Capitolo 36

Sono rimasta ferma a guardare Fabrizio che si allontanava incapace di dare davvero un senso al nostro strano e imbarazzante incontro, fino a quando non è sparito girando l'angolo della strada.
Meno di due minuti e finalmente è arrivato il tram, sono salita schiacciandomi esasperata fra l'ammasso disordinato di gente e, dopo i canonici venti minuti di tragitto, sono smontata, ad un passo dalla crisi respiratoria, alla volta del centro.
A dire la verità non avevo in programma di uscire oggi, perlomeno non prima del mio appuntamento con Andrea, ma visto che si è reso necessario ho deciso di approfittarne per fare un salto a trovare Camilla, dato che non dovrebbe avere molto lavoro a quest'ora.
Sto camminando tagliando la piazza e sono circondata da una moltitudine di persone però, se devo essere sincera, non riesco a vedere per davvero nessuno di loro.
Se fino a poco fa potevo dire di aver conquistato una qualche sicurezza in me, dopo lo strano e casuale incontro che ho appena fatto sono sicura di sentirmi inspiegabilmente denudata di nuovo, non mi sento più pervasa da quella strana energia che mi accompagnava, quella forza che mi esplodeva dentro mi ha abbandonata e apparentemente senza motivo o, perlomeno, io non riesco a spiegarmi il perché.
Non conosco Fabrizio, non più di quanto conosca un qualsiasi altro cliente del locale, il nostro è sempre stato un rapporto estremamente superficiale, non riesco a spiegarmi come mi abbia turbata tanto l'inquietudine nel suo sguardo.

Il locale dove lavora Camilla, fortunatamente per me, è semivuoto.
Entro sfoggiando un fin troppo ricercato sorriso che, seppur non volendolo, sa di falso quanto il tentativo di Daniele di farmi credere di preoccuparsi per me, e cerco disperatamente la mia amica con lo sguardo, invano.
Mi avvicino titubante al bancone.

-Ciao Elsa- esclamo, rivolgendomi alla sua titolare, intenta nel svuotare la lavastoviglie avvolta integralmente nella sua traversa.

-Ciao Melissa- risponde lei, sorridendo e spostandosi un ciuffo di capelli neri arruffati da davanti agli occhi -come stai?-

-Alla grande, grazie. Tu?- chiedo, accomodandomi su uno sgabello.

-Non c'è male, non c'è male. Il lavoro scarseggia, i figli crescono e fanno impazzire, ma tutto sommato non mi posso lamentare- sbotta, dandomi le spalle e proseguendo nel sistemare i bicchieri nella mensola già fin troppo piena -se cercavi Camilla hai sbagliato giornata comunque, le ho dato un pomeriggio di ferie, credo sia andata fuori città con quel nuovo ragazzo li, come si chiama... Simone mi pare- esclama, strabuzzando gli occhi nel tentativo di recuperare quell'informazione dai suoi ricordi -in ogni caso, se hai bisogno, puoi sempre rintracciarla al cellulare- continua poi, rigirandosi verso di me.

-Oh no, non è necessario- dico imbarazzata -passavo di qui per puro caso, preferisco lasciarla tranquilla- affermo, abbozzando un sorriso, visto che mi sono resa conto di aver riconquistato la faccia persa e sconvolta che ormai mi ha caratterizzata per la maggiore in questi ultimi tempi.

-Posso offrirti qualcosa?-chiede lei, rispondendo garbatamente al mio maldestro sorriso.

-No, sono a posto Elsa, grazie, dopo una certa ora non bevo caffè e di acqua ho fatto il pieno fino adesso- ridacchio a disagio -Zuccheri e annessi preferisco evitarli, soprattutto con il caldo, come accettato davvero, grazie lo stesso-

-Sarà per la prossima allora-

-Volentieri- dico, alzandomi di scatto e avviandomi lentamente all'uscita -Ci si vede Elsa, stammi bene e... Buon lavoro-

-Ciao cara- strimpella lei, mimando il gesto di saluto con la mano.

Mi getto di nuovo impavida nella calura atroce che, senza sorpresa, mi accoglie priva di riserve all'esterno. Cerco a tastoni nella borsa ed estraggo solo dopo numerosi tentativi il cellulare, è incandescente, pure questo.
Ci sono una trentina di chiamate perse di mamma e la notifica di un messaggio di Daniele.
Alzo gli occhi al cielo esasperata, per un attimo quasi avevo dimenticato di averlo lasciato piantato a casa, avevo scordato la sua ultima rappresentazione di più totale incuranza e strafottenza, per non dire demenza.
Il pensiero che possa essere ancora lì al mio ritorno mi attanaglia all'improvviso e assieme a lui risale veloce anche l'ansia che s'impossessa carnalmente del mio spirito, come non l'avesse mai lasciato.
Sbuffo prepotentemente nell'inutile tentativo di cacciarla e apro tremante la bustina chiusa disegnata sullo schermo.

'Me ne sono andato ora, credo tu abbia bisogno ancora di qualche giorno per riflettere, e ti prego di farlo seriamente, non per me, ma per te stessa e per la creatura che porti in grembo. Ho parlato anche con tua madre, chiamala, so che ti ha cercata. Anche lei è preoccupata Melissa, stai scappando da tutto, da tutti, ma dove stai cercando di arrivare? Non rifiutare l'aiuto di chi ti vuole bene, nessuno è abbastanza forte da farcela da solo. Nonostante tutto non sei mai uscita dal mio cuore.'

Sto per cadere per terra.
Sul serio, non so come faccio a reggermi in piedi. È incredibile come persone che ritenevi valide possano rivelarsi all'improvviso inconsistenti, paradossali, assurde.
Credi di conoscere chi hai attorno ma, molto spesso, non sai dire nemmeno chi sei a te stesso se ci pensi veramente, non so con quale presunzione pretendiamo di poter arrivare davvero nel profondo di qualcun altro. Agli altri mostriamo ciò che ci fa più comodo, ciò che ci fa meno male, ciò che ci fa sembrare più forti, migliori, funziona quasi per tutti così, nella maggior parte dei casi. Sono rare le volte in cui siamo davvero senza scudi, privi di vesti, in cui volenti o nolenti ci ritroviamo a mostrare al mondo le parti più intime e segrete del nostro io più profondo. Solitamente accade quando si perdono le forze in conseguenza a un dolore, di quelli che non ti fanno respirare implodendoti da dentro, ovvio però che questo può accadere solo se sei un essere capace di provare emozioni, e questo non mi pare il caso di Daniele, purtroppo.
Strabuzzo gli occhi rileggendo scioccata la parte del messaggio in cui parla di mia madre, lui dice che lei mi ha cercata e questo è pacifico, le chiamate perse le ho viste ed il fatto che fossero trenta non mi ha stranita o allarmata ma afferma di averci parlato, di cosa hanno parlato? È preoccupata, e perché mai dovrebbe essere preoccupata? Non può avergli detto tutto. No, non può averlo fatto, conosce la natura del rapporto che ho con mia madre, sa perfettamente che non le ho detto nulla né riguardo noi due né tantomeno riguardo questa gravidanza, non può essere stato così stronzo e infame da avermi fatto anche questo. O invece si?
Cammino aumentando il passo come se assieme a lui accelerassero anche i pensieri nel mio cervello, intenti a trovare una soluzione per recuperare al danno che, ormai sono sicura è stato fatto. Non posso reggere anche mia madre, tutto ma non questo, non adesso, non così e, soprattutto, mai per scelta di Daniele.
Riporto agli occhi lo schermo del telefono che non ho mai più riposto dentro la borsa e, consapevole di non poter assolutamente rimandare onde evitarmi l'infarto per l'ansia, scivolo delicatamente il dito sulla rubrica, nonostante fosse sufficiente richiamare l'ultimo numero perso.

'Mamma'

3-2-1 Vai Melissa.

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