PERSINO NEGLI INCUBI


Non so esattamente se dovrei mettere un tw oppure no ma se anche fosse non saprei su cosa quindi vi avviso che questo capitolo è un po' creepy e nada.
Buona lettura come sempre
𝑱𝒆𝒔𝒔𝑾𝑽𝒚




Sbarrai gli occhi lanciando un urlo muto mentre mi dimenavo disperata tra le coperte che mi avvolgevano stretta, come rampicanti avvolti attorno alla mia pelle che non mi permettevano di liberarmi ed allontanarmi da quel lago di sudore. Strattonai le lenzuola, disposta persino a strapparle pur di levarmele di dosso e finalmente mi districai dall'intreccio e rotolai a terra indietreggiando il più lontano possibile.

Mi appoggiai al muro di schiena e solo allora mi resi conto che, ad essere scivolosa e fradicia ero solo io e che il bollore, l'umido, l'asfissia, erano determinate solo da me e dal terrore che mi stava trascinando giù affogandomi in tutto ciò che io e la mia mente stavamo creando.

Afferrai di scatto la camicia da notte e raggiunsi frenetica i bottoni tentando angosciata di aprirli, di farli uscire dalle asole per potermi liberare anche di quella ma non avevo abbastanza pazienza e respiravo sempre più velocemente. La tolsi da sopra la testa e la gettai a terra nel buio, sentendola strusciare sul pavimento con un fruscio leggero e inquietante.

Mi guardai intorno improvvisamente terrorizzata, come se mi fossi resa conto solo in quel momento di essere avviluppata dal buio più completo e di non essere in grado di tornare al letto che tanto avevo voluto allontanare se non avvicinandomi a tastoni.

Ansimai passandomi smaniosa una mano sulla fronte per asciugarmi la fronte imperlata e mi sfregai con forza le mani una sull'altra dopo averlo fatto, come a liberarmi del sudore freddo anche sulle mani tremanti. Stavo andando in iperventilazione.

Volevo alzarmi, non volevo più essere in contatto con nulla, neanche il pavimento. Sarei voluta fluttuare fuori da tutto e rimanere sospesa per aria per il resto della notte pur di non sentire quel senso di claustrofobia e appiccicaticcio fasciante che mi stava impedendo persino di recuperare l'ossigeno dal poco di aria rimasta nella mia stanza.

Non riuscivo ad inspirare, non riuscivo a… mi pietrificai all'istante, un rumore fievole ma udibile aveva attratto la mia paura.
Sembrava qualcosa che stava grattando le pareti della mia camera ma non riuscivo a capire se dall'interno o dall'esterno, sapevo solo che non era lontano.

Mi alzai di slancio avvedendomi del fatto che, se non era lontano, qualsiasi cosa fosse, sarebbe potuto essere anche accanto a me.

Indietreggiai nel buio con il terrore cieco di pestare qualcosa di vivo, un ospite indesiderato e zampettante nella mia stanza e continuai con il minimo rumore, camminando sulle punte.

Non c'è nulla, mi ripetevo, è tutto nella mia testa come… come lei e le sue risate, è tutto nella mia tes… Balzai in avanti sentendo davvero delle zampette correre sul mio pavimento, sembravano decisamente più di quattro, il ticchettio sembrava sdoppiato, triplicato, quadruplicato.

Sembrava che non ce ne fosse solo uno di qualsiasi cosa si trattasse, ma di un'intera colonia, un brulicare di zampette disgustose pronte a camminare su di me e moltiplicarsi sulla mia pelle.

Quando il lenzuolo mi sfiorò il polpaccio tanto leggermente da sembrare le ali di qualcosa mi sentii morire. "Tutto questo è ridicolo" sentii in quel momento "Non puoi aver paura di qualcosa che non c'è". Non osai guardarmi intorno per non muovere la testa "È solo un lenzuolo". Spostai la gamba per sentire se era ancora lì, c'era. "Datti un contegno e siediti". Non sapevo cosa fare e il fatto che il sentire una voce nella mia stanza non mi preoccupasse, era preoccupante.

Forse era perché percepivo una certa somiglianza con una voce già sentita e l'unica cosa che provavo era l'agognata calma che cercavo da chissà quanti minuti. Ubbidii e mi sedetti sul mio letto per poi alzare lentamente i piedi e poggiare anch'essi sulle stesse lenzuola che avevo quasi strappato prima.

Aspettai altre istruzioni ma la voce era scomparsa esattamente come era apparsa e l'unica cosa che riuscivo a fare era scervellarmi per capire di chi fosse e perché l'avessi sentita, non c'era nessuno nella mia stanza, ne ero sicura, quindi anche la voce era nella mia testa ma di chi era.

Chiusi gli occhi per concentrarmi ma l'unica cosa che udii furono un altro paio di ticchettii "È tutto qua dentro". Sentii quasi una folata di vento che mi accarezzava la fronte "Non c'è niente in tutto questo di reale, neanche tu". Sbarrai gli occhi, di nuovo. No.

♧︎︎︎ ♧︎︎︎ ♧︎︎︎

Ero nella mia stanza, come prima, anzi no, non come prima. Ero sotto le coperte ma non ero sudata, non sentivo caldo né freddo, non ansimavo, non c'era niente che non andava. Tesi l'orecchio d'impulso ricordandomi degli insetti ma non ne avevo bisogno, la luce filtrava dalle imposte chiuse a tapparella e potevo vedere bene ciò che mi circondava senza dovermi affidare solo al mio udito. Mi sporsi il minimo, non c'era nulla. Mi aspettavo di sentire la voce dirmi "Visto? Avevo ragione" ma non c'era neanche quella.

Spostai le coperte da sopra le mie gambe in maniera robotica. "Era tutto un sogno" ero stata io a dirlo "Un sogno dentro il sogno" stavo parlando da sola "Un incubo dentro un'altro più che altro". Mi guardai intorno impassibile. Solitamente ero in grado di interpretare i miei sogni quindi dovevo essere in grado di farlo anche con quello.

Mi sedetti a gambe incrociate e appoggiai i polpastrelli sulle tempie tenendomi la testa mentre mi guardavo le cosce coperte dai pantaloni.

Prima parte del sogno, meglio non ricordarla, sapevo già perfettamente cosa significava ed aveva perfettamente senso il fatto che avesse infestato i miei sonni la notte del giorno in cui avevo rivangato tutti quei ricordi, quella parte era a posto, non aveva bisogno di ulteriori approfondimenti.

Seconda parte del sogno; caldo, sudore, mancanza d'aria, ansia, claustrofobia, terrore, insetti, rumori, voce. Sembrava stessi giocando ad indovina la parola, partendo dagli indizi ma non ce n'era una che si collegava a tutti, ce n'erano di più. Un intero discorso, il suo discorso.

Solo le sue parole, quelle che mi aveva detto il giorno prima in quella stanza sconosciuta della scuola che non sarei neanche stata in grado di ritrovare, potevano ricollegarsi a quel sogno.

Gli insetti erano i parenti, fastidiosi e infestanti. La sensazione di claustrofobia, il calore e il sudore freddo invece erano ciò che probabilmente sua sorella le faceva provare come anche a tutti gli altri. L'ansia doveva essere quella dovuta alle pressioni della famiglia, il terrore era comprensibile. La mancanza d'aria e quella dannata maschera di plastica andavano a braccetto nella mia testa dall'inizio dell'intera scuola.

I rumori erano l'unica cosa che non potevo capire ma non c'era dubbio potessero riferirsi a qualcosa che la riguardava e la voce, la voce era la sua, era per quello che l'avevo riconosciuta lontanamente familiare, era stata lei a parlarmi.

Dunque l'intero incubo, prima e seconda parte, si articolava attorno a lei, Ririka Momobami, che se prima era stata solo un'ombra di circostanza che non avevo mai realmente calcolato, ora era diventata persino il centro dei miei sogni.

Mi passai una salvietta umidificata sul viso anche se ero conscia di non aver sudato e scrollai le spalle rilassando muscoli non contratti, era tutto inutile ma farlo mi rilassava combattendo l'ansia che invece ancora avevo.

Sospirai, se era lei a dover temere tutte queste cose, perché ero stata io a sognarle e perlopiù sognarle così intensamente da non rendermi neanche conto di non essermi svegliata veramente ma di essere invece fintamente sveglia nel sogno precedente. Mi alzai dal letto e raggiunsi la porta per andare a spruzzarmi un po' d'acqua sul viso come facevo in passato ogni volta che facevo incubi vividi, come mi aveva insegnato a fare mia nonna, la aprii lentamente e urlai.

♧︎︎︎ ♧︎︎︎ ♧︎︎︎

Una mano mi tappò la bocca di slancio "Shhhhh" mia madre si mise un dito sulle labbra "Ero venuta per controllare che diavolo stessi facendo, si sentono continui sgocciolii da venti minuti" La fissai con gli occhi ancora fuori dalle orbite ma mi allarmai all'istante non appena parlò.

Non era la voce di mia madre quella che aveva parlato appena in quel momento.

La figura all'incirca alta dieci centimetri meno di me si voltò automaticamente e cominciò a ciondolare da un piede all'altro mentre si spostava in avanti battendo i piedi per terra.

La fissai  tentata di fiondarmi in camera mia e chiudermi a chiave fin quando l'incubo fosse finito per davvero, perché era quello che sembrava, il continuo dell'incubo, ma la mia camera non mi sembrò più un posto tanto sicuro nel momento in cui vidi un'ombra enorme passare sulla testiera del letto e il ticchettio farsi tanto forte da perforarmi i timpani.

La figura di fronte a me cominciò a saltare pestando i piedi sul parquet tanto forte da farmi pensare che da un momento all'altro si sarebbe sfondato e sarebbe caduta di sotto visto che si trovava sulle scale.

"Mary" si voltò lentamente e io mi guardai intorno di scatto, cercando immediatamente ad una via di fuga ma non appena guardai verso il resto del mio corridoio lo vidi serrato da una gigantesca porta seicentesca, sbarrato da un cancello.

"Non posso crederci" stavo per urlare ma prima che quella che doveva essere mia madre si voltasse del tutto verso di me venni tirata indietro da una mano minuta e la porta della mia camera si richiuse di fronte a me. Avevo il terrore di girarmi ma la stessa voce della mia testa si fece strada nel silenzio ormai abbandonato persino dal ticchettio.

"Mary ti devi svegliare, ora" Mi voltò verso di sé. Era la vicepresidente, una diversa da quella del primo incubo, ora eravamo già al terzo.

Quella del primo mi rideva in faccia con una bocca più larga del normale, mi minacciava di morte circondata dal resto del clan Momobami, persone mai viste che però ero stata in grado di visualizzare nella mia testa, probabilmente persone che non esistevano neanche.
Una miriade di volti sconosciuti che ci circondavano mentre lei, affiancata da sua sorella, mi sorrideva inquietante con le orbite vuote riempite da dadi numerati e le mani e braccia ferite da carte da gioco insanguinate che spuntavano dalla carne conficcandola.

La vicepresidente del primo incubo mi umiliava di fronte a tutti i presenti inveendo contro di me e aggravando la situazione già terrificante parlando di tutto ciò che io le avevo detto in confidenza come se fosse nient'altro che un gossip fatto per essere condiviso e sminuito.

Tutto questo dimostrava chiaramente che soffrivo di forti problemi di fiducia ma era stata la fine dell'incubo a confondermi.

Mi ero ritrovata in un corridoio interminabile e completamente buio, sapevo che era un corridoio perché avevo toccato il muro e mi ero pentita di averlo fatto perché non era fatto di calcestruzzo ma di qualcosa di appiccicaticcio e maleodorante che non ero riuscita a identificare ma che non mi ero assolutamente dilungata ad esaminare.

Non appena le mie dita si erano appiccicate alla sua materia si era illuminato gonfiandosi e rivelandomi che ero circondata da due pareti che andavano avanti e indietro all'infinito.

Avevo giustamente deciso di sedermi a terra e aspettare che qualcosa succedesse visto che il terreno sembrava l'unica cosa non viva del posto ma ad un certo punto due esseri con sembianze mediamente umane erano comparsi colpiti da due occhi di bue in due punti imprecisati del corridoio; davanti e dietro di me, più o meno alla stessa distanza, circa 100 metri ed erano rimasti esattamente immobili a fissarmi.

Non ero neanche riuscita a vedere se effettivamente avessero o meno gli occhi. Sapevo solo che non avevo assolutamente via d'uscita e che non valeva la pena neanche alzarsi.

Le due figure avevano iniziato a correre verso di me, poi camminare e infine gattonare emettendo versi bestiali spaccatimpani e quando erano state abbastanza vicine avevano iniziato a cambiare, avevano assunto i volti di tutti i ragazzi della Hyakkaou che sapevo di aver visto e per ultimo, senza dimenticare nessuno, erano entrambi diventati me. Mi avevano dato un bacio disgustoso ciascuno sulla guancia e si erano disintegrati scaraventandomi nell'incubo della mia stanza.

Tutto questo dopo che la prima vicepresidente incontrata mi aveva fatto temere per la mia vita, prima che mi rendessi conto di essere in un sogno, tempo dopo.

♧︎︎︎ ♧︎︎︎ ♧︎︎︎

Guardai negli occhi la Ririka che mi ritrovavo davanti, di certo non potevo fidarmi di lei come di nient'altro di ciò che viveva nel mio subconscio. "Lasciami" sibilai levandomi le sue mani di dosso, impedendole di scuotermi ancora. Lei mi guardò preoccupata "Per favore, devi ascoltarmi, non voglio farti del male" " L'hai già detta anche nel primo incubo questa cosa" le rimbeccai avanzando per farla indietreggiare, nonostante il suo aspetto e la sua espressione tecnicamente vicini alla realtà non mi sarei stupita nel vederla trasformarsi nel mostro del ticchettio da un momento all'altro.

"Ma nel secondo no vero? Non te l'ho detta, ti ho aiutata e basta non è vero?" mi ricordò. Tacqui. "Devi uscire dal cerchio" ripeté guardandosi intorno preoccupata "Cosa?" "Questo cerchio di incubi è un circolo vizioso, non ha senso ed è proprio per questo che è pericoloso, devi uscirne ora prima di uscirne matta. Devi svegliarti".

Alzai gli occhi al cielo, avendo ormai esaurita anche la pazienza "Ma certo, grazie per avermi dato un consiglio utile che mi salverà la vita". Lei mi guardò e io sbuffai aspettando che iniziasse la sua metamorfosi, tanto più terrorizzata di come ero stata prima non potevo essere, ma non accadde nulla. "Che c'è?" mi arrischiai a dire fissandola negli occhi. Lei continuò a guardarmi imperterrita tanto che quando parlò mi presi un infarto.

"Devi provare un'emozione forte" gridò "Ma che diavolo…" esclamai vedendola muovere dal nulla mentre fino a quello momento era stata immobile per minimo 30 secondi interi. "Che tipo di emozione?" mi limitai a chiedere mentre guardavo la porta che veniva forzata dall'esterno mentre mia "madre" cantilenava il mio nome grattando il legno con le unghie.

"Qualcosa che possiamo fare con quello che abbiamo qua dentro" si guardò intorno "Dolore?" "Non riuscirei a farti abbastanza male" "Sorpresa?" propose "Nulla può sorprendermi ormai" "Sollievo?" "Con mia madre fuori che cerca di entrare per farmi chissà cosa?". 

"Allora orrore" "Come se non ne avessi già sperimentato abbastanza" protestai "Cosa vuoi sperimentare allora" mi guardò male a corto di idee. "Se ti facessi del male ti farei qualche tipo di effetto? Pensi che sarebbe abbastanza anche se non ti rompessi nulla?" "Non avevi già scartato il dolore?" Mi fece segno di spicciarmi senza chiedere spiegazioni. "Beh direi di sì ma me lo aspetterei e non sarebbe una forte emozione"

"E se ti baciassi? Quello ti farebbe un effetto abbastanza intenso?" "Non…ne ho idea". Socchiuse gli occhi rassegnata "Non abbiamo tempo quindi se quello che ho proposto non ti convince fatti venire in mente qualcos'altro". Guardai di nuovo la porta che ad ogni secondo sembrava sempre più fragile sotto i colpi dall'esterno.

"Vada per il dolore, ma che tipo? Fisico o psicologico" "Un trauma" esclamò "Mi è venuto in mente adesso, posso ricordarti un trauma del tuo passato ma in quel caso dovrei trasportarti in un quarto incubo e sarebbe ancor peggio" "Vada per il dolore fisico" mi irrigidii.

"Vediamo… posso romperti in testa il" "Quello che vuoi" scattai guardando fisso la porta "Basta che mi svegli anche perché sogni come questi, così vividi e reali, avrei preferito non farne più da qui alla mia morte" "Chiudi gli occhi" "Scordatelo". Un colpo più forte degli altri "Ora" "Non mi fido di te" Un altro che fece tremare persino il muro "Non hai scelta" Il pugno di mia madre sfondò la porta in legno e cominciò a cercare a tastoni la maniglia "Va bene!" urlai "Li ho chiusi, ora muoviti per favore…Ririka? Ririka?" "Mary?".

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Mi alzai di scatto dal letto, di nuovo nella mia stanza, di nuovo con il sole che filtrava dalle imposte chiuse. Mi guardai in giro ancora col fiato smorzato. Controllai subito la porta, il pavimento, le lenzuola, me stessa. Gli unici posti che non setacciai furono sotto il letto e fuori da camera mia perché se avessi nuovamente scoperto di essere in un quarto incubo sarei morta veramente.

"Tesoro?". Sbarrai gli occhi pronta a saltare via, anche fuori dalla finestra pur di lasciare casa mia e quella stanza. La porta della mia camera si aprí e mia madre entrò già vestita di tutto punto come tutte le mattine "Oh, non pensavo di trovarti sveglia. Va tutto bene?" Annuii fissandola

"È ancora presto ma volevo dirti che sto andando dal signor Kagesawa, devo chiudere io il contratto per tuo padre". Annuii di nuovo. "Sicura che vada tutto bene?" Si sedette sulla sponda del letto e mi accarezzò il viso. Arrischiai un mezzo sorriso per tranquillizzarla mentre tentavo di capire se mi ero svegliata davvero, la sua carezza la percepivo sulla pelle ma anche il sudore lo avevo percepito.

"Allora ci vediamo oggi pomeriggio o stasera se non facciamo in tempo ad incontrarci per la pausa pranzo?" propose malinconica. "Sì mamma" dissi. Ero ufficialmente sveglia, questa volta ne ero sicura. Mi diede un abbraccio "Lo sai vero?" chiese alzandosi "Lo so, tutto questo cambierà e avremo tempo…" "Brava la mia Saotome-chan, sei tutta tuo padre".

Feci una smorfia, detto in quel frangente non appariva come un complimento, come anche in tutti gli altri. Mia madre mi sorrise e raggiunse la porta "Lascio aperto?" chiese. Ragionai velocemente "Sisi, tanto ormai sicuramente non riesco a riaddormentarmi" e non ho certo voglia di farlo, pensai. "Usa questo tempo per studiare allora, non vorrai certo fare una brutta impressione a tuo padre quando tornerà dal viaggio di lavoro, buoni voti Mary, ottimi" "Certo mamma" risposi mentre la porta si chiudeva anche se le avevo appena chiesto di lasciarla aperta.

Sbuffai e mi mossi dal letto solo quando sentii la porta di sotto chiudersi. Presi la maniglia e per un attimo mi venne in mente cos'era successo l'ultima volta che l'avevo aperta ma mia mamma se n'era appena andata e avevo sentito il motore dell'auto accendersi. Era rimasto tutto com'era nel sogno, il buio, il silenzio, mancava l'orrore.

Aprii la porta lentamente e sbirciai dallo spiraglio, niente. La aprii del tutto di slancio, tanto aprirla lentamente non avrebbe fatto nient'altro che uno stridio inquietante che mi avrebbe messo paura persino dell'aria che finalmente riuscivo a respirare. Nulla, giustamente. Nessuna voce, nessun ticchettio, nessuna figura, benissimo. Andai in bagno fingendo di non avere ancora l'ansia che mi trascinava indietro verso camera mia e mi chiusi di scatto in bagno fiondandomici dentro.

Se fossi stata ripresa in quel momento, la persona che guardava il video avrebbe pensato di dovermi prenotare un appuntamento presso la neurologica per curarmi in tempo ma io non riuscivo a levarmi di dosso il senso di oppressione di quei tre incubi uno dopo l'altro.

Ne avevo già fatti di così vividi in passato ma in un passato ormai immemore e ricominciare adesso dopo che finalmente ero riuscita a liberarmene non era un groppo da inghiottire con facilità.

Mi guardai allo specchio, ero uguale, uguale a come mi svegliavo dopo quegli incubi. Gli occhi spiritati, la bocca secca che smaniava per acqua che non sentivo il bisogno di bere, le mani tremanti. Mia mamma doveva essersene accorta per forza ma aveva chiaramente deciso di lasciar perdere prima ancora di chiedere, tanto sapeva che non le avrei detto niente, forse era per quello che se n'era andata in tutta fretta, perché sapeva che dovevo uscire da camera mia al più presto prima di impazzire per davvero.

Sbuffai, l'unica cosa che volevo fare era pensare a qualcosa che potesse distrarmi da tutto quello che avevo sognato. Guardai la doccia "Sì" annuii cominciando a spogliarmi. Non pensai neanche di andare a prendere l'uniforme, fortunatamente ne avevo una di scorta sempre dietro il mobile con gli asciugamani, figurarsi se sarei uscita dal bagno mezza nuda con quello che temevo di ritrovarmi davanti. Aprii il getto dell'acqua regolandolo su bollente a scroscio e aspetta che fosse davvero troppo calda prima di entrare. Non appena aprii la porta della doccia una nuvola di fumo uscí da essa riempiendo l'intero bagno di vapore. Entrai comunque.

Appoggiai con cautela il piede sulle gocce che rimbalzavano sul piatto doccia poi entrai del tutto. Il vapore all'interno era tanto denso da farmi quasi lacrimare gli occhi. Tesi la mano in avanti verso il getto ma la ritirai prima ancora di sfiorarla. Abbassai la temperatura dell'acqua e appena sentii che il calore sulla mia pelle era meno bruciante mi ci buttai sotto e chiusi gli occhi.

Era buio, esattamente come doveva essere ma era un vuoto diverso da quello che avevo sognato, era caldo senza sudore, un buio avvolgente ma accogliente. Lasciai che l'acqua scorresse su di me per minuti interi fino a dimenticarmi persino dov'ero e quando riaprii gli occhi era ora di uscire.

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