「13/04/1865」
20.
A Kook andava bene pure rimanere sopra l'erbetta di quella collina ad osservare la luna sopra di lui, che fortunatamente non era offuscata da nessuna nuvola: Taehyung poteva anche non venire quella sera, soprattutto perché non stato molto chiaro nella scrittura del messaggio e magari doveva metterci più informazioni, senza fermarsi a quei due semplici dati.
Ma chi voleva prendere in giro, era ovvio che non sarebbe venuto perché era arrabbiato con lui: poteva scrivere anche quel quesito più incomprensibile, ma Tae sarebbe stato in grado di decifrarlo, poiché ragazzo dotato di grande intelligenza, intuito e soprattutto capace di comprendere Jungkook stesso.
Non sarebbe venuto di sua spontanea volontà: almeno al più giovane rimanevano la luce della luna e quella distesa di fili d'erba, più comodi di un materasso, non importava se lasciavano tanto terreno dietro la schiena.
Un leggero sorriso fece spazio sul suo volto, osservando il colore giallastro della mezzaluna di nobile aspetto davanti a sé, drasticamente coperta dall'ombra della terra su essa stessa.
Aveva dato tutto alla Terra, la Luna, eppure la Terra proseguiva coi suoi comportamenti egoistici e non ci pensava due volte a rapire parte della Luna.
La Luna era tanto triste, eppure non doveva mostrarlo: avrebbe intristito la Terra. Insomma, il Pianeta non era egoista per sua volontà, ma era diventata tale abituandosi alla prodigalità del suo satellite.
Che ci poteva fare la Luna? Era troppo piccola, in confronto alla Terra, per pronunciare ciò che a lei non stava bene, per cui continuava a donare senza ricevere nulla in cambio.
Singolari, quelle due, quasi Jungkook riusciva vederle muoversi così come gli esseri umani sono in grado di fare. L'unica cosa che non riusciva a immaginare era la loro voce: se ne stavano in silenzio, comunicavano attraverso il loro pensiero. D'altronde si conoscevano da così tanto, che non servivano le parole. Forse è per questo che la Luna non aveva il coraggio di farle presente ciò che non le andava bene?
Chissà cosa sarebbe successo se avessero avuto il dono della parola: magari avrebbero imparato a fidarsi l'un l'altra ed essere entrambe i pianeti e i satelliti dell'altra, le quali giravano tenendosi per mano, senza nessuna delle due al centro.
Che visione dolce, che visione utopica: non si è mai conosciuta una persona più debole che riesce a farsi valere al fine di poter vivere in sintonia e allegria con la più forte.
Su, un po' di oggettività.
Chiuse gli occhi, stendendosi sul terreno, prendendo tra le dita un po' di erbetta e poi giocherellando con essa.
Sarebbe stato così bello addormentarsi proprio così, con quella leggera luce che riusciva ad oltrepassare le sue palpebre. Poteva guardarla anche se fosse stato veramente nel regno dei sogni, dove era nascosta la vera felicità e la pace.
Era così concentrato nel suo universo di serenità, come se fosse l'unico esistente, che eliminò ogni altro suono proveniente dal mondo reale, tra cui il soffio del vento e lo scricchiolio dell'erba sotto i piedi del passante che, lentamente, si era avvicinato al corpo di Jungkook e che pian piano si era accovacciato lì accanto, osservandolo.
Egli notò quanto fosse bello e spensierato colui che odiava vivere, ma che sorrideva quando veniva a contatto con l'apice della vita stessa, ovvero il sogno, il desiderio e la felicità.
Sarebbe stato crudele a chiamarlo, molto meno se fosse rimasto a guardarlo ancora per un po', soffermandosi sui particolari tratti del viso, che non osservava da tanti e tanti mesi.
Doveva essere franco e ammettere che gli erano mancati come l'aria, come se non riuscisse a smettere di voler pensare a quel ragazzo.
Quel dannato ragazzo! Era solo una fugace conoscenza, eppure era certo che la sua mancanza poteva essere paragonata alla mancanza che avrebbe provato se al posto di Jungkook ci fosse stata sua sorella.
Voleva tanto spostargli quella ciocca di capelli dal viso al fine di poter vedere meglio i suoi tratti e ingrandire la luna per riuscire a illuminarli tutti quanti nel modo migliore: l'unica luce che era in grado di valorizzare la sua indescrivibile bellezza.
Di fatto considerava Jungkook davvero un bel ragazzo, che avrebbe utilizzato volentieri come modello artistico: persino quei piccoli nei sul viso erano sinonimo di perfezione assieme ai suoi occhi, la sua bocca dischiusa che lasciava intravedere i denti, il petto che si alzava e si abbassava ad ogni suo respiro tranquillo, cullato da Ipno.
Sebbene la divinità volesse tenerlo stretto a sé, Tae doveva parlare con Jungkook, attendendolo così come aveva atteso invano quella volta, di nuovo sul Montmartre.
Doveva avercela con Jungkook per quello che gli aveva fatto, ma averlo davanti, dopo così tanto tempo, gli causò soltanto ingiustificata felicità e sollievo. Quanto è complicata la mente umana da compiere proprio l'opposto di quel che si vuole!
Avvertì della debolezza nelle proprie braccia, per cui si stese anche lui sul prato, accanto a Jungkook, che ancora risultava non essersi accorto di nulla. Nessuno gli impediva inoltre di sistemarsi di lato con le braccia e gambe rannicchiate e con il volto vicino al braccio del bruno, che ancora non osava toccare.
Era così bello così: se avesse interrotto quell'etereo attimo, probabilmente non l'avrebbero mai più potuto ricevere indietro, né ripetere in alcuna maniera poiché non ci sarebbe stata una seconda occasione.
Chiuse anche lui gli occhi, attendendo il bacio della buona notte dalla Luna.
«Scusami.» sentì sussurrare tutt'a un tratto, cosa che fece sobbalzare Taehyung e spalancare gli occhi, tuttavia non si mosse dalla sua posizione.
«Non è stata colpa mia, sarei voluto ritornare appena potevo, ma sono stato fermato da qualcosa di più potente. Non sono stato abbastanza forte, però volevo ritornare.»
Ma non l'hai fatto.
«E, per ironia della sorte, ti ho spinto ad essere l'ombra da cui cerco di scappar via, ovvero un fallito scrittore. Non ne avevo l'intenzione. Spero mi potrai perdonare, un giorno. Se non vorrai farlo, lo capirò: me lo merito. Tu invece sei una brava persona: non ti meritavi tutto quel che ti ho fatto.»
«Non hai fatto granché se non andartene senza dire nulla. Pensavo di aver commesso io qualche errore.» rispose l'altro, con un fil di voce.
«Proprio per questo, ho fatto tante cose sbagliate. Molte, Tae, me le hai perdonate e io sono estremamente grato di questo. Altre, anche Dio sarebbe in grado di trovarle difficili da perdonare. Ho ferito i tuoi sentimenti e la fiducia che provavi verso di me, tanto che ti ho fatto soffrire per così tanti mesi. Me lo ha detto Kim Seokjin, ho avuto modo di parlarci.»
«Mi ha licenziato, proprio questo pomeriggio...» Taehyung si avvicinò col viso al braccio dell'altro ragazzo e si poggiò su di esso, quasi come a volerlo usare come un cuscino.
Rimasero in silenzio: entrambi adesso erano con gli occhi aperti e guardavano il cielo davanti a loro, ammaliati dalla sua bellezza.
«Jungkook» riprese poi Taehyung con un fil di voce, tanto da poter essere sentito solo dal ragazzo lì accanto.
«Sì?»
«Mi sei mancato.»
«Pensavo fossi arrabbiato.»
«Lo sono. Lo ero, volevo dire. Quello che voglio dirti è che- sbagliare è umano, Jungkook, e noi siamo degli umani.»
«Torni a parlare di filosofia con me, allora?»
«Mi mancava così tanto che mi sentivo soffocare dalle parole. Ti dispiace?»
«No, anzi: non attendevo altro.»
A quel punto Jungkook ruotò il suo volto dalla sua parte destra, al fine di incontrare gli occhi di Taehyung e finalmente Taehyung riuscì ad osservare quelli scuri di Jungkook.
Si sorrisero a vicenda, un sorriso che riuscì a porre fine alle malcomprensioni, ma, temporaneamente, anche al dolore causato dal mondo crudele in cui vivevano.
«Come te la passi tu, allora?»
«Non bene, ma non posso neanche dire che me la passo male. Ho un tetto sotto cui vivere, del cibo con cui sfamarmi, ho ricominciato a lavorare dopo aver smesso per un bel po', anche se il mio lavoro attuale è un po' più faticoso. Mi sta facendo apprezzare il valore del denaro: sebbene questo, però, lo sfizio di un cornetto caldo, di mattina, ogni tanto me lo tolgo. Mi fa venire in mente ricordi piacevoli. Nostalgici, ma piacevoli.»
Tae annuì, per poi girarsi in posizione supina, fissando il cielo stellato, cosa fatta anche da Jungkook, senza sentire il bisogno di spostarsi l'uno lontano dall'altro.
«Io non me la sono passata tanto bene. Insomma, era una cosa da nulla, ci ho provato a non concentrarmi su di essa e riflettere sulle mie opere, ma non ci riuscivo.»
Allora il bruno voltò di nuovo il capo nella sua direzione e Tae fece lo stesso.
«Cosa hai fatto quella sera, che io non ricordo, per credere che sia stata colpa tua?»
Non se lo ricordava più.
Non se lo ricordava.
Tutti i mesi passati a rimuginare se fosse stato quello il motivo dell'abbandono, andati in fumo.
Tutto il tempo passato a domandarsi se fosse giusto quello che aveva fatto o completamente sbagliato.
Tutti gli attimi passati a chiedersi se quel bacio quasi riuscito era soltanto causa dell'alcool oppure era quello che desiderava realmente.
I suoi occhi finirono sulle labbra dischiuse di Jungkook, deglutendo non appena si ricordò dei fatti accaduti, che erano troppo vividi per averli sognati.
«Ti avevo offeso senza che lo volessi.»
Quella menzogna, detta dopo tanti attimi di esitazione, fece annuire Jungkook, con dispiacere. «E te ne sei andato.»
«Pensavo di essere meno permaloso.»
Taehyung annuì con un mugugno.
«Voglio tornare a passare le mie serate con te.» disse poi, dopo essersi messo in ginocchio davanti a lui. Sembrava che si fosse risvegliato improvvisamente, perché sul suo volto tornò quel tenero sorriso che lo caratterizzava.
Allora anche Jungkook si alzò, mettendosi seduto e con le gambe incrociate.
«Sarebbe bello, ma non credo di poterci essere tutte le serate.»
«Come mai?»
L'affermazione smorzò l'allegria di Tae e le sue sopracciglia si inclinarono verso l'alto.
«Sai... in questi mesi è cambiato veramente tanto. Sono stato cacciato dalla casa dove inizialmente abitavo con i miei amici, poi sono andato a vivere a casa di un altro mio amico, poi mi sono accorto di quanto fossi un peso per lui, per cui sono andato via. Infine, ho conosciuto una ragazza.»
«Una ragazza?»
«Già. Credo di essere il suo ragazzo, adesso. Non lo so, viviamo insieme, ma non abbiamo mai parlato di questo.»
«Il suo ragazzo?»
«Già.»
Taehyung neanche sapeva come mai provasse del fastidio aspro.
«Vivo insieme con lei adesso» proseguì Kook «e ci devo passare le mie serate, perché il suo lavoro è tanto duro e complicato che ho paura stia male senza di me. Davvero, non sopporterei che qualcun altro stia male, non per causa mia.»
«Quindi per questo vorresti trascurare me...» disse sussurrando, anche se quella frase venne fuori con tono più alto di quanto si aspettasse.
«No, no, no!» si affrettò a rispondere Jungkook, alzandosi di scatto e poggiando le proprie mani sulle spalle dell'altro ragazzo. «Non avevo intenzione di dire questo. Non... non voglio ferire anche te, davvero, non di nuovo.»
«Davvero?» chiese Tae, alzando timidamente il capo. «Se tu mi dovessi abbandonare ancora una volta non so dove andrei a finire.»
Jungkook trasalì.
«Di persone come te non esistono, solo con te posso discutere di filosofia come se fosse parte stessa dell'arte, non del pensiero. La metafisica, con te, diventa qualcosa di diverso, come se nessun altro ne avesse mai parlato.» ammise, sorridendo leggermente.
«Ti prego, non scherzo quando ti chiedo di non lasciarmi. Stare senza di te mi ha fatto capire quanto tu mi serva per buttar giù tutti i miei pensieri e per non farli aggrovigliare nella mia testa.»
«Solo per questo?» Kook si lasciò sfuggire un dolce sorriso.
«Non solo, anche perché ti voglio bene. Sappi che, ogni cosa che farò e dirò che ti potrà ferire, è stata solo un errore, ma non lasciarmi più: altrimenti non so se riuscirò ad essere io, a perdonarti. Promesso?»
«Promesso.»
Quelle parole, dette sotto il dominio della Luna, risultavano essere molto più veritiere di qualsiasi altro mucchio di frasi che due persone potevano scambiarsi, qualsiasi fosse la situazione. La sincerità ormai era pronta per regnare su di loro e l'invidia era pian piano scomparsa dal cuore di Jungkook, il quale si era fortunatamente accorto in tempo di ciò che era veramente Taehyung: una persona con dei reali sentimenti, con una reale mente e con un reale cuore che batte, non di certo un ammasso di carta scritto con superbia.
«Possiamo vederci una volta a settimana, per esempio: che ne pensi di questo lunedì?»
Quel lunedì, infatti, giunsero assieme su quella collina, senza che nessuno dovette aspettare l'altro. Si incontrarono di nuovo davanti a quel piccolo teatro, poi rincorsero la vetta della collina, per stendersi nuovamente nel loro luogo.
«Jungkook» esordì Taehyung accanto a lui, finalmente sopra quella distesa d'erba, decisi a riprendere la loro routine che avevano interrotto mesi prima.
I loro capi si toccavano, con braccia e gambe separate e distese come due stelle marine.
«Dimmi, Taehyung» rispose l'altro, senza togliere gli occhi dalla meravigliosa luna nel cielo: era quasi giunta al suo ultimo quarto e avrebbe così tanto voluto toccarla con le sue dita, afferrarla e poterla tastare, al fine di percepirne la consistenza e, perché no, la morbidezza.
«Per te che cosa è il dolore?» chiese, continuando ad osservare il corpo celeste sopra di loro: erano forse in tre a partecipare a quella conversazione e non in due?
Jungkook deglutì, nel pensare alla risposta di quella domanda, in apparenza tanto semplice: che cos'era il dolore per lui? Dolore era tutto quello che aveva provato fino ad allora, nulla gli avrebbe fatto cambiare idea, ma ovviamente non poteva dare una definizione così grossolana a quel termine che poteva avere una spiegazione più ampia di un'intera enciclopedia.
Rifletté per qualche secondo, rimanendo in completo silenzio, senza emettere neanche un minimo mugugno: dolore poteva essere la nostalgia, uno dei loro temi già affrontati, come poteva essere dolore fisico, subito da lui diverse volte, oppure la delusione. Insomma, tutto quello che faceva parte del suo mondo: tutto riconduceva a quel dannatissimo dolore, perché, sebbene nella sua vita ci fossero svariate lucciole, tutto lo riconduceva a provare del dolore ed ossessioni.
«Tutto, Taehyung. Tutto. Ogni cosa si ricollega al terribile dolore, ogni cosa che faccio, ogni cosa che mi accade, addirittura ogni cosa che penso.»
Taehyung fu un po' confuso dalla sua risposta, poiché non si aspettava un così profondo pessimismo dal suo amico, ma desiderava che continuasse i suoi pensieri, per capire meglio il suo punto di vista e rendersi conto se fosse quello scorretto, oppure se lui avesse realmente ragione, in modo da confutare filosoficamente.
«Anche le cose belle, tutte quante si tramutano in dolore, perché appena terminano mi sfuggono dalle mani e quella felicità svanisce nel nulla. Eppure non riesco a smettere di pensare al fatto che essa non esisterà più dopo neanche qualche secondo, non riesco a smettere di avvertire quell'inevitabile dolore e di pensare che mi verrà sottratto un attimo irripetibile. Provo dolore senza neanche volerlo: ho fatto qualcosa di crudele per meritarmi una tale punizione? Eppure credo che nei miei trascorsi io abbia cercato di non essere tanto cattivo, almeno di mia spontanea volontà: tutto ciò che faccio di sbagliato è perché non riesco proprio a fare qualcosa di buono, sono il più maldestro dei maldestri. E dunque, il momento passa ed io provo dolore. Provo dolore anche adesso, anche se questo momento, passato con te, è così bello. Da quanto tempo è che provo dolore? Forse qualche anno, forse da quando sono cresciuto e ho abbandonato la mia infanzia, da quando ho tradito il Sole per la Luna.»
Taehyung allungò la mano tanto da poter afferrare quella dell'altro ragazzo, stringendola alla sua, al fine di fargli percepire il meglio che la sua presenza poteva.
«Per me invece il dolore è tutt'altro. È solo una parte temporanea della vita, che prima o poi passerà, come se fossero delle lucciole del cielo notturno che dopo qualche secondo già sono andate via. Le lucciole non sono la felicità: il dolore si più vedere di più, poiché le lucciole sono luminose, mentre la felicità sta sempre lì sullo sfondo e non fa alcun male.»
«Ed è solo quando c'è il Sole che sentiamo la mancanza della Luna, perché lui splende, ancora più luminoso delle lucciole.» concluse Jungkook per lui.
«Allora ho fatto bene a tradire il Sole per la Luna? E se questo avesse causato tanto dolore anche a lui? Se mi fossi abbassato ai suoi livelli? Se fossi fatto della sua stessa sostanza?»
«Non potrai mai e poi mai essere fatto della stessa sostanza del Sole. Potresti ferire quanto vuoi, ma nessuno potrebbe mai diventare come Lui, che con le sue ardenti fiamme riesce a fare del male agli occhi e alla carnagione. La Luna invece è qui per fare del bene, è tranquilla e si fa osservare con tanto piacere.»
«Ma la Luna riflette la luce del Sole.» constatò Jungkook, osservandola ancora una volta nella forma di quella serata.
«Beh, sì. Pensa nella vita reale: quante persone subiscono per altri il male dei meschini, superbi ed egoisti? Lei ci protegge da tutto questo, è la nostra protezione. A questo mondo, semplicemente, tutti quanti necessitiamo di quella persona in grado di filtrare il dolore per noi, al fine di avvertire finalmente la felicità.»
«Quella persona poi sta male a causa dell'altra. Dovrebbero provare entrambe il dolore che spetta loro.»
«Sono l'una lo scudo dell'altra. La Luna ci dà un'altra importante lezione: lei è da sola. Mai stare da soli se si vuole proteggere qualcuno da tutto il male, mai dimostrare così tanta prodigalità, ma farlo sempre con qualcun altro, disposto a provare quelle pene al tuo fianco.»
«Poetico. Magari la Luna neanche esiste realmente, ma è solo frutto della nostra immaginazione, come un sogno, eppure cerca di darci così tante informazioni, cerca di tirarci su e cerca di parlarci come se fosse un essere umano.» commentò il più giovane, stringendo ancora la mano di Taehyung, poiché i due non avevano accennato a mollare la stretta, troppo piacevole per smettere di esserci.
«Estremamente poetico. È il mio soggetto preferito.»
«Dei tuoi racconti, dei tuoi disegni?»
«Dei miei sogni. La mia Luna.»
La sua Luna era il soggetto dei suoi sogni, non quella luna che fluttuava lì nel cielo e che era lì, presente ad ascoltare i loro discorsi, mentre riceveva tante frecce alle spalle da parte del malefico Sole, sempre pronto a fare del male a quella piccola indifesa.
Jungkook sorrise leggermente, rendendosi conto, ancora una volta, di quanto fosse particolare e unico l'astro seppure non fosse nella sua forma intera, ma mostrasse soltanto una sua piccola parte. Artistico: avrebbe voluto salirci sopra.
«Perché sei tanto pessimista?» proseguì poi Taehyung, riprendendo il discorso lasciato in precedenza.
Jungkook voltò ancora una volta il capo verso di lui e Taehyung fece lo stesso, finendo per guardarsi. Avrebbe voluto comunicare tutte le sue motivazioni, dalla prima all'ultima, ma era veramente impossibile elencarle tutte quante, anche perché della gran parte se ne era dimenticato col tempo.
Quando si dice che le esperienze segnano, ci si riferisce a tutte le esperienze, che segnano l'animo e rimangono in esso, ponendosi soltanto per qualche breve tempo tra i ricordi ancora tangibili. Non voleva neanche ricordarsene, poiché, se l'avevano reso così, erano state veramente spiacevoli. Qual era l'esempio che più gli ritornava alla mente? Ovviamente quello che non se ne sarebbe più andato nemmeno se preso a calci.
Come poteva trovare la positività se l'uomo in cui riponeva fiducia da piccolo si era rivelato essere un mostro? Come poteva non dubitare di ogni qualsiasi cosa esistente?
«Se io morissi ne sarei veramente contento, se lui morisse sarei contento comunque, poiché continuerei a vivere ma avrei ricevuto la mia tanto ambita vendetta.»
«Di chi stai parlando?» chiese l'altro confuso e con un'espressione che andava dalla corrucciata alla inquietata, per le parole appena ascoltate.
«Parlo di mio padre, te ne accennai. È lui ad essere la mia paura ed è lui la causa principale del mio dolore. A volte mi ha fatto pensare di dover porre fine alla mia vita, soprattutto perché lo desiderava tanto: mi ha conficcato una bottiglia rotta nello stomaco, se ti ricordi. Un figlio deve sempre rispettare la volontà del padre, dunque perché rimanere in vita?»
Il moro aumentò la stretta tra le loro mani, spostando lo sguardo prima su di esse e poi di nuovo su Jungkook.
«Trovo che sia completamente sbagliato: limiti la tua libertà di vivere a causa delle decisioni di uno sciocco vecchio.»
«Tanto vale che lo uccida io.» commentò Jungkook quasi in tono scherzoso, ma a Taehyung gli si illuminarono gli occhi a quella malsana idea, per cui si alzò di scatto in piedi, con un sorriso sul volto e ridacchiando, come se avesse appena fatto qualche scoperta scientifica o capito come produrre l'elisir dell'immortalità.
«È la soluzione, hai completamente ragione!» continuò a ridere di gusto, poggiando entrambe le mani sulla bocca al fine di ovattare il suono, che sarebbe risultato troppo rumoroso e si sarebbe sentito fin dall'altro capo della città.
Inizialmente anche Jungkook iniziò a ridere, mettendosi seduto, poiché si sa che la risata è contagiosa. Poi realizzò le parole che aveva detto il suo amico e la risata gli sfumò leggermente, lasciando posto ad un'espressione interrogativa.
«Stai scherzando, vero?»
«Non scherzo affatto!» rispose euforico, allungandogli la mano per far alzare Jungkook, il quale si avvicinò anche troppo al viso di Taehyung che stava ancora ridendo a crepapelle. Per cui approfittò della sua distrazione per potersi allontanare da lui senza farsi notare, nascondendo il suo imbarazzo.
«Per cortesia, potresti spiegarmi cos'è che hai in mente, senza ridere? Soprattutto, se stai scherzando smettila subito.» gli disse con un tono ritornato serio.
Taehyung rispose, senza placare il suo entusiasmo, afferrandogli le sue mani e guardandolo ad occhi sgranati: sembrava proprio uno scienziato pazzo! Che pazzia aveva in mente quel ragazzo, che aveva tenuto tutta l'irrazionalità da parte per tutto quel tempo?
«Se è quello che ti turba, lo uccideremo.»
Jungkook spalancò gli occhi a quella proposta, detta con tutta la convinzione del mondo, anche se era ancora certo che il ragazzo gli stesse facendo un grandissimo scherzo e che, se avesse dato il benestare all'operazione, Taehyung avrebbe cambiato idea nello stargli accanto e si sarebbe allontanato a causa della paura che provava per lui.
Perché non poteva nascondere il fatto che fosse una proposta estremamente allettante, quella che gli proponeva.
Folle, ma allettante.
«Se mi stai prendendo per il culo è te che faccio fuori.» risposte lasciando le mani di Taehyung e stringendo le braccia al petto, guardandolo ad occhi stretti.
«Non si scherza su queste cose! E lo sai benissimo anche tu, non avrei motivo di scherzare. Lo dico perché è davvero una buona idea, probabilmente una delle migliori che abbia mai avuto. Quell'uomo è la causa di tutti i tuoi dolori e le tue paure, ma se lui non esistesse più non ti dovresti preoccupare più di nulla.»
«Taehyung, non lo so. Stai facendo un piano tutto campato per aria, non sono tanto certo che potrebbe funzionare in quello stesso modo. Mi conosco e so che mi assaliranno tutti i sensi di colpa e starei ancora peggio di come sto abitualmente. Sinceramente, preferisco passare la mia vita a nascondermi da lui, piuttosto che togliergli la sua, anche se non la merita neanche minimamente.»
Non è vero; voleva veramente tanto far fuori quell'uomo, sebbene avesse il suo stesso sangue, però era certo che quel desiderio venisse dalla parte meno razionale della sua anima, che doveva necessariamente mettere a tacere.
«Jungkook, se dovessero esserci i sensi di colpa, ci sarei io a proteggerti. E poi mi potresti incolpare, perché l'idea è stata tutta mia.»
«Sì, ma io ti appoggerei. E maledizione, lo voglio veramente tanto, devo ammetterlo, però mi sembra un'idea così criminale che non avrei il coraggio di farlo.»
Aveva già ucciso un uomo in passato, ma era per nobili cause, alle quali non poteva di certo comparare queste.
«E poi non potrei permettere che sia tu a farti assalire dai sensi di colpa.» continuò Kook «Li conosco troppo bene, so che fanno male e che non ti lasciano fino alla fine della vita, quindi non voglio essere la causa del tuo, di dolore.»
«Voglio abbattere la visione pessimistica della tua vita, voglio farti cambiare, voglio che cominci a vivere così come ti meriti di vivere.»
Jungkook si portò una mano sulla fronte, pensando a tutte le conseguenze negative di quell'azione: e se lo vedessero, se dovessero essere ricercati? Se Taehyung finisse per prendersi i meriti e dunque con la testa mozzata unicamente a causa sua e della sua codardia? Perché sì, si conosceva troppo bene e non sarebbe mai riuscito a farsi avanti per fargli compagnia sul plotone d'esecuzione.
Che essere schifoso.
«Vorrei tanto anche io cambiare e diventare ottimista, così come fai tu. Però quest'euforia ti offusca la mente, basta qualche minuto e tu riuscirai a capire con certezza quali siano le cose giuste da fare. So per certo che questa non è la cosa giusta, perché è eticamente scorretto.»
«Ma è la migliore!» rispose Taehyung fermamente, poggiando le mani sulle spalle, in modo che i due si guardassero dritti negli occhi. «Ti prometto che non accadrà nulla e che organizzeremo tutto il piano correttamente, in ogni singolo dettaglio. Voglio solo che tu sia felice.» terminò in fil di voce, guardando il ragazzo negli occhi con quell'espressione di supplica, come se fosse una questione personale, non che riguardasse Jungkook.
Alla fine, Kook si lasciò sfuggire un sorriso addolcito: neanche si ricordava se Taehyung avesse mai agito in quella maniera prima che si separassero, come se quella distanza li avesse fatti avvicinare ancora di più.
«Va bene. Ma appena troviamo una falla nel piano, blocchiamo tutto. Intesi?»
Taehyung annuì, con un sorriso incoraggiante e con convinzione. «Intesi.»
Dunque si misero d'accordo: entrambi avrebbero raccolto delle informazioni e si sarebbero incontrati dopo una settimana, sempre di lunedì, tuttavia il luogo era spostato a casa di Taehyung, sebbene Jungkook avrebbe voluto evitarla.
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