「19/ 06/ 1867」

50.

Se si chiudessero gli occhi, si avrebbe la minima possibilità di approcciarsi a mondi nuovi, completamente diversi dalla realtà, utopici e fantastici. In prevalenza sul rosso, quel teatro era unico, come se fosse un universo a parte, composto da drappeggi qua e là e da arte. Anzi, era veramente effimera la quantità di assi di legno e materiale fisico in tutta quell'arte così ispirante e inebriante. La prima volta che Mathilde si era esibita su quel palco, durante le prove generali con il tendone aperto e tutti gli altri ballerini sull'attenti, era caduta per terra e aveva pianto dalla gioia, lasciando che i suoi singhiozzi si fondessero che le ultime note del pianoforte. Che poi non era più solo il pianoforte, ma anche gli archi e i fiati: se fosse stato solo per Yoongi, avrebbe declinato il ruolo di direttore ben volentieri per concentrarsi solamente sui suoi amati tasti. Aveva scelto un uomo di fiducia al suo posto, Gustave, il quale era lieto di rivedere dopo così tanto tempo una figura di tale spicco a teatro.
Gustave era il migliore - dopo Yoongi, ovviamente - al pianoforte e non c'erano dubbi che il lavoro sarebbe risultato impeccabile ed imparato anche abbastanza in fretta.

Un passo dopo l'altro, su quelle scarpette sempre più familiari al suo corpo, un volteggio dolce in aria e il suo busto che si avvitava mentre le braccia fungevano da ali, riuscendo a concludere sempre con grazia.
E le lacrime affiorarono ancora di più quando riuscì a vedere quelle persone già posizionate ai loro sedili, aspettando trepidanti di osservare lo spettacolo di quella sera, mentre parlavano fra di loro.
Tutti i ragazzi erano ai loro posti dietro le quinte e si stavano preparando con ansia. Taehyung aveva indosso un completo interamente nero, con la maglia di raso sottile e viscoso, con una giacca più grande di lui dello stesso colore che arrivava fino ai fianchi, coprendoli: nel complesso aveva una grande vestibilità e, sebbene fosse quasi anacronistico, la modista aveva fatto un ottimo lavoro. Il tutto valorizzava il suo volto chiaro privo di imperfezioni e i suoi occhi grandi.
«Ti manca solo la maschera» gli fece notare Jungkook, prendendola dal comodino lì accanto e facendo sedere il ragazzo sulla sedia, avendo così il grande onore di fargliela indossare. Sembrava una maschera veneziana, per i riporti dorati nella zona oculare, mentre il resto era bianco latteo. Tae dovette comunque tenerla ferma con un paio di dita, per evitare che cadesse, ma Jungkook non se ne andò dalla sua vista, anche dopo aver terminato il suo intento.
«Qualcosa non va?» era rimasto a guardarlo con la bocca dischiusa e rimase ancora più senza parole quando Taehyung si alzò la maschera, per veder meglio la sua espressione.

Kookie, anche lui in giacca e completo nero, ma scalzo, scosse il capo. «No, non ti preoccupare. Sono solo colpito da quanto tu sia surreale. Sembri più vero mascherato, che con il tuo viso. Perfetto, immacolato, specialmente adesso che non ha macchie da nessuna parte.»
Si riferiva alle molteplici volte in cui Tae aveva lasciato correre di essere sporco sulle guance o sul naso, perché tanto non era un gran dramma.
«Il termine "bellissimo" ti sminuirebbe. Mi rendi senza parole.» disse a voce bassa, avvicinandosi sempre più e lasciando un bacio sulle sue labbra, avvolgendo le mani attorno al suo collo e posizionando il ginocchio sul sedile in mezzo alle gambe di Tae.
Un paio di schiocchi risuonarono nel silenzio fatto di borbottii in lontananza provenienti sia dalla platea sia dagli altri attori e ballerini.

Non si accorsero neanche di una ragazzina, magrolina, con addosso un abito da contadinella, che avrebbe preso parte alla rappresentazione, che si era affacciata per sbaglio in quella stanzetta dove Taehyung e Jungkook si stavano preparando.
Lei se ne andò via, senza neanche avere il coraggio di interromperli.
«È ora di andare sul palco, Kookie.» disse Tae sulle sue labbra, sebbene fosse più dispiaciuto di lui di interrompere quel contatto così desiderato, dopo tutti quei giorni passati a lavorare senza freno e pause ben meritate.
Il minore annuì. «Ce la faremo. Abbiamo lavorato fino ad adesso e riusciremo ad incastrare quel pazzoide. Staranno Jin e Minsoo a tenerlo sott'occhio.»
L'altro confermò con un cenno convinto, avvertendo, tramite una fiamma dentro di sé, l'assoluta certezza della buona riuscita.

Nel frattempo, dall'altra parte del grande teatro, nella zona centrale della platea, Seokjin teneva a braccetto monsieur Lambert, mentre ridevano a gran voce, disturbando ogni tanto qualche signora con abito elegante e testa acconciata eccessivamente, che invece avrebbe desiderato un comportamento di alta classe anche da parte degli uomini, piuttosto che ineducato e fastidioso.
«Ah! Mio caro, quando saremo ancora più ricchi ti ripagherò tutto questo. Ma oggi si va a bere! Offro io, in segno della nostra amicizia.» emise un grugnito a voce alta che fece voltare numerose persone, disgustate, ma troppo di classe per riprenderlo. Quel luogo era colmo della nobiltà insopportabile, coloro che accerchiavano l'imperatore e gli ronzavano attorno, i superstiti delle varie rivoluzioni e proteste all'interno del Paese. Eppure non tangeva loro affatto, perché qualche faccia tosta era ancor convinta che bastasse nascondersi dietro ad un ventaglio fatto di franchi per poter sopravvivere. Questi disgraziati e malcapitati forse neanche sapevano del passato e della storia della loro patria e forse continuavano ad alzarsi tardi la mattina accompagnati dai loro servi comandati come fossero degli animali.
«Ma non devi, non devi. Se saremo ricchi è solo grazie a te! Ed è tutto in segno della nostra amicizia, Ménétios. Prego, si sieda, desidero farle conoscere un mio amico-» indicò il sedile nella terza fila centrale, da dove Minsoo li stava osservando vigile. Tuttavia Lambert agitò le mani, ignorando la sua ultima frase e sovrastandola con le proprie parole. «Sono contento che anche le ragazze siano venute, questa sera. È stato davvero un atto gentile, da parte tua.»

Seokjin alzò un sopracciglio, confuso «Le ragazze?»
«Sì, Soojin e Soyeon: alla mia rosellina serve dello sfogo che non sia io, ogni tanto. Mi ha detto che Soyeon l'aveva avvisata che c'era anche lei questa sera, ma avrebbero fatto un giro fuori. Soyeon non ti ha detto niente?» chiese l'uomo in confusione, ricevendo una scossa del capo. «Credevo fosse la sua fidanzata, per questo ero ben sicuro.»
«No... non è la mia ragazza, comunque-» Non seppe neanche come fece a notare in lontananza la testolina di Namjoon che, con indosso un mantello per non far vedere l'abito di scena, era sceso per salutarlo e in quel momento si stava sbracciando. Seokjin aveva pure un cuore di ghiaccio, ma quella sera avvertì una stretta proprio proveniente dal suo petto, ostacolandogli la respirazione. Avendo risposto con un leggero movimento della mano nella direzione dell'interessato, Ménétios si confuse ancora di più, ma poi Jin ritornò concentrato sulla questione. «Dicevo, non è la mia ragazza, ma è una mia fidata assistente. Le ho detto dello spettacolo di questa sera e che ci saresti stato anche tu, quindi credo non abbia perso tempo a richiedere un incontro con Soojin per darle l'invito di persona, senza necessità di comunicartelo. Manca poco, il matrimonio vi vedrà uniti a breve, no?»
L'uomo annuì, facendo sospirare esasperato Jin senza che neanche la serata fosse cominciata. Egli ritentò nel presentargli Minsoo, questa volta riuscendoci, rimanendo fermo alla sua sedia, che per la prima volta non era nel loggione personale.
Rivolse un altro sguardo verso il luogo in cui Namjoon era scomparso, con un sorriso sul volto, e avvertì dei brividi percorrergli la schiena. Era forse giusto tutto quello che aveva fatto e che era in procinto di fare? Allestire uno spettacolo solo grazie alla sua nomea e il bel faccino che avevano convinto il direttore del teatro, per poi finire per tradire tutti quanti, anche l'unica persona che credeva ingenuamente in sé, senza sapere del suo lato egoista e oscuro?

Che sia uomo o donna, amante o amico, Nam aveva creduto in lui e aveva continuato a farlo.
Girò gli occhi verso Minsoo e Ménétios che parlavano fra di loro cordialmente, quest'ultimo lasciandosi sfuggire qualche risata fastidiosa come al suo solito.
Perché avrebbe voluto alzarsi e andare dietro le quinte, dire a Namjoon del piano di quell'uomo? Si strinse i capelli e digrignò i denti, stropicciando gli occhi.
La questione sarebbe stata risolta successivamente, riflettere a riguardo in quella situazione tanto delicata era inutile: aveva fatto di tutto per vincere, ora era arrivato il momento di tirarsi indietro? No, si amava com'era: vile ed egoista e mai nulla l'avrebbe cambiato.

Il pubblico era seduto su quei sedili, adesso senza fiato perché le luci si erano spente: Taehyung era già posizionato con la maschera sul volto e mani nella tasca, in una posa molto sciolta e che esprimeva sicurezza di sé, anche se nel profondo stava morendo dentro per quanta ansia stava provando. Fino a qualche secondo prima aveva ancora la possibilità di scappare, ma adesso non più, rilegato a quel palco come se fosse una maledizione, col rischio di dimenticare ogni singola battuta, a causa della paura.
Avvertì dei borbottii da parte qualcuno, mentre gli accordi gravi premevano sul pianoforte, e i tre che erano seduti tra la gente udirono qualcuno che commentava il suo completo estremamente aderente e anche da uomo di facili costumi, ricevendo immediatamente disprezzo, che Tae ignorò.
Era giunta l'ora in cui doveva aprire la sua bocca e lasciare che la sua voce venisse udita da tutti quanti: Yoongi gli aveva assicurato che andava benissimo e non doveva affatto preoccuparsi e Namjoon e Jimin avevano spesso mostrato il loro entusiasmo per la sua bravura, facendolo più volte arrossire dall'imbarazzo e dal compiacimento.
La prima sinfonia, che il suo pianista preferito suonava mille volte meglio di quella mera imitazione, risuonò per tutta la sala. Profonda come l'inferno, la prima nota, che echeggiò per tutta la sua cassa toracica, mentre le persone già tenevano il capo chino sul libretto; se fosse stato possibile, avrebbero visto i suoi occhi chiudersi e sforzarsi di emettere la nota a voce più alta possibile. Molti, già annoiati, desiderarono parlare con chi avevano accanto e discutere di futili questioni della gente più ricca, ma dovettero avvertire il proprio fiato venir spezzato, quando Taehyung aprì braccia e petto con una tale espressione da attirare l'attenzione di ogni singolo essere, a causa anche della sua voce magnificamente perfetta, che oscillò più volte dalle nuvole fino al baratro. Chiamarlo baritono era riduttivo, aveva un potenziale nella sua voce in grado di lasciare a bocca aperta chiunque e si poteva avvertire anche solo dalle prime parole.

«Quant'è bella la donzella, leggiadra ed elegante, avverto il mio cuor danzante!»
Lo scenario dietro di lui era di campagna, con prato ricolmo di grano di un giallo acceso e con un cielo blu che trasmetteva il calore di una giornata estiva. Se si spostava lo sguardo verso l'angolo alla destra, si riusciva a notare Yuqi che, con un fazzoletto in testa e una veste da contadina, si avvicinò al ragazzo, fermandosi qualche metro prima, dove sulla scena era stato posizionato un albero, e fece finta di prendere il sole, coprendosi il volto con le dita infastidita dalla luce.
«Dov'è ella! Dove è!» esclamò Tae, che impersonava un giovane di nome François, impulsivo e concentrato sull'amore a prima vista di quella giornata calda e soleggiata. La sua voce toccò l'apice e le sue mani la seguirono per gesto. «O' mia donzella, ancor devi fart'aspettare? Devo credere che tu sia in ritardo per mostrarti a me come fossi già la mia sposa, attesa da prete e chiesa? Mi fai arrossire, mia donzella!»
Fece finta di cercarla in ogni dove e tra tutti gli alberi della scenografia, ma intanto lei rimaneva lì, con le gambe incrociate e che si sistemava i capelli riscaldata dalla luce e rinfrescata dalle foglie. I suoi capelli rossi furono in grado di riflettere il sole che in verità non c'era e le sue labbra carnose erano socchiuse con delicatezza, lasciando intravedere i denti frontali.

«Mia divinità! Perché, preso dalla tua bellezza, devi ormai dimenticare il mondo e pensare a te, mio bellissimo angelo notato al fiume pochi minuti fa, in procinto di scappare come fa un cervo spaventato! Non aver paura, mia donna, io son un cavaliere, che t'abbraccia e protegge, che ti curerà come un angelo, come te, merita! Mia bellissima dai fili di rame in capo, floreale e profumata come fragole, mia bellissima utopia!»

La ragazza si chiamava Sabine, e in quel momento Yuqi la stava impersonando alla perfezione, con un atteggiamento mistico e attraente quanto puro, osservando le sue dita scaldate che, assieme al dorso della mano, le accarezzavano la guancia leggiadra, mentre le gambe erano distese e affiancate, avvolte da quella gonna sporca e aderente, che fu in grado, nella presente posizione, di mostrare le forme dei suoi fianchi.
Guardò in un punto indefinito del pubblico, attraendoli con il suo sguardo colmo di carisma e convincimento. Fu una grande sorpresa per loro di rendersi conto che voce della giovane era anch'essa più profonda del normale per un'operista, il che la rendeva un contralto e non un soprano. Era insolito per quello che erano abituati a vedere. La ragazza si mise in piedi con un movimento veloce delle gambe, come se fosse in procinto di ballare, ma l'intento era quello di andare a ritmo con la musica.

«Son'io, la tua donzella? Mi cerchi, mi cerchi e ancora cerchi senza sosta!»

«La mia bella, eccola! Come mai ti nascondevi, mio angelo?»
Chiese con braccia allargate, spingendo Sabine a voltarsi verso di lui, intrigata dal modo disperato in cui si stava comportando, come se fosse realmente interessato a lei con tutte quelle dolci parole. Non era mai accaduto prima di allora che un uomo cortese giungesse da lei e la chiamasse come erano nominati gli alleati del Signore, addolcendola.

«Non so chi tu sia, cavalier cortese! Per cortesia, presenta la tua persona, gentiluomo Ah! Chissà cos'egli vuole, ancora non so perché gli uomini son tanto attratti da me. Avessi errato, capirei! Se fosse una punizione?» commentò di seguito per conto proprio, permettendo alla sala di comprendere i suoi pensieri frustrati, da donna importunata anche troppe volte a causa della sua bellezza incomparabile alle altre.

Incredibilmente, quella folla non aveva più altro da commentare, come se per un attimo avessero dimenticato cosa significasse ad essere migliori degli altri, ritornando ad essere persone come tutti quanti, come se fossero dei normali popolani, che tanto loro ignoravano e sdegnavano. Infatti, neanche l'essere umano che più era importante, era in grado sopraffare quella musicalità imponente e le voci dei due ragazzi che si intrecciavano e creavano un filato immaginario.
François le volteggiò attorno, mentre Sabine teneva le braccia strette al petto, coi palmi in prossimità del cuore alla ricerca della protezione, fingendo un atteggiamento di forza, quando invece era spaventata. Quante volte Yuqi aveva provato il personaggio, e quante altre ne aveva errato lo sguardo! Nella mente di Minsoo, era impresso il volto della giovane che era terribilmente spaventata e che era ferma sui suoi piedi, impossibilitata del scappare. Eppure la rossa aveva una propria interpretazione, che era molto più originale, rendendo la giovane un personaggio sopraelevato, così come il suo carattere era tridimensionale. Guardò François con disprezzo e freddezza, in grado di far gelare chiunque fosse rimasto qualche secondo in più a fissarla. Quante volte era stata costretta a sorridere imbarazzata verso qualche sconosciuto per strada che con l'indice le indicava di avvicinarsi chissà per far cosa, e mentre scappava via, anche con un secchio d'acqua pesante sulle spalle, continuava a seguirla. Disprezzo, disprezzo verso il genere umano e verso coloro che vedono la donna come un oggetto in grado di soddisfare i loro desideri. Quanto bene stavano le matrone romane, tempo addietro!
Taehyung persino avvertì le punte delle sue dita diventare più fredde e stecche algide, indietreggiando di un passo e deglutendo.

Yoongi da lontano ridacchiò e scosse il capo, per il caratterino di Yuqi che come ogni volta lo colpiva, per cui fece segno agli archi di rimanere per più su quel Do di alta ottava, suono simile a delle unghie trascinate sul ferro.
Insistentemente, François le chiese di conoscere il suo nome, ricevendo risposte fermamente negative. Stava già male prima, probabilmente, scottata dall'incessante sole di quella mattinata d'agosto o da qualche malanno che la portò a collassare sul prato, afferrata al volo dal protagonista, il quale sobbalzò dallo spavento. Fortunatamente, le contadinelle che avevano dimora nel fienile lì vicino, accorsero senza indugio, sventolandole in volto qualcuno dei fazzoletti che avevano in capo. Per un altro colpo di fortuna per Sabine, gli schiamazzi delle fanciulle fecero incuriosire l'uomo che era proprietario del fienile - che era raffigurato verso la parte destra del palcoscenico, giusto un piccolo angolo, mentre invece lo scenario prevedeva delle spighe di grano che ondeggiavano prese dal quel tiepido venticello. Namjoon aveva quel ruolo, con un paio di baffi finti incollati sopra le labbra, il quale prese la giovane da sotto le braccia, tramite l'aiuto delle ragazzine, trasportandola nella struttura al coperto. Tutto questo, imponendo rigorosamente a François di andare via e di non farle del male. Ma che male poteva averle fatto, se solo era rimasto colpito dalla sua incontenibile bellezza e aveva desiderato di conoscerla, per poterla amare? Era una donna onesta, senza il pesante vincolo del matrimonio per convenienza! Era stata graziata, nascendo, e lui anche: erano entrambi liberi ed entrambi potevano sposarsi. «Volevo solo conoscerla, la mia Flora!»
Bella, bella come una ninfa era, tanto da ricevere quel soprannome.

Come può essere fermato, un giovane uomo fervente d'amore? Li seguì tutti quanti, il signore e le cinque ragazzine, un parallelismo dei putti nelle raffigurazioni artistiche.
La spiò di nascosto, una volta da soli.
«Com'è bella, com'è bella...»
«Deve riposare.» ricevette in ammonimento da una degli angeli, che, seppur severa, non rimase nella scena per più di tanto, riponendo fiducia in quel François, che appariva dallo sguardo sincero.
François le si sedette accanto, prendendo ad accarezzarle i capelli rossi ed intrecciando qualche onda con le proprie dita affusolate, tutto mentre l'orchestra proclama una sinfonia tanto leggera da permettere di volteggiare tra le nuvole col singolo pensiero.

Monsieur Lambert osservava il tutto senza fiato, inclinato in avanti e con entrambi i gomiti sule ginocchia, avendo notato nella voce di François un ché di familiare, che tentava invano di comprendere.
Jin gli mise una mano sulla spalla sospirando, osservando la bellezza di Yuqi distesa per terra, con occhi chiusi. Doveva dire la verità, non aveva mai visto le scene senza addormentarsi da quando le contadine entravano tutte preoccupate, per cui era tutto nuovo anche per lui.
«È bellissima.» commentò Kim, picchiettando con i polpastrelli sulla giacca dell'altro.
«Già. Hanno scelto proprio una bella attrice.»

«La migliore.» rispose Minsoo con sguardo perso e il cuore di cui non avvertiva più neanche il battito, per quanto lei fosse stata in grado di confonderlo anche sulla realtà.

Sabine si svegliò, allora, con la mano dolcemente posta accanto al suo orecchio e con bocca leggermente dischiusa, notando nuovamente il giovane che l'aveva importunata precedentemente.
«Mi perdoni, mi dica: è colpa mia?»
«Chiunque sia un uomo, così come voi siete un uomo, vile, ha colpa.» esclamò con tono nuovamente sprezzante.
Non era quella la sua battuta, andando fuori tempo e allarmando anche Yoongi con la musica, che emise un "Hah!" soddisfatto, notando quanto la sua testardaggine fosse in grado di dare del filo da torcere.

Minsoo allora si fermò per un attimo, abbassando il capo e stropicciandosi gli occhi stanchi e segnati dalle occhiaie per le prove che gli avevano occupato anche le notti. Avvertì qualche borbottio dalle file di dietro, da parte di uomini delusi ed allibiti dall'affermazione di Sabine. Non era proprio fatta per stare assieme a qualcuno, perché quel qualcuno l'avrebbe frenata in tutto il suo potenziale. Era forte, incredibilmente ammaliante e affabulante, su un altro piano. Chissà se aveva cominciato a mostrare questo lato di sé solo quando lui si era comportato in una maniera così cattiva nei suoi confronti, ferendola. Nessuno meritava un essere tanto divino, tantomeno lui, dal tipo di mentalità che lei odiava.
E santo cielo, si accorse solamente in quel momento che odiava tutto quello, perché lui, così come la società per intera, si comportava come i suoi genitori, i quali da sempre avevano voluto bruciarle le ali dal principio, rendendola invidiosa di Icaro.

François e Sabine avevano già ripreso a parlare e lui le aveva afferrato la mano con dolcezza, come fosse un tesoro prezioso. «Voi avete la parvenza d'una divinità. Non le farei mai del male, piuttosto mi innamorerei.»
Sabine fu interdetta con la sua ultima frase: si era già chiesta se avesse davanti uno di quei filosofi o poeti colmi di sensibilità.
«E non lo siete già? M'avete inseguito fin qua dal fiumiciattolo da quand'io sono fuggita da quell'uomo malvagio, non m'amate ancora?»
François scuote il capo, con veemenza e con un luminoso e infantile sorriso. «Signorina mia bella, Flora, ninfa della natura, creatura dalla voce diafana e cristallina; donzella, io non vi conosco ancora, ma aspiravo a conoscervi per potervi un giorno amare. Tutti quegli uomini da te incontrati, hanno mai inteso che l'amore lo bisogna aspettare? Non giunge repentino.»
Lui le richiese il suo nome e allora ricevette risposta, perché Flora era troppo per lei che era una semplice contadina.
Lui, oltre al nome François, le confessò di essere uno scrittore! Eppure i tanti scritti che aveva realizzato non erano stati considerati da nessuno, eppur aveva tanto da raccontare e da trasmettere. Kook osservò la scena da lontano, col cuore intiepidito da come Tae avesse cercato di imitarlo al meglio nei suoi comportamenti, modo di muoversi e gesticolare, per poter rendere fede alla realtà nel miglior modo possibile. Nessun altro tranne loro due poteva capire ciò che vedeva.
E abbassò gli occhi, addolcito in modo esorbitante per la richiesta successiva, ovvero quella di andare al monte al crepuscolo, per poter parlare della filosofia, baciati dalla luna.
Avrebbe desiderato correre verso di lui e prendere il posto di quella Sabine, ma il suo ruolo era troppo importante per essere guastato a causa della sua foga. Per interpretare quell'uomo, con quel nome, si era esercitato tanto, e negli esercizi erano compresi quelli di respirazione per calmarsi e non lasciarsi sopraffare dal ricordo violento.
Gli toccò inspirare di nuovo, convincendosi della giusta riuscita della loro vendetta, che tanto avevano atteso.

Sulla scena si fece tutto buio: solo una luce superiore era accesa e Sabine si era seduta proprio sotto di essa, che fissò, sebbene la chioma dell'albero di scena fosse di mezzo. Eppure a quella luce non fu impedito di riflettersi negli occhi della ragazza, brillanti: gioiosi e profondi.
Si era fatta sera, e anche la struttura rappresentante il fienile era scomparsa dalla scena, avvolta dall'ombra.
«Non mi avete ingannato! Il povero me, credulone, adesso è più fiducioso. Mia donna-»
«Mi chiami col mio nome: io non son la donna di nessuno.»
Battuta di nuovo errata, ma questa volta Minsoo smise di affliggersi, piuttosto ne fu fiero. Era cresciuto accanto a lei come se fosse una sorella, oltre a provarvi amore: il fatto che avesse capito cosa voleva realmente dalla sua vita lo rendeva orgoglioso.
«Sono donna del mondo.» proseguì. «Le stelle adesso stanno in cielo: il giuramento tuo mi sussurrano e ti credo. Cantami di letteratura ancora e ancor, cantami le odi sulla bellezza, tu che sei capace!»

Si sedette accanto, al fine che le loro dita si fiorassero, senza togliere gli occhi dal cielo imbandito di stelle.
Certo che, i reali personaggi, le stelle e la luna piena non li vedevano da mesi.
«Vediamo, vediamo... da Omero a Catullo, Cesare e Dante; de Cervantes e Goethe, Shakespeare e Molière. Ah, la France! Villon, Corneille. Da le grand siécle à les lumes et la mére philosophie avec Descartes et Voltaire»
«Siete appassionato.»
Certo, come si poteva non essere appassionati se Jimin aveva in casa un'ingente quantità di volumi, persino vari antichi?

François chiese di più di lei e gli confessò di come le piacesse dipingere, sebbene i pregiudizi verso le donne artiste. Anche lei, come chi la impersonava, aveva lasciato la famiglia da giovane, definendosi "miser popolana". Tra una parola e l'altra, le disse anche che viveva vicino Place de la Bastille, che un tempo era stata il simbolo de la Révolution.
«Perché mai sei diventato uno scrittore?»
«Per costrizione! Eppure la mia passione mi ha ammaliato.»
Taehyung non avrebbe saputo cantarlo meglio, con quella voce graffata e che esprimeva un insistente aiuto da parte dell'ascoltatore. Era felice di tutto quello che gli era successo, perché l'aveva condotto ad essere quello che era adesso, però non poteva smettere di essere distrutto psicologicamente da quello che gli era accaduto. Non riusciva a dimenticarselo, anche se era passato ormai tanto tempo. Quella rappresentazione teatrale era un vero supplizio, per Kookie, che non vedeva l'ora di sapere che i loro sforzi non erano stati vani, prendendo Ménétios e spingendolo a confessare.
E sarebbero potuti tornare a Vienna.

Quasi si era dimenticato che la vita a Parigi non era più la propria.

Jungkook alzò gli occhi quando notò che accanto a lui passarono in coda Mathilde e Hoseok, pronti per entrare in scena, sulle punte leggiadre e attente, senza sonoro e con eleganza.
Il pianista iniziò la performance con delle fugaci note, ognuna di esse concordante con i passi en pointes effettuati dalla ballerina, la quale armeggiava con grazia, prima con la schiena arcuata in un cambré all'indietro, poi con braccia in allongé le quali si chiusero successivamente sopra il capo, separate da un piccolo spazio. Il suo corpo aveva tutti i muscoli irrigiditi, eppure quell'adagio era effettuato con tale armonia da far invidia ad un colibrì. Dopo un demi-plié si susseguì un relevé: le cosce erano pietra, coperte dalla gonnella candida e vaporosa, che arrivava fin sopra al ginocchio.
Il suo viso serio, reso pulito dai capelli corvini interamente raccolti, risplendeva sotto le luci del palco. Provocando spavento tra la folla, l'attenzione rivolta interamente verso di lei fu spostata verso gli archi, che improvvisamente avevano deciso di suonare ed assieme ad essi un coro potente iniziò ad avere la stessa pensata, momento nel quale Mathilde effettuò veloci ed impressionanti piroette. L'uomo, che guidava il passo con il proprio violino, a volte si fermava, a volte dava allo strumento dei colpi di grazia, come se fosse l'archetto fosse un'arma ed esso ne fosse la vittima.
Quando fu suonato il secondo "do", il quale iniziava la sequenza che si stava ripetendo, Mathilde effettuò un battement en l'air, per poi riprendere con le sue aggraziate turnazioni attorno l'asse corporeo, les fouetté entournants. Al violino principale si unirono tutti gli altri, drammatici, che la ragazza interpretò come ordine per effettuare le pas de bourrée, di preparazione, per poi saltare, con gambe a centottanta gradi, en l'avant ed en face, tanto che il pubblico al centro della platea credette di osservare un cigno spiccare il volo. Le braccia, tenute sopra al capo, lasciavano vedere il suo corpetto aderente e ricolmo di pietruzze argentee, con scollo sul décolleté e sulla schiena. I profani neanche si immaginavano quante volte il maestro di danza dell'Opéra avesse ripreso la solista perché non effettuava i passi correttamente e di quante volte Hoseok era andato in sua difesa, proteggendola e facendola tornare a sorridere. Non si doveva neanche permettere, quell'uomo, di mettere mano su una questione tanto delicata, ovvero le passioni fanciullesche, se neanche conosceva la storia che l'aveva attraversata. Che diritto aveva di giudicare e dire di non andare bene, di non essere aggraziata, di non saper ballare come una vera danzatrice?
Così come era accaduto sovente, Hoseok giunse in suo aiuto, non appena i violini si intricarono col pianoforte, attraverso una serie di balzi, i quali avevano slancio tramite una turnazione sul posto, terminante sempre con uno sguardo verso la platea. Voltò poi gli occhi verso la minore, prendendola per la vita e facendola roteare su se stessa, poi lasciando che cadesse accompagnata dalla sua mano gentile. Ella distese la gamba verso l'alto, così come il suo mento, in eleganza. Il pas de deux, coronato sempre da piano e archi, i quali stavano effettuando una melodia più semplice, ma paragonabile ad un fiore in procinto di sbocciare, era intrigante, colmo di passione, di sguardi fugaci che permisero gli spettatori di entrarvi dentro, accolti da quel turbine di emozioni, come fossero in una tempesta. Le piroette dei giovani, coordinate, così come i salti, parevano sul punto di provocare un tornado unicamente con la velocità e destrezza delle loro punte. Sembravano dei professionisti, sebbene tutti gli anni passati a ripetere sempre la stessa teoria e gli stessi passi, senza avere uno specchio davanti. Mathilde, mingherlina, aveva sempre avuto una differenza notevole di altezza rispetto al più grande, ma, stando sulle punte, finalmente potevano guardarsi in faccia senza dover salire su alcuno sgabello, tanto che quell'osservazione li fece entrambi sorridere, prima di riprendere a volteggiare, accompagnati nuovamente dal coro.
Hobi la prese per la vita e, tenendo salda la presa, effettuò una turnazione con il corpo della minore poggiato sulla spalla: la ragazza aveva le braccia in allongé verso l'esterno.
L'uomo al violino principale sudava, per i movimenti del braccio che incrementavano sempre più di velocità; lo stesso stava facendo Yoongi, il quale coordinava sempre con più difficoltà l'orchestra, avvertendo bruciore ad entrambi i deltoidi. Mancava ancora tanto al termine della tragedia.
Un ultimo salto intervenne prima che il flauto solista sopraggiunse per terminare il balletto, riproponendo la melodia iniziale con meno drammaticità, mentre i due protagonisti, inscenanti le anime di François e Sabine, si tenevano per mano ed assieme effettuarono gli ultimi passi.
Mathilde appoggiò la testa sulla spalla di Hoseok, seriosa, e poi fuggirono via, entrambi dalle parti diverse.

La concentrazione ritornò su François e Sabine - dopo che coloro che li interpretavano erano rimasti senza fiato per l'esibizione di danza che avevano avuto davanti. Non era stato come le prove, perché adesso erano parsi la musica stessa, quei due. I protagonisti erano ritornati in scena e ripresero a parlare, questa volta della Luna: «E s'io morissi e la toccassi con le dita tremoli?»
«Lo vorresti?»
«Chi non lo vorrebbe?»
«I Figli del Sole!»
«Noi siamo figli d'Ella, la Luna, non ti scordare.» concluse il ragazzo.
Quando fu sul punto di andare via, dopo quell'appassionato dialogo, Sabine lo fermò, incuriosita dal scoprire la sua vera indole e se l'amasse realmente.
«Io son solo un ragazzo, Chissà cos'è l'amor. Tu sei bella, come se stessi in caccia d'un cervo dorato t'ho inseguito, ma il cacciatore non ama il cervo. Eppure, se il cacciatore lo custodisse, lo amerebbe.» si diedero appuntamento per l'indomani e l'orchestra suonò in crescendo: Sabine rimase da sola sul palco, con le mani sul cuore.

«François! Dannato ragazzo! Dove sei scappato, vigliacco!» irruppe una voce, interrompendo la melodia improvvisamente e facendo girare anche la ragazza. Jungkook diede una pacca sulla spalla a Jimin proprio nel momento in cui stava avanzando sul palcoscenico, per dargli coraggio. Probabilmente il biondo era quello che aveva più insicurezze, tra tutti loro, e non era affatto da biasimare per questo, dato il compito estremamente complicato.
Il suo ruolo era quello di un tale di nome Sébastien: sebbene la sua voce molto acuta tanto da sembrare sopranista, il suo sguardo esprimeva virilità. La voce era chiara di natura e brillante: non era neanche un capriccio del compositore, il fatto che avesse parvenze androgine; piuttosto era naturalmente angelico sia di viso sia di voce, nella quale si nascondeva una figura malvagia e corrotta. Difatti, l'uomo che si era prefissato di rappresentare era proprio Mènètios: dietro una maschera ingenua, sorridente e cordiale, teneva nascosta l'indole da infido.
Ridacchiò sotto i baffi, Sébastien, notando che quella ragazzetta lo aveva visto, quel camaleonte agile a nascondersi. Saltellò sul posto, come se stesse effettuando un relevé improvvisato e non voluto, facendo così spaventare Sabine che indietreggiò sconvolta dalle troppe emozioni e persone della giornata. Insinuò che lui fosse solamente un amico: bello quanto si voleva, eppure la schiena gli era curva e sguardo maligno. I due erano davvero stupefacenti come attori, tanto da far credere agli spettatori che la scena stesse accadendo realmente.

Sébastien allora la mise in guarda, dicendole che quel ragazzo era proprio un rubacuori, uno di quelli peggiori, che acchiappa tutte le donzelle: divenne repentinamente triste quando quell'uomo le disse che era proprio la scrittura ad essere l'occupazione di François, ripetendo quello che la voce del ragazzo le aveva detto in precedenza e che, se gli avesse creduto e non fosse stato vero, lei avrebbe perso solamente una serata; altrimenti avrebbe perduto anni per interi.
Ma lei non ne voleva proprio sapere di andare via, poiché rimaneva ferma e sicura dell'idea del giovane che tanto l'aveva incantata in quel poco tempo in cui erano rimasti assieme.

Jungkook rimase estasiato quando Sébastien le prese le braccia e la strattonò, per cui Sabine emise un grido d'aiuto di gola, senza usare alcun canto. Nuovamente, le prove non avevano reso per nulla quello che la prima stava dando: i brividi. La voce di Yuqi graffiata dalla paura e dal ribrezzo per quell'uomo esprimeva il reale, nulla di fittizio. Lo poteva tangere con le proprie dita e persino Minsoo se ne accorse, anche se in senso negativo. Si coprì volto con le mani, piegando la schiena in avanti.
«Minsoo, tutto bene?» chiese Seokjin, confuso dal suo comportamento.
«Devo andare un attimo fuori a prendere aria. Mi sento male, scusatemi.» disse frettoloso, alzandosi in piedi sotto lo sguardo dei due che gli stavano seduti a fianco.
Passò una mano sugli occhi, che premevano violentemente per far uscire delle lacrime, mentre il suo cuore veniva lacerato all'udire della voce della sua amata che esprimeva così tanto dolore, il dolore che lui non aveva mai compreso fino ad allora. Lasciò la platea ed uscì dal teatro, avvertendo in lontananza gli archi che ripresero a suonare drammatici la scena terminale dell'atto.

Quel fiore di primavera, quella giovane ragazza e giovane Venere, era stata spinta di forza: «Vuoi diventare un'artista? Rinchiusa dentro a una torre, senza alcuna fuga poiché con la chioma troppo corta. T'accudirò finché tutto avrà fine. Ragazza! Non te ne pentirai. Un giorno ritroverai l'agognata libertà fuor dalla torre, ma prima d'allora ti insegnerò come si tiene un pennello su tela, perché io quello so fare. Ed io un maestro diventerò! Non un carnefice. Mi perdoni, mi perdoni! È l'egoista Sébastien, me medesimo, che mi controlla!»

La sala vide il brusco silenzio incombere, solenne, assieme alle mani di Yoongi che si chiusero abilmente in due pugni, dando il permesso di far chiudere il sipario.
Aveva il fiatone, come tutti quanti.
Yuqi aveva notato la mancanza di Minsoo dalla platea, perché cercò il suo viso, ma non lo trovò affatto: le venne il magone. Era stanca, ma non perse tempo. Corse via dal palcoscenico, sotto lo sguardo di Jimin, Kook, Namjoon, e anche Taehyung dall'altra parte, che accorse senza rendersi conto dei tonfi propagati sul pavimento.
«Dove sta andando?» chiese la ballerina, appena rialzatasi in piedi da degli stiramenti delle gambe.

Per fortuna che Hobi la fermò in tempo, con la sua possanza e altezza.
«Non capite ragazzi, Minsoo è...»
Seokjin era intanto giunto da loro per sapere come stava andando e aveva dunque trovato questa situazione di scompiglio tra gli attori principali.
«Aveva bisogno solo di un po' d'aria, ma sta bene. Stai tranquilla, Song. Adesso concentrati e sii pronta per il prossimo atto.» disse autoritario il maggiore.
«Non sei il mio capo.» rispose freddamente.
Jimin all'affermazione emise un ridacchio sommesso, ricordando che ne era proprio lui la causa.

Taehyung allora, con fare dolce, le mise le mani sulle spalle e la incitò a ritornare a cantare senza distrarsi, altrimenti non sarebbero riusciti nel loro scopo. Stava andando divinamente, doveva solo prendere fiato e bere un po' d'acqua.

Eppure Minsoo non era ancora ritornato quando Yuqi si ripresentò, nelle vesti di Sabine, davanti al quadro al centro della stanza. Questa volta il palcoscenico era diviso in due metà, da una parte c'era l'appartamentino di Sébastien, dove Sabine era stata rinchiusa, forzata ad avere un pennello e tavolozza sorretta da pollice ed indice; dall'altra c'era la piccola stanza dove François abitava, vuota e per nulla illuminata. Era curioso come il librettista e il compositore avessero deciso di eliminare le unità Aristoteliche di tempo e spazio, apparentemente per dare più pepe alla vicenda. In realtà era per far concordare tutti gli eventi reali, avvenuti. Difatti Sabine era seduta davanti ad un quadro che rappresentava una luna piena, in tutta la sua bellezza. Non era uno qualsiasi: era proprio quel quadro. Gli occhi della giovane erano fissi su un singolo punto e la linea delle labbra immobile come la sua mano. Pareva pietrificata. In quei pochi minuti che le erano rimasti durante la pausa era riuscita ad avere il tempo per mettersi una parrucca di capelli corti. Sébastien, infatti, intimorito che lei potesse scappare via dalla torre come Raperonzolo tramite i suoi lunghi capelli, non ebbe pietà a tagliarle la sua chioma. Di profilo sembrava così esotica, con quella frangia fitta che le copriva la fronte e le labbra color sangue.

Ménétios non si accorse nell'immediato di quel quadro, ma quando cadde sotto la sua attenzione sgranò gli occhi, trasalendo.
«Qualcosa non va, amico caro?» chiese l'uomo accanto, subdolo. Poté sfoggiare uno dei suoi ghigni migliori, perché tanto nessuno era abbastanza attento da coglierlo.

Sabine girò il capo verso la platea e verso il sedile vuoto di Minsoo, triste.
«Che agonia. Dov'è la libertà? Quest'è la mia vera passione, l'arte: non lo nego. Neanche lo sapeva, il rapitore! Eppur eccomi qui, destinata con un pennello in mano. Ma dov'è la felicità agognata che m'aspetta?» alla fine le uscirono quelli che a tutti furono evidenti singhiozzi, piuttosto che stonature. Abbassò gli occhi sul quadro, portando il pennello tremante verso la tela.
Volle cantare, giurò di voler cantare, ma quel "Maestro, mi dia dell'acqua" non riuscì proprio a dirlo se non a parole. Non era capace di cantare come una vera operista, difatti il pubblico borbottava fra sé e sé. Tolse di mezzo una lacrima ribelle, intenzionata a solcare le sue guance candide.
Sébastien le sedette accanto, severo, ma Jimin provò a toccarle il braccio, infondendole sicurezza, senza che nessuno potesse notarlo. Lei aveva quel suo sesto senso che le diceva di qualcosa che era avvenuto, senza che lo comprendesse a pieno. L'uomo sul palcoscenico fu interrotto prima da un signore che venne a reclamare l'affitto - al quale disse di attendere un altro po', perché avrebbe avuto presto le tasche piene -poi da un ragazzetto alla porta che chiese la carità. Lo cacciò in malo modo e finalmente portò l'acqua, bevuta tutta d'un sorso. Lei chiese allora se François sarebbe venuto prima o poi a trovarlo: se lo conosceva bene così come aveva detto, voleva dire che erano grandi amici e i grandi amici si vanno a trovare!

Sébastien insistette, chiedendo di più sul colloquio che avevano avuto i loro due, per cui lei chiese prima di tutto di essere liberata: la situazione di prigionia era proprio simile a quella vissuta da Tae non molti mesi prima, intrappolato in una gabbia dorato fatta dell'arte che lui stesso amava alla follia.
"È uno scrittore, è di Parigi" confessò, sforzandosi.
«Essere artisti non è una prigionia.» le fece notare.
«La prigionia è uguale alla mia vita normale.»

«Vuoi disegnar i corpi?»
Lei scosse il capo, enfatizzando i tratti caratteristici della luna con la pittura ad olio.

«Si vada a riposar allora, madamoiselle.» concluse esasperato, permettendo che si alzasse e andasse nella stanzetta lì accanto - non visibile al pubblico. Essa non aveva tuttavia finestre, per cui non avrebbe potuto tentare la fuga. Sébastien, allora, spiegò agli spettatori attenti e interessati quale fosse la sua trovata malefica: avrebbe copiato la scrittura della ragazza, dopo averla attentamente studiata e l'avrebbe fatta arrivare a François, chiedendo di giungere da lei a salvarla. L'avrebbe usata come ostaggio! Che stolto, il ragazzo! Il soliloquio fu interrotto da un ennesimo bambinetto che chiedeva da mangiare alla porta: lo cacciò via, scorbutico, ma prima gli rubò delle pergamene dal suo marsupio, insinuando quanto servissero più a se stesso che a lui. Il giovane lo maledisse, sperando che egli giungesse all'inferno, passando per la prigione.

Sébastien allora scrisse, scrisse tutte le fesserie che gli vennero in mente per convincere un innamorato a correre verso la sua bella. Disse il tutto a voce alta, senza sapere di essere udito da Sabine che era nell'altra stanza. Stolto! Quell'uomo avrebbe trascritto il suo elaborato, dopo aver estorto il modo di scrivere alla prigioniera, con l'intento di mantenere nascosti i suoi loschi intenti.
«Qual genio ch'io sono! Perché ancora non m'acclama, la folla grande?»

Sabine trasalì, quando l'uomo si accorse della sua presenza lì all'angolo, per cui si grattò il capo, scompigliandosi i capelli e sbadigliò. «Avevo preso il sonno, poi mi son svegliata in soprassalto.» finse d'essere stanca. «Posso io addormentarmi o m'è vietato?»
Allora non la volle disturbare, decise di mandarla nuovamente a dormire, mossa da quell'animo umano e dolce che ancora era presente in sé. Non era uno di quei cattivi intramontabili, uno di quelli che avrebbe segnato la storia e sarebbe rimasto sulla bocca di tutti: non era unico, magari simile ad un personaggio delle commedie di Plauto, che provocava molte risa.

«A cos'è che servo?» intervenne allora, per cui Sébastien abbassò gli occhi, temendo d'essere stato scoperto.
«M'ascolti, madamoiselle: tu andrai a dormir quando m'avrai scritto il corsivo di tutto l'alfabeto: quest'è un nuovo esercizio per l'artista! Non sia mai che le lettere siano bruttine.»
Dopo qualche minuto lei non aveva scritto ancora nulla, ma aveva solo comunicato al pubblico quanto lui sembrasse docile, nonostante la sua mostruosità velata.
Esordì con un "Ho fame!" ma Sébastien non aveva soldi neanche per il cibo, così come per l'affitto. "Ho sete!" Le andò a prendere l'ultimo bicchiere d'acqua che lui aveva. L'uomo aveva nascosto la pergamena scritta nella tasca posteriore e la ragazza, con movimenti scaltri, la prese senza farsi notare. Alzò gli occhi scuotendo il capo, disgustata da colui che era nella sua stessa stanza e strinse il foglio, accartocciandolo, col suo pugno. Tuttavia, il rumore fece voltare l'altro, il quale trasalì, osservando lo sguardo colmo di ira: non le faceva paura, ma trovava che fosse davvero disgustoso quello che aveva intenzione di fare. Gli diede del bugiardo, ma poi le balenò in mente la giusta trovata. «E s'io scrivessi a lui senza alcun problema, incitando a giunger qui da me?»

Ménétios era davvero preso dallo spettacolo, tuttavia Seokjin non osservava ancora un cambiamento nel suo viso. Non che sarebbe andato a riferirlo agli altri, ci mancherebbe altro, però ammirava com'era capace di tacere. Magari era talmente tonto che non c'era ancora arrivato: non comprendeva ancora il suo livello di intelligenza, era ambiguo. Fosse stato in lui, il proprietario della Mabillion se ne sarebbe accorto immediatamente, che quel teatrino era organizzato tutto da quei ragazzetti ambiziosi. Taehyung era coperto in viso dalla maschera, ma non ci voleva tanto impegno per identificarlo dalle fattezze e dalla voce.
Controllò nella giacca: ce l'aveva ancora la pistola? Sì ce l'aveva.

«Per qual ragione?»
«Mi lascerete andare.» utilizzò una delle pergamene lasciate sul tavolo e senza indugiare si mise seduta e lo scrisse velocemente, lasciando l'altro sorpreso. «Ecco! Già ho terminato. Mi lasci da sola per un po'! Lo vorrei contemplare.»
Sébastien fece come detto e uscì dalla scena, lasciando la ragazza pronunciare quel che aveva scritto, col solo pubblico uditore.
"Adoro la vita qui nell'arte!
Io vorrei rimanere qui per tutta la mia vita.
Utile: poiché apprenderei tanti affari!
Tutto avrebbe la propria fioritura, no?
Oppur sbaglio? Vorrei rincontrarti, qui.
Mai sarei allegra senza te, François! per ciò,
Lascia casa e vieni da me, al sicuro."

Lambert abbassò gli occhi sul suo libretto, notando una certa assonanza con qualcosa che aveva già letto in passato. Ironicamente, sul suo plico erano state sottolineate, per l'occasione, le prime lettere di ogni frase, lasciandolo attonito. Non era possibile che fosse una coincidenza, quella.
Continuò a sfogliare il libretto, leggendolo velocemente, perché di certo non aveva la pazienza di attendere fino alla fine del terzo atto, l'ultimo; non aveva abbastanza concentrazione. Il panico lo assalì, finalmente deliziando Seokjin, il quale lo fermò. «Qualcosa non va, amico mio?»
Si era perso la scena in cui Sabine andava alla ricerca di un po' di succo di limone per poter scrivere sul retro del foglio un messaggio, segreto, composto da numeri, da leggere sotto fonti di calore; inoltre aveva appena fatto capolino un personaggio, Charles-Louis, interpretato anch'esso da Namjoon, il quale era un basso, che funse da postino. La ragazza gli disse che il destinatario abitava vicino Place de la Bastille, bastava solo trovarlo, presupponendo che lo scagnozzo di Sébastien conoscesse alla perfezione il volto in questione.

Lambert neanche si accorse di François che rientrò in scena, nella sua parte di palcoscenico, il quale ricevette la lettera. «Mica scrive com'ella parla. Pare un falso. Che saranno mai queste macchiette sul retro, che son numeri?»
Charles-Louis non era affatto intelligente, questo era certo, poiché si lasciò sfuggire il fatto di avere un mandante. Allora François capì, correndo verso una lampadina sul comodino lì vicino e decifrando i numeri ad alta voce. «Ogni lettera ha un numero! Sai: questo scherzetto mi serviva quando mamma non voleva ch'io e il mio fratellino parlassimo, se io e lui c'eravamo comportati male. "Se vieni nell'arte, no vita. Rimanere nella casa. Io allegra, al sicuro".»
Sul plico di Ménétios erano stati appuntati anche tutti i numeri corrispondenti alle parole del messaggio, come se volessero prenderlo in giro per quanto era stato poco vigile e quanto fossero stati in grado di superarlo intellettualmente. François decise di andare da lei, evitando di ascoltare il suggerimento, usando lo stolto come sua guida.

«Monsieur Kim, devo andare via, di corsa. Anch'io mi sento male.» mentì Ménétios, quando anche il secondo atto si concluse, ma Jin lo invitò a restare.
«Credo lo troverai davvero interessante.» ridacchiò, facendo scomporre Lambert.
«Perché diamine mi hai portato qui, infame.» gli diede un colpo sulla spalla, certamente effimero per tutta la violenza che voleva utilizzare. Allora Seokjin scosse il capo, ridacchiando ancora una volta per la sua ingenuità: aprì la giacca, mostrandone l'interno solo a colui che aveva accanto, il quale trasalì.
«Questa volta la fortuna è nostra, quella sporca mercenaria.» i loro discorsi furono interrotti dall'orchestra che riprese a suonare e che mostrò il palcoscenico dove vi era rappresentata la piccola stanza di Sabine e il salone, dove adesso due personaggi stavano parlando, interpretati da Jungkook e da Jimin.

La voce di Kook era incredibilmente melodiosa, morbida, ammaliante. Inclinò il capo, Ménétios, quando notò del ragazzo che in volto non aveva una maschera come Sébastien o come François, ma solamente un mantello che arrivava fino ai piedi, nero e dai riporti dorati, con un cappuccio che mirava fargli ombra sul viso. Eppure lo riconobbe.
«Seokjin, che diavolo sta succedendo-»

«Io adoro quando tu m'acclami! Sì, sono proprio dal grande intelletto.» proseguì l'uomo incappucciato. «La storia, ecco qual è: quel mio figlio, un giorno di due anni fa, s'è comportato male. Dal bordo della strada, quel giovine prese un coltello. E perché? Un malvagio uomo stava per far del male alla sua vecchia amata: chissà qual era il suo nome o s'ella è ancora viva! Eppure, François, come un pazzo, non ci vide più e quell'arma conficcò nel petto: con occhi furibundi e carmini, tolse la vita al poveraccio, che solo una sgridava si meritava.
Ah! Io lo aiutai, mica non l'aiutai per nascondere il delitto. E poi un altro uomo m'incontrò, colmo di rabbia e sete di vendetta.»
«Sono io! Parla di me, Auguste!» intervenne Sébastien.
Auguste. Mènètios si alzò di scatto, avendo colto la palese allusione, ma Seokjin lo trattenne per il polso, chiedendo di sedersi.

«Senz'ombra di dubbio. Quell'accordo che noi stringemmo, tanto incredibile fu: e se io chiedessi al mio figlietto di darmi tanto denaro finanche a stressarlo, finanche a spingerlo a trovar un lavor con tanto ricavato? Ricco, ricco mi sento, toccando le tasche, più di quanto non lo sia già. Meno lavoro per me, tanto per lui: ecco cosa mi importa di mio figlio. Altrimenti, avremmo avanzato una denuncia: da allor il mio figliolo è fuggito e sulla sua testa danari son comparsi. Ma mai abbiamo disperato! Calmi, con occhio razionale: cos'è che dev'andare storto, trovando quel ragazzo? Quella sciocca è proprio un'esca. Mio figlio, allocco, che da due donne s'è lasciato trascinare giù, fin a morire.»
«Crudo, è il morire.»
«Ancora ti interessa del defunto fratello? Per favore! Qua siamo ricchi! Appena egli verrà, o alla polizia si condurrà o ruberemo ciò che guadagna, s'egli ha un adeguato lavoro.»
«S'egli lavora, le pecunie non finiranno!»
«Ma egli è uno scansafatiche! Distruggerlo: dobbiamo demolir quel giovane, pur se lo giurassi sul mio cuore. Avrà ciò che gli spetta, poiché ha osato scappare e disubbidire.»

Il colloquio proseguì, di parola in parola la musica divenne sempre più drammatica e il pubblico, completamente in silenzio e attento, neanche voleva leggere dal libretto per facilitare la comprensione dell'opera, perché era talmente preso da non essere disturbato. In scena entrarono numerose ballerine che fecero delle piroette, con tempo dall'andante al vivace, diminuendo lo spazio libero sul palco e causando una sensazione claustrofobica.
«E sia!» esordì Sébastien, in solenne lirica, utilizzando tutto il suo corpo per emettere quel suono. «Ch'io prenda le redini, se ce ne sarà bisogno.»

Sabine intanto aveva udito tutto ed era giunta timorosa, in punta di piedi, a chiedere pietà per il ragazzo che l'amava. Sébastien la prese per il braccio, quando lei aveva iniziato ad utilizzare parole in tono più violento, uscendo leggermente dal copione e sembrando un mastino, e le disse di andare a completare il quadro.
«È me che vuoi, non ella: la lasci stare!» intervenne la voce solenne di François, giunto nell'abitazione sotto indicazione di Charles-Louis. Soffiata! Qualcuno non era stato zitto.

Da allora nessuno ebbe da pensare a null'altro, se non all'udire e a comprendere le battute che si stavano scambiando
«Sporch'in viso, meno che nell'anima, perché mai ancora vergogna non provi? Quel che io ho compiuto non è stato voluto e biasimarmi non devi. Sono un buon ragazzo, perché mai mi odi?»
Susseguirono le urla di Sabine: «Ti odia perché sei meglio di lui!» fu il primo, poi ce ne furono altri colmi di dolore e di fiato che andava via via a mancare. Auguste la strozzò con quel coltello che teneva in mano, conficcandoglielo nel collo senza alcuna pietà e lasciando la ragazza, morente, cadere sul pavimento davanti allo sguardo inorridito del suo amato, il quale si portò una mano sulla bocca e lasciò cadere la sua maschera per terra, permettendo di mostrare il suo volto colmo di lacrime a tutti quanti, Lambert compreso. Capì ogni cosa.
«Perché tu... perché hai osato! Per quale motivo tu mi odi come se io fossi la peste, che male ti ho realmente fatto?» la sua voce graffiata dal dolore penetrò nella pelle di chiunque: tutti rabbrividirono, non abituati a deliziarsi con una tragedia tanto intricata e così colma di pathos.

«Adesso, hai fatto qualcosa? Nulla. Sei tu un buon ragazzo? Ti saresti sacrificato per ella, gran codardo!»
«Ma il gran codardo non si vendica, odioso uomo!»
«Siamo dello stesso sangue. Ancora ti sorprendi? Avanti, codardo, vendicati!» lo provocò. «Dimostra qual è il tuo sangue! Poni fine all'unico tuo genitore ch'è ancora in vita, ricorda quel che tu sei veramente, dai a me la punizione che io merito.»
François scuote il capo, deciso. «No, non sono come te. Se m'ammazzi, allora sarà quel che tu vuoi. Ma potrò ricongiungermi con ella.»
«Tanti auguri!» rispose ironico, avvicinandosi intimidatorio.
«Per davvero, sei l'uomo ch'io più ho odiato in tutta la mia vita.»
«E tu il figlio più deplorevole che io abbia mai desiderato. Tua madre si sta a rivoltare nella tomba, povera donna.»

Il fatto che Jungkook e Taehyung stessero recitando e cantando assieme provocava un altro effetto, almeno per tutti coloro che conoscevano la storia reale.
François si girò speranzoso verso Sébastien, rimasto in disparte e accorso solamente per togliere il coltello dalle mani di Auguste. «Confido nella tua buona scelta e buon senso. Quale sensazione hai avuto possedendo un'innocente donna e vedendola cadere per terra, in preda alla morte?»
«Pazzia, follia, quella che Auguste m'aveva predetto non tanto tempo fa.» rispose in apparente apatia, celando le sue emozioni con uno sguardo fisso verso il vuoto.
«Hai ragion! Ma è bello oppure no? Oppure no? Me lo dica!»

Sébastien lo guardò allora, impazzito. «È meraviglioso.» senza attendere, conficcò l'arma che aveva in mano proprio nello stomaco del suo complice, girandola da destra e da sinistra - ovviamente, Jimin non lo stava facendo per davvero, ma nascondeva la lama arrotondata e innocua, sporca di inchiostro rosso, dietro il busto della vittima, messa di lato rispetto agli spettatori. Auguste cadde per terra, guardando con occhi di profonda stima e compiacimento verso l'omicida. Solo un folle poteva essere fiero del proprio omicida!
François trattiene l'orrore: «Perché l'hai fatto?»
«Auguste aveva ragion, che questa era la mia, di vendetta.»

«Cos'è che tu c'entri, in questa storia? Non sei anche tu uno scagnozzo poco scaltro? Così com'era per quell'altro? No, no, magari non poco scaltro, mi perdoni per l'offesa! Ma quale motivo mi vuole comunicare?»
«Sei tu l'uomo c'ha ammazzato mio fratello, quando fu, in quel lontano vicolo. Ed io voglio aver la mia vendetta: senza alcun soldo e senza alcun uomo che m'intralcia la strada, com'egli fosse miglior di me. M'ha fatto capir quant'è che son debole.»
«Mi vuoi ammazzare di tuo pugno? Cos'è che intendi fare per punirmi? Condannarmi all'inferno, lugubre e stretto? Angusto come nient'altro?»
«È la cella quel che ti spetta, neanche l'impiccagione. Ti condanno ad un'esistenza senz'aria pulita, alla più grande agonia che un uomo possa mai provare.»
«Come intendi che sia fatto, senza alcuna prova e processo? Qual è la tua arma?»

Sébastien rigirò l'arma tra le dita, iniziando a ridere per conto proprio, maligno e come un pazzo.
«Credi forse d'esser l'unico ad avere assi nelle maniche, credevate che io fossi quel stolto, come Charles, quel giovin là che neanche comprende quale sia la destra e la sinistra?»
Si avvertirono dei forti rumori da fuori, provocati dall'orchestra che aveva smesso di suonare drammatica e aveva iniziato a produrre dei suoni striduli: gli archi davano alla testa, i fiati emettevano suoni impazziti, il pianoforte a coda suonava le note più alte, tanto che la gente fu costretta a mettersi le mani alle orecchie per coprirle, persino Yoongi, il quale represse il dolore perché doveva cercare di tenere sempre la stecca da direttore alta, guidando i musicisti.
François allora si guarda attorno, impaurito.
«Cos'è che sta per accadere?»

«Ci vediamo all'inferno, nel girone degli assassini.» allora, rivolse la punta della lama verso di sé, conficcandola nel petto, facendo così tacere tutti gli strumenti impazziti e provocando stupore turbamento tra tutti quanti.
François fece in modo di togliergli il coltello di mano, ma quando ce la fece fu troppo tardi, poiché aveva già spirato, dato che si era trafitto proprio il cuore, piegandosi su se stesso.
In quell'esatto momento, un uomo della polizia entrò nella stanza, notando François col coltello in mano ed additandolo come assassino. L'accusato allora comprese che era stato tutto quanto premeditato, o almeno in grande parte, da quel subdolo essere che giaceva a terra, dai capelli biondi angelici, morto.
Un pazzo: aveva ucciso senza pietà, solamente la camicia di forza gli poteva spettare, neanche la ghigliottina.
"La follia e l'amore" pronunciò alla fine in fil di voce, proprio il titolo dell'opera, mentre il sipario si chiudeva.

Quale tragedia.

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