Capitolo 31
Salgo le scale non riuscendo a staccare gli occhi dalla scia rossa che mi accompagna fino alla porta di casa.
Sarà il caso che pulisca
Una volta dentro, richiudo rumorosamente il blindato alle mie spalle, lascio cadere la borsa a terra e scoppio in un pianto disperato.
Queste lacrime sono cariche d'angoscia, di terrore, di dubbi.
Nella mia testa continuano a girare vorticosamente una marea di domande che non trovano risposta e sono pronte a ricominciare a togliermi il sonno, di nuovo.
Era qualche giorno ormai che potevo dire di sentirmi meglio e, invece, ecco che qualcuno ha ricominciato a seminare il mio cervello di tarli pronti a divorarlo, e la cosa peggiore è che non ho la più pallida idea di chi potrebbe essere e, soprattutto, del perché lo stia facendo.
Ho detto alla signora Tommasi di aver un sospetto su una persona in particolare, ma la verità è che più ci penso meno le mie deduzioni prendono forma.
Ho pensato che potessero essere Nora e Daniele a divertirsi ignobilmente alle mie spalle ma, a conti fatti, non credo che abbiano la faccia tosta di venire qui a fare gesti così plateali, in pieno giorno, con il rischio fra l'altro di essere visti e di conseguenza riconosciuti. Sono dei dementi, è vero, ma non sono così idioti.
E comunque non ne vedrei il motivo di arrivare a tanto, a che scopo? Quello di intimorirmi? Di agitarmi? Ma Perché mai? In fin dei conti quello che volevano lo hanno avuto, ora stanno insieme, aspettano pure un figlio, non credo abbiano il tempo di pensare a me in questi termini, non credo di occupare la loro mente a tal punto, ormai. Almeno spero, perché a quel punto dovrei trovare un vocabolo peggiore di squallidi per descriverli.
L'unico che rimane è Michele.
Michele non è una persona stabile, quindi sarebbe capacissimo di presentarsi qui a prescindere dall'orario, o dalla gente che potrebbe incontrare.
So che ha una sottospecie di ossessione nei miei confronti, perciò non posso escludere che mi abbia magari seguita fin qua una sera mentre tornavo dal lavoro, scoprendo così dove abito. Magari non vedendomi più al locale è venuto a cercarmi qui, dopotutto a pensarci bene la prima rosa l'ho trovata proprio nel periodo in cui sono rimasta a casa per qualche giorno, e Elisa ha detto che lui ha chiesto insistentemente di me, che aveva gli occhi fuori dalla testa.
Però non ce lo vedo Michele ad architettare tutto questo. Non ce lo vedo ad andare ad acquistare centinaia di rose per poi spargerne i petali con tutta quella cura, no, davvero, non credo ne sarebbe nemmeno capace. A dire il vero non ce lo vedo nemmeno a comprare quelle singole, di rose. Sono state sistemate troppo magistralmente, lui non è una persona che riesce a coordinarsi al punto da architettare tutto questo. Non credo almeno.
E poi c'è la coperta, la famosa coperta rossa, sbucata fuori durante la notte.
Il giorno che io e Carla parlammo con sua madre, per metterla al corrente degli atteggiamenti pesanti del figlio nei miei confronti e delle mie relative paure, ricordo che lei asserì fermamente che potevo tornarmene a casa serena la sera, in quanto lui dopo le otto non aveva possibilità di uscire, gli avevano fatto credere che ci fosse installato un timer sulla porta, o qualcosa del genere, così lui prendeva tranquillo le sue pastiglie e se ne filava dritto a dormire. Non credo che le sue abitudini siano cambiate.
Ma allora, se non è nemmeno lui, chi potrebbe mai essere? Chi?
La mia è sempre stata un'esistenza estremamente semplice, non esiste nessun altro nella mia vita. Almeno fino ad ora. Almeno fino a quando non ho conosciuto Andrea.
Devo dire che il fatto che stia per trasferirsi qua mi tranquillizza, se non altro almeno a livello psicologico mi fa sentire più sicura, alla fine né la signora Tommasi né il povero signor Giordano potrebbero essermi d'aiuto nell'eventualità di un'aggressione, forse con lui vicino riuscirò a stare un po' più rilassata.
Mi asciugo le lacrime con le mani e tiro su la borsa da terra, pensare ad Andrea mi ha rasserenata leggermente, ora posso perlomeno tentare di trovare la carica necessaria per ripulire le scale.
Mi armo di scopa e paletta, sbuffo lentamente ad occhi chiusi e procedo pazientemente a togliere tutti i petali da terra, assorta nelle più disparate e incongruenti associazioni mentali.
-Si è sposato qualcuno?- la voce calda di Andrea irrompe alle mie spalle quasi all'altezza del secondo piano.
-Ciao- dico sorpresa, girandomi verso di lui -che ci fai qua? Non dovevi essere fuori città fino a domani?-
-Si- risponde lui, salendo un paio di scalini per raggiungermi con un passo solo -ma sono riuscito a liberarmi prima del previsto e... Ora eccomi qua- sorride. Ha un sorriso stupendo. -Sono passato intanto a fare un paio di pulizie- continua -da domani comincio a portare la roba, per il momento la lascio in macchina- ride con la bocca e soprattutto con gli occhi, quei maledetti occhi che continuano a fissarmi. E a turbarmi -non ho voglia di far fatica, ho già guidato per ore, direi che per oggi può bastare- dice poi, appoggiandosi con un braccio al corrimano e avvicinandosi, se possibile, ancora di più alla mia faccia.
Mi sta travolgendo completamente con lo sguardo, tanto che sono costretta ad indietreggiare e a fissare insistentemente l'angolo del gradino per divincolarmi dalla presa dei suoi occhi.
-Allora?- chiede, ridendo -c'è stata una festa?-
Lo guardo perplessa.
-Parlo dei petali- aggiunge, forse stimolato dal mio sguardo poco convinto.
-Ah... No- dico io, facendomi involontariamente seria e riprendendo le mie infauste pulizie -È una storia lunga- sussurro poi, faticando a non far trasparire l'angoscia tramite il tono della voce -ma non mi va di parlarne adesso- concludo, senza alzare lo sguardo.
-D'accordo- risponde lui, incupendosi a sua volta e mettendosi dritto.
Mi scontro per un momento con i suoi occhi color ghiaccio e noto chiaramente che il suo sguardo è cambiato. Generalmente sembra quasi di caderci dentro a quegli occhi, pare che ti trasportino via, ma ora no, ora è diverso, ora è come se vi si fosse creata una patina invisibile davanti che funge da scudo e non ti permette in nessun modo di entrare. Mi rendo conto di non aver mai avuto tanto bisogno di essere guardata quanto in questo momento, quella distanza che ha messo improvvisamente fra di noi mi sta facendo sentire più a disagio di quanto non mi abbiano mai fatto sentire i suoi sguardi perforanti. E non mi piace.
-Comunque no, nessuna festa- dico, nel tentativo di recuperare la situazione, visto che probabilmente dalla mia risposta di prima avrà pensato che si trattasse di qualche mio spasimante e, probabilmente, l'ho messo a disagio -qualcuno che si diverte a fare scherzi credo, tutto qui- esclamo poi, sorridendogli di sforzo per convincermi da sola della cazzata appena detta e per cercare di non fargli capire il mio potente nervosismo -penso siano stati i figli della signora Urti, che stanno al secondo piano- aggiungo.
Ok. Mi vergogno profondamente di me stessa per aver incolpato due bambini innocenti, ma è stata la prima stronzata che mi è venuta in mente
Andrea pare rilassarsi di nuovo, finalmente.
Devo evadere fugacemente dal suo sguardo per evitare di capitolarci dentro, abbasso la testa arrossendo imbarazzata e fingo di continuare a spazzare il pavimento, anche se il mio nervosismo è palesissimo, e sto facendo una grandissima figura di merda.
-Capisco- esclama quindi, ridendo divertito -e... Tocca a te pulire?- chiede poi -la loro madre?-
-Nah... - ribatto, guardandolo per un istante -Non volevo li sgridasse- voglio chiudere il discorso, sono sempre più a disagio nel destreggiarmi in questa frottola.
-Hai fatto bene- risponde lui, guardandomi fiero.
Sorrido tentando di camuffare maldestramente il mio disagio.
Devo andarmene. Ora. Non li sopporto quegli occhi, non ce la faccio. Forse non è stata una grande idea accettare il suo invito... Ooh mio Dio Melissa, ma perché, perché l'hai fatto?
-Ora devo andare- affermo, decisa.
-Devi andare?- pare parecchio divertito -e lasci i petali giusto davanti alla porta della signora Urti, così si rende conto della marachella dei figli?-
Cazzo
-Si.. No, appunto- Aiuto -Intendevo dire che devo sbrigarmi a finire di pulire, questa sera ho un impegno. Ceno da mia madre-
-Ah. Capisco- esclama lui, visibilmente dispiaciuto -Peccato, volevo chiederti se ti andava di accompagnarmi verso il centro a bere qualcosa... Pazienza, rimaniamo d'accordo per giovedì allora, come deciso-
Dio grazie mi sono salvata in corner. Grazie
-Mi dispiace- mento, in realtà sono nel più completo disagio e devo assolutamente fuggire dai suoi occhi. Subito. Non so come mi sia venuto in mente prima di pensare che mi mancassero i suoi sguardi.
-Fa niente, giovedì arriva presto-
Ooh no, io spero non arrivi mai
-Già... Allora vado- sorrido felice di essere riuscita a trovare un sistema per scappare da lui, almeno per adesso.
-OK. Ciao Melissa. Buonaserata-
-Ciao Andrea. Buona serata a te- dico, girandogli finalmente le spalle e proseguendo a testa bassa con scopa e paletta, intossicata dalla voracità di quei due diamanti glaciali che proprio non sono capace ad affrontare.
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