「01/03/1866」

34.

Degli schiocchi risuonarono per tutta la stanza, assieme a dei mugugni e degli ansimi colmi di piacere, si potevano sentire le loro voci che si fondevano l'una con l'altra, armoniose.
«Continua a baciarmi.» gli ordinò Jimin, guardando Yoongi negli occhi, l'uno davanti all'altro, il primo che si aggrappava al maggiore stringendogli la camicia con forza tra le dita, non importandosene se gliela stava sgualcendo senza pietà.
L'altro socchiuse le palpebre, osservandolo con dolcezza e si avvicinò nuovamente con le sue labbra, arrivando ad accarezzargli il suo superiore, afferrandolo poi con delicatezza, facendolo quasi sussultare a causa di quanto sensualmente lo stava facendo. Lo prese tra i suoi denti, mordendoglielo lentamente, lasciando poi un altro schiocco sulle labbra non appena furono in grado di proseguire il loro bacio.

«Non fare il pezzo di legno, aiutami a toglierti tutto quello che hai addosso, non ce la faccio proprio più quando vedo un diamante tanto perfetto così coperto, quando ti vorrei ammirare in ogni tuo angolo senza nulla ad ostruire la visuale.» disse a voce bassa e roca il grigio che iniziava ad avere una ricrescita nera, facendo scontrare i loro nasi con finezza, per quanto fosse fine e pure ciò che avevano intenzione di fare.
Inoltre erano in pieno giorno, nell'ufficio di Jimin, con tutte le carte in origine poste sulla scrivania, che erano state spostate per terra senza alcuna particolare cura poiché quello spazio serviva a Yoongi per posizionare Jimin.
Stava già esplorando il suo minuto corpo con entrambe le mani, tastando i suoi addominali ed avvertendo qualcosa sotto il suo basso ventre che si muoveva con libidine, assieme ai centinaia di brividi che lo attraversavano da capo a piedi.
Poggiò le mani sulle ginocchia del biondo al fine di fargli tenere le gambe aperte, mentre si occupava del togliergli la giacca, gettarla all'aria, permettere ai loro corpi di essere sempre più vicini.

«Non sei ancora stanco di ciò che abbiamo fatto ieri?» gli chiese con un sorrisetto Jimin, mentre alzava il collo verso l'alto mentre teneva gli occhi chiusi ed assaporava la sensazione della bocca umida che prendeva a baciargli tutta la pelle biancastra.
«Come potrei mai essere stanco di te?»
«Ormai ci hai fatto l'abitudine.»
L'altro annuì con un mugugno, che risultò essere spezzato dall'ansimo che fuoriuscì dalla sua bocca, mentre i suoi calzoni diventavano ben troppo stretti per contenere la sua eccitazione: prese esasperato quel paio di pantaloni di Jimin e senza attendere altri attimi li calò giù, lanciando anch'essi dall'altra parte della stanza. Yoongi si concentrò a baciare una zona in particolare del collo dell'editore, procedendo con l'utilizzo dei denti, causandogli dunque il primo segno rosso. Poi il secondo, poi il terzo, mentre la sua eccitazione aumentava mentre portava una mano nei calzoni di Jimin, provocando degli ansimi ad entrambi.
Yoongi si sfilò la sua camicia e il resto, rimanendo con il solo intimo; lo stesso fecero per il biondo, il quale poi fu il primo ad essere completamente svestito, adatto per essere contemplato in tutta la sua perfezione e completezza nelle forme.

L'avrebbero benissimo fatto sulla scrivania e sporcato tutti i fogli lì accanto, ma non era abbastanza comoda, per cui dovevano solamente arrangiarsi, dato che aspettare fino a quando sarebbero tornati a casa per la sera era proprio fuori questione: chi avrebbe atteso così tanto, se potevano farlo in quel preciso momento?
Ansimarono assieme, Yoongi che non smetteva di dare eccitazione al ragazzo e di conseguenza solamente vedere la faccia di Jimin così sollevata, ma allo stesso tempo colma di dolore e fatica, era una visione paradisiaca, che a sua volta era in grado di trascinarlo nel cielo e di farlo perdere tra le nuvole.

«Sei così bello oggi. Sei più bello di tutti gli altri giorni in cui sei bellissimo.»
«È perché mi vedi per intero di nuovo, senza alcun filtro. Ogni volta che accade io sono più bello del giorno prima e di tutti gli altri giorni. Baciami ancora.»
Obbedì alla sua richiesta, nel frattempo che la sua mano era ancora intenta a cercare di far venire il minore il prima possibile, attraverso i suoi abili movimenti.

«Non entrerà nessuno, non è così?» chiese poi conferma Yoon, dato che entrambi non avevano addosso nulla e tutti gli indumenti erano stati lanciati nelle parti opposte della stanza.
«Siamo da soli. Questo piano dovrebbe essere completamente vuoto, ho dato ordini di non disturbarmi per nessuna ragione, neanche le più importanti.» sussurrò sulle sue labbra avvicinando le sue braccia attorno al collo del grigio, finendo per poi dargli un ennesimo bacio colmo di passione, come se tutti gli altri fossero stati solamente un piccolo assaggio di ciò che era in grado di fare. Gli morse il labbro, intraprendente, inclinando la sua testa e tenendo le palpebre chiuse con dolcezza, emettendo tutti quei suoi innumerevoli mugugni.
«Che vuol dire "dovrebbe"? Che non hai la piena certezza che rimarremo da soli?»

«Certo che la ho. Ho avvisato tutti i dipendenti di starmi alla larga, dato che dovevo finire un lavoro molto importante e non avevo intenzione di essere disturbato.»
«E Seokjin? Non hai paura che entri in questa stanza senza neanche bussare e ci veda in queste condizioni?»

Jimin ridacchiò sulle sue labbra, senza smettere di baciarlo con foga, quasi non fosse in grado di sopravvivere senza esplorare tutta la sua bocca.
«Sei esagerato. Ormai il capo non si può più chiamare tale, non si affaccia quasi più, dà a me ogni compito, non serve più che mi consulti con lui. L'unica cosa che fa è assumere o licenziare qualche dipendente, ma se avesse smesso di esercitare anche questo potere, avrei potuto benissimo considerarmi io il direttore di questo posto. Devo dirti la verità, Yoongi: qui non è più come un tempo, l'aria è cambiata, la passione per la scrittura e la letteratura sembra essere affievolita in tutti quanti.»
«Anche in te?»
«Sento di essere cresciuto. So che non è più come un tempo, lo avverto proprio sulla mia pelle. In passato, quando sono entrato qui dentro, ero un ragazzino e ti ricordi anche tu la grande euforia e l'emozione di un ventenne che è riuscito ad avere un ruolo importante fin da subito.»
«Te lo sei meritato, del resto. Ricordo i tuoi intensi studi privati negli anni passati: ti viene in mente quella volta in cui per farti uscire di casa ho dovuto lanciare delle uova contro la tua finestra?» il maggiore ridacchiò accarezzando i capelli all'altro, che rispose con una piccola risatina, divertito al ricordo, che però mascherò con un broncio. «Stavo studiando la matematica ed era interessante, avresti dovuto aspettare la sera e saremmo usciti assieme.»

Yoongi alzò un sopracciglio «Come se tu non avessi voluto uscire con me ad ogni ora del giorno.»
«A quei tempi no» gli fece una linguaccia con dispetto, ma poi si avvicino di nuovo a lui e fece scontrare i loro nasi.
Faceva freddo, in quella giornata, ma i loro corpi erano abbastanza accaldati che a loro pareva di star vicino al caminetto, a sporcarsi con la cenere.
«E adesso sì però.»
«La lezione di matematica è finita adesso e anche i miei studi, per cui ora possiamo uscire per tutto il tempo del mondo.»
«Ad avercelo. Però quel pomeriggio alla fine siamo usciti, mi avevi lanciato un paio di occhiate omicide,-»
«Te ne lanciavo un paio ogni dieci minuti.» lo corresse.
«ma abbiamo passato una bella serata. Siamo passati vicino al Notre Dame, l'abbiamo esplorato come se fossimo dei viaggiatori, poi ci siamo tuffati nella Senna. Anzi, tu mi hai spinto per primo, poi ti ho tirato nel fiume di conseguenza.»
«Vendicativo.»
Scoppiarono a ridere assieme, per poi darsi un altro bacetto piccolo e dolce sulle labbra.

«Come sono felice che tu sia con me, adesso. Non so come avrei fatto, credo sarei impazzito se quel giorno non ti avessi riconosciuto in stazione: credo sia stato un segno del destino.»
L'altro annuì abbassando il capo e poggiando la propria testa nell'incavo della spalla di Jimin, chiudendo gli occhi ed inspirando il suo odore.
«La Baviera fa schifo.»
«Non l'ho mai vista, ma ne hanno sempre parlato bene. Ha qualcosa di caratteristico, è particolare, ha tante opere d'arte; onestamente ci proverei a vivere, sei stato molto fortunato invece.»
«Non hai capito, scemo. Fa schifo perché non ci sei tu.»

Quella frase fece sgranare gli occhi al minore e gli fece battere il cuore come non mai, poiché era la prima volta che gli diceva una frase del genere e provava così tante emozione quasi da avvertire mille formiche sotto ai suoi piedi: in Baviera c'era Namjoon, ma non c'era lui. Yoongi voleva Jimin, desiderava solamente lui.
«Sul serio?»
«Da giorni comincio a credere a qualcosa di veramente cattivo, che non avrei mai il coraggio di dire ad alta voce, perché significherebbe accettarlo. Finché questo pensiero rimane nella mia mente, non potrà mai essere reale.» sospirò, stringendosi a lui e facendosi cullare dalle sue braccia e dalle sue mani morbide, sottili e dalle dita minute.
Gli accarezzò i capelli biancastri con delicatezza.
Era stata colpa della calce, che si erano scoloriti, ma già si poteva osservare la ricrescita. «Chiudi gli occhi. Fai finta che io sia nella tua testa e che tu stia conversando con te stesso. Non starò a lungo, però tu fai finta che sia tutto reale, usa la tua voce come se non lo stessi facendo.»

Yoongi annuì, chiudendo le palpebre lentamente, allungando una mano per stringere quella di Jimin e sospirando per la seconda volta. «Forse Namjoon è stato solamente un rimpiazzo per il dolore che mi hai causato tu. Non riuscivo più a suonare come un tempo, come capitava pensavo a te. Avevo bisogno di una musa come lo eri stato in passato, ma non è mai riuscito ad eguagliarti. Quello che provo per te è unico, diverso da qualsiasi altro sentimento per qualunque altro: non sarei mai in grado di provare tutto questo per Namjoon semplicemente perché noi due siamo cresciuti assieme, abbiamo vissuto tante di quelle avventure che dimenticarmele o sostituirle con altre sarebbe ciò di più orribile che esiste al mondo.»

Aprì le palpebre, adesso parlando direttamente con Jimin: come promesso, era rimasto poco nella sua testa, solamente il necessario, e adesso Yoongi si sentiva più leggero che mai. «Stare lontano da te mi ha fatto solo capire quanto io sia triste senza il tuo sorriso, le tue idee, la tua risata, le tue mani paffute e adorabili, le tue guance, le tue labbra carnose, i tuoi occhi sottili.» si ripresero a guardare, con le palpebre socchiuse, colme di passione. «I tuoi capelli dorati, la tua voce acuta, il tuo corpo magrolino quanto possente, in grado di sostenermi, seppure dovrei essere io a farlo, poiché il più grande; le tue clavicole ben esposte che mi fanno desiderare sempre di più averti, il tuo collo pallido che potrei rendere arrossato con qualche mio morso, la tua bellezza da togliere il fiato.»
La sua voce si era fatta roca e i due si erano avvicinati ancora di più, terminando per far scontrare per l'ennesima volta le loro labbra in un bacio appassionato e colmo di foga, nel quale Jimin circondò nuovamente il collo di Yoongi.

«Per me, starti lontano, mi ha fatto capire che avevo sbagliato. Se a quei tempi ti avessi amato realmente, sarei stato pronto a sacrificare me stesso per stare con te.» abbassò il capo, non avendo il coraggio di guardarlo negli occhi date le parole appena utilizzate: non era stato un caso, sperava solamente non stesse andando troppo di fretta. E se Yoongi avesse paura a lasciare Namjoon da solo in Baviera e volesse ritornare da lui? Ormai il danno l'aveva fatto Jimin qualche anno prima e ciò era irreparabile, tutte queste preoccupazioni l'avrebbero toccato per chissà quanto altro tempo. Era stata tutta colpa sua, doveva essere meno codardo e accettare Yoongi, quel ragazzo suo amico da anni che gli aveva fatto pian piano scoprire cosa significasse essere un adulto.

«E adesso sei pronto?» gli chiese dopo attimi di silenzio con quella sua voce roca colma di speranza, che Jimin riuscì a cogliere e che fece sciogliere il suo cuore e lievitare tutte le sue speranze, per cui gli fu così tanto difficile nascondere quel sorriso sincero che si apprestava a comparire trionfante sulle sue labbra.
«Sono pronto.»

«Sei cresciuto così tanto, Jiminie. Credevo saresti rimasto sempre il mio piccino, ma adesso vedo che forse sei maturato anche più di me ed io rimango sempre lo stesso ragazzo, scontroso quanto protettivo nei tuoi confronti» gli spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, dato che stava coprendo i suoi occhi «non sarei mai in grado di rendermi conto che non hai più bisogno di essere protetto da me.»
«Scherzi, Yoon? In passato eri una sorta di fratello maggiore per me, una figura di riferimento di cui non potrei mai fare a meno, quali che siano i nostri rapporti adesso. Sono cresciuto, è vero: forse sono quasi il capo di una grande casa editrice, forse la letteratura non sarà più quel sogno come lo era un tempo, forse essere tutto il giorno a contatto con dei libri non è più un piacere enorme o addirittura un sogno come lo era qualche anno fa. Tuttavia sono pur sempre un sognatore, come avrei mai potuto tenere la fiamma dei miei sentimenti accesa per te se non ti avessi immaginato accanto a me ogni giorno di tutti i tuoi mesi di assenza come fa solamente un pazzo? Sono cambiato e ti do ragione, ma per te rimango sempre lo stesso piccolo ragazzetto che venivi a chiamare con delle uova perché troppo impegnato nello studio e avresti tanto voluto si godesse la sua giovinezza, perché accade solamente una sola volta durante la vita. Se quella volta fossi rimasto alla scrivania, me ne sarei pentito. Sono sempre io, forse, solo un po' più innamorato.»

Avendo preso il coraggio, pronunciò l'ultima frase guardandolo negli occhi, e allora i loro cuori cominciarono a battere all'unisono come non avevano mai fatto prima, quasi fosse lo stesso per entrambi.
E fu allora che si diedero il primo bacio che sigillò tutto ciò che erano loro, come se così stessero firmando un contratto inderogabile che li avrebbe tenuti assieme per il resto della vita.
Fecero circolare le loro mani per tutto il corpo, tra i loro capelli con affetto, con foga, con amore e con passione, rendendo sempre più calda quella sera di inverno che aspirava a tramutarsi nella primavera tanto attesa. Forse, erano loro la primavera: dopo la morte, dopo l'attesa e il dolore della distanza, ecco che ritornava quel tanto atteso fiore, quell'ultimo spiraglio della giovinezza che li faceva sentire più vivi e innamorati che mai, che risuonava come fossero le corde d'oro di una lira divina.
Quei tanti baci non erano solo baci, erano raggi di sole e di felicità, quella serenità che nella vita si raggiunge solamente una volta e una volta acchiappata ti rendi conto che non esiste nulla di migliore e che saresti capace solamente di cadere verso il basso, in un profondo precipizio senza fine, dato che ormai non c'è nulla di migliore del sapore delle nuvole.

In un'altra parte dell'editoria, vi era un uomo in cravatta e dalle scarpe appena lucidate, le quali gli davano un'aria di superiorità e che lo contraddistinguevano in mezzo a tutti quei dipendenti dalla paga minore e che possedevano le loro calzature tutte quante opache.
«Vai a portare subito le carte di sopra!» ordinò.
Le scarpe splendevano quanto la sua pelata, paragonabile alla roccia più levigata esistente, eppure pareva non preoccuparsi della sua apparenza. Oppure, lo nascondeva attraverso il suo carattere brusco e autoritario, solamente perché lui era il supervisore di quello specifico reparto — dove, per la verità, non lavoravano neanche tante persone.

«Il signor Park ha espressamente detto di non disturbarlo. È impegnato in un lavoro molto importante e non posso assolutamente importunarlo. Ha dato quest'ordine a tutto il palazzo e per la verità anche a voi, lui è un vostro superiore.»
L'uomo strinse i pugni e Yuqi giurò di aver visto una vena pulsante fuoriuscire dalla sua fronte, mentre prendeva a guardare con occhi stretti la povera ragazza indifesa, che indietreggiò impressionata.

«Ho appena detto ciò che devi fare e non devi osare disobbedirmi.» esclamò a denti stretti, permettendosi di prendere la manica della rossa e tirarla a sé, al fine di avvicinarla con fare minaccioso al suo volto. Dei brividi le percorsero tutta la schiena, impaurita su cosa fare con quell'uomo, che era sempre stato così inquietante e autoritario fin dal primo momento in cui l'aveva incontrato. Sperava solamente che tutto quello potesse finire in fretta, magari aspirava a un grado migliore di quello che le avevano affibbiato.
Facile, se non fosse stata una donna: le sembrava un circolo di dolore e sfruttamento senza fine, dalla quale sarebbe uscita solamente quando avrebbe deciso di abbandonare quell'impiego. E i soldi dove li avrebbero trovati?
Prese le carte, quel quasi quintale di carte posto in una pila sul punto di crollare, probabilmente diverse bozze di alcuni libri messe assieme, senza alcuna preoccupazione sulle braccia che avrebbero sollevato tutto quello.

«Signor Park-» dalle sue labbra uscì un ansimo strozzato dalla fatica nel trasportare tutta quella roba, infatti fu sul punto di bussare alla porta con un piede, altrimenti l'altra opzione era quella di urlare e chiedergli di venire ad aprire qualsiasi cosa stesse facendo. Rischiava di subire un licenziamento per quel che stava facendo, ma non lo temeva più di tanto: se le avessero ingiustamente tolto l'impiego non avrebbe dato più di tanto la colpa a se stessa.
Si pietrificò tuttavia non appena sentì la voce di Jimin — era proprio la sua, non c'era dubbio —che sussurrava un qualcosa a qualcuno, e ciò si poteva udire dalla famosa porta lasciata erroneamente aperta permettendo di scorgere ciò che stava accadendo in quella stanza. Non si avvicinò più di tanto, le bastavano le orecchie e un paio di neuroni per capire cosa stesse accadendo là dentro: aggrottò le sopracciglia e poi le alzò dalla sorpresa e incredulità. Jimin non aveva mai avuto la stoffa del capo che preferisce dare tutto il proprio lavoro ai dipendenti mentre lui andava a spassarsela; piuttosto pareva un leader che spronava tutti quanti al meglio lavoro e lui stesso era il primo a sudare sette camicie. Gli mancava solamente l'attributo di direttore accanto al suo nome, altrimenti lo sarebbe stato a tutti gli effetti.

«E adesso che cosa farai?» si sentì un sussurro da parte della voce più flebile e sottile delle due, più acuta e graziosa.
«Suppongo mi troverò un nuovo lavoro, se voglio rimanere qui con te.»
«Non puoi lasciare Namjoon da solo per sempre senza neanche dirgli come stanno le cose, è un atteggiamento sbagliato e forse un po' codardo.»
«Gli parlerò, te lo prometto, ma credo che adesso sia ancora presto. Poi si pensa, ogni cosa deve essere fatta al suo tempo.»
«Sono d'accordo, e sono anche d'accordo al fatto che tu finalmente abbia preso la decisione di stare con me. Ho sempre saputo che saresti ritornato ad essere mio, un giorno o l'altro, in un presente o in un futuro. Lui però è pur sempre una persona, con dei sentimenti, che prova dolore come qualsiasi altro, il che mi pare piuttosto normale. Cosa penseresti tu se fossi al suo posto?»
«Che Yoongi è morto mentre era in viaggio e dovrei farmene una ragione e andare avanti con la vita. Lì ci sono tanti uomini e donne di bell'aspetto in città, se trovasse qualcuno con un carattere accettabile sarebbe il massimo.»

«E se venisse a sapere che tu sei ancora vivo e che sei qui con me? Le informazioni girano, basta che divento direttore della Mabillon e subito il mio nome uscirà sui giornali e tutti quanti non si faranno scrupoli a mettere anche il tuo, se qualcuno dovesse scoprire che sei qui, che forse potrei offrirti un lavoro e che eri il famoso direttore d'orchestra Min Yoongi. A volte avere dei nomi è veramente una scocciatura, ma ciò non deve spingerci a vivere nell'ombra per sempre, te compreso. Non devi cercare un altro lavoro perché devi far finta che il vecchio te stesso sia morto, ma devi riprendere a fare ciò che hai sempre amato della tua vita, ovvero inseguire la musica, suonare il pianoforte, essere quel rinomato Yoongi. Chissà, un giorno potresti anche finire su qualche libro di testo, il tuo nome potrebbe essere conosciuto in tutto il mondo: anche alle civiltà che a noi adesso sembrano irraggiungibili, arriverà il tuo nome che sarà sempre associato ad una melodia forte e chiara. Mi correggo, tutte le tue melodie forti e chiare! Sei un genio della musica e lo sei sempre stato, fin da bambino: io ti conosco in ogni tuo remoto angolo e lo so per certo, conosco il tuo potenziale meglio di te poiché l'ho sempre saputo che eri in grado di fare tanta strada. Non voglio che tu abbandoni tutto per me e soprattutto per codardia, Yoongi.»

«Sbagli, sbagli davvero tanto a credere che sia Namjoon il motivo vero per cui vorrei nascondermi. Voglio nascondermi perché desidero avere una vita felice, e questo pensiero ho cominciato ad averlo da quando ne ho avuto la possibilità. Forse quel ragazzo è risultato essere solamente un input per capire che dovevo andare via. La musica che io amo non è così tanto commerciale, potrei continuare ad essere un genio, un grande maestro, senza che nessuno sappia il mio nome, né che guadagni nulla, né che le mie melodie vengano ricordate dalle più lontane popolazioni. Potrei rimanere perennemente a casa tua e mettermi a suonare al pianoforte e lasciare che le mie melodie impregnino solo quelle quattro mura. Mi basti solo tu ad ascoltare cosa dice il mio cuore, non mi serve un esercito di intellettuali che usano le loro conoscenze in storia della musica come specchio della loro ricchezza. Ho pur sempre una dignità, io, non voglio certo stare in mezzo a quelli, che hanno la puzza sotto il naso.»

«Continuerò a pensare che sia realmente un grande peccato e mi dispiace. Il tuo ragionamento fila, ma secondo esso anche io dovrei abbandonare il mio lavoro e vivere nella più completa solitudine: potrei farlo, se vendessi casa mia potrei vivere di rendita e nella pace assoluta, ma sarebbe difficile, molto difficile.»

«E se ci hai pensato adesso, non farlo mai più: non ti permetterò di certo di farti lasciare la tua carriera già spianata solo per un deficiente come me. Non è colpa tua se conosci gentaglia, no? Ma non devi lasciarti trascinare eccessivamente. So che tu ci sei per me ed io ci sono per te, quasi ci leggiamo nella mente, capiamo come ci sentiamo, il nostro cuore pare addirittura essere condiviso, a momenti, perché giuro di averli sentiti battere all'unisono e scandire la stessa nota. Ma io sono io, tu sei tu, ognuno di noi ha le proprie scelte, le proprie decisioni e i propri modi di pensare, e neppure quel sentimento, che, forse, potrei addirittura avvertirlo come il più prossimo all'amore, deve intralciare le nostre strade. Stai quasi per diventare direttore. Nulla vieta che un giorno farai qualcosa di così tanto importante che verrai ricordato nei libri di storia riguardanti questa casa editrice, ma anche quelli che parlano di Parigi. Hai la strada spianata per il successo, sarai un grandissimo uomo, da grande la tua folta barba bianca verrà osservata con riverenza da tutti quanti e sarai considerato un saggio anziano colto di letteratura e storia; sarai in grado di essere un punto di riferimento per chi desidera consigli di politica e per i giovani sarai la loro prima fonte di apprendimento. Se io adesso ti rovinassi, spingendo a perdere tutto, a scappare e a fare il codardo come faccio io, come non smetterei mai di fare, allora perderai ogni singola perla di questo tuo splendido futuro. Io potrei perdere tutto, tutte le mie passioni, la mia musica, che è parte di me e mio stesso sangue – sono capace di dar via tutti i miei litri di sangue! –e morire, sono davvero disposto a morire per stoltezza, per l'incapacità di prendere la migliore decisione e andare sempre da quella che più di tutte mi conviene in quell'istante. Tu non sei come me, io sono io e tu sei tu! Non sei costretto a fare errori a causa mia. La vita non è fatta per compiere delle scelte irreparabili di cui ci si potrà pentire; la vita è fatta per essere capita, prima di essere vissuta a pieno, e se ciò non accade nel migliore dei modi si rischia di finire per essere feriti da noi stessi. Sii razionale, Jimin, e sii tutto tranne che me.»

«Min Yoongi, ho lottato per averti, ho sofferto, ho patito le ferite più ardenti e dolorose, e adesso non posso neanche concedermi lo sfizio di seguirti in tutto e per tutto? Non posso neanche avere la soddisfazione di lasciare tutto quanto e dedicarmi a colui a cui tengo di più, ovvero te? No, no, assolutamente no, non se ne parla neanche: nella mia vita non voglio sbagliare con la consapevolezza di star facendo degli errori, voglio sbagliare sapendo di star facendo le azioni più corrette di sempre, devo esser certo di stare nel giusto e non nel torto, perché vivere e sbagliare significa fare esperienza e se faccio esperienza io sono felice. Io voglio solamente te, d'accordo? Voglio sentirmi amato come ho sempre desiderato, voglio che tu mi continui a baciare come le innumerevoli volte che me lo sono immaginato. E sì, Min Yoongi, hai capito benissimo quante volte mi sono immaginato io e te che ci baciavamo, magari al chiaro di luna, magari nelle condizioni più strambe, io sdraiato sull'erba e tu che pigiavi le tue labbra sulle mie stando a testa in giù. E tante sono state le volte in cui io ho immaginato noi due a fare l'amore e mi sono soddisfatto per conto mio perché tu non c'eri, eri con un altro uomo, poiché io stesso sono stato la causa del non averti più accanto. Una volta sono addirittura entrato in chiesa, sporco come sono, ed ho supplicato una grazia, ho chiesto che tu tornassi da me. Ma tu non sei tornato, Cristo non mi ha dato ascolto, mi ha ignorato e messo in coda come se stessi al bar a prendere un caffè. Per carità, alla fine sono stato servito, ma a che prezzo? Quante fatiche morali il mio corpo ha continuato a sopportare come se fossi un mulo, poiché il mio cuore non era davvero in grado di smettere di pensarti? E se credi che, ancora una volta, uno di noi si separerà dall'altro per qualche ragione, anche solo separare i nostri modi di vivere, allora ti sbagli alla grande. Se io dovessi continuare a lavorare qui, anche tu proseguirai ad essere un pianista. Se hai intenzione di vivere in maniera dissoluta, va bene, va benissimo, ma io ti devo essere accanto e non voglio affatto obiezioni. Perché è inutile credere che sia diverso, questo che proviamo è amore, è dannatissimo amore, è quel figlio di puttana dell'amore che ha osato impossessarsi dei nostri cuori e renderli sudditi di pensieri che a noi non sono comprensibili e ci ha resi l'uno fatto apposta per l'altro. Oppure no, siamo nati così e l'amore ci ha solamente spinti verso l'altra nostra metà. E al diavolo questa società che ancora non apprezza il fatto che due uomini si amino nel modo più bello che possa esistere, ovvero con verità e fedeltà. Platone, già dai suoi tempi antichi, aveva dato un suo concetto di predestinazione amorosa attraverso il mito dell'androgino, secondo il quale l'uomo era destinato a ricongiungersi con la sua metà da uomo, la donna si ricongiungeva con la sua metà di donna e infine c'erano uomini che si ricongiungevano con donne. Maledizione, perché secondo questa società io non potrei ricongiungermi con te, tu che hai veramente una metà del mio cuore? Perché non possiamo comporre uno stesso individuo, dato che entrambi siamo legati dal sentimento più forte che è stato creato ai tempi che furono? Perché non posso dire al mondo che ti amo, ti amo Yoongi, ti amo con tutto il cuore, con tutti i miei organi e ti chiedo di rimanere accanto a me e di essere mio per sempre, di non provare mai più ad andare via con un altro? Namjoon non si merita tutto questo, lo so e lo sappiamo: ma si merita di amare un uomo che è legato ad un altro? Si merita di abbindolarsi del provare la sublimità del vero amore?»

Jimin prese una pausa, abbassando il capo e deglutendo, tirando su col naso per frenare una piccola lacrima di commozione che aveva intenzione di scendere. «So che mi ami. So che ci amiamo e siamo destinati a stare insieme. Se no non sarei qui. Se non fossimo destinati, avrei perso interesse in te un mese dopo che tu mi hai abbandonato qui a Parigi: avrei sperato ancora quando tu eri ancora qui, ma dopo basta, non mi sarei scomodato a provare tristezza e agonia per un ragazzo impegnato. Eppure mi sono comportato come se fossi un fenomeno da circo e sono convinto che, se fossi un personaggio di un libro, alla gente farei pena. So che mi ami perché te lo leggo negli occhi, vedo come i nostri sguardi riescono ad incatenarsi l'uno con l'altro poiché fatti della stessa sostanza, come se fossero la stessa pietra preziosa così bella, pura, liscia, brillante, regale. I nostri sguardi danno vita e luce a qualcosa di prezioso, qualcosa che è solo nostro, qualcosa che è dettato dalle leggi dell'amore. Dimmelo che mi ami, Yoongi, esprimi tutto ciò che provi, che io so che provi dato che il tuo cuore funziona come se fosse lo stesso mio, sfoga tutta la tua anima, che io leggo a pieno. E sai perché desidero così tanto ed incessantemente che tu mi dica tutto questo? Perché ho tremendamente paura, ho il così orrido timore di starmi sbagliando, di non avere il cuore condiviso con nessuno, ma solamente rotto e a causa di questo sono stato costretto ad ammattire. Ho paura che tu ama Namjoon e che tu abbia il desiderio di ritornare da lui quando io ho un così disperato bisogno di te per essere un tutt'uno. La mia paura più grande, difatti, è quella di rimanere solo, poiché deluso da tutto quello che la vita mi ha offerto, per sempre. La vita è meschina, poiché il caso è il burattinaio e la vita ha acconsentito a svolgere questo patetico teatrino.»

«La vita è meschina, ti do ragione; scappare dalla vita è da codardi, però.»
«E tu ti sei autodefinito un codardo, prima.»
«Già, hai ragione. Mi correggo, colui che scappa dalla vita è un pazzo, il codardo è colui che si nasconde dalla vita, ci gioca a nascondino e tenta di non farsi vedere stando tra i cespugli più lontani. Ed io sono un codardo, non un pazzo.»
«Vuoi vivere, dunque.»
«Non sono un pazzo. Sì, sì, voglio vivere. Credo che le ragioni per non scappare valgano più di tutte. Magari sì, potrei lasciare il mio lavoro, abbandonare tutto quanto, ma no, ciò che ho nelle vene e nel mio cuore non potrei mai essere capace di lasciarlo come se fossero cuccioli randagi lasciati per strada. Abbandonare te e la musica significherebbe scappare dalla vita. E no, non voglio morire, perché voglio te. Smettere di vederti, permettere al mondo di farmi smettere di suonare la melodia più soave dell'universo, di cui tu sei mia musa, significherebbe morire di un lento e atroce tormento.»

«Quindi vuoi restare sempre accanto a me? Non amerai altro uomo? Amerai me?»
«Lo voglio, Park Jimin.»

Che toccante conversazione, quella che la ragazza dai capelli rossi aveva avuto l'occasione di ascoltare, con gli occhi sgranati e bocca spalancata dallo stupore: era proprio Min Yoongi il ragazzo in quella stanza con il suo superiore e il suo superiore era proprio quel Jimin tanto nominato. Da ciò che aveva potuto ascoltare e capire benissimo, Min era colui con cui Namjoon era andato nel Regno di Baviera per una fuga d'amore narrata solo nei migliori romanzi rosa, era tornato di nascosto lì a Parigi dall'uomo che amava realmente. Namjoon non era il suo migliore amico, ma era un caro amico e Yuqi non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male, consumarlo fino al dolore più atroce, ovvero quello di non rivedere mai più la persona che più si ama sopra tutte senza sapere neanche il perché. Si immaginò che, proprio in quel momento, magari lui stava sdraiato sul suo letto, incapace di muovere in singolo arto perché la mancanza improvvisa di Yoongi gli stava procurando il male più grande che si possa immaginare. Sentì un pizzicore scorrergli nelle vene: era la rabbia, ovvero ciò che combatteva per farle digrignare i denti e farle dare di matto. Si trattenne con tutte le forze che aveva in corpo, stringendo i pugni e conficcando le sue lunghe unghie dentro la carne.

Neanche chi ha il ruolo di Dio aveva il diritto di punire i suoi amici in maniera così brutale: non le importava se quello era il suo capo, ma si sarebbe vendicata verso quel biondino dei suoi stivali e gli avrebbe fatto pentire di aver detto tutte quelle parole innamorate, che avevano un'eccessiva nota di egoismo ed egocentrismo, come se lui fosse il legittimo padrone di Yoongi senza alcun rivale. E poi, Yoongi... Si sarebbe vendicata di più con lui, avrebbe tanto voluto vederlo in ginocchio ad implorare perdono! Quelle immagini la fecero sorridere malignamente, tanto da intimorirsi da sola, ma si giustificò dicendo che era realmente per una buona causa, tutta quella cattiveria e quel rancore.

Sentì il rumore dei vestiti accartocciati che venivano spiegati e infilati o dalla testa o dalle gambe; poi sentì il rumore dei passi che si avvicinava alla porta, sempre più vicini a dove si trovava lei; avvertì anche uno schiocco di labbra, cosa che le provocò un'espressione di disgusto.
«Ci vediamo domani allora?» chiese la voce speranzosa di Jimin, il quale venne immaginato da Yuqi con degli occhi grandi e il labbruccio, quasi come per far intenerire Yoongi ed aumentare le possibilità di una risposta positiva.

Il maggiore ridacchiò, dando un altro bacio, questa volta sulla guancia, al biondino.
«Non so per quanto tempo posso ancora darti fastidio a lavoro, per cui non so, se provassimo a vederci a casa tua? Lì avremmo maggiore libertà e sicurezza, ma se non vuoi non fa niente; è anche questione di comodità: quanti letti hai a casa tua? Tanti, e qui dobbiamo continuare ad usare una scrivania» si lasciò sfuggire una risatina, mentre osservava il viso di Jimin arrossato dall'imbarazzo. Ottenne una risposta affermativa, ovvio che sì, e allora si organizzarono per incontrarsi il giorno dopo fuori alla Mabillon. Yoongi avrebbe avuto una sciarpa attorno al volto in modo da non farsi riconoscere da chiunque sarebbe passato e avrebbe notato l'espressione inconfondibile di Min Yoongi, quello che era uno dei migliori direttori d'orchestra di Parigi e grandissimo pianista. Poi avrebbero percorso assieme la strada per andare a casa di Jimin, rigorosamente utilizzando delle parallele poco trafficate. Speravano in meglio, insomma, più di quello non si poteva fare.

Era rimasto solo, Jimin, quando il più grande se ne era andato ed ovviamente Yuqi aveva fatto in modo di non farsi vedere. Prima bisognava parlare con la radice del problema e solo dopo doveva discutere con chi ne era rimasto fortemente influenzato.

Quello studio era davvero tutto disordinato: carte per terra, libri messi nella posizione sbagliata, appunti e fogli radunati casualmente e senza un ordine logico, le penne lasciate tutte sparpagliate senza metterle in un contenitore apposito. Si rimboccò le maniche e, in assoluto silenzio, cominciò a mettere tutto al proprio ordine, con un sorrisetto sul suo volto, rilassato e spensierato. Era così bello ricevere tanti baci dal ragazzo che più amava al mondo e avrebbe voluto che continuasse all'infinito, che lui non smettesse mai più, che quei momenti in cui Yoongi era al suo fianco diventassero eterni. La sera dopo l'avrebbero passata a casa di Jimin! Erano passate un paio di settimane dall'ultima volta. E si ricordava di quanto fosse stato bello alzarsi la mattina e rendersi conto che lui era ancora nel letto assieme a sé, cosa che gli fece sciogliere il cuore. La sua paura più grande era quella di aver sognato tutto quanto.
Non era tanto quello di essere diventato pazzo, piuttosto il fatto che l'odore della pelle di Yoongi, il suono della sua risata, la luce nei suoi occhi, se li era solamente immaginati.

«Park Jimin.» risuonò la voce dura e fredda di Yuqi in quella stanza disordinata e immobile. Jimin sobbalzò, sgranando gli occhi e girandosi di scatto verso colei che l'aveva chiamato. Che ci faceva quella ragazza lì? No, che ci faceva qualcuno lì quando aveva dato i precisi ordini di non andare al piano di sopra a disturbarlo? Erano precisi i comandi, poiché lui voleva rimanere da solo.
Era sul punto di chiedere chi fosse lei, anche se quel viso e il nome non gli erano affatto sconosciuti. Era una bellissima ragazza, era impossibile dimenticarsi di lei e confonderla con tutti gli altri suoi dipendenti.

«Park Jimin, chiedo in anticipo scusa per la mia impertinenza,» iniziò cordialmente, ma con mento alto, schiena dritta e convinzione, in un aspetto quasi regale. «Ma le chiederei, anzi ti ordino di spiegarmi questa situazione.»

Jimin alzò un sopracciglio, perplesso da quell'improvviso atteggiamento, che non si sarebbe mai aspettato. Sicuramente aveva pensato anche che fosse una ragazza educata quando aveva accettato di assumerla, e adesso tutto quanto era cambiato e forse stava provando anche dei ripensamenti.
Sì, gli aveva dato fastidio il suo tono e l'uso della seconda persona, come se fossero cari amici e in confidenza, quando invece quella Yuqi non era altro che una delle persone che aveva assunto.
«Posso sapere cosa volete?-»

«E lasciamo stare i convenevoli,» si avvicinò velocemente a Jimin, facendolo indietreggiare a causa del suo sguardo di fuoco colmo di... odio? Era odio quello che il biondo stava osservando in quella ragazza, senza alcuna ragione?
Arrivò con la schiena al muro, forse una goccia di sudore freddo gli scese dalla fronte, dato che era inquietato dal modo in cui lei si stava comportando.
«Cosa è successo, cosa ho fatto-»

Yuqi allungò la mano al collo della camicia di Jimin e la strinse tra le dita, permettendo ai loro volti di avvicinarsi e il suo sguardo di risentimento divenne più intenso. Jimin avrebbe pure potuto pensare che lei avesse intenzione di baciarlo, se i loro occhi non si fossero incontrati e un brivido di timore non gli avesse percorso tutta la schiena.
«Credo che tu abbia assunto la persona sbagliata o che sia stato semplicemente sfortunato. Sai, proprio io ho ascoltato tutti i discorsi che tu e il tuo fidanzatino avete fatto,»

Jimin sobbalzò, granando gli occhi e sul punto di urlarle contro che non erano affari suoi e non si sarebbe dovuta impicciare, ma venne fermato dalla ragazza stessa, più celere con le parole. «e ti do una rivelazione, mio caro. Sono un'amica di Namjoon, una sua cara amica. Il mio ragazzo viveva nel suo stesso appartamento, ma poi lui ha deciso di andare via e ha scelto di rimanere con Yoongi, colui che ama più di tutto e tutti. Chi abbiamo qui, proprio il caro Yoongi, in fuga dalla sua fuga romantica e il mio caro capo ha intenzione di tenerselo tutto per sé con degli insensati discorsi sull'amore. E Namjoon, lì in Baviera, che fine farà? Che cosa penserà quando Yoongi non tornerà più, cosa penserà? Che lui sia morto?»
I suoi occhi si fecero più stretti di fessure «E, sentiamo, tu cosa faresti se cominciassi a pensare che l'uomo che ami sia morto? Daresti di matto, no, Jimin?»

«Vai via. Non sono sono affari che ti riguardano.» rispose in un tono di voce cupo, col quale cercava di rispondere a quelle minacce fatte solo con un paio di occhi.
«Certo che sono affari miei. Certo che sono affari miei!» la seconda volta lo ripeté in un tono di voce più alto e squillante, spingendo Jimin al muro una seconda volta, con tutta la forza che aveva nei muscoli delle braccia. «È da mesi che non vedo il mio amico e per miracolo sono riuscita a sapere di dove di trova. Io e il resto dei nostri amici siamo stati in pensiero e non avevamo la più pallida idea di che fine avesse fatto, ma una volta che abbiamo saputo che era nella migliore delle compagnie, ci siamo subito tranquillizzati. E devo dirti una curiosità, biondino, Namjoon e il suo migliore amico hanno litigato proprio per Yoongi. Eppure, manca poco che Egli, l'Amore, lo conduca alla disperazione. E per le pene d'amore si potrebbero fare le peggio pazzie.»

«Potrei sapere che diamine vuoi da me, ragazzina?»
«Ragazzina?» chiese in tono di sfida lei, stringendo di più la camicia tra le dita. «Ho la tua età e forse qualche mese in più e non capisco neanche perché devo sottostare ad un moccioso come te.»
Non badò ad utilizzare il peggio delle parole che quella situazione poteva permettere.
«Moccioso? Credi che dopo ciò avrai ancora un lavoro? Non ti farei neanche lavare le scale, un lavoro troppo dignitoso anche per te.» rispose Jimin con risentimento e con un tono di tangibile cattiveria.

«Ah sì? E quale sarebbe un lavoro dignitoso? Essere una puttana, allora? Vendermi per le strade per dei vermi come voi uomini?»
Si lasciò sfuggire una risatina divertita, guardandola con sfida. «Non sono parte di quei vermi, a me piace il cazzo, credo si sia capito, mia cara. Di voi sgualdrine non mi importa nulla, puoi anche togliermi dal "voi". Che fai, adesso, cogli la palla al volo e sperperi in giro questo segreto, vuoi farmi buttare fuori dalla casa editrice?»
Un'altra risata. «No, no. Che vuoi fare, separarmi da Yoongi? Ha scelto lui dove stare, ha scelto me e vuole me. E, se Namjoon fosse abbastanza maturo, dovrebbe capirlo e accettarlo. Non è colpa di Yoongi se non è lui l'amore della sua vita, no?»

«Il punto è un altro,» proseguì a denti stretti «Voi volete proprio nasconderlo, volete farlo soffrire, siete subdoli come pochi, siete cattivi e spregevoli, siete... siete rivoltanti!» esclamò con voce stridula e con ribrezzo.
«Senti, ragazzina, hai fatto irruzione nel mio studio, hai osato spingermi al muro, ti sei presa la libertà di urlarmi contro e chiamarmi "rivoltante", a me e a Yoongi, come se fossi in confidenza!»
I loro toni si alzavano gradualmente, poiché l'uno voleva prevalere sull'altra, stringevano sempre di più i pugni e le loro palpebre si erano ridotte a delle fessure.
«Fai ragionare quello stronzo e traditore del tuo fidanzatino oppure metterò le voci in giro! Basta che io raduni il mio gruppo di alleati e grandi amici, per potervi far affondare entrambi! E tu, chi avresti dalla tua parte, mio caro lupo solitario?»
«E da chi sarebbe il tuo grande gruppo che raduneresti? Credi che sia tanto stupido? Tu prova ad eclissarmi assieme alla tua allegra compagnia e io farò lo stesso con Namjoon, perché se dobbiamo andare di mezzo per quello che abbiamo fatto, ci andiamo tutti di mezzo, perché, fino a prova contraria, anche Namjoon è omosessuale e Yoongi ne è la prova schiacciante! Devi solo provarci e vi ripagheremo con la stessa moneta!»
Nel frattempo, aveva posto un dito sul petto della ragazza, spingendolo con prepotenza e con l'intento di farla indietreggiare, il tutto mentre lei gli lanciava occhiatacce di fuoco.

«Tu e il fidanzatino avete sicuramente una noce al posto del cervello! Guarda, posso anche dirti i nomi di chi mi sarebbe alleato, tanto, stolto come sei, non capirai minimamente cosa fare e comincerai a strillare come una ragazzina impaurita dal fantasma dell'armadio della stanza di mamma!»
«Ti stai offendendo da sola, mia cara, perché qui sei tu ad essere la ragazzina urlante che va nel lettone a piangere quando fa un brutto sogno!»
«E tu come lo sai, hai forse qualche prova?»

«Non ho prove, ma ho l'intuito maschile e, credici, è di gran lunga superiore a quello femminile, mille volte di più di voi che lo usate a fare le vipere e a tirarvi i capelli con poca grazia ed eleganza...»
«Quindi le donne dovrebbero tutte avere grazia ed eleganza? Questo è il pensiero di voi uomini? Le donne dovrebbero avere la schiena dritta, la testa alta e camminare aggraziate, mentre bevono una tazza da tè con delle zollette di zucchero assieme ai loro ospiti? Che portano quei grandi vestiti tutti pieni di merletti inutili che intralciano solo il cammino? Che sono dei soprammobili?»

Oh, no. Quella conversazione colma di insulti e parole sgradevoli causata dal risentimento verso le azioni che Jimin aveva compiuto nei confronti di un suo caro amico, si era trasformata in una questione personale, ormai.
Stavano litigando senza alcuni freno, minacciosi, esternando tutto l'odio e l'antipatia che, in pochi minuti, si erano procurati l'uno verso l'altra.
Se non avessero avuto la stessa età, ma Jimin fosse stato un uomo con tanta esperienza alle spalle, non gli sarebbe servito molto tempo per capire che doveva prendere quella donna impicciona per le spalle, portarla al piano di sotto e cacciarla via licenziandola e intimandole di non tornare mai più, altrimenti avrebbe fatto ricorso alle forze dell'ordine.

«Certo che penso questo, sulle donne, e penso anche altro! Altrimenti perché dovete comporre un genere a parte, se dovete emulare i comportamenti degli uomini? Mettiti un paio di pantaloni, tagliati i capelli e diventa uomo se hai intenzione di essere pari a me, cara! Che esistono a fare le donne se poi si rifiutano di fare figli e credono di non formare mai una famiglia? Le donne che si rifiutano di questo sono incomprensibili, davvero, che cosa esistete a fare?»
«Quindi tua mamma è nata solo per far nascere te, per accudirti e farti arrivare qua? Che penserebbe se sapesse che tu passi il tuo tempo con un uomo e tu stesso non hai intenzione di procurarti una famiglia?»

«Ho già i miei problemi, non mi servono figli ad aggravare tutti i casini in cui sono. Questa casa editrice è un vero bordello, fogli di qua e fogli di là, persone che ti chiamano e pubblicazioni, credi davvero che sia tanto semplice gestire questo posto pieno di incompetenti?»
Quasi si poteva vedere una vena sulla sua fronte e la sua voce si era graffiata a causa di come stava urlando e del suo malo modo di utilizzare le corde voci.
«I figli sono un problema? Noi donne diamo solamente dei problemi?» continuò, imbestialita.

«Smettila di difendere tanto te e le altre, sai che poco importano? Avrai diritti pieni solo quando non avrai addosso un gonnellone, cosa che non accadrà mai: sei nata così e così rimarrai, un po' come nella società, dove la meritocrazia è presente come un capello fastidioso nella tua buonissima zuppa. Il mondo è fatto così, ognuno nasce in una classe sociale e non può cambiarlo, anche se secondo le regole si potrebbe. Ma tu, cambiare le leggi della natura e sovrastare un uomo? Faresti ridere ai polli, non dirlo ad alta voce.»
Lei digrignò i denti più di prima. «Ah, vero, dimenticavo, cara. Anche se lo dicessi nessuno ti considererebbe. Dov'è la tua voce? Non viene ascoltata, anche se urlassi come stai facendo adesso. Metti in giro la voce su di me, ma come intendi farlo se non sai neanche come arrivare fino ai piani alti? E chi dei tuoi amichetti sarebbe così volenteroso di spingersi fin lì al posto tuo? Namjoon? Lo farebbe per poi affossarsi da solo? Quel ragazzo è sveglio e furbo, non si sprecherebbe per dar retta a te.»

Onestamente, Jimin non era di solito così acido, forse tutte quelle cose neanche le pensava veramente, ma solo con fare superficiale, influenzato dalla cultura dell'epoca. Era appurato che quella ragazza lo aveva fatto imbestialire come poche volte era successo e il fatto che non le avesse ancora dato un pugno sul naso significa che sotto sotto provava rispetto per il genere femminile. Certo, non era disposto ad usare una bottiglia come arma per difendere una donna così come aveva fatto Jungkook: c'erano modi e modi per esprimere rispetto e, quello era esagerato.

«Namjoon lo farebbe. E sai perché? Perché vedere anche te rovinato sarebbe l'unico motivo che lo spingerebbe a non soffrire per il resto della vita, poiché tradito da colui a cui ha dato tutto. Vedere voi due distrutti, la vendetta, è davvero l'unico motivo per andare avanti.»
«Questo è quello che vorresti tu, non lui! Chi altro avresti nel tuo magico sacchetto, da pescare e usare contro di me? Forse, una tua fidanzatina? Non mi stupirei se ti piacessero le donne, dato che fai tanto il maschiaccio.»
«Grandissimo sessista ed ipocrita! E, per la cronaca, potrei usare il mio ragazzo come modo per strozzarti e farti desiderare di non avermi mai risposto, perché i tuoi occhi salterebbero fuori dalla forza e poi ti rimarrebbe poco prima di schiattare!»
«Sto già tremando. Anche se sono ipocrita, sono giusto, non posso pensare acidamente? Devi per forza combattere per un pensiero omologo e una società più giusta? La società è questa, fattene una ragione, alcuni sono più privilegiati di altri e si possono permettere di pensare qualcosa e farne un'altra completamente opposta.»

«Ma che diamine, ti senti mentre parli, manchi di qualche parte del cervello, hai qualche disfunzione, qualche malattia che ti affligge? Qua stiamo parlando del tuo essere coerente con te stesso ed evitare di fare il cazzone come stai facendo. Si tratta di rispetto umano verso gli altri, cosa che tutti dovrebbero avere, anche lo schiavo più sfruttato di chiunque altro!»
«Certo, perché la principessa è in grado di mettere apposto il motore del mondo costringendolo a muoversi all'indietro. Se tutto va avanti è perché c'è qualcuno ne ha le redini ed altri sono ai loro piedi e vengono sfruttati per arrivare all'apice. Vuoi che continui lo Stato, il mondo? E allora stai alle regole della natura. È stato detto e stradetto che la democrazia è capace di mandare allo sbaraglio tutto e solo con l'oligarchia si sopravvive.»

«Chi diamine ha parlato di democrazia, non chiedo la democrazia, chiedo il rispetto! Va bene, indosso una gonna, sono ridicola a lavorare qui dentro, perché dovrei fare la mantenuta dal marito – che ancora non ho – e dovrei lasciare posto agli uomini, secondo le leggi della natura. E quando indosso abiti con una gonna voluminosa dovrei avere indosso delle trappole di Satana che non permettono neanche un movimento e non lasciano sedere sulla sedia senza provocare un dolore atroce alla schiena e al seno a causa di quel corpetto solido come la pietra. Questa è la natura, certo, con gli uomini vestiti con una comoda calzamaglia, perché tanto è normale. È natura anche che due uomini, invece, debbano scambiarsi effusioni e avere la facoltà di scegliere se generare figli o meno? Sei un grande schifoso, se avessi saputo che il mio superiore sarebbe stato una persona cosi stronza e priva di morale e coerenza, mi sarei rifiutata di entrare qui dentro per evitare di infangarmi.»
«Da secoli gli uomini hanno relazioni, così come è accaduto nel periodo classico e come è sempre continuato ad esserci, le donne lo stesso, ma quando mai hanno combattuto per mettersi un paio di pantaloni?»

«Schifoso, grandissimo stronzo, falso e ipocrita.»
«Adesso insulti perché ho ragione? Ho ragione?! Sentiamo, principessa cara, chi altri ci sarebbe in questo grande e fantomatico esercito?»
«Ti odio, Cristo santo, tua madre ti ha fatto coglione.»
Quello era troppo, va bene, era veramente troppo. La prese per il braccio e la tirò a sé, alzando minacciosamente il palmo della mano verso di lei.
«Sai che altro mi ha donato mia mamma?»
«Non oseresti.»
«Cosa ti fa credere che non lo farò? Mi conosci tanto bene?»

«Perché nulla mi fermerebbe nel dire alle persone che mi hanno vista salire qui sopra, dove di regola ci saresti dovuto essere solamente tu, che sono stata picchiata dal nostro capo, si vedrebbe dal segno rosso. E la tua reputazione, ancora una volta, che fine farebbe? La tua immacolata reputazione, macchiata come sarebbe macchiata la mia faccia dalle tue sudice dita.»
Abbassò la mano. Non l'aveva fatto per quel motivo, semplicemente perché non voleva picchiarla veramente. Persino in un momento di rabbia cieca come quello si rese conto che fare del male a qualcuno, quale che fosse il suo genere, non era affatto la risposta corretta per risolvere il problema.

«Ci sono altre persone disposte a testimoniare a mio favore: un librettista e scrittore di opere teatrali, un ballerino, il migliore di Parigi, la sua apprendista, uno scrittore in erba ed il suo amico, via dalla città per un po'.»
Jimin alzò un sopracciglio. «Ed era una risposta o una presentazione scenografica?»
«Se credi che ti darò i nomi, allora ti sbagli di grosso e sei sulla strada sbagliata, mio caro.»

Alzò un sopracciglio, scuotendo il capo. «Giustamente, che farebbe uno scrittore, usare la retorica per ammaliare le genti?»
«Che diamine, no, Jungkook è capace ma non così tanto!-»

Sobbalzò a quel nome, sgranando le palpebre di colpo, parlava proprio di lui.
Quel Jungkook.
I pensieri gli sfuggirono dalla mente, concentrandosi su Yuqi: era davvero convinta che Jungkook avrebbe sostenuto lei e Namjoon, Jungkook che era un così suo caro amico?
Ridacchiò leggermente. «Grandioso come tu abbia una bocca talmente cucita da non dire neanche il nome di un tuo amichetto. Prevedibile, comunque, chi non conosce Jungkook?»

Yuqi spalancò la bocca, comprendendo di aver dimenticato il dettaglio che si conoscessero già.
«Ironicamente, ho conosciuto Jungkook tempo addietro e grazie a lui ho potuto distrarmi dalla nuova fiamma che si era trovata Yoongi. Sei arrivata tardi e i tuoi alleati diminuiscono. Per quale motivo dovrebbe stare dalla tua parte, se anche lui ha compiuto atti omosessuali, con me, per giunta?»
Lei sbatté ripetutamente le palpebre, sentendosi una sciocca.

Jungkook conosceva Jimin, lo aveva capito insieme agli altri!
«E so anche che lui non è qui in Francia, adesso e che non potrebbe fare nulla. È lì da un bel po', di che atti dovrebbe essere testimone? Mettendolo in gioco rischiereste di coinvolgere solo Yoongi e Namjoon, nonché lui stesso nel cercare di difendersi con delle argomentazioni. Chi è la persona che cercate maggiormente di punire? Io? Nessuna punizione mi sarebbe inflitta. Giustissimo il mondo, che dici?»

«Ma perché dici un mare di puttanate, farfugli come non so cosa e i tuoi discorsi sono tutti ingarbugliati fra di loro, con tante idee diverse e una filosofia non completa, ma frantumata in pensieri contrapposti? Non pare che tu fai di regola anche lo scrittore – di regola, poi correggi tutti i testi e usi tutto ciò come tuo vanto. La tua concezione sull'omosessualità è strana e non la capisco, contrapposta a quella riguardante la famiglia.»
«Che c'è da capire? Trovo che siano corrette quelle pratiche, specialmente perché non sono molto ortodosso, non mi serve la fede che mi dice cosa devo o non devo fare, non è vera credenza. La famiglia è un'istituzione paragonabile ad uno Stato, la donna ha il compito di crearla, ne è la regina, in sostanza, e se non la creasse manderebbe in rovina tutto quanto e le generazioni future. Io sono uomo, sulla famiglia ho potere in piccola parte, non ho compito e dovere. Sembri essere tanto sveglia, ma proprio non ci arrivi a questa cosa.»

Yuqi annuì, tentando seriamente di capire il suo pensiero, che poi non aveva proprio tantissimo di contorto. Avrebbe continuato ad esserne in contrapposizione per principio e orgoglio, tenendo le braccia strette al petto e naso alto, con fare indignato.
Minsoo aveva fatto lo stesso discorso e si era posto nella stessa posizione di Jimin, eppure di lui doveva accettare il suo pensiero, di cui era completamente in disaccordo. Il suo ragazzo aveva tante altre qualità e questo suo difetto era solo una goccia in un grande mare. Forse era la caratteristica che più odiava di lui e ci sarebbe voluto molto tempo prima di perdonarlo per il litigio con Hoseok, attaccato senza rispetto della morale. Era tanto brava a farsi valere sugli uomini, ma contro di lui non osava aprire la bocca, per paura di perderlo dato il suo caratterino.

«Facciamo così, allora:» continuò Yuqi, dopo qualche secondo di riflessione. La conversazione intanto aveva perso tanti toni quando aveva assunto una svolta un tantino più intellettuale, specialmente a causa della difficoltà crescente ad urlare. «Tu e Jungkook, a quanto pare, siete amici o non ho idea di cosa voi siate o siete stati, ma lui credo che sia più stretto a i suoi due ex coinquilini. Credo che, se scegliesse a qualcuno a cui chiedere, seguirebbe la ragione, specialmente se gli andassi a ricordare ciò che tu hai detto riguardo le donne, che sono religiosamente rispettate da lui. Quindi, io metto buona parola su di te, non racconto niente di niente a Jungkook di tutto quello che è successo questa sera e dico della nostra civile conversazione, e allora tu e Yoongi scrivete una lettera a Namjoon in cui gli raccontate la verità, ammettete di essere uno schifo, e lo spingete a ritornare qui, da noi, perché lì non ha nient'altro da fare. Proposta allettante, no?»

«Tutto molto interessante, hai la mia più completa attenzione, ma devo correggerti di una cosa: tutto questo l'hai cominciato tu, io stavo tranquillamente per i fatti miei.»
Lei alzò gli occhi al cielo, con ribrezzo.
«Ma cara signorina Song, quanto ti ci vorrà per capire che non siamo noi che, scrivendo una lettera, usiamo la bacchetta magica e facciamo ritornare il sorriso al tuo amichetto? No, perché io aspetto il momento in cui tu ti renderai conto di aver detto una grandissima cazzata.»
«Perché, tu adesso sei espertissimo di un ragazzo che neanche conosci?»

«No, non fingo neanche di esserlo, però ho anch'io dei sentimenti e semplicemente ho empatia e intelletto per arrivare a capire come si sentirebbe. Immagina che tu, un giorno, mentre aspetti il tuo caro fidanzatino, ricevi una lettera da parte della sua amante e lei ti dice che colui che ami più della tua vita ha scelto lei e non te, mentre lui ti conferma che ha perfettamente ragione. Tutte le speranze che avevi si frantumerebbero e avresti un peso allo stomaco che porteresti mesi e mesi, per più di un anno avresti una cicatrice e piangeresti al suo ricordo, di come lui ti abbia scaricato nel modo più cattivo che ci potesse essere. Sembra che sono io, tra noi due, l'amico, quando invece mi importa di lui solo perché ci sono di mezzo e per bontà d'animo, non per senso di colpa. Non è colpa mia se Yoongi è sempre stato destinato a me e mi ha sempre desiderato da anni ed anni, era destino che finissimo assieme: io non faccio nulla di male. Una lettera è l'errore più madornale che si possa fare, solo perché sei così egoista che desideri che quel ragazzo torni da voi come ai vecchi tempi. Ma i vecchi tempi non esistono più, la nostalgia distrugge solamente e credo che io l'abbia provato sulla pelle più di qualsiasi altro essere umano. Quindi, ti consiglio di pensare per il suo bene e risolverla nel modo in cui lui starebbe meno male.»

L'argomento di Jimin era tutto corretto, non poteva insinuare che lui fosse nel torto e doveva ammettere che bisognava ascoltarlo e fare come lui aveva detto. Le era strano il fatto che lo stesse aiutando, ma il consiglio era ottimo, per cui sperò che le potesse dire di più.
«E dunque, secondo la tua mente avanzata,» sottolineò l'aggettivo sarcasticamente «che cosa faresti?»
Lui ridacchiò, compiaciuto «È una chiarissima richiesta di aiuto a cui sono lieto di rispondere solo per la soddisfazione.» lei alzò gli occhi al cielo, facendoli roteare, per poi tornare a guardare verso il basso con vergogna. «Magari un amico che non vede da tantissimo tempo potrebbe aiutarlo a fargli superare il momento, penserebbe ad altro. Se vuoi che lui torni qui, a Parigi, allora Jungkook deve andare a prenderlo, devono fare pace – sì, mi ha raccontato tutto quanto, in passato, e devi spingere a farli tornare qui. I vecchi tempi non esistono più, ma non significa che si possa riparare tutto quanto con dei nuovi momenti felici, molto simili ai precedenti.»

«Devo dirti la verità, non è che mi fidi così tanto di te, non posso sapere se funzionerà: ne sono in dubbio proprio perché me l'hai detto tu.» Quella ragazza aveva semplicemente troppo orgoglio e non le andava giù che lui rimanesse soddisfatto nell'averla aiutata, alla fine «D'altronde, non ci guadagneresti nulla, magari solo un po' di rimproveri da parte di Yoongi.»

«È qui che ti sbagli. Perché, dato che ti ho aiutato, l'accordo che mi hai proposto prima non mi fa avere granché: inoltre, ti aiuterò a mandare in porto questa operazione solo se in questo piano potrò rivedere Jungkook.»

Yuqi rimase di sasso dalla richiesta, come mai Jimin era davvero disposto a cedere per rivedere quel ragazzo? Quanto erano diventati amici a insaputa di tutti quanti, quanto teneva davvero a Jungkook?

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