Capitolo 34

Svegliarsi questa mattina è stato un po' come nascere di nuovo.
C'era un'energia diversa dentro di me, quella sensazione di felicità che ti esplode nel petto la prima volta che sfiori un'emozione, quella voglia di scoprire cosa si nasconde dietro le tue aspettative come fossi un bambino che per la prima volta apre gli occhi sul mondo, quella sensazione di calore al cuore che solo un pensiero stupendo può dare, quella leggerezza d'animo che può esistere solo in una giornata in cui il sole ti splende dentro.
Ieri pomeriggio, dopo aver sentito Elisa, ho chiamato allo studio del dottor Lodi. Probabilmente non era necessario, ma avevo il bisogno di accertarmi che fosse realmente tutto a posto ora, che non ci fossero più angosce con cui dover combattere all'alba dei buoni risultati dell'esame di Daniele e, fortunatamente, perlomeno il pericolo fibrosi cistica, a quanto pare, dovrebbe essere scampato. Quando ho messo giù il telefono mi son sentita talmente libera che quasi credevo che i piedi mi si fossero staccati da terra, ho camminato a un metro dal pavimento per tutto il resto della giornata, posso dire di aver passato ore senza che alcun brutto pensiero mi trafiggesse la mente. Questa notte, ho addirittura dormito e non è stato nessun uomo misterioso ad insidiare il mio sonno, alcun incubo tormentoso ad insabbiare il mio risveglio.
Oggi è giovedì. Oggi mi vedo con Andrea.
Ho provato a decifrare il turbinio di emozioni che si stanno accavallando all'interno del mio petto, incastrandosi fra le costole e comprimendo ogni singolo organo del mio corpo, ma non sono riuscita a decodificarle, mi nascono e mi vivono dentro in totale autonomia e, alla fine, posso dire di essere contenta così, c'è una strana energia positiva che mi accompagna, ho deciso comunque vada di godermela.
Adesso sono le quattro, a pranzo non ho mangiato, ho tirato a lucido casa impiegandoci volutamente mezza giornata, ho steso i panni al sole ad asciugare ed ora eccomi qui, ad una spanna da terra nel tentativo di imparare a volare, seppur in modo impacciato, all'interno delle mie inesplorate sensazioni.
Strane percezioni si stanno attorcigliando nel profondo delle mie viscere, quell'ansia piacevole che ti solletica la bocca dello stomaco, quel forte desiderio travestito da apprensione, quella nuova eccitazione che ti cresce dentro allettando le tue giornate.
Esco in terrazza e mi lascio accarezzare dai raggi dal sole. Ormai era da tempo che non li riuscivo a sopportare nel pieno del loro vigore, della loro vitalità, della loro forza.
Mancava dentro di me la forza, e ogni cosa me lo facesse ricordare contribuiva a smontare sempre di più quell'armatura fittizia che con fatica mi sono costruita all'interno, per cercare di evitare di crollare del tutto.
Chiudo gli occhi lasciando che l'aria calda mi scivoli delicata fra i capelli, solo ora riesco a godere a pieno della leggerezza del vento, che si libra lieve, incurante del tempo che passa. I raggi sicuri mi illuminano fieri, facendo risplendere nel massimo della sua potenza la serenità del mio sorriso, quel sorriso che per troppo tempo ha mancato di determinare con la sua delicatezza la forma delle mie labbra.
Suonano alla porta.
Riapro gli occhi, ripiantando i piedi al suolo e riemergendo sul mondo, devo andare ad aprire. Saltello fino all'ingresso guidata da uno strano senso di impazienza, forse una parte di me ha inconsciamente voglia di tentare, vuole provare al più presto a scontrarsi di nuovo con quei due magneti profondi e insostenibili che mi sono prepotentemente entrati nei pensieri, rischiarandoli inspiegabilmente.
Mi avvento alla maniglia come stessi aprendo la mia curiosità, anziché la porta. Il blindato si scosta provocando uno spostamento d'aria, gli occhi sconvolti di Daniele che mi ritrovo davanti smembrano in un secondo quella serenità improvvisa che si era impadronita del mio corpo e della mia mente, spazzandola via come non fosse mai esistita.

-C..che ci fai qui?- sento l'anima che mi lascia, ancora una volta.

Lui mi guarda fisso, ma mi sta trapassando oltre, lo sento mentre violento cerca di perforarmi entrandomi dentro, e non lo fa teneramente come inconsciamente riesce a fare Andrea, lui mi trafigge con tutta la foga che solo un'animo inquieto e in guerra con se stesso può scovare.

-Dobbiamo parlare-

Lo dice senza scostarmi lo sguardo per un momento poi, senza che io gli dia alcun segnale di consenso, si fa strada fra la mia spalla e lo stipite e si intrufola spudoratamente nell'intimità di quella che ormai è solo casa mia.

-Cosa ti fa pensare di avere il diritto di presentarti qui?- lo chiedo con rabbia, ma in realtà i miei occhi nascondono un silenzioso tormento, impossibile da trascurare.

-Lo sai Mel. Non potevo evitarlo-

-Oh sì invece- lascio cadere le braccia, fino a quel momento strette intorno al petto -Potevi e soprattutto dovevi! Non hai alcun diritto di piombare nella mia casa e in primo luogo nella mia vita, tantomeno adesso!-

-Melissa, noi dobbiamo parlare-

-No!-

-Si Melissa, che ti piaccia o no è una cosa che non si può evitare all'alba di ciò che sta succedendo-

-A te non riguarda più ciò che accade nella mia vita Daniele, mettitelo in testa! Ti ho già spiegato come stanno le cose, se ho scelto di portare avanti questa gravidanza è solo perché ho scoperto di amare questo bambino come essere a se stante, cioè come forma di vita indipendente che non ha nulla a che vedere con te!- ho gli occhi fuori dalla testa -tu non sei suo padre e non lo sarai mai, non ne vedo il senso!-

-Come sarebbe non ne vedi il senso? Melissa ma ti rendi conto di cosa cazzo stai dicendo? Questo è anche mio figlio, te ne sei forse dimenticata?-

-Magari Daniele!- sbotto fulminandolo con lo sguardo -Magari potessi essermene dimenticata! Purtroppo no, ho semplicemente guardato oltre, cercando di donare a questa creatura il valore che ha, a prescindere dal fatto che possieda per metà il dna di un pezzo di merda come te. Dopotutto è figlio mio, crescerà con me, quindi è sicuro che si riuscirà a salvare e questo perché non subirà mai le tue influenze da infame patentato quale sei!- tremo. Ho caldo, caldissimo e tremo.

Daniele mi guarda impietrito, sconvolto, non credo mi abbia mai vista così. Ha la bocca aperta e i suoi occhi color nocciola continuano imperterriti ad interrogarmi invano. Non avrà mai più ciò che si aspetta da me. Non avrà mai più a che fare con la Melissa insicura e succube di un tempo, è bene che se lo stampi in testa chiaro.

-È inutile che tenti di intimorirmi con lo sguardo Daniele, non hai più questo potere su di me- lo guardo con un sorrisetto beffardo e sono fiera di me stessa.
Non mi sono mai sentita così forte al suo cospetto, questa nuova consapevolezza mi rinvigorisce nel profondo, mi sento una guerriera adesso.

-Melissa, tu sei sconvolta...-

Rido sarcastica -Per favore finiscila. Quello sconvolto sei tu forse, io dopo aver visto di cosa son state capaci di riservarmi le persone sulle quali ho confidato di più nella mia vita nel momento in cui ho affidato loro la parte più importante di me, non mi sconvolgo più di niente ormai!- mi porto le mani alla testa -Mio Dio, cosa mi tocca sentire! Per favore, ora vattene, hai già detto abbastanza- esclamo, avvicinandomi alla porta e aprendogli la strada per la necessaria dipartita.

-No Melissa. Io da qui non me ne vado- asserisce, sicuro -Non fino a quando non ti deciderai a fare la persona adulta sedendoti a discutere a tavolino con me-

Scoppio a ridere, e questa volta non in modo sarcastico, mi sta facendo sbellicare veramente.

-Niente- affermo -Sei ancora convinto di avere una qualche esclusiva nella mia vita... Vabbe'- dico, recuperando la borsa ed infilando le scarpe -Vorrà dire che ti lascerò qui, in quello che un tempo è stato anche il tuo nido, a riflettere, a pensare. Pensare a quanto sei immaturo, a quanto sei inopportuno e, soprattutto, a quanto sei ridicolo, mio caro Daniele- lo sto guardando seria, fissandolo dritto negli occhi.

Poi gli sorrido maligna, e continuo -In ogni caso ti faccio presente che io stasera devo uscire, quindi sei pregato di riprendere un minimo coscienza di te stesso entro le sei- apro il blindato -quanto torno non voglio trovarti qui- concludo, senza togliermi quel sorriso di conquistata forza dalle labbra e chiudendomi la porta alle spalle, mollandolo lì solo, incredulo e impotente, perso lui, per una volta, nei più tetri pensieri.

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