「25/12/1866」

39.

Solo in pochi sono in grado di capire quale sia davvero il significato del Natale e non servono affatto storielle col fine di sensibilizzare le genti in una più attenta comprensione. Non è la semplice neve che si poggia sul naso congelato, ma è il modo in cui lo riscalda sebbene il panorama algido, permettendo comunque di sorridere. Sarebbe stato così duro affrontare i suoi vecchi amici proprio in un giorno che avrebbe dovuto arrecare gioia a tutti quanti, ma sperava che la lettera avesse alleviato gli animi e loro fossero pronti a riceverli. Tra le mani aveva un pacco contenente un bel panettone pieno zeppo di canditi ed uva passa, picchiato sul dorso da tutta quella neve che aveva deciso di cadere tutt'a un tratto.
Jungkook, giunto davanti alla sua vecchia casa, sotto quel ponte abitativo, la cui porta per giungere alle scale era tanto malandata com'era il resto del palazzo, si girò verso Taehyung, in cerca di rinforzo.

«Non so se dovremmo dire di noi a tutti quanti. Ci potrebbero prendere chissà a quali parole. Ho paura della loro reazione. Per Yoongi e Jimin non mi importa affatto: il problema si pone adesso.» prese un gran sorriso, scrutando quella porta che temeva così tanto di aprire. Ogni volta che muoveva un muscolo della mano per afferrarne la maniglia, si bloccava, irrigidendosi. Diede colpa al freddo, ma, sebbene tutto, le sue dita erano ancora abbastanza calde e in forze per potersi muovere e compiere una semplice azione: d'altronde non era ancora congelato.
«Mathilde dovrebbe averlo già capito da tempo che mi piaci, prima ancora che andassimo via di qui.»
Il minore sbatté le palpebre più volte, girandosi allibito verso Taehyung, il quale rispose con una piccola risatina.
«Di che ti stupisci? Ci siamo sempre piaciuti, non ce ne siamo mai accorti e basta. Lei ci è arrivata prima.»

«E tu come lo sai, te lo ha mai detto?» gli chiese, dandogli una gomitata affettiva e lasciandosi sfuggire una risata imbarazzata, dato che le sue guance si fecero anche più rosse, e non di certo solo per il freddo.
Il moro sospirò. «È mia sorella, la conosco: ci sono stato accanto ogni giorno della sua vita da quando è nata e ancora di più dopo che la mamma ci ha lasciati.»
Involontariamente ingoiò un groppo molto amaro, ripensando al passato per l'ennesima volta.
Jungkook si voltò di fronte a lui, con capo basso. «Pensiamo al presente adesso, no?» chiese speranzoso afferrandogli le mani. «E auguriamoci un bellissimo Natale e che gli altri ragazzi ci accolgano meglio di quanto ci meritiamo davvero. Cioè, quanto io mi merito davvero. Tu invece meriti il mondo da tutti quanti, il fatto che tu stia assieme ad un miserabile mi distrugge.» l'altro ragazzo fece per rispondere, ma venne bloccato dalle labbra soffici del minore sulle proprie, dopo averlo tirato a sé per la sciarpa grigia che gli avvolgeva il collo.

Era stato in grado di sciogliere persino la neve, la quale colava lungo le loro guance e i loro capelli sotto forma di delicate e comuni gocce d'acqua.
Taehyung sorrise nuovamente, con dolcezza.
Allungò la mano e decise di farsi avanti per Jungkook, entrando per primo in quella dimora; fu proprio lui a camminargli davanti, come se fosse una sorta di guardia che doveva assolutamente proteggerlo. Nel frattempo il minore lo guidava riguardo il numero di rampe che doveva percorrere - doveva fare anche attenzione a quel gradino spaccato nel quale era facile inciamparvi. Gli disse di fare attenzione a quel pezzo di passamano che mancava e che prima o poi avrebbe dovuto far aggiustare.

«Casa tua.»
«Casa mia.» affermarono entrambi, l'ultimo in un sospiro.
Avvertirono delle voci provenienti dall'interno, tale che aggrottarono le sopracciglia e si guardarono, entrambi confusi. «Stanno bisticciando.»
«Forse è Yuqi che se la prende con Hobi.» avvicinarono le loro orecchie al legno della porta, sperando di poter capire qualcosa di più.

«Sono tre voci maschili differenti.» constatò Jungkook. «Minsoo, Hoseok e-» sgranò gli occhi e spalancò la bocca e Taehyung fece lo stesso, stupito quanto lui che quella lettera avesse realmente fatto qualche miracolo.
Bussarono entrambi impazienti e nel frattempo che qualcuno andasse ad aprire loro, si aggiustarono capelli, giacche, colletti e maniche, in modo da sembrare dei ragazzi per bene così com'erano realmente.

«Ah, Jiminie, vai tu ad aprire! Stiamo impegnati a finire i biscotti!»
Aggrottarono le sopracciglia: se avevano sentito bene...
Effettivamente la porta si aprì con la persona che meno tra tutte si aspettavano in quella casa.
Quel ricco vice-direttore dai capelli biondi e dallo sguardo accattivante come pochi era davvero nella vecchia casa di Jungkook.

Quale miracolo erano stati in grado di compiere!

Spalancò la bocca, tanto da coprirla basito. Difatti fu Taehyung a parlare al posto suo, altrettanto incredulo, ma non abbastanza per non essere in grado di mettere su una frase di senso compiuto.
«Jimin, ma cosa ci fai qui?»
Lui sorrise e ridacchiò, abbassando lo sguardo in un tenero imbarazzo. Quando rialzò gli occhi, spalancò anche la porta di casa, permettendo ad entrambi di mostrare tutta la gente che si era affacciata a vedere chi fossero gli ospiti che, per la verità, si aspettavano, ma forse non così in anticipo. Credevano che avrebbero almeno aspettato la cena e non sarebbero arrivati appena le luci del tramonto erano cessate.

C'erano tutti quanti: Jimin, il quale teneva le braccia aperte quasi volesse presentare un grande e incredibile spettacolo; Hoseok che sorreggeva una scodella nella quale vi era probabilmente l'impasto per i biscotti - si scorgevano forse delle gocce di cioccolato incastonate qua e là?; Minsoo che sorreggeva scocciato delle posate, che doveva portare sul tavolo; Yoongi stringeva tra le mani degli spartiti, i quali dovevano essere riprodotti tra non molto; Yuqi che invece li salutava in tutta euforia, senza tenere nulla in mano, forse poiché troppo presa a coordinare il tutto. Vi era persino Namjoon, persona che rese il sorriso di Jungkook largo da un orecchio all'altro.

Non perse neanche un attimo per scansare tutti quanti e correre, senza dire alcuna parola, ad abbracciare quel ragazzo, il quale non seppe proprio cosa dire, per cui ricambiò solamente la stretta.

«Santo cielo, come avete fatto?»
Gli si avvicinò quel ragazzo alto dai capelli scuri, che teneva le posate in un cestello nella mano sinistra e uno sguardo più duro di quello di tutti gli altri, che gli pareva fosse in grado di pietrificarlo.
«Devi essere Taehyung, tu.» gli allungò la mano con cortesia, anche se all'altro il suo sguardo poteva essere visto addirittura come una minaccia.
Dopo qualche secondo di esitazione, decise di rispondere affermativamente con un cenno del capo, stringendogli la mano e scuotendola.
«Sì, sono io. Sono un amico di Jungkook.»
«Io sono Minsoo. L'hai incoraggiato tu a venire qui?»

Scosse la testa freneticamente. «Cioè, sì, ma abbiamo deciso assieme. Parigi e la Francia sono la nostra e la vostra casa. Sarebbe stato bello ricongiungerci per un po' con le persone a cui vogliamo bene. Non ci aspettavamo... tutto questo, devo essere sincero.»

«Neanche io.» Commentò freddo il ragazzo, allontanandosi da lui, generando quell'atmosfera imbarazzante per tutti quanti. Taehyung abbassò il capo, indietreggiando di qualche passo e con le mani dietro giunte dietro la schiena, come se fosse accusato di qualcosa di terribile e volesse dimostrare il suo dispiacere.
Fortunatamente Jimin intervenne: «Non diventiamo un mortorio, per cortesia! Siamo qui per essere felici tutti assieme, cantare canzoni natalizie, raccontare aneddoti e fare vari giochi, per ridere. Se cominciamo di questo piede allora...!»

«Hai ragione.» lo fermò Minsoo, facendo rimanere il ragazzo con la bocca semiaperta, poiché sul punto di argomentare ancora.
Detto ciò egli se ne andò nell'altra stanza a poggiare le posate, probabilmente offeso di qualcosa che né Taehyung né tutti gli altri avevano compreso.

«Yuqi, scommetto che è stata una tua idea.» affermò poi Jungkook riprendendo a ridacchiare. In realtà non aveva mai smesso, era troppo allegro per essere buttato giù da Minsoo, il quale era sempre stato troppo serio e negativo rispetto agli altri. Anzi, era sempre stato cupo e pessimista come lui, per cui all'inizio andavano talmente d'accordo da sembrare condividere lo stesso neurone in molte discussioni e opinioni. Adesso che Jungkook stava imparando ad essere stranamente più positivo e grato per tutto quello che aveva ricevuto, stava diventando sempre più diverso dal suo amico, sperando che fosse ancora tale.

La rossa annuì freneticamente, saltellando energica e colma d'allegria.
«Mia e di Jimin. Non sai che fatica rendere possibile tutto quanto. Volevo farvi un regalo di Natale, il migliore che potessi. Che potessimo, anzi.»
Sbatté ripetutamente le palpebre, il bruno, in attesa di ulteriori spiegazioni.

«Come abbiamo fatto? Beh, l'idea, se devo essere più chiara, è venuta proprio da Jimin. Il pomeriggio del giorno in cui entrambi abbiamo ricevuto la lettera da parte tua, lui è venuto subito qui e ha chiesto di parlarmi. Yoongi ha risolto con Namjoon e poi è stato Namjoon che ha risolto con noi altri, sotto suo consiglio. Ci siamo potuti incontrare tutti quanti così, no? Ed evitare di spingervi ad andare da una casa all'altra.» la ragazza gli strinse le mani. «Siete i benvenuti davvero. Mi piacerebbe fare più amicizia, Taehyung sembra un ragazzo a posto.»

Colui che era stato preso in considerazione arrossì per qualche secondo, portando una mano tra i capelli al fine di tirarseli indietro, cercando di non mostrare quanto il commento lo avesse intaccato positivamente.

Anche Jungkook ne fu grato, sorridente di ricambio.

«Mi farò conoscere bene da tutti quanti, se a voi sta bene.» propose il moro, tralasciando l'amaro che Minsoo gli aveva causato. Tuttavia si ricordò di una questione estremamente importante e aggrottò le sopracciglia, scrutando in ogni angolo che era visibile da lì. «Ragazzi, ci siamo davvero tutti?»
«Sì, perché?» ebbe in risposta dalla rossa.
Il suo sguardo incontrò quello di chiunque, per poi spostarsi sugli occhi di Jungkook, preoccupato quanto lui, poiché sapeva per certo chi è che stava cercando.
«Manca una persona.» commentò quest'ultimo.

«Credo dovremmo essere...» si girò lei, osservando tutti gli altri ragazzi nella stanza. Strano: come mai sembrava davvero che mancasse qualcuno? Essere l'unica ragazza gli pareva poco consueto.
«TaeTae...» esclamò una voce acuta ridotta ad un soffio, incredula.

I ragazzi si fecero largo, permettendo alla ragazzina, dai tratti simili a quelli del fratello, ma con capelli molto più lunghi, che erano cresciuti fin sotto le spalle, di osservare il volto di Tae che non vedeva da ormai anni.
Era cresciuta, Mathilde, ma la sua indole non era mai cambiata.

Corse verso di lui, il ragazzo flesse le ginocchia per permetterle di saltargli in braccio più facilmente. Ogni sua ciocca volteggiò in aria a causa del vento provocato dalla velocità con la quale stava percorrendo il corridoio dalla stanza di Minsoo e Yuqi, che era andata a mettere a posto per non mostrare quanto fosse in disordine agli ospiti che erano già arrivati. Le pieghe espressive del volto erano tutte rivolte verso l'alto, sprigionava felicità da ogni poro, era davvero al settimo cielo. «TaeTae!»

E fu subito tra le sue braccia. Lei, stretta al fratello, poggiò la testa nell'incavo del suo collo, trattenendo quelle lacrime di emozione che premevano prepotenti per uscire e farsi strada sulle sue guance. Non voleva più staccarsi: temeva che, se fosse scesa, quel sogno bellissimo sarebbe terminato e nuovamente il fratellone non ci sarebbe stato lì accanto. Percepiva il suo calore e il suo odore, buono e profumato come lo era sempre stato, come poteva essere un sogno, una visione paradisiaca? Nessuna visione poteva essere tanto reale come quella, se non la realtà.

«Taehyungie, sei qui, finalmente qui.» non ce la fece a trattenersi, difatti singhiozzò più volte e in risposta lui la strinse ancora di più.
La fece volteggiare un paio di volte in aria in quel forte abbraccio: parve come se il mondo girasse attorno a loro e non il contrario.
Rise tra le lacrime e si staccò da lui, prendendogli le guance e guardandolo dritto negli occhi: Taehyung era reale ed era proprio di fronte a lui, era vero e fatto di carne, proprio colui che era stata costretta a lasciare perché era il meglio sia per suo fratello sia per il ragazzo che lui amava. Sapeva che l'amore era prioritario a tutto, la mamma glielo aveva insegnato quando le carezzava la fronte prima di andare a dormire, quando era ancora troppo giovane per ricordare altro se non le sue parole. Le aveva trasmesso tutta la sua purezza, un'eredità di cui era realmente grata. Più cresceva e più si rendeva conto che era stato davvero un dono quello che le aveva fatto, in tutta la bontà materna che potesse esserci.

E il più grande dono che lei potesse fare, quella donna che adesso li stava osservando dal cielo, anche lei con le lacrime della felicità, era proprio darle quel fratello che aveva reso la sua vita unica e l'aveva cresciuta come padre e come amico. Le aveva ripetuto ciò che le diceva la mamma ed era per questo che si ricordava ancora di lei, come se fosse ancora lì. Giurava di poter vedere la donna lì accanto, come se non ci fosse nessun altro se non loro tre, in quegli anni ancora dorati. Erano solamente più cresciuti tanto, ma erano sempre gli stessi, i tratti dei volti erano uguali.
La mamma era immutata, come se fosse eterna nella sua bellezza. Immaginò che lei posasse una mano sopra la sua spalla, con premura: avvertì la sua presa calda.

Mugugnò, sentendosi a casa e cullandosi nelle braccia del fratello.
«Sei cresciuta! Almeno di dieci centimetri, tra poco non riuscirò più a prenderti in braccio.» ci scherzò su. Ovvio che ci sarebbe riuscito, mingherlina come era non poteva che essere il minimo.

La ragazzina ridacchiò e subito Taehyung alzò lo sguardo verso il giovane dai capelli rossi posto accanto allo stipite della porta, il quale osservava la scena forse con gelosia. Si era affezionato a Mathilde e ci passava ogni giorno da quasi un anno in modo da impartirle lezioni di danza e grazie a lui era diventata realmente un fenomeno: gli era lecito essere geloso.
Taehyung si avvicinò a lui allungando la mano con cordialità. «Devi essere Hoseok, l'amico di Jungkook che lui mi ha consigliato per essere il tutore e insegnante di mia sorella, nel periodo della nostra distanza.»

Hobi sgranò gli occhi, afferrando la mano e stringendola. «Tua sorella? Sei il ragazzo di cui Mathy parla sempre?»
Abbasso il capo con una risata compiaciuta. «Felice di saperlo. Suppongo di sì, non dovrebbe avere altri fratelli maggiori.» si lasciarono le mani. «Grazie per aver badato a lei: Jungkook mi ha detto quanta competenza hai nel ballo, sono convinto che la stai conducendo sulla strada che ama più di tutte.»
Hoseok annuì, un po' incupito, ma Taehyung non ci diede molta attenzione. Fece per allontanarsi, quando fu fermato da un suo colpo di tosse finalizzato per richiamare l'attenzione.
«Dovreste spiegarci perché siete andati via. A quanto mi pare di aver intuito, dai vostri comportamenti, è stato un motivo ragionevole. Per quanto io tenga a tua sorella» gli fece realmente strano chiamarla in quella maniera, poiché non avrebbe mai creduto che quel momento sarebbe arrivato. «non riesco a capire proprio per quale motivo hai deciso di affidarla a degli estranei, per quanto tu abbia sentito parlare bene di me e degli altri due. Mathilde è stata una benedizione in questa casa, ma è stato da irresponsabili.» commentò duramente. Quelle parole se le teneva in corpo da diverso tempo, ovvero da quanto aveva affrontato per la prima volta quel pensiero, qualche giorno dopo aver accolto la ragazzina in casa. Si era chiesto, una notte, cosa avesse spinto suo fratello a lasciarla. Proprio quella notte, aveva svegliato Mathilde, che dormiva nel secondo letto della stanza di Hoseok, e le aveva chiesto il motivo: non lo sapeva, gli disse. Non aveva idea che lei gli aveva mentito a fin di bene.

«È quasi un anno che mi chiedo il perché e cos'è che potrebbe essere più importante dell'ultimo frammento della propria famiglia lasciato qui a Parigi, mentre tu, voi, ve ne siete andati via in un'altra Nazione. Lei sapeva solo questo, che eri andato in un luogo lontano e che ero l'unico a poterla aiutare nel perseguire il suo sogno.»
Non era un tono estremamente pesante, sprezzante o qualsiasi altra tipologia: era semplicemente vuoto, poiché tutte le emozioni che aveva tenuto dentro si erano prosciugate con il corso del tempo e il rancore si frantumava ogni volta che notava quanto lei stesse bene e in allegria, accanto a loro tre.
«E non mi importa se loro sanno già tutto nei minimi dettagli o fanno finta che non sia rilevante, la spiegazione io non l'ho ancora ricevuta e la desidero. Cosa c'è di più importante di lei?» chiese con un ultimo briciolo di severità che gli era rimasto in corpo.

Taehyung prese un respiro, avvertendo un forte peso sulle spalle. «Perché non ne parliamo stando seduti tutti quanti al tavolo?» propose Jungkook, fermando l'altro che aveva già intenzione di spiegare per filo e per segno, deciso a rigurgitare tutte le parole che erano opprimenti nel suo stomaco da troppo tempo.
Si osservarono per qualche lungo secondo, che bastò a comprendere tutto quello che serviva.
Minsoo intanto aveva ripreso ad osservare la scena dall'angolo della stanza con un sopracciglio alzato e le braccia conserte. Si erano appena fatti cenno, come se fossero in grado di comprendere tutto quello che passava nelle loro teste. Come se non servissero neanche più le parole. Sembrava così strano avere un'amicizia così profonda che a tratti pareva persino dolce. Ridacchiò da lontano, sprezzante.

«Andiamo al tavolo, parleremo lì. Avete proprio ragione.» propose con tagliente sarcasmo, tanto da far sospirare Yuqi, la quale si portò le mani tra i capelli, temendo che uno dei due avrebbe rovinato tutto quanto, dopo che avevano cercato di risolvere le faccende con Namjoon in tutta difficoltà. Lanciò un'occhiata a Jimin, comunicandogli la sua disperazione.
«Minsoo!» intervenne allora il biondo, allargando le braccia ed avvicinandosi a lui, portandone uno attorno alle sue spalle e spingendolo verso il tavolo apparecchiato per nove, inducendolo a sedersi. «Amico mio, dai, divertiamoci oggi: è una bella giornata, da lassù non ti vorrebbero vedere imbronciato, no?»

«Mi sono scordato di dirti che sono ateo e che sono qui solo per mangiare il pollo, altrimenti non vi avrei dato il piacere di condividere questa giornata con voi. E poi non siamo amici, lasciami le spalle.» commentò acidamente, costretto a sedersi al tavolo prima di tutti gli altri, per cui strinse nuovamente le braccia al petto.
Jimin alzò lo sguardo verso la sua amica, che scosse il capo esasperata: si era accorto anche l'editore che ultimamente egli era diventato così scontroso, più del ragazzo serioso che Yuqi gli aveva descritto.

«Ho portato questo, l'abbiamo fatto noi.» disse allora Kook, porgendo il panettone alla persona più vicina, ovvero Yoongi.
«Certo, certo, prenditi i meriti per aver guardato e avermi fatto i complimenti.» commentò Taehyung fingendo un broncio.

«Va bene, l'hai preparato tu, ma io ti ho passato gli ingredienti. Hai fatto il grosso!»
«Invidioso perché non sai comunque cucinare bene come me?» alzò un sopracciglio usando un tono di sfida.
«Non è momento!» alzò gli occhi al cielo. «È solo avvantaggiato perché è abituato a fare i dolci da quando aveva l'età di sua sorella e adesso si sta solo vantando. Comunque spero lo mangeremo tutti assieme, è un regalo carino che abbiamo fatto per tutti voi e da condividere assieme. C'è tanta passione qui dentro!»
Disse, facendo sfuggire una risata sia a Taehyung, a Yuqi e a Jimin, i quali compresero un eventuale doppio senso dietro le sue parole, che in realtà erano totalmente in buona fede.

«Oh mai dai, ragazzi!» diede una gomitata al suo fidanzato e alla rossa, i quali prese a braccetto e non aspettò neanche un secondo per portarli nel salone, tra teneri sghignazzi.
Minsoo sbuffò, infastidito, e tolse loro gli occhi di dosso.
Anche Mathilde si avvicinò assieme, seguendo Taehyung, e Hoseok fece lo stesso con la più piccola, lasciando sia Yoongi sia Namjoon dietro, i quali non si accorsero che nessun altro era rimasto in corridoio.

Sussultarono quando si resero conto di essere l'uno accanto all'altro, allontanandosi di qualche passo.
Nam aveva un aspetto più presentabile rispetto a quando Yoon aveva fatto irruzione a casa sua: si era tagliato i capelli e rasato nuovamente il mento, indossava finalmente dei vestiti puliti e il suo viso era di nuovo privo di macchie di sporcizia. Il maggiore teneva le mani nelle tasche e fu il primo dei due a parlare, sebbene Namjoon stesse tentando di seguire tutti gli altri: prima o poi doveva finire quella situazione così imbarazzante. Se volevano tornare ad essere amici bisognava ripristinare le cose e far finta che non fosse accaduto nulla, ma era talmente facile che ogni volta si ricordasse di quando loro si baciavano e perciò strizzava gli occhi in vergogna.

Temeva inoltre che l'altro fosse ancora innamorato di lui e che avrebbe fatto di tutto per riconquistarlo, pure sedurlo, al fine di far allontanare Jimin da sé. Lo conosceva bene e sapeva che non era tipo da farlo, ma la sete di vendetta potrebbe colpire chiunque, anche i più docili e buoni. Era lui la causa principale di tutto quello che gli era successo, perché se Yoongi non gli si fosse mai avvicinato, Jungkook non gli avrebbe mai rivolto quelle brutte parole e non sarebbe successo nulla, tra cui l'aver litigato con tutti loro. Sarebbe stato tutto così diverso.
«Namjoon. Spero che almeno oggi non mi odierai. Spero davvero che non sia odiato da te ogni giorno.»

Nam si voltò verso di lui, confuso da ciò che aveva appena pronunciato con quello che pareva essere timore.
«Non lo farò. Non ti preoccupare. Sto provando a farlo da tanto tempo, ma a volte non è tanto facile, ho bisogno di spremere le meningi e pensare a quanto tu, nel profondo, sia una persona buona. Giuro, ci impiego davvero tempo nel farlo. Non sarei qui con tutti voi se tu non avessi accettato di parlarmi, no? Davvero dispiaciuto o no, grazie per questo regalo di Natale. E che sia il trampolino di lancio per situazioni migliori.»
«Appena cominci ad odiarmi, ti prego, fai finta che io non esista. Capirò perché tu lo fai e cercherò di rendermi visibile.» gli diede una pacca sulla spalla, lasciandola con fatica, poiché doveva raggiungere gli altri che si erano già tutti posizionati al tavolo.

Namjoon sospirò. «Min Yoongi, come credi che io non possa altre infinite volte innamorarmi di nuovo di te, se mi dici certe cose e ti comporti così con me?» mugugnò tristemente con le labbra quasi serrate, per non far sentire a nessuno ciò che aveva pronunciato.
Era distrutto da quanto fosse bello e finiva sempre in quella trappola. Adesso era di un altro, Jimin era davvero un bravo ragazzo e avrebbe desiderato diventare un suo buon amico: non aveva dubbi a riguardo, poiché era talmente espansivo con chiunque, che era difficile tenere le distanze da Park Jimin.
Portò una mano tra i capelli, sussurrando un "diamine" sofferto, costretto poi ad andare dove tutti quanti stavano già chiacchierando il meglio che potevano.

Taehyung, Jimin, Yuqi e Hoseok erano i più loquaci della tavolata, che levavano qualche risata il meglio che potevano. Mathilde tirava ogni tanto la manica di suo fratello, seduto accanto a sé e gli raccontava vari esercizi che lei e Hoseok avevano compiuto per prepararsi. Ad ogni momento che lei trattava di tale proposito ne era davvero fiero e le carezzava la testa con premura, incredulo di averla finalmente accanto a sé dopo così tanto tempo. Lei sapeva la verità, ma aveva fatto una promessa il giorno il cui se ne era andato da Parigi: non avrebbe mai e poi mai per nessun motivo detto a nessuno cosa era successo quella notte. Hoseok credeva che non conoscesse i fatti come stavano, quando si era confessata solo con Yuqi e la ragazza aveva mantenuto il segreto.

Abbassò gli occhi, chiaro che doveva finalmente parlare, era arrivata l'ora di far sapere a tutti quanti come stavano davvero le cose. Se bisognava essere amici era necessario spiegare tutte le motivazioni che li avevano spinti ad andare via: lui e Jungkook erano buone persone e delle azioni governate dal buon senso che non erano in grado di comprendere.

«Kookie, è ora.» si voltò verso di lui, sussurrandogli.

«È ora di cosa?» teneva in mano la forchetta che aveva appena infilzato quel delizioso e gigantesco pollo, che avevano sicuramente preso dal pollaio lì vicino, con o senza il consenso del proprietario.
«Della verità, Kookie. Devono sapere tutto quanto. Voglio che rimaniamo loro amici, ovunque saremo. Non desidero che questo sia stato solo un modo per mangiare o fingere di essere nella normalità, poiché noi non stiamo mai nella normalità, se continuiamo a fare i fuggitivi.»

«Fuggitivi?» Minsoo aveva l'orecchio lungo e aveva prestato attenzione al più che poteva dei loro sussurri, mentre tutti gli altri colloquiavano animatamente. Attirò l'attenzione del resto del tavolo, poiché si girarono o verso Minsoo o Jungkook e Taehyung, seduti dalla sua parte opposta.
Jungkook annuì: ormai non aveva più senso mentire o omettere la verità. E poi era anche la volontà di Taehyung e per Taehyung avrebbe fatto qualsiasi cosa.
«Dobbiamo raccontarvi una questione molto importante, ovvero il motivo per cui ce ne siamo andati di qui ed è realmente serio.»

Yuqi abbassò le posate che stava maneggiando, preoccupata riguardo quel discorso. Secondo loro, nessuno a parte la sorella di Tae sapeva qualcosa riguardo l'omicidio.
Jungkook sospirò per l'ennesima volta. «Non ho idea se Jimin vi ha raccontato di quando sono rimasto a casa sua per un po' di tempo, è quello il motivo per cui sono diventato suo amico: nel senso, è per quello che ci siamo stretti di più.»
Kook osservò Jimin, reprimendo le immagini del loro passato che avrebbero tanto voluto dimenticare.

«Poi mi sono allontanato per un po', ho vissuto... per conto mio.» deglutì, ricordando del soggiorno passato da Soyeon. Splendido, abituale, che offriva sempre la stessa solita giornata senza alcun cambiamento o novità. Lo avrebbe vissuto migliaia di volte solo per quel motivo, ma più ci pensava più era convinto che fosse noioso. «Poi io e Taehyung ci siamo rincontrati quella primavera, dopo che ci eravamo abbandonati dall'estate. Mio Dio, come ho fatto così tanti mesi...» commentò ad alta voce, ricevendo sguardi aggrottarti e confusi da parte di Hobi e Soo in particolare, i quali stavano prestando attenzione ad ogni particolare del racconto. Kook si schiarì la voce, tentando di riparare al danno. «Dicevo. Quando ci siamo rivisti abbiamo deciso di una questione importante, dopo esserci resi conto che la rovina della mia vita era solamente una persona: mio padre.»

La teatralità del racconto era percepibile soprattutto a causa delle lunghe pause di tensione, usate dal narratore per prendere fiato e cercare di cacciare via la parte dolorosa di tutti quei ricordi.
I ragazzi intanto attendevano senza fare alcune domande, poiché preferivano farlo finire.
«Mio padre è colui che mi ha rovinato, che mi ha reso ossessionato con il pubblicare un romanzo. Credo che tutti voi sappiate bene la storia.»

Yoongi alzò una mano per fermarlo. «No, io non la so la storia!»
Jimin lo placò poggiando il braccio attorno alle sue spalle. «Sei qua l'unico. Dopo te la fai raccontare.» propose dolcemente, facendo sbuffare Yoongi e far girare gli occhi di Minsoo dall'altra parte, infastidito da loro due e dal loro comportamento fuori dal normale. Non avrebbe cambiato idea, sarebbe rimasto con quel pensiero tradizionale, non importa quanti amici o conoscenti omosessuali aveva.
«Grazie, Jimin. Dicevo. L'unico modo per poter tornare a vivere serenamente era affrontare quel pazzoide di mio padre e liberarcene una volta per tutte.» brividi gli percorsero la schiena quando fece quell'affermazione. Lo stava rendendo di nuovo reale, quella notte così ancora tangibile i cui spari erano ancora impressi nei suoi timpani come se fossero vividi.

«In che senso?» Domandò Hoseok, il quale era seduto scomposto, con gambe accavallate e schiena inclinata, tale da avvolgere il braccio attorno allo schienale della sedia.
«In quale senso, Hobi, secondo te?» gli rivolse uno sguardo colmo di dolore, sperando che lui potesse comprendere e spiegare tutto al posto suo, poiché le parole non riuscivano proprio ad uscirgli dalle labbra. Sebbene fosse stata una liberazione, non era in grado di non provare ancora tante emozioni negative quanto positive ogni volta che ci pensava. Era stata una trovata fantastica, la loro, e si ripeteva sempre che prima o poi, se non l'avessero fatto, qualcun altro l'avrebbe ucciso al loro posto, quando si sarebbe accorto di che genere di persona orribile fosse.

«L'hanno ucciso.» disse Yuqi al posto di entrambi, posizionata di fronte al narratore, guardandolo con apprensione, credendosi parte della vicenda, come se fosse stata una delle cause o se avesse potuto evitare che accadesse qualcosa. Ma comunque, come poteva affatto sapere ciò che sarebbe successo, in modo da impedirlo? Era da folli e solo una strega ne sarebbe stato in grado, di certo non era il suo caso.
Jungkook annuì. Lei sapeva che desiderava che continuasse al posto suo, anche perché Taehyung non accennava ad alzare il capo da un punto fisso sulla tovaglia, come si fosse incantato. Stava pensando, o meglio, visualizzando quella sera.
Tutto quel sangue, il grilletto che era premuto dalle sue dita. Aveva fatto benissimo, ma si era macchiato di un crimine ed era scampato al pagarlo pur avendo la polizia alle calcagna.

«Avete organizzato una sorta di trappola all'Opéra. Sapevate che tuo padre stesse lì, per cui avete cercato di  fare in modo di spararlo durante l'esibizione, ma qualcosa è andato storto.»
Jungkook si fece sfuggire un piccolo sorriso in tutto quel dramma, ricordandosi di come la sua miopia fosse stata di intralcio e avesse reso tutto così difficile.
«Avete reso tutto quanto una sorta di inseguimento, i testimoni si sono resi conto di come uno dei due ragazzi sembrasse essere morto e l'altro fosse giunto in suo aiuto, con tanta premura. I giornali hanno documentato quanto paresse strano che un complice comune fosse stato trattato in quella maniera. Non poteva essere che una questione personale, per il modo goffo in cui avevano organizzato l'omicidio e per quanto sembrassero uniti i due ragazzi che avevano organizzato il tutto. Sebbene tutto, nessun testimone ha fornito delle descrizioni del vostro viso. C'erano degli amici di Jeon Auguste quella sera e neanche da parte loro potete trovare una testimonianza riguardante il vostro aspetto. Una donna ha detto solamente che erano due bei ragazzi molto alti dilaniati dalla voglia di omicidio, ma era troppo scossa per ricordarsi i dettagli. Il caso è stato chiuso dopo circa due mesi che sono state perse le vostre tracce, insabbiato dai piani alti. Siete scappati in Austria per evitare che la polizia vi prendesse, no?»

Entrambi annuirono.
«Mi sono interessata alla questione fin dall'inizio. Ho solo collegato i punti.» mentì. Se ne era occupata solamente dopo che sua sorella acquisita le aveva raccontato ciò che sapeva.
«Hai fatto bene. Abbiamo fatto di tutto per salvarci, quanto quello di non far male ad altre persone neanche per sbaglio.»

«E poi che è successo?» chiese Namjoon, incuriosito dall'avventura del suo amico.
«Che può essere accaduto... abbiamo vissuto un po' miseramente fino ad aver accumulato un bel gruzzoletto fruibile per le varie evenienze. Per esempio venire qui era una di esse.»
Yuqi alzò un sopracciglio, poiché sapeva che non era tutto. «Manca un pezzo importante di tutto quanto. Ci togliete la notizia più interessante e ve la tenete per voi? Egoisti.» ridacchiò. Le era passato di mente il suo fidanzato: aveva creduto che per una volta la sua mentalità fosse normale e non improntata sempre sullo stesso grande fastidio.

Jungkook scambiò uno sguardo con Tae, indeciso se continuare o meno. Gli sorrise, facendogli intendere di dovergli dare il cambio.
Secondi infiniti, nuovamente. Era così difficile fingere di non essere innamorati quando era l'unica cosa che erano, perché essere amici come lo erano con tutti gli altri era talmente complicato che pareva come se qualcuno avesse tolto un pezzo di entrambi durante quell'assurda recita.

«Appena arrivati abbiamo trovato una bellissima casetta. Era fatta solamente di una stanza, divisa tra zona dedicata alla cucina e zona notte. Con nostra grande sorpresa c'era un letto singolo, per cui dovevamo fare a turno per chi doveva utilizzarlo.» tutti quanti risero, pensando a quanto fosse angusta la loro casetta. «Ma Jungkook era così generoso che me lo offriva quasi ogni sera e dormiva sul pavimento.»
Si volto verso di lui. «Ti toglievi sempre le coperte di dosso e io te le rimettevo: adorabile credere quanto tu credessi di essere rimasto immobile tutta la notte, la mattina dopo che te ne vantavi.»
Kook abbassò lo sguardo, rosso in viso. «Taehyung!»
«Scusami» disse divertito, tornando al racconto. «Poi, abbiamo smesso per un po', perché non siamo stati in grado di comprendere immediatamente di essere dei cretini: io stavo per terra e la mia schiena mi faceva male, ma se Kookie stava bene non potevo che essere felice. Un giorno poi, Jungkook se ne è venuto dicendo di aver trovato una ragazza. Gowon, si chiamava. Vero?»

Jungkook alzò le spalle. «Se me ne ricordassi mi spezzeresti le ossa.» commento divertito, ricordandosi di quella stessa finta minaccia che gli aveva posto qualche tempo prima.
«Mhmh, e c'è un motivo per cui lo farei.»
Minsoo alzò gli occhi al cielo e poi portò una mano sulla fronte. Non era credente, però sperava in qualsiasi entità, qualsiasi cosa, qualsiasi, persino un asteroide che dal cielo cadesse proprio in quella stanza, distruggendola e impedendo a Taehyung di completare quella che stava diventando sempre più un'ovvietà.
Non voleva sentirlo, ci teneva a non schifarsi prima di arrivare a mangiare il dolce, ma voleva anche evitare di vomitare del tutto nel sentire certi fatti.
«Poi mi ha detto di averla lasciata-»

«Oh, per favore, finiamola con queste puttanate, abbiamo già capito.»
«Ma io non ho capito-» esclamò Hoseok, che sperava che non interrompessero la storia ancora una volta.
«Stanno insieme, coglione, e si vede anche da un miglio.»

Jimin e Yoongi annuirono con l'ultima affermazione di Minsoo, il quale si era appena alzato dal tavolo colmo di fastidio.
Namjoon era rimasto stupefatto e si alzò di scatto in piedi. «Jungkook, ma che diamine-!» Per lo meno, l'espressione del minore esprimeva tanta vergogna. Come poteva diventare peccatore dello stesso peccato che aveva criticato così ardentemente da farli litigare? «Ti ricordo che è stato il motivo per cui sono andato via-»

Yuqi allora intervenne, in tutta sincerità, dopo tutti quei mesi che non aveva visto Namjoon e non aveva potuto sorgere l'argomento. «Come un demente, se devo aggiungere. Chi è che se ne va via dopo che il tuo migliore amico  fa un commento su di te, per quanto cattivo possa essere e quanto ti abbia colpito nell'animo? Suvvia, chissà che ti ha detto. "Non sono come te", come se avesse detto "brutto figlio di puttana, non passo, come te, il mio tempo a mettere il-"» dovette fermarsi, poiché Mathilde era lì che ascoltava tutto quanto. Già era troppo che fosse spettatrice di quei discorsi, se fosse saltato fuori qualcosa di ancora più volgare sarebbe stato squallido soprattutto nei suoi confronti, la quale possedeva ancora un briciolo di ingenuità. Sperava che non scoprisse il mondo degli adulti stando in mezzo a tutti quei ragazzi che di peculiare avevano solo la scemenza, una tipologia diversa per ognuno di loro.

«Mi sono sentito offeso, va bene?»
«Ti ha già chiesto scusa! Quanto rancore porti in corpo persino per quello che è stato per anni il tuo migliore amico? Rendi forse nullo tutto quel tempo?»
Nam scosse il capo, risedendosi al tavolo composto e cercando di cancellare ancora una volta ciò che era successo tempo prima.

«Comunque confermo ciò che hanno già detto» intervenne Yoongi, appoggiato comodo su Jimin che fungeva da poggia-gomito. «si vede dal modo in cui voi due vi guardate, è palese come il fatto che la camomilla abbia i petali bianchi. È un dato di fatto, non c'è nulla di segreto. E anche se i petali sono tenuti nascosti dalle foglioline verdi quando sono un bocciolo, si riesce a capire cosa sono. I loro sforzi sono inutili e non si confondono nella natura come farebbe un camaleonte.» alzò le spalle. «Mi spiace, ma la recitazione non è il vostro forte.»
Era a tutti gli effetti una critica, quella lì, che dovettero accettare a capo basso.

«Non ci credo! Quanta gente qua abbiamo che è dell'altra sponda?» esclamò Minsoo dall'altra stanza.
Taehyung balzò in piedi, prendendo Mathilde per la mano. «Porto mia sorella in camera! Dobbiamo dirci tante cose, voi parlate pure!»
Alla sua esclamazione con imbarazzo, immediatamente scappò via dalla riunione, non volendo far sentire alla ragazzina cosa si stavano dicendo, certo che sarebbe stato traumatizzante.
Il maggiore tra i quattro coinquilini tornò in salone, guardando la maggior parte dei commensali con disprezzo.
«Ma vi rendete conto di cosa state dicendo? State sparando un sacco di stronzate, perché sono sicuro che ognuno di voi tra qualche anno troverà una ragazza e lascerete perdere gli ultimi istinti giovanili. È solo perché dovete provare tutto quanto prima di morire che avete deciso di fare tutti questi drammi fra di voi. Possibile che sia io l'unico normale qui?!» terminò esasperato, lanciando le proprie mani in aria.

«Devo correggerti, teoricamente le ragazze mi sono sempre piaciute, sono più proiettato verso il genere femminile, ma preferisco Taehyung.» commentò Jungkook, causando confusione in Minsoo.

«Ma che significa-»

«Vuol dire che neanche se mi pagano vorrei attuare certe "pratiche"» mimò le virgolette in aria «con te, puoi stare tranquillo.» suscitò delle risate nel resto del tavolo.
«Ah, io sono del tutto proiettato nella sponda maledetta, ma posso concordare con Jungkook. Neanche se mi pagassero profumatamente.» aggiunse Yoongi.

«Ma fate sul serio?»

Il ragazzo si sentì preso in giro da un paio di mocciosi, per cui strinse ancora una volta le braccia al petto, offeso. «Io e Yuqi gli unici normali, non ci posso davvero credere.»
«Ti scordi di Mathy.» aggiunse la ragazza.
«Se la crescete come una principessa finirà come Hoseok, non interessata affatto alla vita sessuale, sicuro come la luce di giorno.»
L'interessato alzò gli occhi al cielo. «Lascia perdere lei, non c'entra niente in questa conversazione. È piccola ancora, aspettiamo fino a quando troverà qualcuno per spiegarle certe cose.»

Minsoo sospirò. «L'ho lasciata andare di là solo perché Taehyung è suo fratello, altrimenti non mi sarei mai permesso di abbandonarla da sola con qualcuno contro natura.»
Yuqi si alzò in piedi, inorridita. «Non è di tua proprietà, come ti permetti di dire certe cose!»

«Vive sotto il mio tetto, mangia con i miei soldi, sono praticamente il suo tutore attualmente, direi di avere il diritto di intervenire in certe questioni. Poi, spiegatemi davvero, cosa ci trovate di così bello in qualcuno dello stesso sesso?»
Jungkook roteò gli occhi, incredulo di quanto fosse incapace di comprendere anche un minimo. «Non è questione dello stesso sesso, ma del fatto che ti leghi molto a quella persona e diventa parte della tua vita. Tu e Yuqi, perché non riuscite più a separarvi?»
La ragazza abbassò gli occhi, tornando al suo posto. Già, non si riescono più a separare da allora.
«Perché vi conoscete da anni e avete condiviso momenti meravigliosi della vostra vita. Jimin e Yoongi lo stesso, si conoscono da tantissimo tempo.» Namjoon evitò di commentare, giocherellando con le proprie dita per evitare di provare ancora una volta quella stretta al cuore che aveva sempre fatto capolino ogni volta che poteva. «Quando una persona prova amore, è propensa a rimanere con l'altra per tanto tempo, sebbene tutto quanto e farebbero ogni cosa per stare assieme e non separarsi mai più.»  Fu il turno di Yuqi di sentire la stretta opprimente.

«Minsoo, tu dovresti capire più di chiunque altro, ciò che proviamo è sincero. Poi, figurati, possono essere tanti anni, qualche mese o semplicemente una sera» voltò gli occhi verso il suo migliore amico dell'adolescenza, che si sentì finalmente preso in causa. «Che peccato facciamo noi? Perché tu ci vieti la felicità unicamente perché non è così che si dovrebbe fare? Da grandi invecchieremo e io come te avremo una persona accanto, indipendentemente da chi sarà. Oppure non avremo nessuno,» Hoseok osservò il proprio piatto colmo di rimasugli di pollo «perché magari avremmo preferito concentrarci su altro, come la carriera, le altre varie passioni. Eppure vivremo comunque, e sarà bello come il resto della nostra vita.»
Minsoo ridacchiò. «Che diamine sei diventato in questi anni? Sembri un'esplosione di arcobaleni mentre fai un discorso da ragazzine.»

L'altro scosse il capo mentre portava una mano alla fronte. «Non è un discorso da ragazzine, sono serio. Questo non può essere davvero il motivo per cui dovremmo litigare.»
«Parli proprio tu...»

«È difficile ammetterlo, ma parlo proprio io. Sono diverso da allora, credo di essere cresciuto. Prima volevo solo aspettare il motivo per cui la morte mi avrebbe accolto, adesso lo faccio ancora, ma mentre aspetto cerco di vivere quello che ho al meglio, per non avere ripensamenti nel giorno della mia morte, che adesso potrà solamente essere di vecchiaia. Minsoo, anche tu hai delle felicità,» allungò una mano per metterla sulla sua spalla, ma l'altro si scansò, in ribrezzo. «Scusami. Dicevo, anche tu hai delle felicità. Yuqi è una di queste, vivete bene assieme, non puoi davvero dire che-»
Fu interrotto proprio dall'interessata che si alzò dal tavolo e scappò via da lì, lasciando tutti quanti senza parole, mentre udivano unicamente il rumore delle sue scarpe che risuonava come un eco. Già, felicità, era davvero la sua felicità, ma aveva dimostrato di odiare ogni felicità che costellava la propria vita.

«Yuqi, torna qui. Torna qui ho detto!» esclamò in tono troppo alto e brusco dopo aver notato che stava  per uscire proprio dalla loro casa, lasciandoli lì come una maleducata. Tutti i ragazzi furono allibiti dal modo in cui Soo aveva tirato fuori quella voce graffiata al fine di farsi sentire il meglio che poteva, quasi per farla spaventare e farsi finalmente ascoltare.
Fece per rincorrerla, ma Jungkook gli afferrò il polso, tale che Minsoo guardò la presa con più disprezzo che poteva.
«Lasciami. Mi fa schifo essere toccato da te.»
«Non vai da nessuna parte. Lasciala stare. Vado io da lei.»
«Non ti permettere a contagiarla, altrimenti te la vedrai con me.» intimò.

«Se fosse davvero contagioso, saresti già andato alla ricerca di un uomo con cui scopare.» gli disse con un sorrisetto, certo di farlo rabbrividire con quella frase.
Lasciò la sua presa, correndo anche lui fuori dalla porta a rincorrere la sua amica, trattata ingiustamente.

La trovò sugli scalini più prossimi al portone malandato e che avevano proprio bisogno di essere aggiustati.
«Vai via. Non voglio parlare.» ingoiò poi quelle parole amare, sicura di essere stata troppo dura. «Per favore, Minsoo, adesso vorrei essere lasciata da sola.»

«Song Yuqi, non ti permettere mai più di chiedermi "per favore"» disse Kook, avvicinandosi a lei e poggiando una mano sulla sua spalla, sedendovi accanto. Avvertì il suo sospiro di sollievo e la giovane si permise di poggiare il capo sulla sua spalla, una volta che fu abbastanza vicino per farlo.
«È che quel ragazzo ultimamente sta dando i numeri. Sei cambiato tu, ma lui ancora di più. Probabilmente è frustrato davvero tanto dal lavoro, non trovo altre spiegazioni. Forse non gli va giù che lui debba essere pagato meno di quelli che inscenano le opere che lui scrive. Guadagna una miseria e lo sentiamo tutti quanti sulla nostra pelle. Jimin mi ha licenziata, ma mi dà comunque un aiuto finanziario come se fosse il mio stipendio, perché sa delle nostre condizioni finanziarie. Non mi vuole a lavoro perché ha paura e lo comprendo, si fida di me ma non così tanto nelle orecchie lunghe di tutti gli altri, per cui da quando l'ho scoperto dovrebbe essere diventato molto più attento. Minsoo crede che lavori ancora lì da lui, difatti esco tutte le mattine per mezza giornata e a lui non va bene il fatto che io lavori. Dice che il posto delle donne non dovrebbe essere neanche nelle fabbriche, ma in casa a curare i propri figli. Adesso i nostri cosiddetti figlioli sono Hobi e Mathy. È irritato anche da quando li vede ballare, per questo vorrei tanto tenere da parte abbastanza soldi per comprare una piccola stanza per permettere loro di esercitarsi. Qua è stretto e angusto, una volta ha sgridato lei per aver rotto un vaso mentre provava una piroetta. È diventato duro e freddo, più di prima, con tutti. Qualche giorno fa ha urlato più del solito, mi ha dato uno schiaffo in viso. Non è stato insostenibile, il dolore, ma so che arriverà presto quel giorno in cui lo sarà e spero che i suoi schiaffi non saranno così forti se provo ad usare parole come "grazie", "per favore" o "scusa". Incredibile come lui abbia imparato a trattare così anche quella che dovrebbe essere la sua felicità. Ho paura quando lui è arrabbiato, mi rintano nella tua stanza a prendere dei libri per evitarlo. Non voglio davvero continuare così.»

Jungkook le carezzò i capelli. «Non saremmo dovuti venire, scommetto che userà questa tua fuga come motivo di litigio. Mi dispiace. Ho pensato egoisticamente a tornare in Francia, quando tutti quanti stavamo bene prima, quando stavamo in Austria.»
Lei scosse il capo. «Il problema non siete voi, è lui. Il problema con Namjoon l'abbiamo risolto e sarebbe andato tutto liscio, quest'oggi. Andiamo più o meno d'accordo, persino Hoseok si stava cercando di adattare alla nuova situazione e anche al fatto che fosse tornato il fratello di Mathilde, ma Soo non si è affatto capacitato di nulla. Se lui fosse davvero innamorato di me vi capirebbe, ma forse non ha mai provato cos'è l'amore.»
«Risolveremo tutto, non devi preoccuparti.»
«Non voglio parlare con lui dell'argomento.»

«Lasciala, bastardo.» disse una voce cupa dietro di loro, che li fece entrambi girare e alzare in piedi colti dal timore.
«Lasciala tu.» Jungkook tentò di mettersi davanti a Yuqi, ma lei gli spostò il braccio, prendendo un grande respiro e salendo qualche scalino.
«Jungkook mi stava aiutando. Sta facendo la parte dell'amico e quello che voglio è un semplice supporto da parte sua.» disse a capo alto e tenendo gli occhi chiusi, cercando di tenere dietro la schiena le dita che tremavano. Era il suo tono che maggiormente la spaventava.

«Ho sentito ciò che stavate dicendo. Credi davvero che sia colpa del lavoro, credi che sia colpa di quei due ragazzini? Ti fai pagare da quel bastardo per far finta di lavorare quando potevi stare benissimo a casa a mettere a posto il casino che c'è là dentro? E chissà che vai a fare mentre non sei qui! Chissà da quante puttane te ne vai!»
Lei abbassò il capo, iniziando a respirare con affanno. La paura la stava mangiando viva, le urla della ramanzina risuonavano per tutto il palazzo e forse le stavano ascoltando anche gli altri.
Minsoo si avvicinò al suo viso. «Hai paura che ti alzi le mani, mh?»
Yuqi strinse i denti e tenne gli occhi chiusi. Sperava che Jungkook non si fosse intromesso, non voleva essere salvata da un cavaliere. In quel momento lei doveva stare ferma e aspettare che l'amore che Minsoo provava per lei si confermasse per essere vero.
«Rispondimi e guardami quando parlo!» le urlò, facendole tremare tutto il corpo. Decise di dagli ascolto: magari si sarebbe reso conto, osservandole gli occhi, di quando li guardava colmi di amore e magari un briciolo sarebbe ritornato ad esserci come ai vecchi tempi.

«Ho pau-» neanche il tempo di farle finire la frase che ricevette sulla guancia sinistra il segno rosso delle cinque dita: spostò il capo a causa dell'urto e un ciuffo di capelli rossi finì sulla zona colpita. Voleva piangere, non dal dolore fisico, ma dal momento che Minsoo odiava così tanto la sua felicità.
«Sei uno stronzo, uno stronzo!» Jungkook spostò delicatamente da ragazza, la quale si era appoggiata al corrimano per non cadere, ed egli andò verso Minsoo, il quale, con un sorrisetto, indietreggiò verso il pianerottolo.
«Che vuoi fare, infilzarmi con una bottiglia? Attento, posso chiamare papino se lo fai, però.» lo provocò.

«Ti faccio vedere io, bastardo, come cazzo ti permetti di toccare in quella maniera la tua ragazza e poi di prendermi in giro?» gli rivolse uno sguardo di fuoco. Si era preso tutto il braccio e adesso si meritava come minimo un occhio nero.
Alzò il pugno e la sua prima mira fu il basso ventre, facendo contrarre il ragazzo che si avvicinò all'angolo del pianerottolo. Yuqi, una volta aperti gli occhi, si portò entrambi le mani sulla bocca, inorridita.
Jimin, che intanto era uscito dalla porta di casa, divenne spettatore proprio quando aveva dato il secondo pugno proprio in corrispondenza della mascella.
«Jungkook! Che diamine!»
Minsoo rideva sebbene delle gocce del proprio sangue fossero schizzate sul muro.
Il biondo percorse la rampa di scale e non indugiò nel prenderlo da sotto le braccia e cercare di allontanarlo da lui, mentre il bruno si divincolava il più che poteva.

«Lasciami, lasciami, gli devo dare quello che si merita, questo stronzo!» urlò ancora, scalciando.

«Che cosa ti prende?!»

«Ha offeso me e le ha dato uno schiaffo con me davanti, è un grandissimo bastardo e deve avere ciò che merita!»
Taehyung aveva fatto capolino, rimanendo sconvolto da ciò che gli si presentava davanti e non aveva indugiato a richiamarlo.
«Kookie, sta' fermo!» esclamò, certo che avrebbe ascoltato le sue parole.

Così fu, difatti prese un grande respiro e riuscì a sfuggire alla presa di Jimin dopo essersi calmato. Le sue spalle gli facevano male, l'aveva afferrato e strattonato con difficoltà e gli aveva anche lasciato un graffio sul collo, per sbaglio. Non era una sua colpa, stava facendo il possibile per non permettere che commettesse altri errori.
«Che diamine sta succedendo? Cosa sono queste urla? Che cosa accade qui?» chiesero a turno i rimanenti, comparsi sulla soglia della porta. Hobi invece si era affacciato e aveva subito afferrato Mathilde, la quale voleva assistere ad una scena non adatta per una ragazzina.

«Jungkookie, allontanati da lui.»
Fece come detto, prendendo vari respiri per controllarsi.
«Fai quello che vuole come se fossi il suo cagnolino, mh?» lo provocò ancora, tanto che fu costretto a stringere i denti per non dargli un altro pugno proprio dritto sul naso.
«Vaffanculo.» disse infine, scendendo per la rampa e correndo fuori dal portone, evitando di fare lui altro male. Non voleva che Taehyung vedesse quel vecchio sé che affiorava di nuovo, come i peggiori incubi che si fanno ancora una volta.
Alzò lo sguardo verso il cielo, notando come la Luna fosse coperta dalle nuvole, nell'ennesima sera. Aveva smesso di nevicare, ma non era affatto imbiancato, poiché la neve si era sciolta a causa del pavimento già bagnato.

«Kookie, ci sono qui io. Stai tranquillo.» Taehyung non aveva perso un attimo a correre da lui e la prima cosa che fece fu abbracciarlo stretto a sé, mentre il minore si scioglieva tra le sue braccia. «Ti stanno dando tutti ragione, non ti preoccupare.»

«Non voglio la ragione. È che- non lo so, non ti so neanche descrivere quello che provo. È disgusto sicuramente. Anche perché, picchiandolo, sono diventato quello che è lui e anche peggiore. Ho sentito la rabbia che ha controllato me prima di tutto, rabbia per mancanza di giustizia. Tae, non sono così, non sono violento come hai potuto vedere, non farei mai del male a persone a cui voglio bene, a te neanche se mi ricattassero con la morte.» teneva il volto nell'incavo della spalla, poggiato sull'ingombrante colletto del ragazzo.
«Lo so, lo so, ma trovo che tu abbia fatto bene. Si è preso ciò che si meritava. Forse il sangue è stato eccessivo, ma non te ne sei reso conto. Ti conosco, so che sei, in fondo, un ragazzo dolce. Su, dai, riprenditi. Se smetti di disperarti dopo do metà crediti per il panettone.» gli suscitò una piccola risatina.
«Tranquillo, non serve. Tanto l'hanno fatto le tue mani dorate, non ne sarei soddisfatto se mi attribuissi meriti che non mi spettano.»
Il maggiore lo abbracciò di nuovo, dandogli un bacio sulla fronte.

«Yuqi mi ha detto che ultimamente ha proprio un caratteraccio. Non è colpa nostra che siamo venuti qui, anzi, tutti gli altri hanno fatto di tutto per farci stare a nostro agio e per diventare amici fra di loro.»
«Non l'ho mai messo in dubbio che la nostra presenza fosse ben accolta.» gli accarezzò il capo, grattandogli il collo con i polpastrelli per farlo rilassare. «Non sarà il Natale che abbiamo desiderato, ma non fa nulla. Tanto rimarremo qua per un po'. Casa mia dovrebbe andare bene, se a Namjoon va giù avere degli ospiti.»

Jungkook scosse il capo. «Andiamo da Jimin. Non mi va davvero di dargli fastidio, c'è solamente una stanza e so che potrebbe proporre di rimanere sul divano.»
«Il tuo amico è un copione.»
Risero, ricordandosi di come sua sorella, tempo prima, si era offerta di lasciare il letto a Jungkook per dormire sul divano.
«Probabilmente. Ma penso che Jimin non abbia alcun problema, casa sua è pazzesca e ha tante stanze da letto disponibili. Non c'è neanche la servitù, saremmo quattro persone in una reggia. Dovrebbe far comodo un po' di compagnia.»
Taehyung annuì, allontanandosi da Kook e guardandolo negli occhi con dolcezza. Erano talmente vicini l'uno all'altro e la situazione era così peculiare che quel bacio che si sarebbero dati sarebbe parso come il primo, poiché avrebbe suscitato ancora una volta una miriade di emozioni.

«Scusate!» la voce acuta di una ragazza li fece voltare entrambi, rossi in viso poiché stavano per essere sorpresi a rivelare ai palazzi lì vicino il loro segreto.
Si allontanarono di qualche passo, tutti e due che si grattarono il capo cercando di far passare inosservate le loro azioni.
La ragazza aveva i capelli lunghi e castani, i quali erano nascosti in parte da un mantella rossa come il sangue. Possedeva inoltre un abito ben lavorato, si vedeva da lontano che era una donna benestante: era di colore panna, quella stoffa, con riporti anch'essi carmini; la camicia era molto rifinita e possedeva i polsini di merletto. Il suo sguardo era delicato e l'unica imperfezione del viso era un neo piccolo e vero sotto l'occhio, del tutto messo in secondo piano a causa delle sue labbra voluminose, impreziosite dallo stesso rosso della carne viva.
«Chiedo umilmente scusa se vi ho disturbati, gentiluomini.»
«Si figuri, madame.» disse Taehyung, con un sorriso cordiale.
«Desidererei un aiuto, se vi è possibile. Potrei sapere chi abita in questa dimora? Abito qui vicino e ho sentito degli schiamazzi estremamente sinistri... non hanno mai fatto sapere chi era il proprietario, sono davvero spaventata. La mia famiglia mi ha chiesto di controllare e verificare che tutti quanti stessero bene.»
Taehyung si voltò verso Jungkook, i quali si lanciarono uno sguardo di confusione con il quale intesero i propri pensieri.

«Lei abita qui in giro?» la ragazza annuì e Jungkook abbassò gli occhi sul suo abito. Era strano che in quelle strade ci fosse qualcuno di tanto ricco da permettersi un vestito di quella fattura.
«Oh, già, ha ragione. È l'abito della festa. Per la verità, era l'abito che dovevo usare quest'estate per il mio matrimonio, ma lui ci ha lasciati circa un mese prima.» abbassò il capo. «Era un mercante e si è ammalato di colera.»
«Mi dispiace, madame.» disse Taehyung.
«Non si preoccupi.» alzò gli occhi, con un sorriso malinconico. «Mia madre teme che accada qualcosa di brutto anche in questo quartiere e sarebbe splendido se potessi tranquillizzarla.»
«Ci abita Shin Minsoo e altri tre ragazzi, ma siamo venuti a trovarlo noi due con altri amici. È colpa nostra, abbiamo litigato un pochino ma stiamo tutti bene, non si preoccupi davvero, tranquillizzi la sua famiglia.» la tranquillizzò Jungkook, impietosito dallo sguardo colmo di dolore della giovane che aveva perso il suo amore. Se fosse successo a lui una cosa del genere, chissà che cosa avrebbe combinato. Probabilmente si sarebbe presentato nell'Ade con le vesti di Orfeo.

«Grazie mille, monsieur...»

«Jeon. Jungkook Jeon.» Taehyung gli diede una gomitata, facendogli notare il suo errore. Sgranò gli occhi e si affrettò a rimediare. «Nel senso, non Jeon. Volevo dire, Boyer, il mio cognome è Boyer. Jeon è il soprannome, me l'hanno dato perché molto simile al nome, cioè, oh Santo cielo.» sussurrò alla fine, suscitando le risate nella ragazza.
«Non si preoccupi, non dirò a nessuno come si chiama se è questo il problema. Qual è il problema, non le piace il suo nome? È molto bello invece!» esclamò cordiale.
«Grazie...» abbassò il capo.
«Taehyung Denis, tanto piacere di fare la vostra conoscenza.» lui allungò una mano e la giovane la afferrò, stringendogliela.
«Seo Soojin. Piacere mio.» si poterono intravedere le sue fossette da sotto al cappuccio.

«Kook andiamo di sopra, diciamo agli altri di non far più casino, altrimenti spaventiamo il vicinato.» lui annuì, seguendo Taehyung ma dando un ultimo sguardo alla giovane fino a quando scomparve dalla sua vista, tra le ombre della sera, neanche illuminata da qualche lampione.
Era stato saggio fidarsi così tanto di quella ragazza? Chissà dove abitava, andava dalla parte opposta rispetto alla parte da dove era giunta.
Una brutta sensazione si impossessò si lui, ma scosse il capo. Il suo sguardo ammaliante l'aveva fatto confondere e non perché era una bella ragazza, ma c'era qualcosa nei suoi occhi, come se fossero un pendolo che lo stesse ipnotizzando a parlare.

La ragazza sfoggiò un grande sorriso, rivolgendosi all'uomo che si era presentato di fronte a lei, di cui poteva notare solo l'inconfondibile sagoma.
«Allora?»
«Sono loro. Li ho sentiti da lontano dire che si fermeranno a casa di Jimin, il quale ha un'abitazione enorme. Park Jimin, parlano sicuramente di lui, l'unico tra i benestanti che abbia un tale nome. Ed eri anche un amico dei genitori, non è vero? Jeon mi ha detto il suo nome completo e adesso non abbiamo alcun dubbio.»
«Bravissima. Continua a fare il tuo lavoro, sii il diavolo.»

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