sfogliare con gli occhi l'armadio, il grigio della maglia che scelgo si addice perfettamente alla tonalità del mio umore, infilo il jeans incastrandomi con la caviglia, una pettinata veloce e sono pronta. Circa.
Fuori fa caldissimo, annaspo trascinandomi a fatica fino alla fermata, due minuti e arriva il tram. Pieno. Come al solito.
Il viaggio è estenuante, venti minuti di terrore, smonto respirando a grande boccate e andando a sbattere involontariamente contro un'antipatica ragazzetta che inviperita si gira incenerendomi con lo sguardo.

-Scusa- sussurro imbarazzata, anche se in realtà dopo aver visto la sua faccia l'avrei volentieri sfanculata.

L'autobus numero 20 arriva con ben sei minuti di ritardo, fortunatamente semivuoto.
Monto accomodandomi su uno dei seggiolini e l'autista parte sgommando, facendomi sobbalzare dal mio posto e strappandomi un sorriso, al ricordo di Andrea e del nostro primo buffo incontro. Lo rivedo per un attimo, con i suoi occhi vispi, pronti inconsciamente a perforarmi indelebilmente l'anima. Una vibrazione leggera parte da dentro, impossibile pensare di decifrarla, mi scosto un ciuffo di capelli dal viso e concedo lo sguardo al vuoto del paesaggio che mi scappa velocemente davanti.
Il lungo vialone appare all'orizzonte, mi avvio alla porta, ormai sono prossima a smontare.
Il pullman inchioda e mi aggrappo giusta in tempo, sbuffo apprestandomi con attenzione a scendere gli alti gradini, il caldo che mi assale all'esterno pare volermi ammazzare. Cammino a fatica, l'asfalto brucia e la strada pare ancora più lunga, una palpitazione strana mi assale alla vista dell'edificio Europa.
Mi dirigo con lo sguardo direttamente ai campanelli, evitando ad arte l'enorme specchio che troppe volte ha riflesso un'immagine di me che mi ha messo il terrore.
Terzo campanello a destra partendo dall'alto, suono, conscia che il grande portone a breve si aprirà senza che, come al solito, mi chieda di annunciarmi nessuno.
Il grande corridoio di marmo è come sempre deserto e fa piacevolmente freddo, mi avvio rassegnata fino all'ascensore, non ci spero di risparmiarmi le scale almeno per sta volta.

Oggi funziona. Miracolo.

Dopo un fastidioso suono simile ad un campanello l'ascensore si apre lasciandomi sull'atrio del quarto piano.
La porta dello studio medico è aperta anche questa volta, mi accomodo dentro, saluto le due persone presenti e la ormai familiare segretaria e mi accomodo su una delle comodissime sedie della sala d'aspetto, cominciando poi a giocherellare nervosamente con un ciuffo di capelli e perdendo nuovamente lo sguardo nel vuoto.
Meno di cinque minuti dopo la fastidiosa e squillante voce della segretaria irrompe sgraziatamente nei miei pensieri.

-Greco Melissa...-

-Si- dico, ricomponendomi e alzandomi dalla sedia.

-Prego, venga- esclama sorridente, facendomi poi strada verso lo studio del medico, anche se ormai la conosco bene.

Il dottor Lodi mi raggiunge nella solita stanza spaziosissima, vuota e fredda, quella con i muri spatolati color grigio tenue e la scrivania fuori stile che non ci azzecca niente, mi guarda da dietro i suoi spessissimi occhiali alzando nel frattempo un sopracciglio brizzolato, forse per mettermi a fuoco meglio, e si siede di fronte a me.

-Buongiorno signora Greco- esordisce.

-Signorina- dico, non so manco io bene il perché -può chiamarmi signorina- specifico -Non sono sposata- arrossisco. Potevo anche risparmiarmela.

Mi guarda quasi con disprezzo -Capisco- dice quindi, in tono quasi rassegnato, come se la mia fosse stata un'uscita degna da paziente con grave patologia psichiatrica -Dunque, signorina Greco- rimarca, in modo a dir poco canzonatorio -ha con se i risultati degli esami?-

-Si- rispondo, estraendoli maldestramente dalla borsa e porgendoglieli.

Lui afferra sgraziatamente le carte e ci si immerge completamente per un paio di secondi.

-Bene- afferma poi, rialzando lo sguardo decisamente poco attraente su di me -Visto che l'esame di suo marito è a posto, il pericolo fibrosi cistica è scongiurato-

Marito? Ma allora sei scemo!

-In ogni caso- continua -come penso lei già ben saprà, una gravidanza può nascondere varie insidie, i pericoli possono essere tanti, bisogna fare una serie di controlli prima di poter dire che è tutto a posto- tira forte su l'aria con il naso, come in cerca di concentrazione -considerata la sua giovane età non sarà necessario fare esami invasivi come, ad esempio, l'amniocentesi, ma sarà sufficiente un semplice duo test, seguito da traslucenza nucale- sorride compiaciuto.

Lo guardo perplessa -E.. Sarebbe?- chiedo

Perdoni la mia ignoranza

-Il duo test è semplicemente un insieme di esami biochimici che consiste nella valutazione di due proteine placentari, che si prelevano dal sangue materno- schiocca la lingua- È utile per fornire una stima delle probabilità che il feto possa essere affetto da anomalie cromosomiche, come sindrome di Down e trisomia 18- batte la mano sulla scrivania, forse per darsi un tono -la traslucenza nucale, invece, è un esame ecografico atto a misurare l'ispessimento retronucale fisiologico- conclude, come se così io ce ne avessi davvero capito qualcosa.

-O..ok- mormoro, perplessa -quindi dopo aver fatto questi esami potrò finalmente dirmi sicura che tutto andrà bene?-

Ho capito giusto?

-In linea di massima signora Greco- Ancora signora! -In linea di massima... Poi si sa, quando si parla di gravidanza non si può mai sapere...-

Lei si che è rassicurante, dottore!

-Con questo non voglio metterle ansie- aggiunge -sia chiaro-

Ah beh!

-Semplicemente- continua -da medico quale sono, è mio compito essere realista e metterla davanti anche a quelli che possono essere gli eventuali risvolti spiacevoli di un evento magico come la gravidanza- abbozza un semi sorriso -Meglio essere consapevoli e preparati, no?-

Mi pare corretto!

-Certo- bisbiglio, affogata in mille paranoie -Quindi... Come si procede ora?- chiedo, intimorita.

-Dunque...- si prepara a una delle sue -Noi qui facciamo tutti gli esami di cui le ho parlato- eccolo là! -quindi, considerando che lei tra pochi giorni entra nell'undicesima settimana, se le va bene fare il tutto qui da noi io fisserei l'appuntamento per lunedì prossimo-

E te pareva

-Va bene- va bene per forza, non ho di sicuro il cervello per andare in cerca di alternative.

-Perfetto- squilla -Allora prima di uscire passi dalla segretaria e si faccia segnare, così le dice anche l'orario... Non ho l'agenda sotto mano- manca solo che si sfreghi le mani per essersi assicurato di far cassa anche sta volta.

-D'accordo- ribatto, rassegnata.

-Ottimo, signora Greco- Niente, non c'è la fa, signorina non gli viene proprio -Allora la saluto- esclama fiero come un pavone,  alzandosi dalla sedia e porgendomi la mano per liquidarmi.

Non vede l'ora di sbattermi fuori come al solito, è evidente.

-Arrivederci dottor Lodi- dico, stringendogliela.

Esco dall'edificio Europa dopo essermi fatta dare l'appuntamento dall'esile e raggiante segretaria per lunedì alle undici. Inutile tentare di dare un volto ai miei pensieri, si nutrono del mio cervello e io non riesco a sentire più niente.
Camino strascicandomi per il vialone, il sole scotta, l'aria è assente o perlomeno io non respiro. M'inciampo su un sasso, faccio una lieve piroetta per evitare di cadere, riprendo l'equilibrio. Respiro piano chiudendo gli occhi e riprendo con concentrazione a camminare.
Una musica si espande lieve, il cellulare ha cominciato a squillare.
Frugo imprecando fra la miriade di oggetti presenti in borsa, raccatto di tutto fuori che l'apparecchio strimpellante, quando finalmente mi arriva fra le mani ecco che si ammutolisce.

Fanculo

Sblocco la tastiera, la notifica della chiamata persa appare.

Nora.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top