Capitolo 32

Sento un rumore strano.
Tipo un ronzio, quasi impercettibile ma insistente, irritante.
Non riesco a vedere molto di quello che c'è intorno a me, è buio, molto buio, non ci sono finestre e nemmeno porte, solo un corridoio, stretto, molto stretto e alla fine di questo credo di intravedere delle scale. Proviene una flebile luce da lì, forse c'è un piccolo lucernario.
Non so dove sono e non so perché mi trovo qui, ma so che non sono al sicuro, so che me ne devo andare. Ma da che parte?
Dietro di me vedo solo buio, un profondo e abissale buio che sembra voler inghiottirti al suo interno per non liberarti più. E poi c'è quel rumore, quel fastidioso ed incessante rumore che non promette nulla di buono.
Seguo la luce e raggiungo le scale.
Non si può scendere, solo salire. E ci sono petali di rose qui, le gradinate ne sono coperte, chissà dove conducono, so che vorrei saperlo ma so anche altrettanto bene che non devo proseguire.
Dall'altra parte ci dev'essere un'uscita. Ci dev'essere per forza.
Ruoto su me stessa con decisione, camminando piano per inoltrarmi nella poco rassicurante tenebra affamata. Il ronzio si fa sempre più forte, ma non riesco davvero a capire cosa lo stia provocando. Sembra quasi quello di un attrezzo, un attrezzo elettrico. Il pensiero che qualcuno lo stia utilizzando mi fa irrigidire di colpo.
Ora sono ferma, immobile, avvolta nell'oscurità. Se tendo le braccia posso arrivare a toccare perfettamente entrambi i muri che delimitano il corridoio in cui mi trovo, la sensazione di non avere via d'uscita si fa pressante e angosciante, i battiti aumentano, il respiro si fa corto e ansimante, sempre più corto e sempre più ansimante.
All'improvviso, il silenzio.
Ora lo si può percepire chiaramente, lui è qui, lo sento muoversi, quasi lo sento ansimare. So che si sta avvicinando, cammina nel buio, procede piano.
Devo scappare, ma niente, non mi posso muovere, è come se l'oscurità in cui sono avvolta possedesse una sottospecie di forma di gravità che mi tiene fissa, immobile, incollata a questo fottuto pavimento. Mi arriva un odore, forte, fastidioso, quasi nauseante. È odore di fiori, ne sono sicura, ma non è quel solito profumo piacevole che ti solletica il naso è un qualcosa di intossicante, insopportabile, aberrante.
Me ne devo andare, non posso più resistere, eppure non ci riesco, non ce la faccio.
Lui è vicino, sempre più vicino. Lui, i suoi passi, e quest'odore, tremendo, sempre meno tollerabile. Ora è davvero a pochi passi, sento il vibrare pesante del suo respiro. Chiudo gli occhi.
Ormai sono in trappola, è qui, sono fra le sue mani, non posso più scappare.
Ho smesso di respirare e pure il cuore ha cessato di battere, in attesa. Non vedo niente. Nero, solo nero.
Poi una sirena. Non sono più sola. Forse qualcuno mi sta venendo a salvare. Forse lo ha mandato Andrea. O forse è proprio lui. Forse.

Apro gli occhi di soprassalto.
La sveglia digitale strimpella impertinente sul comodino, segnando le sette e trenta minuti esatti. Giro la testa guardandola con gli occhi sbarrati e alla vista di quell'oggetto insolente ma familiare mi tranquillizzo, almeno in parte. Sono a casa.
Mi guardo intorno ancora scossa e poi mi tiro su piano.
Sono stralunata, scombussolata, angosciata. Il respiro ancora non ha ripreso il suo ritmo regolare, e pure il cuore pare sempre intenzionato a spararsi fuori dal mio petto.
Chiudo gli occhi e provo con la tecnica del controllo del respiro. Inspira per quattro secondi, trattieni l'aria per sette, poi liberala piano...
L'ho fatto quindici volte e forse ora il peso sul petto si è leggermente allentato. Pare.
Tiro giù le gambe lasciandole a penzoloni dal letto e mi lascio ricadere distesa per un'ultima stiracchiata. Bene. Ora va meglio. Leggermente.
Arrivo al bagno e, prima di lavarmi il viso, non posso far a meno di scontrarmi con l'immagine di me riflessa allo specchio. Nonostante la notte agitata ho una faccia piuttosto rilassata, pensavo decisamente peggio.
Mi sorrido soddisfatta, apro l'acqua fredda, me ne lancio due piene manate sul viso e comincia a squillare il cellulare.

E te pareva

Mi asciugo in velocità e zompetto veloce fino al comodino. È Daniele.

Un ottimo buongiorno, non c'è che dire

-Pronto?-

-Ciao Mel. Sono io-

Ma va! Non mi dire

-Si lo so che sei tu- idiota -È uscito scritto sul cellulare. Dimmi-

-Come stai?-

Questo è proprio tutto deficiente

-Questo non ti riguarda- rispondo, acida -comunque sto divinamente, grazie. Hai i risultati degli esami?-

Vediamo di arrivare subito al sodo, stronzo

-Andiamo Mel... Io mi preoccupo per te, perché continui..-

-Daniele- sbotto -la devi finire di sparare cazzate, tu non ti preoccupi per me già da molto tempo ormai, e indovina un po'? Adesso come adesso non me ne frega più niente di questo, quindi finiscila di dire eresie e procediamo per favore. Gli esami?- sto tentando di non sfancularlo facendo una fatica estrema, tremo e mi muovo nervosamente camminando avanti e indietro.

-Gli esami sono pronti Mel. Ma non ho intenzioni di lasciarteli da qualche parte, voglio vederti-

Questo non sta bene con il cervello. Non sta bene proprio

-Vuoi vedermi? Ne sei proprio sicuro che vuoi vedermi Daniele? Anche se l'unica cosa che potrei avere in serbo per te sarebbe un sentito sputo in faccia? Risparmiatelo, non credo sia il caso, te ne sei già uscito abbastanza poco dignitosamente così- sbavo.

Lui fa un lungo respiro pieno d'insicurezza e, a mezza voce, dice -Mel... Ti prego...-

-Non c'è niente da pregare, forse continuiamo a non capirci! E smetti di chiamarmi Mel, io sono Melissa! Hai capito? Me- lis- sa! Stampatelo in testa!-

-Ora stai esagerando- s'innervosisce -stai davvero esagerando, Melissa, come fa piacere a te, so di averti fatto del male e non ne vado fiero ma qui si parla di un figlio, non si parla di noi, un figlio che è anche mio e di cui sento la necessità di parlare, se non ti dispiace-

-E a quale scopo, fammi capire?- vorrei strozzarlo -Tu non avrai mai nessun ruolo nella vita di questo bambino e voglio che ti entri bene in quella sottospecie di cervello che ti ritrovi piantato nella scatola cranica. Hai solo messo un semino Daniele, non hai fatto niente di più, ricordatelo, e non sarai padre di questa creatura solo per questo- sto faticando a trattenere le lacrime -Questo non è il frutto di un amore purtroppo, ma di un'insignificante e sicuramente poco sentita scopata, voglio cancellare ciò che c'è di marcio e tenermi solo il positivo se non ti dispiace, ossia mio figlio. Mio Daniele, non nostro. Di nostro non esiste più niente-

Fa un minuto di silenzio. Un lungo, lunghissimo minuto di silenzio.
Il silenzio più rumoroso che io abbia mai sentito.

-D'accordo- sussurra poi, con la voce rotta -non insisterò oltre per il momento, non voglio farti innervosire, non fa bene al bambino-

Oh che tenero, si preoccupa pure per il bambino! Ma vaffanculo, va!

-Ti lascio i risultati del test in farmacia entro la mattinata- silenzio -sono negativi comunque, è tutto a posto-

Dio. Grazie

-Molto bene. Ti ringrazio per averlo fatto. Ora ti saluto e se non ti dispiace gradirei non sentirti più, non credo di aver più niente da dirti-

-Ti lascio qualche tempo Melissa. Poi credo proprio che sarà necessario parlare-

-Io credo di no. Ti saluto-

Deglutisce rumorosamente -Ciao Melissa-

-Buona Giornata-

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