Capitolo 30

Frugo nella borsa alla ricerca delle chiavi che, come al solito, sono l'ultima cosa che mi capita fra le mani, incespo su un voluminoso pezzo di carta, tipo quelli che si usano per avvolgere le cose e per poco non inciampo ai piedi del cancello, lo guardo perplessa scavalcandolo e recupero finalmente il mazzo.
Il piccolo tratto che porta al portone del condominio è occupato da Filippo e Alberto, rispettivamente di sette e otto anni, figli della signora Urti, dirimpettaia di Alda Meli.
Giocano seduti sulla ghiaia con le loro macchinine. Li saluto con un tenero sorriso e scavalco maldestramente pure quest'ultimi, entrando nell'androne divertita. Non appena varco la soglia, inchiodo di colpo.
Petali di rosa rossi sono disseminati sul pavimento come nel voler segnare un percorso, arrivano fino alle scale e sembrano proseguire fino a di sopra.
Avanzo lentamente col passo tremante e il respiro corto, appoggiandomi al corrimano.
Salgo con il fiato sospeso fino all'ultima rampa che conduce al quinto piano e, non appena svolto affacciandomi al mio appartamento il cuore smette di battere all'improvviso. Il sentiero di petali termina giusto davanti alla porta di casa mia. Qualcuno ha addirittura spostato il tappetino rosso con scritto 'Welcome' per poterne creare un'altro di fiori.
Sono ferma, immobile, inchiodata al pavimento. La testa gira e le orecchie fischiano forte. Sento un rumore di passi. Qualcuno sta scendendo.

-Oh Melissa, a quanto pare hai un focoso ammiratore!- la signora Tommasi mi si para davanti osservando ammaliata la profumata distesa floreale sparsa ai suoi piedi.

Io sto ancora tremando e non riesco né a muovere un muscolo né a far uscire dalla bocca una sola parola.

-Melissa?- mi sta guardando preoccupata, estremamente preoccupata -Cara mi stai facendo allarmare, che succede?-

-N..non saprei- dico, con un filo di voce.

-Non sapresti? Cosa significa cara? Cosa non sai?- chiede, avvicinandosi lentamente a me, che sono ancora inchiodata ai piedi dell'ultima rampa di scale con gli occhi sbarrati e la mano stretta al corrimano come se mi stessi tenendo per evitare di essere spazzata via da chissà che cosa.

-Melissa?- continua, poggiando la sua mano tremolante sopra la mia -Ti prego cara di qualcosa...-

-I..io non so cosa dire, signora Tommasi- rispondo, deglutendo a fatica. Sono completamente in ostaggio delle mie paranoie -Non so chi sia l'autore di tutto questo- dico poi -ma non sono sicura si tratti di un ammiratore-

-In che senso Cara?- chiede lei, visibilmente confusa -Chi pensi potrebbe essere?-

-N..non ne ho idea- ribatto, con la voce rotta -Non è la prima volta che capita. Non in modo così eclatante, ma comunque non è la prima volta- sono stralunata, smarrita, con lo sguardo perso nel vuoto.

-Come sarebbe che non è la prima volta? E non hai idea di chi possa essere?- sospira concentrata -Melissa, non credi sarebbe il caso di avvisare qualcuno, non lo so, le forze dell'ordine, hai una faccia sconvolta cara- mi stringe la mano -non so che idee tu abbia a riguardo, ma non mi paiono belle a giudicare dalla tua espressione...-

-No- ribatto, decisa -Ho una mezza idea di chi potrebbe essere- continuo, -e se è chi penso io si tratta comunque di una manifestazione innocua. Almeno credo- sussurro poi, parlando più che altro fra me e me.

La signora Tommasi mi sta guardando perplessa e sempre più angosciata.

-Non lo so Melissa- esclama, ad un certo punto -non riesco a stare tranquilla, mi sembri troppo agitata- mi guarda insistente -perché non vieni con me dalla signora Meli, ne parliamo anche con lei e vediamo assieme cosa si può fare?- tossisce portandosi la mano alla bocca -mi ha parlato di un estraneo che si aggirava per il condominio, alcuni giorni fa, magari le cose son collegate, e forse lei ne sa qualcosa in più...-

-No, signora Tommasi- ribatto, con un filo di voce -non è necessario. E poi preferisco non allarmare ulteriormente la signora Meli, so che è già sufficientemente preoccupata per questo fatto...- abbasso fugacemente lo sguardo persa in una moltitudine di pensieri.

-Filippo e Alberto!- affermo poi, aumentando se possibile ancor di più la perplessità nella mia interlocutrice.

-Filippo e Alberto?- chiede lei, guardandomi dubbiosa.

-Si!- controbatto io, sicura di aver trovato la soluzione -sono fuori a giocare in giardino. Se è passato qualcuno loro devono averlo visto per forza!- asserisco, vittoriosa.

-Bene- ribatte lei, leggermente più rilassata -prova a chiedere a loro, allora-

-Già- dico, convinta -Vado subito, prima che rientrino a casa-

-Brava cara, vieni, andiamo, scendiamo assieme- dice, prendendomi sottobraccio e guidandomi alla discesa della scale.

Filippo e Alberto sono ancora seduti sulla ghiaia, a pochi passi dal portone.
Mi avvicino a passo insicuro pensando a come imbastire il discorso per non apparire loro agitata. Alberto appena mi vede si avvicina correndomi incontro con il suo camion giocattolo alla mano. Il rimorchio è pieno di petali. Di rosa. Rossi.

-Signorina questo è per te- dice, pulendosi con la mano il nasino sporco e porgendomene uno.

-Oh grazie Alberto- rispondo io, accettando di buon grado il suo regalo, anche se questo mi ha ulteriormente scossa.

-Ti piace?- chiede, facendo una giravolta su stesso e guardandomi con l'occhietto vispo.

-È bellissimo tesoro- affermo io, accarezzandogli delicatamente i capelli -chi te l'ha dato?- chiedo poi, sperando di dare un senso a tutta questa strana situazione.

-Nessuno- risponde lui, correndo di nuovo verso il fratello.

-Li abbiamo trovati- grida Filippo, senza spostarsi dal suo posto.

-E non avete visto chi li ha portati?- incalzo allora, avvicinandomi.

-No- continua lui, senza alzare la testa dai suoi giochi -quando siamo usciti erano già sulle scale- continua -Ce ne sono tantissimi- dice poi, alzando lo sguardo e porgendomene uno a sua volta con un timido sorriso.

-Grazie- sussurro, cogliendolo dalla sua mano, scossa -e non avete neanche visto passare nessuno?- ritento -Qualcuno che non abita qui?-

-No- ribatte lui, tornando a concentrarsi sulle sue macchinine -solo te-

-D'accordo...- faccio ad entrambi una lieve carezza -Allora io vado. Ciao bambini-

-Arrivederci signorina Greco- esclamano all'unisono.

Livia Tommasi è ferma sul portone da prima, e mi guarda impaziente.

-Allora?- chiede, non appena sono abbastanza vicina per sentirla.

-Niente- rispondo io, sconsolata

-Niente? Come niente?- ribadisce lei, sempre più perplessa.

-Non hanno visto nessuno, solo i petali, come noi- sbotto io, visibilmente delusa per non essere riuscita a trovare nemmeno questa volta una spiegazione a ciò che sta accadendo da ormai troppo tempo.

La signora Tommasi scuote la testa, indispettita.

-Devi fare qualcosa Melissa, non li senti telegiornali?- si muove nervosamente non riuscendo a staccarmi gli occhi di dosso -non sono tranquilla cara- dice -non sono per niente tranquilla-

-Ho bisogno di rifletterci un attimo- sussurro -se ricapita mi vedrò costretta a prendere qualche precauzione comunque- affermo poi, più che altro per metterla un minimo più tranquilla.

-Devi farlo Melissa- controbatte lei, riprendendomi maternamente sotto braccio -coraggio, andiamo- suggerisce.

Saliamo le scale in silenzio, assorta ognuna in diversi ma similari pensieri.
Una volta giunte al secondo piano, saluto Livia Tommasi e proseguo salendo lentamente fino al mio appartamento, accompagnata da nuovi orchi che si sono ignobilmente impadroniti dei miei pensieri.

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