NON PUÒ FINIRE SEMPRE COSÌ

Incredibile ma vero, lo so. Due aggiornamenti in due giorni. È perché tra poco inizia la scuola e so già che mi sentirò in colpa quando riprenderò a non aggiornare per settimane e settimane di tempo dunque godetevi i bei tempi finché durano.
btw sto scherzando cercherò di continuare ad aggiornare con più costanza dell'anno scorso 

Buona lettura

𝑱𝒆𝒔𝒔𝑾𝑽𝒚









RIRIKA

"Va bene per oggi basta" dissi circa mezz'oretta dopo squadrando l'ultimo foglio di lettere che aveva scritto. Lei mi guardò da dietro di esso con aria irritata ma sconsolata "È davvero così terribile?" domandò raccogliendo la cancelleria sparpagliata sul banco. "N… non così tanto" risposi tentando di addolcire il tono per farlo sembrare meno preoccupato. Mi fissò "Ho capito" sbuffò prendendomi il foglio dalle mani seppur con delicatezza.

"C'è ancora un foglio che devi prendere" dissi alzandomi. Si voltò "Quello dei prossimi giorni giusto?" ricordò. Glielo porsi e lei riuscì a prenderlo con i denti per poi afferrare alla meno peggio tutte le cose che aveva in mano che ancora non aveva messo nell'astuccio. La guardai contorcersi in strane acrobazie per non lasciarli cadere e alzai gli occhi al cielo. "Bisogno di aiuto?" provai ad offrirmi già sapendo la risposta "No" Cocciuta come è sempre stata descritta .

Presi le mie cose e mi avviai, sorpassandola, alla porta "La maschera" mi ricordò mentre leggeva gli orari. Mi voltai di scatto e mi portai un palmo alla guancia sbigottita. Non me l'ero mai dimenticata prima di quel giorno, anzi, non me l'ero mai tolta volontariamente prima di quel giorno. Tornai indietro impettita mentre lei ancora guardava il foglio e la presi dal banco. "Grazie" farfugliai indossandola per poi tornare ad aprire la porta.

"Di nulla" rispose rimanendo momentaneamente a distanza di sicurezza prima di uscire dietro di me. "Allora… allora ci vedremo nuovamente domani alla stessa ora?" "Esattamente" dissi richiudendo. "In questi giorni proveremo a vedere se la pausa è abbastanza come lasso di tempo, se non lo dovesse essere ci fermeremo dopo scuola esattamente come se fosse un corso extracurriculare" "Cosa che non farei mai" commentò. "Proprio per questo non conoscevi questa parte della scuola" borbottai lasciandola indietro a fissarmi.
















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Prima che riuscissi a voltare l'angolo del corridoio mi sentii attirare indietro e per un momento persi l'equilibrio ma riuscii ad appoggiarmi alla sua spalla "Non si è dimenticata qualcosa vicepresidente?" domandò fin troppo vicina per i miei gusti. Mi allontanai lasciandola "Cosa?" chiesi sia infastidita che esterrefatta. Confidenze del genere non si prendevano con persone appena conosciute men che meno con quelle da cui bisognava guardarsi bene. "Il fatto di oggi" rispose con un sorrisetto furbo.

"Non dovevamo iniziare dalla prossima volta?" Si avvicinò di nuovo "Non posso aspettare fino a domani" disse entusiasta. La guardai corrucciata "Ma…" "La prego, cosa le costa? Può anche dirmi qual è il suo colore preferito, anzi, me lo dica e me ne vado subito" Rabbrividii arrossendo, come facevo a rivelare il mio colore preferito in una situazione del genere.

Abbassai lo sguardo sentendomi bruciare le guance persino più del solito e strinsi le dita attorno ai libri che avevo in mano liberando lentamente una mano dalla stretta. "Non mi sembra una domanda difficile" commentò lei con tono prudente provando a piegarsi per guardarmi negli occhi. "Io…" "Se non vuole dirmelo così tanto allora può dirmi qualsiasi altra cosa" mormorò mortificata tendendo una mano per sfiorarmi ma ritirandola subito dopo.

Tirai su la testa imbarazzata dal mio stesso imbarazzo, mi sentivo umiliata dal fatto di non essere in grado del tutto di parlarle a quattrocchi; eppure non c'erano stati numerosi momenti durante quell'oretta di studio in cui avevo avuto problemi ad averla così vicina, ad eccezione di quando le avevo preso senza pensarci le mani tra le mie per poi infossare la testa nella camicia per non farmi vedere, quando si era seduta accanto a me prendendomi per sbaglio dentro il braccio non appena eravamo entrate, quando era rimasta a fissarmi ammirata appena mi aveva vista con gli occhiali indosso, quando aveva sorriso vedendomi incerta dopo avermi chiesto di raccontarle di me…

Sospirai internamente semplicemente  perché non potevo farlo in quel momento senza esplodere e puntai nuovamente gli occhi nei suoi. Ecco, era quello il problema, quando ero costretta a guardarla negli occhi non ero più in grado di mantenere il contegno e prendevo decisioni pessime come quella di accettare la sua proposta. Erano i suoi occhi a confondermi ma erano anche…

"Questo" indicai guardando ancora in basso un punto imprecisato del suo viso e lei mi prese la mano "Il colore delle mie labbra?" chiese confusa. La guardai di scatto e scossi la testa impacciata per poi alzare il braccio indicando la sua iride. Fissò prima il mio dito poi i miei occhi nascosti dalla plastica ma pur sempre visibili. "Il colore dei miei occhi?" chiese seria. Voltai la testa e ritrassi la mano dalla sua e da lei. "A quanto pare" replicai a denti stretti.

Rimase immobile a fissarmi, imperturbabile. "Lo sta dicendo solo per compiacermi vicepresidente?" chiese alla fine. Sbarrai gli occhi. "Cosa?" esclamai profondamente offesa. La fulminai con lo sguardo "Lo sto dicendo perché è la verità" "No, non lo è" mi contraddí. Mi voltai verso di lei "E tu saresti in grado di verificarlo?" la attaccai guardandola, sempre più vicina e sempre più irritata. "Si tolga la maschera e me lo ripeta allora" mi sfidò imperterrita. Strinsi la mandibola battendo i denti e mi guardai in giro prima di togliermi la maschera con un gesto iroso.

"Non ti accorgi di come non riesco a guardarti negli occhi?" le sibilai a poco dalla sua faccia "Questo non vuol dire che le piacciono i miei occhi" replicò. Feci una smorfia attonita rendendomi conto dell'assurdità del suo discorso e la squadrai analizzandola. "Cosa vuoi che ti dica?" chiesi alla fine incrociando le braccia di fronte al petto.
Rimanere senza maschera, seppur in quel corridoio praticamente abbandonato, era la peggior idea che potessi avere ma se c'era una cosa che non tolleravo era che mi venisse dato della bugiarda, perlopiù da una ragazza che non conosceva nient'altro che il mio nome e cognome. "Perché questo dovrebbe essere il suo colore preferito vicepresidente?" disse alzando un sopracciglio. Rimasi in silenzio.

"E perché non dovrebbe esserlo?" "Perché non è in grado di guardarmi negli occhi neanche per più di 5 minuti" sussurrò. Feci una smorfia. Era qui che voleva andare a parare? Fin dall'inizio? "Dovrebbe essere una colpa?" "E di cosa? Vorrei solo che fosse sincera con me, dopotutto le ho chiesto un fatto autentico" Sbuffai spazientita "Mi piace perché è profondo, perché mi ricorda il colore degli occhi di mia nonna, probabilmente una delle poche persone che sono riuscite a tenere abbastanza a lungo nascosto l'affetto nei miei confronti per non essere allontanata prima che mi affezionassi e mi distrassi dal gioco d'azzardo. È bello perché sono sempre stata attratta dai colori autunnali e quello dei tuoi occhi ricorda quel tipo di foglie che vengono scambiate per secche perché ingiallite ma che in realtà sono di quel colore naturalmente e rimangono intatte e indisturbate proprio perché nessuno si azzarda a toccarle.

Mi ricordano che tu, esattamente come quelle foglie, sei praticamente intoccabile. Nessuno verrà mai ad infastidirti se non sei tu a permetterglielo ad eccezioni di coloro che ti superano in status sociale all'interno della scuola; persino gli studenti degli anni superiori ai tuoi si guardano bene dallo scommettere con te, che siano talentuosi nel gioco d'azzardo oppure no.

Mi piacciono perché sono un colore tanto insolito e raro che sembra impossibile siano reali, impossibile che siano in grado di guardare qualcosa o qualcuno eppure ogni volta che li incontro, ogni volta che mi guardi, sono costretta ad aprire i miei e rendermi conto che sono proprio di fronte a me, vivi, incuriositi, intensi e traumatizzanti. Se per caso avessi pensato che mentivo semplicemente perché non li guardo spesso, sappi che non sai neanche di cosa stai parlando… non hai idea di cosa significhi per me rivedere nei tuoi occhi la mia vita sgretolarsi al suono di poche parole dette proprio da te".

Mentre parlavo lei indietreggiò sempre di più facendosi sempre più piccola insieme al suo ego e alla sua strafottenza fino a quando non pronunciai l'ultima parola e lei finì contro il muro dall'altra parte del corridoio. Irrigidii la mandibola e lei deglutí desiderando di poter distogliere lo sguardo, divorata dal senso di colpa e dall'umiliazione. Sbuffai e mi sfregai le mani tra loro.

"Immagino di non essere stata l'unica persona a dirti queste cose sugli occhi ma sappi che i miei non sono complimenti" misi in chiaro prima che fosse in grado di dire qualcos'altro anche se non sembrava capace di proferire parola  "Ho solamente risposto alla tua domanda visto che ti sei azzardata a darmi della bugiarda, ti raccomando Saotome…" dissi mentre mi voltavo

"Sta attenta a ciò che insinui, il fatto che tu sappia ciò che non dovresti non ti permette di controllare né le mie parole né le mie azioni. Non saprò mettere in soggezione o incutere timore come fa mia sorella ma credimi, proprio perché appaio innocua posso stupirti nell'essere molto peggio di quanto ti aspetti, ricordati che il rispetto non lo merita solo chi ti mette paura" detto questo rimisi la maschera e me ne andai.















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Percorsi tutti i corridoi con la certezza che non si sarebbe mossa da dov'era almeno finché non avesse la certezza di non poter incappare nuovamente in me per i corridoi e mi recai nel bagno dell'ufficio di mia sorella.

Non appena mi chiusi a chiave mi guardai allo specchio, avevo un'espressione mai vista su di me; a metà tra quella di mia sorella in grado di far impallidire persino il più imperturbabile dei giocatori e un espressione più calma e dolce, come se volessi farle capire che mi aveva fatto un torto ma non volessi spaventarla, il che era vero ma a quanto pare non ne ero riuscita per niente. Avevo rivisto nei suoi occhi una sorta di espressione terrorizzata, mortificata, avvilita e colpevole che avevo visto indosso ad una sola altra persona, per la prima e ultima volta.

Sbattei le palpebre e mi venne quasi da ridere, o da piangere. Non era possibile che la maggior parte dei nostri incontri finisse o così o con qualcuno che singhiozzava.
Non eravamo fatte per andare d'accordo a quanto sembrava, o almeno, quando parlavamo di noi stesse.
Forse la soluzione era evitare la personalità per andare d'accordo, rimanere professionali e distaccate fino a quando era necessario e andarsene senza essersi né prese né date niente quando non serviva più.

Socchiusi gli occhi. Era un pensiero egoista e codardo contemporaneamente; egoista perché in questo modo l'avrei privata di qualcosa che sembrava volere e codardo perché privavo me di quello che altrettanto mi incuriosiva solo per non rischiare.

Non mi ero mai trovata prima a fare discorsi del genere nella mia testa, d'altronde non avevo mai avuto da risolvere grattacapi del genere, non mi ero mai sentita costretta ad imparare come avere a che fare con la gente dato che non lo facevo. Ma ora? Davvero dovevo impegnarmi per essere me stessa? Per non comportarmi come ero stata abituata da mia sorella? Come lei mi aveva detto di fare ogni volta che qualcuno sorpassava anche di poco il "limite"?

Era già la seconda volta in due giorni in cui finivo per sminuirla fino a farla chiudere in sé stessa senza parole da dire o forza per pronunciarle e non mi faceva piacere farlo. Stavo facendo quello che avevo sempre pensato di non poter fare, usare il mio stato per farmi rispettare ma non era quello ciò che volevo, volevo solo che lei mi trattasse come desideravo e non perché ero la vicepresidente o perché la minacciavo ma perché non mi meritavo questo per torti che non le avevo fatto.

Tra l'altro non avevo mai minacciato nessuno in vita mia, non ero in grado di fare niente senza il consenso di mia sorella, non ero assolutamente una persona da temere sotto quel punto di vista ma questo nessuno lo sapeva. Forse glielo avrei dovuto dire, così avrebbe saputo che non aveva niente di cui avere paura da parte mia, ma così magari avrebbe potuto anche approfittarsene e comportarsi esattamente come voleva quando voleva.

Mi stropicciai gli occhi ed uscii per poi sedermi sulla poltrona accanto alla scrivania. Mi presi la testa tra le mani.

Era improbabile che l'avessi spaventata tanto da farla desistere dal continuare le lezioni ma di certo non era il caso di rischiare di spingerla fino all'eventualità.
Guardai verso l'alto. L'ultima cosa che mi sarei aspettata da me stessa era di dovermi preoccupare di trattare troppo male qualcuno, di dovermi preoccupare dei probabili sentimenti feriti di qualcuno di diverso da me ma dopotutto non ero io l'unica che poteva soffrire.





Ripercorsi gli ultimi giorni ma mi fermai incredula per considerare il fatto che tutto questo era partito dal fatto che mi aveva chiesto quale fosse il mio colore preferito e quando avevo risposto, durante un leggero attacco di panico da imbarazzo, aveva persino avuto l'audacia di dirmi che non fosse vero. Sbuffai sbalordita, non pensavo di essere così permalosa, oppure semplicemente non avevo mai avuto bisogno di esserlo. Strofinai il dorso della mano sulla fronte e guardai il soffitto, ora che ci pensavo meglio dicendomi che non credeva fosse vero mi aveva chiesto se lo stessi dicendo per compiacerla ma non capivo cosa intendesse. Mi sistemai sulla poltrona.

Avevo seguito un filo conduttore talmente intricato che non sapevo più neanche a cosa stavo cercando di giungere con tutti quei ragionamenti. Volevo solamente che i miei incontri con Mary non finissero sempre male da farmi chiedere perché volessi rimanerle comunque accanto se tanto finivamo ogni volta per insultarci e poi chiederci scusa. Chiusi gli occhi tenendo il braccio sulla fronte.

Scoprirò perché rischio così tanto per conoscerla e starle accanto quando sarà troppo tardi, accettai sconsolata. Le avevo persino risposto alla domanda , dicendole che il mio colore preferito era diventato quello dei suoi occhi da quando li avevo sognati la notte del giorno in cui aveva scoperto chi ero. Scossi la testa.

Attratta dal pericolo, mi vennero in mente le parole che mi aveva detto una volta mio padre, una delle poche in cui aveva rivolto la parola a me senza sbagliare scambiandomi per Kirari.

"Tutta la nostra famiglia lo è" aveva detto con finta aria grave, poi aveva sorriso, "Ed è proprio così, rischiando ed uscendone vincitori, che riusciamo ad avere il controllo di tutto, persino delle partite e quindi della vita del nostro sfidante. Nonostante tutto, avremo sempre il coltello dalla parte del manico". Feci una smorfia. A quanto pare il mio coltello aveva due manici e l'altro lo teneva lei quindi o in realtà non avevano lame o entrambe ne avevamo una puntata contro.

Mi alzai in piedi e mi guardai intorno. Entrambe le cose che le avevo rivelato, sia i sentimenti che mi provocava guardarla negli occhi che le false minacce, non le avrei dovute dire, ma ormai non c'era ragione di rimuginarci su. Era assolutamente inutile ed infantile fare pensieri del genere, la mia era una reazione più che esagerata, avevamo solo bisogno di lasciare da parte l'ego per un po' e accettare di avere di fronte una persona che a volte si permetteva di dire qualcosa in più, nient'altro.

Uscii dall'ufficio e ci rientrai poco dopo per recuperare i libri che avevo appoggiato sul mobile in bagno, poi uscii definitivamente e raggiunsi la mia classe per le ultime due ore filate di fisica.













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MARY

Mi liberai del senso di freddezza e delusione che mi aveva impresso lei andandosene senza neanche darmi il tempo di dire qualsiasi cosa. Ciò che avevo detto era partito come uno scherzo, inizialmente volevo solamente provocarla e capire se effettivamente si sarebbe accorta  che avevo detto "compiacermi". Volevo che mi chiedesso cosa intendevo e a quel punto avrei fatto la misteriosa come piaceva fare a me e l'avrei lasciata sulle spine per chissà quanto tempo, fino a quando non ci fossimo avvicinate abbastanza come speravo sarebbe successo nelle settimane future.

Mi aspettavo che se ne accorgesse e si focalizzasse su quello ma l'aveva presa sul personale, si era mostrata sulla difensiva, troppo per i miei gusti e mi era venuto in mente che effettivamente quella sarebbe anche potuta essere una tattica ideata dalla presidente per portarmi a rivelare alla vicepresidente qualcosa che lei era intenzionata a scoprire su di me.

Istigarla era stato parte del mio piano per scoprire se la mia prevenzione fosse fondata ma l'ultima cosa che mi sarei aspettata era che mi rispondesse alla domanda con così tanta onestà, facendomi persino imbarazzare per la minuziosità con cui aveva descritto tutto quello che provava, per poi farmi impallidire di fronte alla sua delusione e l'offesa nei miei confronti.

Mi avviai lentamente verso corridoi conosciuti per poi ritrovare la strada verso la mia classe con passi pesanti e sconvolti. Io ero stata prevenuta, l'avevo provocata e questo era vero, ma lei mi aveva guardata come non avevo mai visto neanche la presidente fare con chiunque altro e mi aveva fatto paura sul serio, non perché mi aveva minacciata ma perché fino a pochi minuti prima mi stava sorridendo genuinamente con occhi limpidi e chiari mentre in quel momento mi stava perforando con una glacialità naturale e tutto per niente.

Nonostante ciò nelle ultime parole avevo scorto una certa prudenza nel rivolgersi a me, per quest'unico motivo non avevo temuto di aver letteralmente rovinato tutto per una mia stupida mania. L'avevo messa alle strette e convinta a dirmi che si sentiva attratta da ciò che le faceva anche paura, doveva essere stato molto difficile; in più le avevo mancato di rispetto, di nuovo e tutto per un nonnulla, per divertimento personale. Era colpa del mio ego e della mia paranoia, come sempre. Mi sedetti in classe e mi accasciai sul banco.

Era andato tutto alla perfezione fino a quando non le avevo chiesto di
raccontarmi di sé stessa, forse era proprio quello il problema, ero troppo interessata al suo passato che pur avendo visto quanto le facesse male pensarci volevo comunque fargliene parlare. Mi massaggiai le tempie, la prima volta che l'avessi vista, chiunque ci fosse stato di fronte, le avrei chiesto scusa e le avrei detto che non c'era bisogno che lei facesse nulla per incitarmi ad impegnarmi, anzi, era già un miracolo che mi stesse aiutando, figurarsi se mi doveva anche qualcosa.

Neanche primo incontro e già avevo infranto le parole che avevo detto alla presidente "Non ci saranno problemi spero" la imitai a bassa voce. Spero di non crearne altri, pensai per poi abbandonarmi alla voce dell'insegnante che iniziava a parlare. Due ore filate di storia dell'arte, se non altro avrei sentito parlare di qualcosa di interessante, se mi fossi concentrata sulla spiegazione.











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Quando uscii dalla classe mi ricordavo la maggior parte di quello che era stato detto, nei primi cinque minuti. Appoggiai la fronte al muro, se continua così avrò bisogno che mi aiuti anche in tutte le altre materie, pensai disperata. Seguii la ressa di ragazzi che usciva ed incontrai il mio gruppo all'uscita "Tutto bene?" chiese Suzui vedendomi. Lo guardai male. Neanche lui si meritava il mio comportamento. Gli rivolsi un debole sorriso "Scusa…potrebbe andare meglio" Lui mi guardò sbalordito ma poi mi mise una mano su una spalla.

"Se vuoi parlarne noi siamo sempre qui per te e se loro non lo sono" disse indicando Yumeko e Itsuki che parlavano tra loro "Io sono sempre qui, ignorato da tutti" sorrise bonario. "Sei un buon amico Suzui" dissi "Ma ci devo pensare io" sentenziai duramente. Lui annuí e mi fece il pollice in su serenamente, poi alzò lo sguardo e si rabbuiò. Mi girai e vidi arrivare la macchina della presidente e della vicepresidente che parcheggiò per poi aspettarle. Ci girammo tutti verso l'entrata dove si stava creando una strada tra la massa per farle passare mentre uscivano.

Per un attimo sperai di incontrare lo sguardo della vicepresidente mentre avanzavano insieme ma quando successe desiderai di non averlo fatto. Scambiò un paio di parole con la sorella e poi si divisero, mentre la prima si fermava l'altra raggiunse la macchina e si sedette ad aspettare. Sbiancai colta alla sprovvista dal gesto ma subito dopo mi mossi velocemente fino a raggiungerla. "Mi dispiace" dissi subito prima ancora di esserle vicina "Mi dispiace tanto vicepresidente, non avrei dovuto, io come sempre…"

"Abbassa la voce" sibilò lei allarmata "Se mia sorella ti sente scusarti, domani mattina non mi vedrai rientrare a scuola viva" mi interruppe. Mi calmai lentamente e abbassai il tono "Mi dispiace tanto, non è costretta a parlarmi di sé, lei non è costretta a fare nulla per me anzi sono io che dovrei trovare un modo per ripagarla dell'aiuto che mi sta dando" dissi d'un fiato. Rimase in silizio per un po'.

"Non smetterò di parlarti di me, ma dovrai avere pazienza e lasciarmi i miei spazi, ricordati che non è facile per me, anzi, il contrario" "Sì… a volte lo dimentico perché, perché nei pochi momenti in cui non finiamo come oggi alla fine ci si trova bene no?" chiesi sorprendendomi poi di me stessa. "Sí, ci si trova bene" annuí. "Dobbiamo solo lasciare perdere l'ego immagino" disse poi. Annuii energicamente "Esattamente" dissi desiderosa di farmi perdonare.

"Anch'io volevo chiederti scusa, sappi che non sono come mia sorella io" abbassò ancora di più la voce tanto che mi dovetti sporgere per sentirla "Le mie minacce sono infondate". Lei distese il volto prima corrucciato "Non si preoccupi per quello, lo sapevo già, e poi so che non mi avrebbe mai fatto del male come potrebbe invece la presidente" Lei mi fissò "E come lo sai" "Come potrebbe ammirare i miei occhi giallo foglia se mi facesse del male o mi allontanasse?" provai a scherzare.

Lei trattenne una risata portandosi la mano al mento per coprirsi pur avendo la maschera. Sorrisi al suo posto. "Voglio che lei sappia che anche lei ha degli occhi bellissimi" dissi poi tutto d'un fiato, percependo che la conversazione stava per avere fine dalla posizione che aveva assunto il suo corpo, tesa perché stava facendo aspettare sua sorella. "Io non ho mai detto che i tuoi occhi sono stupendi" disse girandosi di nuovo. "Lo dico io infatti" replicai.

Sorrisi e fui sicura che anche lei lo fece grazie al suo scuotere la testa come faceva quando sorrideva senza volerlo fare. "Arrivederci Saotome" si voltò "A domani vicepresidente".



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