「08/02/1865」

18.

L'inverno era stato così freddo e così triste: il semplice fatto che fossero rimasti l'uno accanto all'altra addolciva un po' il dolore della solitudine e del distacco dai suoi amici, che aveva ormai abbandonato.
Si era affezionato, era diventato abituale baciarsi a fine giornata e lasciarsi andare a qualche effusione, ma poteva dire che la amava?
Certo che no, non aveva mai realmente amato così come le favolette d'amore narravano. Quella mattina di febbraio si era svegliato come era solito fare da ogni notte, ovvero si era seduto sul letto matrimoniale della ragazza con solo i calzoni addosso e si era fermato a guardare il vuoto riflettendo.
Quella volta la riflessione sembrò durare più di quanto lo era abitualmente, osservando un angolo remoto della stanza, mentre Soyeon era ancora sommersa nel mondo dei sogni, coperta dalla pesante coperta invernale, tranne le dita che fuoriuscivano assieme alla sua testa.

Jungkook portò il dito indice alla bocca, mangiandone la unghia, passatempo preferito nel mezzo delle sue riflessioni.
Insomma, non l'amava e non si era innamorato nel frattempo, ma era rimasto lì, colpito dalle sue parole mirate a volerlo far cambiare.
Del loro passato non si erano più detti tanto, non era quello l'importante, bastava non mentire più dal momento in cui si erano incontrati.
E comunque sia, non poteva affatto innamorarsi, sapendo che altri uomini la toccavano ogni giorno e lui continuava a vivere da quei soldi che lei otteneva: non aveva smesso di essere un viscido verme. Come si permetteva di farle una cosa del genere, lui che era addirittura arrivato a commettere un crimine per preservare l'onore e il corpo di una giovane donna?

Si voltò verso di lei, soffermandosi a guardare il suo volto e i suoi occhi privi di trucco, notando quanto fosse tranquilla durante il suo sonno. Era bella, proibita, enigmatica, ma che poteva essere toccata da chiunque e a lui andava bene, finché a lei sarebbe andato bene. Non era così che si doveva comportare, un uomo.

Non c'erano libri da leggere da Soyeon, per cui si era messo lui stesso a scriverli.
Si era concentrato su una storia che parlava di una donna visionaria del fantasma del suo defunto figlio, poi l'aveva abbandonata perché si era stancato pure lui di scriverla.

Insomma, andava avanti così, scriveva qualcosa, ma poi lo accantonava, perché non era in grado di portarlo avanti o perché troppo noioso. In particolare scriveva durante la sera, quando la biondina era fuori per lavoro e quindi anche il pomeriggio, dato che le giornate erano molto più corte di quelle estive.
Gli dispiaceva che dovesse andare in giro sbracciata mentre fuori c'era tutto quel freddo, per cui erano capitate le volte in cui le aveva prestato il suo cappotto, per farla stare un po' più al caldo, sebbene lei gli dicesse di essersi abituata.

Ella non sembrava più possedere quel disgusto che gli aveva raccontato di avere i primi giorni, come se si fosse arresa a quell'unico modo per poter realizzare il suo sogno ed essere vista da più persone possibili come una bella ragazza.
Forse quando si sarebbe sistemato tutto avrebbe anche fatto sì che lei avesse una vita migliore, magari aiutandola a trovare un lavoro meno disgustoso e meglio retribuito per tutti i suoi sforzi giornalieri.
Gli aveva addirittura promesso che avrebbe cercato di non fare andare nessuno nel loro appartamento, per lasciarlo lavorare in pace a quegli scritti che non permetteva di leggere neanche alla ragazza stessa.

Si alzò da quel letto e si avvicinò alla sedia posta all'altro angolo della stanza dove aveva poggiato i suoi vestiti e cominciò a mettersi la casacca e poi tutto il resto, assicurandosi di essere ben coperto. Poi ritornò a fianco di Soyeon, accovacciandosi accanto al suo corpicino e coprendola meglio di quanto lo era già, assicurandosi che stesse ben calda. Prese il suo cappotto e se lo mise indosso, per poi fare lo stesso con il cappello ed un paio di guanti. Aveva tanta voglia di fare colazione quella mattina e desiderare fare anche una sorpresa alla ragazza, deliziandola con qualche dolcetto preso caldo dal forno della città.
«Torno subito, tesoro.» passò una mano con delicatezza sul suo viso, in modo da toglierle quella ciocca di capelli, che era scesa a coprirle il volto, e la sistemò dietro il suo orecchio con tale attenzione da non farsi neanche minimamente avvertire.

Uscì dalla loro piccola casa, tenendo stretto nella mano quella moneta che aveva preso qualche secondo prima e cominciò a camminare a passo veloce per quelle strade, colme di gente già alle prime ore della mattinata. Si respirava un'aria fresca, pulita e piena di ossigeno, ma sistemò il naso nel colletto del cappotto, al fine riscaldarlo.

Cercò di alzare gli occhi il meglio che poteva verso l'alto, in modo da poter cogliere le nuvole dal colore grigiastro della prima mattina, che avevano quella forma tanto caratteristica, la quale faceva loro sembrare un soffice cuscino adatto per dormire e stare comodi. Si lasciò sfuggire un piccolo sorriso, continuando a camminare verso la sua meta.

Non sapeva su quale fosse, in realtà. Aveva intenzione di andare a comprare dei dolci di zucchero e cannella, perché Soyeon gli aveva confessato che erano i suoi preferiti, per cui voleva sorprenderla con quel piccolo regalo, assieme ad una tazza di latte fumante.

Quelle nuvole erano tutt'altro che benevole: d'altronde se ne era accorto fin da subito che avrebbe portato pioggia, tuttavia non si era preoccupato di tornare indietro a casa per poter prendere un ombrello e coprirsi.

Si lasciò bagnare da tutte quelle gelate gocce di pioggia che arrivarono finanche sul suo collo, oltrepassando i suoi capelli e finendo per toccare la porzione di pelle scoperta, provocandogli dei brividi.
Forse non si sarebbe bagnato se avesse avuto un'altra giacca per coprirsi. Allora si lasciò scappare un altro piccolo sorriso, al ricordo dell'estate, quando, durante un improvviso temporale, Taehyung gli aveva offerto la sua giacca per riparare il capo e non bagnarsi.
Aveva ragione! Si tolse il cappotto, sebbene in questa maniera si stesse bagnando ancor di più, e se lo mise sul capo, al fine di funzionare come un ombrello. I pantaloni erano sempre bersaglio delle goccioline, ma almeno la sua testa era coperta e preveniva in modo migliore qualche raffreddore, tutto grazie a quel ricordo malinconico e dorato.

Quanto gli mancava la spensieratezza. Taehyung era solo un accessorio in quei gai momenti.
Cosa gli aveva fatto per spingere la sua mente a pensare a lui ogni qualvolta in cui ne aveva l'occasione? Non era nessuno, quel ragazzo.
Poteva paragonarlo a Jimin o ad Hoseok.
Procedette avanzando il passo e tenne per tutto il tempo lo sguardo fisso verso i suoi piedi, ma qualcosa in quel momento lo spinse a guardare verso la sua destra, quasi sobbalzando alla vista di quel piccolo locale abbandonato da tanti anni.
Strabuzzò gli occhi, concentrandosi a vedere l'interno di esso e notando un bancone impolverato, una pala distesa per terra, un forno spento da chissà quanto, le tavole del pavimento mangiate da tarli e colme di polvere.

C'era già stato in quel luogo, lo sapeva con certezza: gli venne un groppo allo stomaco al ricordo della pasticceria della nonna.
Sebbene ci fosse stato quando era già chiusa da tanto tempo, fu in grado di avvertire i profumi di cornetti appena sfornati provenire da lì dentro, non affatto attenuati dall'odore della pioggia.

Cornetti? Avvertiva la loro croccantezza e l'aroma del burro sciogliersi nella sua bocca, spingendolo a mordersi il labbro ed aumentare il suo desiderio di quel dolcetto.
Era da mesi che non toccava il suo dolce preferito e gli mancava come l'aria; ormai non si ricordava neanche più perché si era innamorato così tanto del suo sapore, della confettura che straripava dalla pasta sfoglia e dallo zucchero a velo che lo imperlava in ogni dove, rendendolo più dolce di quanto già non fosse.

Decise, allora, di prendere un cornetto per sé ed un dolce alla cannella per Soyeon. Accelerò il passo, allontanandosi dalla pasticceria abbandonata, adesso spinto dall'implacabile voglia di deliziare le sue papille gustative: solo un luogo produceva i cornetti migliori di tutta la città, meravigliosi soprattutto quando erano appena sfornati, traslucidi e soffici.

Ed era lì, dopo qualche minuto in più di camminata, dall'altra parte di Parigi, vicino alla casa di Taehyung.
Era la pasticceria da dove lui andava a comprare i cornetti la mattina, quando glieli portava. Lo ammetteva, si chiedeva se li avesse vissuti realmente quegli attimi oppure se li avesse inventati.
Era tutto sbiadito, come faceva a saperlo?

Sorrise leggermente quando smise di piovere, lasciando spazio al sole in quel cielo mattutino. Si rimise il cappotto e strofinò le sue mani tra di loro, cercando di provocare calore il meglio che poteva.
Intanto attendeva che la gente in coda fosse servita, in modo da poter comprare anche lui cosa gli serviva: alzò il mento per poter osservare cosa c'era esposto agli occhi dei clienti. Su una teglia in legno erano ammassati tanti cornetti spolverati dallo zucchero a velo, uno con la punta dal colore della crema, un altro con punta di colore arancione, un altro ancora con punta di colore marrone scuro, probabilmente crema di cacao. Su un'altra teglia erano esposti tanti macaron di colore bianco e con una crema ganache tra un guscio e l'altro, al loro fianco vi erano le tante madeleine dalla caratteristica forma a conchiglia e nell'altra teglia ancora i loro parenti financier.
I vassoi in basso erano colmi di torte di ogni genere, una delle quali, probabilmente una tarte tatin, era appena stata comprata da una donna in un elegante abito rosso, dimostrando l'appartenenza al ceto alto.

Mancavano due persone prima di lui, poi sarebbe potuto andare a casa per svegliare dolcemente Soyeon, sperando che non si fosse già stiracchiata prima che fosse tornato.

«Potrei comprare del pane al cioccolato?» chiese la voce di una ragazzina dai toni acuti, ma che Jungkook giurava aver sentito prima di allora.
Forse per strada.
No, no. Non l'aveva sentita per strada, quei lunghi capelli neri non se li era sognati, era certo di averla vista in un altro luogo e quasi non si strozzò a ricordarsi che luogo era.

«C'è anche un po' di pane in forno?»

«Sì, madamoiselle, quanto le serve di ognuno?»

«Due pani al cioccolato e mezzo chilo di pane.»
La sua richiesta fu subito eseguita e lei prese velocemente la busta dalle mani del fornaio, scambiandola con qualche moneta e poi sorridendo entusiasta, non vedendo l'ora di tornare a casa per condividere quelle delizie con suo fratello.
Sperava che non la vedesse, lo sperava così tanto che aveva addirittura messo una mano sopra al suo viso affinché fosse ben coperto, ma non bastò.
Appena la ragazzina lo notò sgranò gli occhi e trattenne un urletto elettrizzato.

«Kookie!»

Mathilde allargò le braccia, continuando a tenere stretta la busta dei pani, e con l'intento di abbracciare il ragazzo davanti a sé.
«Devi... devi avermi scambiato con qualcun altro.» rispose a capo chino, allontanandosi da lei e dalle sue braccia, la quale rimase delusa.

«Pensavo... pensavo tu fossi Kookie- cioè, pensavo voi foste un amico di mio fratello, scusatemi.»
Avvertì amarezza nella propria bocca, che mai si sarebbe potuta eliminare con quei meravigliosi dolci.
«Il prossimo.» lo chiamò l'uomo al bancone, con un sorriso sulle labbra.
Jungkook alzò gli occhi al cielo, sospirando.

«Mathilde, aspetta qui.»
Alla ragazzina brillarono gli occhi, incredula.
«Un cornetto con confettura alla fragola e una conchiglia di cannella. Potrei avere quelli appena sfornati?»
L'uomo annuì, per cui si girò e andò nella stanza posteriore, dove c'erano probabilmente un paio di forni che facevano tutto il lavoro nella cucina. Mathilde allora approfittò della situazione per avvicinarsi, tenendo le mani congiunte dietro la schiena.

«Il fratellone ti cercava. Perché non sei mai tornato dal fratellone? Ti ha fatto qualcosa di brutto?»

«No, no piccola, Taehyung non ha fatto nulla di sbagliato. È successo tutto così in fretta che non lo so neanche io.» allungò la mano per prendere la busta con i due dolci e la scambiò con il suo denaro, per poi incamminarsi verso l'uscita, seguito dalla ragazzina che non accennava a smettere di saltellare ad ogni passo. Era incredibilmente felice dei doni della vita, come se ci fosse ancora qualcuno davvero grato per essi.

«Cosa è successo?»

Jungkook allora scosse il capo, abbassandolo in modo da fissare i suoi piedi, dato che non riusciva a guardarla negli occhi.
«Non ne ho la più pallida idea, in realtà. Un giorno mi sono svegliato e non ero più accanto a tuo fratello. E mi è dispiaciuto non saperne il perché, insomma.» cercò di dare delle qualsiasi spiegazioni plausibili, che, uscite dalla sua bocca, non avevano il benché minimo senso. Infatti la ragazzina alzò un sopracciglio, confusa.

«Non capisco-»

«A dire la verità neanche io, scusami.»

«Non è con me che ti devi scusare... Taehyungie ci è rimasto male... credeva fosse colpa sua e ti chiedeva perdono per quello che ti ha fatto quella sera.»

«Perdono di cosa... lui non mi ha fatto nulla.»
Se avesse saputo quello che Taehyung era riuscito a ricordarsi!
Sebbene tutto l'alcool che avevano bevuto, Tae era, paradossalmente, colui che aveva i ricordi più vividi.
Quanti mesi aveva passato a commiserarsi per quello stupido errore di cui anche Jungkook si era dimenticato?

«Ah no? Era davvero tanto dispiaciuto.»

Jungkook si morse il labbro, immaginandosi la scena di un Taehyung estremamente triste che si fa consolare da sua sorella, così come erano soliti fare tra di loro e si sentì così tanto in colpa per essere stato la causa di quei brutti momenti.

«Magari...» proseguì Mathilde «potresti provare a dirgli tu di persona che non ha fatto nulla?» gli chiese speranzosa, ma quello che ottenne fu una scossa del capo da parte del più grande, il quale si voltò subito dopo e cominciò a camminare via.
«Jungkookie per favore!» lei lo rincorse, prendendogli la manica della giacca e incitandolo a rimanere al fine di essere convinto dalle sue parole.

Jungkook sospirò, girandosi nuovamente verso di lei e tirando fuori un tono più acido di quello che si sarebbe aspettato «Sono passati dei mesi, gli sarà in qualche modo passata. Chi è che tiene il broncio per così tanto tempo? Non è stata colpa di nessuno, se ci hanno separati è successo e basta, era così che dovevano andare le cose.»

«Forse il destino era di aggiustare le cose e di potervi ricongiungere...»

«Non sei tu a doverlo cercare di fare, Mathilde. Per quanto tu tenga a lui, non puoi spingermi a ritornare. Se le cose devono essere aggiustate, allora il destino deve spingere Taehyung verso di me, non devo essere spinto a forza.»
Perché si stava agitando in tale maniera? Non aveva mai pensato a quelle cose. Se mai aveva pensato a Taehyung era sempre con quel tono di nostalgia, mai di rabbia.
Cosa lo spingeva a dire quelle parole a quella povera ragazzina che era sempre stata dolce nei suoi confronti?

Lei abbassò il capo intristita e annuì.
«Va bene, ho capito. Non gli dirò niente di tutto questo, perché se dovete incontrarvi sarà il destino a farlo accadere.» strinse la busta del pane al petto e giochicchiò con essa.
Poi, prima di andarsene, fece una cosa che Jungkook non si sarebbe mai aspettato: alzò lo sguardo verso di lui e gli rivolse un sorriso splendente, che lasciava intravedere le sue simpatiche fossette.

Per qualche mese, si era convinto pure lui di essere un bravo ragazzo, così come Soyeon aveva sempre ritenuto, ma, evidentemente, quando alla sua mente veniva chiesto di mettere in gioco i sentimenti tutto cambiava e agiva nel peggior modo possibile, ferendo senza poterlo impedire.

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