「26/06/1864」
7.
«Taehyung, hai mai guardato il cielo notturno senza vedere alcuna stella?» chiese Jungkook con un sottile fil di voce, con la gola secca affaticata nel pronunciare quelle parole.
Taehyung annuì col capo, continuando a guardare verso l'alto.
«Credo di aver parlato troppo, dicendo la verità che non volevo si sapesse. Il cielo, quando è senza stelle, tiene nascosti i suoi segreti per evitare che chi li guarda non si faccia del male, l'opposto di quel che ho fatto io.»
Si strinse le braccia attorno al proprio busto, abbracciandosi ed accarezzando le proprie spalle: non riusciva a tenere a freno quella tristezza la quale gli aveva reciso il volto. Non aveva neanche più voglia di provare incessante invidia verso Taehyung, rispondendo seccato ai suoi interrogativi.
«Che hai combinato?» chiese l'altro, desideroso di scoprire di più. Era la seconda volta che si vedevano sulla collina del Montmartre, dopo che si erano trovati in una passeggiata notturna il giorno prima e quindi avevano deciso di darsi appuntamento come la volta precedente.
«Ti ricordi il ragazzo alto e robusto, dai capelli color cenere, che mi stava accanto al locale dove ci siamo incontrati l'altra volta? Prima di andare a casa tua, quando mi hai chiesto di ballare senza un minimo contegno.»
A quelle parole il moro ridacchiò, addolcito dal ricordo, scaturendo un sorriso nello scrittore. «Magari noi due ci fossimo incontrati così tante volte da avere bisogno di una descrizione tanto specifica come questa; c'entra lui?»
«Possiamo definirlo anche il mio migliore amico, si chiama Namjoon ed è anche il mio coinquilino. O meglio, non so se lo è ancora. Condivido l'appartamento con tre persone: lui ed altri due miei amici, anche se il rapporto più stretto ce l'ho con Namjoon, perché entrambi preferiamo concentrare grande parte del nostro lavoro a casa e ci conosciamo da più tempo.»
«Che gli hai detto di tanto eclatante?» lo interruppe Taehyung, rimasto sulle spine dalla sua voce malinconica ma coinvolgente. Tenne gli occhi poggiati su quella stella in cielo tanto più luminosa delle altre, accanto alla Madre degli astri: chissà se li stava guardando, anche lei.
Al contrario, le palpebre di Jungkook erano chiuse, con il rimorso che gli mangiava lo stomaco, irritante ed ingordo, mentre pensava alle parole che poteva dire senza tralasciare troppi dettagli. Se fosse stato lucido, non si sarebbe neanche spinto così oltre e avrebbe fermato l'argomento sul nascere, chiedendo a Taehyung di farsi i fatti propri e di non ficcare il naso nelle questioni altrui. Gli struggeva il petto, tanto da avvertire una gelida folata di vento e neve che lo congelava, ma per lo meno poteva essere certo che quel poeta non avrebbe avuto nulla da ridire a riguardo, perché, secondo la sua teoria, era andato a letto con Jimin per avere una pubblicazione.
Ultimamente quella teoria era diventata effimera, comprendendo quante poche prove aveva raccolto per insinuare quelle assurdità, coperte dal desiderio di giustizia; il troppo orgoglio, tuttavia, si era impegnato a non smuoverlo e continuare a credere di avere ragione. Era impossibile che qualcuno fosse davvero migliore di lui, ed il solo pensiero gli causava rabbia, vuoto e l'improvvisa voglia di smettere di parlare e addormentarsi di nuovo sotto le stelle, dimenticandosi di tutto e tutti.
In quel momento era però concentrato solamente sul suo migliore amico e neppure tali pensieri potevano scomporlo.
«Gli ho detto di non essere come lui, ovvero un anormale ragazzo che si è innamorato di un altro uomo, ed è corso via, mentre io non ho alzato neanche un dito per fermarlo. È stato colui che più di tutti si è curato di me, della mia salute, volendo solamente il mio bene e non ricambiare è da egoisti ed ingrati. Hoseok, l'altro coinquilino, mi ha tranquillizzato su che fine avesse fatto Namjoon, comunicandomi di averlo trovato al mercato, ma io non gli credo.»
«Perché glielo hai detto? Le motivazioni, intendo.»
Jungkook deglutì. Non poteva dirglielo. Non poteva affatto dirglielo, ma lo fece comunque.
«Aveva tirato a indovinare con chi ero uscito quella sera quando mi sono addormentato qui sul prato con te. Non volevo dirgli quelle cose: le penso, non lo nascondo, ma non lo disprezzo e gli voglio bene.»
«La verità la stai dicendo adesso, solamente a me.»
Stava parlando a Jungkook Jeon, non Boyer come lui aveva sempre creduto. Stava parlando al ragazzo che aveva provato in tutti i modi a pubblicare il suo libro, seppur fosse una di quelle persone fallite in partenza e senza alcuna speranza, che però si ostinava ad affermare di essere sulla buona strada. Stava parlando al ragazzo che gli aveva inizialmente mentito sul suo lavoro. Stava parlando con un bugiardo. Si stava prendendo gioco di lui come se in realtà sapesse ogni cosa che gli stava tenendo nascosta, come se le loro menti fossero collegate e in realtà l'uno riuscisse a leggere nella mente dell'altro, il che sorprendeva lo enormemente.
«Lo so che potevo dirgli che non avrei voluto mai pronunciare quelle parole, ma non l'ho fatto e non avrei mai rinnegato lui, Namjoon, per una cosa tanto stupida.» il tono sprezzante era adesso rivolto nei propri confronti, che ancora una volta aveva fallito e si era comportato come un irresponsabile.
La situazione era la migliore che potesse capitare, perché finalmente poteva chiederglielo. Doveva chiedere se c'era mai stato qualcosa tra lui e Jimin, solo per avere conferma e non rimanere per sempre sulla sua teoria aleggiante.
«Taehyung.» iniziò grave, dopo aver preso un grande respiro. «Tu invece, che cosa ne pensi di questa faccenda? Intendo l'omosessualità, oppure tutte le correnti simili.»
Aprì le palpebre, concentrandosi sulla sua reazione, che fu ben poco espressiva rispetto a quello che Jungkook si aspettava, lasciandolo insoddisfatto.
«Per la verità, non trovo che ci sia motivo nel criticare coloro che hanno preso le proprie scelte di vita: l'amore può avvenire in qualunque momento, con qualsiasi persona, di qualsiasi sesso, di qualsiasi nazione e di qualsiasi carattere. Quale differenza c'è se due uomini si baciano da un ragazzo americano ed una cinese che fanno la stessa cosa? Solo perché qualcun altro dice che Dio ha creato l'uomo e la donna perché avessero tanta prole?» scosse il capo, contrariato. «Coloro che seguono la sua dottrina, sono gli stessi che si fanno la guerra l'un l'altro, disonorando i loro stessi valori.»
Il pensiero era interessante e sarebbe potuto essere anche lo spunto per un'altra conversazione, ma gli non aveva ancora detto quello che voleva sentire, per cui continuò.
«Hai mai avuto un rapporto del tipo...»
«Del mio stesso sesso? No, mai. Neanche con una donna. Dovrei? Non so, mi sono rintanato dentro casa tempo addietro e non ho avuto l'occasione per provare nulla di tutto questo, perché ho sempre trovato che avessi delle priorità ed ho il ferreo pensiero che bisogni incontrare l'amore prima di cedere anche solo il primo bacio. Trovo disgustoso consumarsi con qualcuno che non si ama solo per soddisfarsi, oppure solo per avere eredi.»
Quella risposta, data in maniera così diretta e senza sviare in altri argomenti, fece mordere il labbro a Jungkook, il quale era convinto che non fosse possibile che avesse realmente sbagliato su ogni cosa sul conto di Taehyung. Per quanto fosse difficile e per quanto fosse ancora invidioso di lui, il verme insediato nella sua testa incrementò l'ipotesi che il moro si fosse davvero meritato quella pubblicazione.
«E tu, Jungkook?»
Strinse i fili di erba, «Non so cosa sia l'amore. Neanche io.» rispose sempre con quel tono arido, notando che la stella che stava fissando era stata coperta da una nuvola di quel cielo che inizialmente gli sembrava limpido.
«Ne parlano bene in tanti.»
«Hai ragione. Per quanto da una parte le smancerie mi possano fare schifo, trovo che sia un carattere fondamentale di come funziona l'essere umano. L'uomo ha bisogno di qualcuno da amare con tutto se stesso, che sia la persona con cui si scambia baci frequentemente oppure sia una semplice icona. O una semplice idea.»
«Io amo l'arte.» ripeté Taehyung, tirando su l'angolo delle sue labbra. Lui era l'arte.
«Se nomini l'arte devi essere consapevole di quanto sia vasta come amante, da esplorare come l'amore stesso.»
«Hai proprio ragione.»
Passarono minuti di silenzio a guardare il cielo, nel mentre i loro petti si abbassavano e alzavano lentamente seguendo il respiro.
«Quando ci rivediamo?» propose Taehyung.
«Ogni giorno alla stessa ora. Se l'altro non arriva dopo quindici minuti massimo, allora ha avuto da fare. Domani alle dieci di sera come oggi, ci stai?»
Tae annuì.
Jungkook non sapeva neanche perché glielo avesse chiesto. Lui era ancora fermamente convinto di odiarlo perché era migliore di lui in qualcosa, ma Taehyung non gli aveva fatto nulla, assolutamente nulla, e si accorse di essere così interessato del volerlo conoscere, perché adesso riusciva ad avere una parvenza del motivo per cui Jimin l'avesse descritto interessante e di buona compagnia.
«Sai,» continuò Taehyung, osservando quel cratere della luna più scuro e grande degli altri.
«A volte mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non fossi nato nel mio contesto sociale, se fossi stato figlio di qualche riccone. Magari non avrei scoperto tutte le mie passioni e le avrei considerate insignificanti, standone lontano e con un occhio di riguardo. Mi piacciono le mie passioni. Quali sono le tue passioni?» si girò verso Jungkook, che deglutì.
Ci fu quiete per qualche secondo e subito Jungkook sentì quel peso enorme del senso di colpa sia per starlo odiando sia per le bugie che gli aveva detto riguardo al suo conto, mentre quel poeta era sempre stato sincero nei suoi confronti. Era trattato bene da tanti e poi ricambiava con ingratitudine!
«Ti ho mentito.»
Taehyung aggrottò un sopracciglio. «Su che cosa?»
«La prima volta che ci siamo incontrati ho detto di essere stato convocato Jimin per pubblicare il mio libro, ma non era vero, perché Jimin non ha letto ancora niente di quello che ho scritto e sto passando tutti i miei giorni a tentare disperatamente di aggiustare il mio romanzo. Sono un perfezionista e non riesco a sopportarlo, perché trovo errori in ogni dove e so che non riuscirei mai ad avere una pubblicazione come te.»
«Lo sospettavo.» rispose solamente, e Jungkook trasalì, schiudendo le labbra e guardandolo con sorpresa.
«Davvero?»
«Profumi di inchiostro per scrivere: ti è finito tra i capelli e solo una persona stanca e distratta avrebbe fatto rovesciare dell'inchiostro sul capo. L'ho sentito già l'altro giorno quando stavamo lo stesso su questo prato; adesso di nuovo. Dovresti lasciare la penna, prima di andare a dormire.»
Non era del tutto strano che avesse notato quel piccolo dettaglio, perché Kook era solito avvolgere il braccio attorno al capo mentre dormiva sulla scrivania e, così facendo, aveva fatto scivolare l'inchiostro dalla stilografica il quale si era confuso tra i suoi capelli scuri.
«Sei uno scrittore capace, lo si sente da come parli. Perché non me l'hai detto fin da subito? Forse è per questo che assieme a te mi sento a mio agio.»
«Non so. Penso di non essere abbastanza bravo e questo mi fa vergognare.»
Non era bravo quanto lui, non era bravo quanto lui! E ne era invidioso, provava tanto astio da non riuscire a concentrarsi su altro se non su quel punto fisso.
Taehyung si alzò di scatto e si mise seduto, così Jungkook fece lo stesso in modo da guardarlo bene negli occhi. «Sai che le passioni non devono far vergognare? Ogni passione ti rende speciale, non importa quanto bene o male tu la riesca a fare. Hai unicità e sono sicuro che prima o poi ti farai davvero coraggio, Jungkook, perché è quel che ti meriti.»
Jungkook si sentiva tutto tranne che speciale, ma un fallito, un egoista, un subdolo e non si meritava nulla. «Non sono speciale.»
«Lo è ogni persona su questo pianeta. Sai che Jungkook Boyer non esisterà mai più sulla terra tra cent'anni, vero? Non esisterà più il tuo profumo di inchiostro, né qualcuno che ti farà capire chi sei realmente tramite le esperienze, perché tu non ci sarai più. Mi segui?»
Kook annuì, in modo da lasciarlo continuare. «Nessuno più alla domanda "Chi sei?" risponderà come avresti fatto tu, col tuo stesso tono di voce, con i tuoi stessi pensieri, con la tua stessa espressione facciale, con il tuo stesso nome.»
«Tu, chi sei?»
Era ammaliato dalle sue parole.
«Sono Kim Taehyung e, ripeto, amo l'arte. Amo scrivere e disegnare con la penna mondi e tuffarmici in essi. Amo essere l'artista del mio mondo. Amo avere la passione di fare tutto questo. E non esisterò più tra cent'anni ed un po' mi dispiace. Mi piace stare qui: adesso sto trovando interessante vivere. Non sono V, V è l'immagine che tutti pensano che io abbia. Anzi, nessuno conosce V. Tu conosci Taehyung, perché V non esiste.»
L'altro annuì di nuovo.
«Sembri parlare come un filosofo. Sicuro che non sia quella la tua professione?»
«Assolutamente. Un filosofo commenta il mondo e lo studia, interpretandolo e offrendo considerazioni sulla fisica e metafisica, ma non lo inventa.»
«Vorrei inventarlo senza problemi anche io, senza nessun pensiero che mi freni violentemente; vorrei arrivare ai miei traguardi con la scrittura e riavere il mio amico con me, per scusarmi e per dirgli che gli voglio bene.»
«Con Namjoon non posso aiutarti. Col resto sì. Se vuoi, ci addormentiamo di nuovo e poi domani andrò a parlare con l'editore per chiederti un colloquio. Devo consegnare anche un mio lavoro, per procedere con la scrittura di un nuovo libro.»
Gli stava seriamente offrendo tutto quello che lui aveva bramato fino a quel momento? Deglutì e non poté fare altro se non accettare la sua richiesta, perché era talmente ribrezzevole da voler ancora approfittarsi di lui, quel ragazzo che si era comportato sempre bene nei suoi confronti. Si sentiva combattuto.
«Buonanotte, allora.»
«Buonanotte.»
«Jungkook.» lo richiamò, dopo che si era già messo in posizione fetale, comodamente.
«Sì?»
«Rimaniamo amici, per favore.»
Così subdolo. Ma gli andava bene così, perché prima o poi tutto quanto sarebbe terminato, compresi tutti quei complessi causati da Taehyung.
«Va bene.»
Tae allungò le dita verso l'altro, il quale le sfiorò con le proprie: così affusolate, così soffici, così inermi, le stesse che il giorno dopo non avrebbero esitato nel muoversi su quel foglio, aggrappando la penna, permettendo al poeta di trasferirsi nella sua dimensione onirica, governata dal ricordo e dalle tante belle sensazioni che aveva provato assieme a Jungkook.
Sott'il ciel stellato noi c'incontrammo
guardavo la luna e tu le stelle
tante eran sott'il ciel stellato e sommo
sento la pioggia sull'intera pelle
anche dietro la nuvola coprente
quelle stelle ci parevan tanto belle
ho l'impressione d'esser in un torrente
ormai tutto questo non esce dalla mente.
«Taehyung, hai fatto un ottimo lavoro anche questa volta!» sorrise Jimin, una volta che il ragazzo fu giunto nel suo studio come si era prefissato di fare. Gli portò una mano sulla sua spalla per dargli una pacca amichevole. «Mi hai portato dieci poesie, scritte tutte divinamente, che rispettano gli schemi e il quantitativo esatto di sillabe. Nel caso dell'ultima che ho letto, un madrigale ci è calzato a pennello con i temi. Potresti anche scriverne qualcuna a versi sciolti, sai: numerosa gente si lamenta della difficoltà della tipologia, come dire, blindata. Il pubblico è incantato dal modo in cui scrivi e sarebbe un grande peccato sminuire il tuo genio.»
Lo scrittore scosse il capo, spiacente, ed aggrappò il basco tra le mani per via della pressione. «Come ho già ripetuto più volte, non ho preferenze tra la prosa e la poesia, ma bisogna che ci sia una netta separazione tra le due. Trovo che questo sia il modo più artistico di buttar giù una parte di me stesso senza ricorrere alle noiose autobiografie, soprattutto di una persona noiosa e poco interessante. Sono uno sfogo e sarei felice se la gente apprezzasse anche gli attimi di felicità, di interrogativi e di tristezza di questo "V", anziché lasciare la sua immagine completamente senza nome e senza volto. V non esiste, è vero, solo che io scrivo sotto il suo nome e, dato che non esiste, vorrei cercare di dargli un po' forma. D'altronde, non è del tutto uno scrittore misterioso, ne è nascosto solo il nome. Poi, è il modo migliore per dare al lettore degli accenni di quella che è l'anima dello scrittore: il nome sarebbe d'intralcio. In sostanza, non voglio che siano i gusti del pubblico ad influenzare le mie scelte.»
Se fosse stato un altro, avrebbe certamente imposto a Taehyung dei limiti e canoni, in modo da incrementare le vendite, ma la sua bontà lo frenò, dandogli ragione. Entrambi ragazzi di ventitré anni, erano pressati dalle assidue lagne della società e dovevano cercare di superarle, il che li rendeva simili. Annuì, comprensivo, indicandogli poi la porta con il palmo della mano.
«Dunque, se è tutto, puoi accomodarti di fuori, se non ti spiace. Ho una mole di lavoro da sbrigare, ancora.» e a quelle parole Jimin sospirò, poggiando il mento sul palmo della mano e riprendendo a guardare sul libro che stava consultando, segnando appunti utilizzando una matita, una gomma ed un righello. Doveva finirlo entro la serata e non era neanche a metà a giudicare dallo spessore delle pagine rimaste.
Taehyung fece per girarsi, ma poi si ricordò di Jungkook, con il quale aveva deciso che avrebbe chiesto un colloquio a Kim Seokjin per il suo libro. «Aspetta!» portò le mani in avanti «Non vorrei disturbarti, ma ho bisogno di qualche informazione. Un mio amico vorrebbe pubblicare sotto questa casa editrice, per cui mi sono offerto di dargli una mano. Potresti chiedere a Monsieur Kim quando è libero per riceverlo?»
Jimin era stato colui che l'aveva aiutato più di tutti per arrivare dove si trovava, per cui era ovvio che ne parlasse prima con lui; inoltre, essendo anche amico di Jungkook, a detta sua, era anche la persona più indicata per dare loro una mano.
Jimin gli sorrise cordiale, prendendo un taccuino dal secondo cassetto della sua scrivania senza che l'altro potesse dire qualche altra parola e pronto per scrivere con la sua stilografica direttamente brevettata con le poche predilette da Petrache Poenaru. La fece girare un paio di volte tra le sue dita e poi fece cenno col capo di dirgli il nome di questo suo amico. Certo, certo, il nome, è vero.
«Si chiama Boyer.»
Jimin si congelò a quella notizia, ma comunque sia appuntò il nome dell'amico di Taehyung interessato, ignorando i richiami della sua mente: chissà quante altre persone erano omonime, non poteva aspettarsi che fosse proprio lui l'interessato.
D'altra parte, Taehyung fu sorpreso dall'assenza di commenti da parte dell'assistente, il quale non gli diede neanche la possibilità sottolineare che era il ragazzo che lui conosceva. Meglio così! Ne sarebbe rimasto sorpreso.
«Accordato, va bene. Digli di passare lunedì della settimana prossima alle cinque del pomeriggio. Monsieur Kim lo riceverà solo dopo che avrà parlato con me direttamente. Digli di portare il suo libro, la sinossi e stralci importanti.»
Chissà come sarebbe stato contento di vedere Jungkook arrivare davanti a sé! Taehyung fece un lieve inchino, in gratitudine e con contentezza, immaginandosi il futuro incontro tra i due.
Uscì fuori dall'editoria colmo di gioia, perché finalmente anche Jungkook avrebbe inseguito il suo sogno, finalmente, senza che potesse mai più disperarsi tanto. Non vedeva l'ora di comunicare della sua riuscita con il diretto interessato quella sera stessa, nuovamente al solito posto dell'appuntamento, sulla collina del Montmartre.
Quella sera fu infatti la prima cosa che il bruno gli chiese, ovvero se lui fosse riuscito nel suo intento e Taehyung gli rispose bonario, in un'esclamazione.
«A Jimin è bastato prendere il tuo nominativo. Dovrai andarci a parlare lunedì prossimo alle cinque del pomeriggio e non scordarti di portare il tuo scritto, con sinossi!» fece sbattere le mani tra di loro e poi si sedette sul prato come sempre, stendendosi a guardare verso l'alto.
Jungkook rimase incredulo, poiché aveva immaginato indifferenza da parte di Jimin, mentre segnava il nome sul taccuino. Allora si chiese se si ricordasse ancora di lui, del suo nome, voce e aspetto, oppure l'avesse già rimosso con risentimento. Deglutì, temendo di aver anche peggiorato la situazione, in quella maniera.
Il maggiore interrogativo, tuttavia, era proprio come avrebbe detto sia a Taehyung sia a Jimin che quello non era il suo vero nome, ma una trovata del momento per sfuggire alla vergogna di se stesso.
Si sedette anche lui sull'erba e mise le braccia sotto il capo, riuscendo a sentire l'empatica felicità dell'altro soltanto respirando la sua stessa aria.
«Bene, allora.» cominciò dopo qualche secondo di scomodo silenzio nel quale aveva riflettuto su come il cielo notturno e le stelle osservate, di fianco a Taehyung, senza proferire parola, lo facessero sentire ancora più vicino a lui, perché si erano entrambi resi conto di riuscire a comunicare con la semplice vicinanza.
Taehyung sapeva a che stava pensando l'altro giovane: finalmente ce l'aveva fatta. Jungkook non comprese perché aveva deciso di ignorare, allora, quella parte dei suoi pensieri in cui era soddisfatto dell'essere riuscito ad usarlo tanto bene. Se sapeva come tradurre quel libro aperto ma scritto in una lingua straniera, perché allora non lo faceva? «Allora quest'oggi di cosa parliamo?»
Spezzò il ghiaccio.
Tae alzò le spalle, ancora con uno spontaneo sorriso sulle labbra, che non smetteva di essere rivolto alla luna di fronte a sé, in tutta la sua bellezza. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, come se la venerasse così come un seguace fa con la propria dea.
«Mi piace anche il nostro silenzio. Sai, anche il silenzio fa parte della conversazione. Altrimenti la si interromperebbe ogni qualvolta qualcuno smette di parlare anche per qualche decimo di secondo? Assolutamente no. È conversazione, ma stiamo in silenzio, sotto questo magnifico cielo stellato. È che sono felice per te, quindi tutto quanto sembra essere ancora più bello.»
Jungkook annuì, ridacchiando leggermente alla sua idea di conversazione.
«Com'è stato quando hanno dato a te una risposta positiva?»
«A dir poco meraviglioso. Ero consapevole che le mie vendite potevano pure fare miseramente cilecca, ma il grande passo l'avevo fatto. Mi sento come se lo rivivessi una seconda volta.» si girò verso di lui e gli sorrise, guardandolo negli occhi. Tuttavia per Jungkook era strano che non sentisse il suo cuore esplodere da quella gioia coinvolgente, ma solo una parvenza di lietezza, che si saldava alla malinconia.
«Io sono felice per te. Per noi, anzi. Sono felice per entrambi. Tenterò di non fallire, adesso che mi hai augurato le migliori cose.»
L'altro annuì, avvicinandosi col corpo a quello di Jungkook trascinandosi sull'erba, per essere abbastanza vicino a lui da parlargli anche a bassa voce. «A noi, allora.»
«A noi.» ripeté Jungkook dopo qualche secondo, un po' interdetto dall'azione improvvisa del moro.
Chiuse gli occhi, ammaliato dalla soffice erba che gli accarezzava le mani e la guancia.
«Jungkook, ci incontreremo ogni giorno, non è così?» chiese, intimorito del ricevere una risposta negativa oppure un cambiamento di programma, che tanto l'avrebbe amareggiato.
«È la seconda volta che me lo chiedi. Non ho impegni irrompenti, possiamo vederci se tanto ci tieni.»
«Lo so, ma ho paura che non lo farai. Perché di solito le persone tendono a fare questo. Ad avere di meglio da fare ed io non li biasimo. Solo che spero davvero di parlare ancora con te, sotto tutte queste stelle, sebbene non sia passato molto tempo dalla prima volta. Sei davvero di buona compagnia.»
Aveva ripetuto il concetto nascondendo la sua sofferenza tramite il tono allegro, che si ripiegò alla fine della frase, tradendo l'impeccabile ingenuità che tanto caratterizzava Taehyung.
«Stai tranquillo, parliamo e poi addormentiamoci di nuovo.»
Si era sempre ripetuto di non sopportare quel ragazzo, ma Jungkook non era così cattivo come credeva, perché il cuore da umano gli impediva del tradire un tale tanto bonario. Egli, infatti, era in grado di dare il mondo a tutti coloro che gli stavano accanto, ricevendo così tante sofferenze da non voler farle provare agli altri nella stessa maniera.
Non se lo meritava per nulla, neanche di rivolgere la parola a quel ragazzo che tanto era straordinario, nato per rappresentare quel che ancora non era di marcio, nella popolazione.
Era proprio il suo opposto più simile.
Riaprì gli occhi, trovandolo esattamente come lo aveva lasciato.
«Allora dimmi, Jungkook Boyer: cosa ne pensi dei viaggi attorno al mondo e di coloro che ne sono innamorati?»
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