NON DA SOLA
E sono *\' -' /* *\' -' /* *\' -' /* *\' -' /*
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Y Y
/ / ๑⚈ ․̫ ⚈๑) 17 y.o
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Non so voi ma io invecchio sempre più velocemente e a quanto pare anche ciò che scrivo perché il 27 agosto questa storia compirà 1 anno :)))))))
AUGURI a tutti quelli che compiono gli anni in luglio ma anche a tutti gli altri, in anticipo o in ritardo <3
Buona lettura a tutti <3
MARY
Richiusi la porta dietro di me con un botto leggero e iniziai ad incamminarmi verso scuola. Non mi ero neanche assicurata di avere già nello zaino tutti i libri che mi servivano, tanto sapevo che se anche non ci fossero stati non avrei mai avuto il fegato per risalire le scale e andare a recuperarli. Qualsiasi cosa avessi o non avessi, mi sarebbe dovuto bastare per quel giorno di scuola; mi sarei fatta prestare gli appunti se mai fosse stato necessario.
Inspirai profondamente mentre attraversavo sulle strisce pedonali camminando solo sui rettangoli bianchi come da solito. Era questione di principio, le strisce pedonali erano gli unici spazi asfaltati su cui si poteva camminare secondo il mio cervello infantile; era così e basta, tutto il resto apparteneva agli pneumatici delle macchine, non ai piedi delle persone.
Camminai sul marciapiede godendomi la brezza mattutina più intensa del solito che preannunciava vento pomeridiano. L'autunno non era la mia stagione preferita ma non c'era niente che non andasse in esso. Mi piaceva ascoltare i suoni degli animali di notte prima di addormentarmi, in questa stagione gli uccelli si annidavano negli alberi molto vicini a casa mia e potevo sentirti conversare solo in alcuni orari precisi, di notte, a mezzogiorno e alle 17 in punto.
Non sapevo perché ma era sempre stato così, tutti gli anni. Durante tutte le vacanze li ascoltavo anche negli ultimi due orari ma in periodo scolastico potevo approfittarne solo tardi la sera perché, per il resto del tempo, non mi trovavo a casa.
A scuola non c'erano, nessun animale si aggirava attorno all'istituto Hyakkaou; forse perché percepivano il malcontento degli studenti arrivare come ondate di aura negativa e ne stavano alla larga.
Improbabile ma possibile dato che si trattava di creature molto più empatiche e sensibili degli uomini.
Inspirai forte col naso odorando il profumo di resina misto all'aroma che solo le foglie secche potevano creare; quelle non ancora schiacciate dalle ruote delle biciclette, quelle che ancora non erano state ridotte a pantano appiccicoso. Solo loro emettevano ancora quell'effluvio inconfondibile di verde che mi stregava tanto da sempre.
L'autunno non era la mia stagione preferita, no che non lo era, ma lo adoravo.
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Quando arrivai a scuola mi bloccai di fronte ai battenti. Ero riuscita a tenere la mente impegnata per tutto il tragitto soffermandomi su ogni minimo dettaglio che potessi carpire dal panorama ricamato attorno alla strada che dovevo percorrere ma ora la strada era finita e l'istituto era ancora vuoto. Non volevo stare da sola in un luogo vuoto e poco rassicurante com'era quello di fronte a cui mi trovavo. Tutto ma non quello, tutto ma non da sola.
Tornai sui miei passi indietreggiando fino ai paletti che delimitavano lo spiazzo che precedeva il grande cancello della scuola e ne urtai uno. Mi fermai. Qualcosa, qualsiasi cosa da fare mentre aspettavo qualcuno di mia conoscenza che potesse attirare completamente la mia attenzione.
Ripresi a guardarmi intorno cercando anche in alto, come se il cielo potesse darmi una risposta. Non si vedevano neanche gli uccelli volare ma lo avevo detto; attorno alla scuola non si aggirava mai anima viva se non gli studenti che però giustamente non erano ancora arrivati.
Buttai l'occhio verso l'orologio del cancello, era fin troppo presto; eppure ero sicura che quando ero uscita dalla doccia l'orario era giusto, ero perfettamente in orario rispetto al solito. Scossi la testa sciogliendomi un codino per poi rifarlo. Meglio non farsi troppe domande al riguardo.
Mentre mi guardavo in giro osservando perfino le macchine che passavano pur di avere un passatempo a disposizione sentii un rumore insolito alle mie spalle. Mi voltai. No, non era alle mie spalle ma lo sentivo fin troppo forte e chiaro per pensare che fosse lontano o direttamente nella mia testa. Alzai la testa verso gli alberi ma non riuscii a vedere niente. Possibile che ci fosse qualcosa di vivo nei paraggi della scuola? No.
Guardai meglio dopo aver sentito di nuovo il suono. Era chiaramente il verso di un animale ma non riuscivo né a identificarlo né a capire dove si trovasse per quanto mi sforzassi di guardare.
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Dopo un po' di tempo passato ad ascoltare mi arresi, qualsiasi cosa fosse non voleva farsi vedere e io mi ero già stufata di cercarla. Sbuffai annoiata e mentre mi preparavo a cercare qualcosa di diverso su cui perdere tempo il rombo di un motore in lontananza mi fece sbarrare gli occhi e iniziare a camminare velocemente verso l'entrata.
Le sorelle Momobami arrivavano tutte le mattine insieme, tutte le mattine alla stessa ora, un giorno sì un giorno no in macchina tranne per alcune eccezioni in autunno ed eravamo in autunno. Ormai noi studenti avevamo stilato uno schema quasi perfetto delle loro routine; lo conosceva tutta la scuola e tutti lo rispettavano irreprensibilmente, essendo ben lungi dal voler entrare nel loro stesso momento, anche se a volte si rivelava impossibile da evitare.
L'ultima cosa di cui avevo bisogno era rivedere le due insieme e magari persino doverci parlare a sei occhi.
Mi affrettai verso l'entrata fingendo scioltezza, come se fossi arrivata al momento e stessi semplicemente entrando e non scappando da loro. Entrai con disinvoltura nella porta scorrevole a giostra e la spinsi per farla andare più velocemente ma la voce di una delle due fu più veloce a raggiungermi "Signorina Saotome". "Maledizione" mi morsi la lingua.
Mi voltai già nella porta e continuai a camminare non potendo fare altrimenti, la porta continuava a muoversi all'infinito quindi l'unica cosa che potevi fare era seguirla fino ad uscire di nuovo all'aperto.
Volevo urlare. Non ero stata abbastanza veloce ad entrare ed avevano non solo fatto in tempo a vedermi da lontano ma anche a scendere dall'auto e chiamarmi prima che potessi scomparire dalla loro vista.
Com'è che il passare del tempo oggi cambia a suo piacimento? Prima l'arrivo in anticipo, poi questo. Mi massaggiai le tempie prima di fare un passo avanti ed uscire dal giro della porta.
Avevo bisogno di tutta la mia forza di volontà e il mio autocontrollo per non tentare comunque una fuga mentre camminavo nella direzione delle due gemelle.
Il mio cervello non aveva mai processato così tante informazioni così velocemente, mi stavo avvicinando alle due figure più potenti e pericolose della scuola.
Non dovevo per alcun motivo al mondo tradire né me né la vicepresidente chiamandola per il suo cognome perché chiaramente non dovevo esserne a conoscenza.
Non dovevo rivolgermi prima a lei perché era meno importante di sua sorella, non dovevo nominare niente di insolito, non dovevo parlare di ieri, non dovevo cercare il suo sguardo, sfiorarla, pensarla, ascoltarla, no ascoltarla sì ma senza guardarla negli occhi. Non dovevo fare nulla se non salutare e aspettare che mi rivelassero il motivo per cui mi stavano trattenendo.
Esattamente quello che mi sarebbe venuto naturale fare tre giorni fa e che ora mi sembrava al contrario impossibile.
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"Buongiorno presidente, buongiorno vicepresidente" salutai rispettosamente facendo un mezzo inchino di fronte ad entrambe, per due volte. Le due mi guardarono e salutarono a loro volta, come solo due superiori potevano fare, con due cenni identici e contemporanei. "C'è qualcosa che posso fare per aiutarvi?" domandai ancora. E già avevo infranto una delle cose che mi ero ripromessa di fare, aspettare che fossero loro a parlare.
La presidente fu la prima a parlare, come sempre; non mi sarei sorpresa se la vicepresidente non avesse spiaccicato parola. Era raro sentire la sua voce, eppure era molto più piacevole di quella della sorella. Mi riscossi. No, sibilai nella mia mente.
"Credo proprio di sì" rispose la presidente piegando la testa di lato con un'espressione da felino. "Ho una domanda da fare a cui la vicepresidente purtroppo non è stata in grado di rispondere quindi la faccio a te".
Sussultai. Cosa aveva appena detto? Che voleva chiedere a me qualcosa che già aveva chiesto a… La guardai sospettosa, allarmata, già non mi piaceva com'era partita la conversazione. "E di cosa si tratta se posso chiedere?" domandai guardinga, tastando il territorio con cautela. Non potevo guardare Ririka negli occhi ma sentivo che era l'unica cosa che poteva aiutarmi a capire quanto nei guai mi trovavo.
Mi trattenni dal farlo, non avrei fatto che destare ancor più sospetti se si trattava di quel che pensavo. Ma come aveva fatto in tal caso? Continuai a fissare la presidente mentre ragionavo alla velocità della luce sul come tirarmi fuori dalla situazione senza danneggiare o negare in alcun modo ciò che poteva aver detto la vicepresidente prima di me. "Ho saputo che la vicepresidente si è offerta per farti delle lezioni di recupero di scrittura e mi chiedevo se…" "Non si è offerta" scattai senza pensare.
Sbiancai mezzo secondo dopo e vidi con la coda dell'occhio Ririka irrigidirsi irrequieta. Avevo appena non solo interrotto la presidente mentre parlava ma anche corretto ciò che aveva detto. I suoi occhi ghiaccio mi perforarono le iridi e sentii quasi gli occhi lacrimare ma era solo una sensazione, una sensazione orribile.
"Le è stato chiesto di farti delle lezioni di tutoraggio di scrittura…" ripeté visibilmente indispettita ma in ogni caso fin troppo calma "... e mi chiedevo perché mai tu avessi accettato di riceverle proprio da lei, vista la sua appartenenza al consiglio studentesco".
La vicepresidente voltò impercettibilmente la testa verso sua sorella e io rimasi sconvolta. Che diavolo di domanda era quella, non una da fare all'aperto, quello era certo. "Perché… perché mai mi sarei dovuta lasciar fuorviare da un mio pregiudizio per permettere all'alunna più adatta in assoluto di aiutarmi nella mia difficoltà?" chiesi senza titubanza rimanendo barricata dietro la mia corazza, speravo impenetrabile, di orgoglio e disinvoltura.
La presidente socchiuse le palpebre con fare pericoloso."Interessante" mormorò "Tra l'altro non avevo particolare potere decisionale di fronte alla scelta praticamente già compiuta della professoressa Inoue" aggiunsi cinica. Lei non smise per un secondo solo di esaminare ogni minimo movimento del mio corpo, probabilmente anche quelli che non mi rendevo conto di fare.
"Capisco" disse con tono di chi sembrava aver compreso veramente la situazione o che lo aveva sempre fatto e che sapeva di aver fatto centro. "Quindi se ti chiedo di tenere da parte la tua avversione nei nostri confronti e dimenticare, almeno per il tempo in cui dovresti studiare, che la tua insegnante è una tua presunta nemica, potrò aspettarmi di non ricevere lamentele di alcun tipo e di non dover risolvere nessun grattacapo in cui sei coinvolta?"
Irrigidii la mascella premendo i denti superiori contro la lingua, mi stava accusando di poterle creare problemi o mi stava avvertendo? Tacqui fin troppo a lungo secondo le regole della cortesia ma lei sapeva perfettamente perché non le stavo rispondendo subito. Odiavo essere considerata più indisciplinata di quanto in realtà fossi. Non avevo nulla in contrario se qualcuno affermava il vero su di me,sempre con certi toni ovviamente; ma se venivo accusata di qualcosa che non avrei mai fatto non c'era niente che tenesse, scattavo all'istante.
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"Io…" No. Mi morirono le parole in gola, l'avevo praticamente sentito dire forte e chiaro da lei anche se non aveva aperto bocca. Era la voce della vicepresidente che mi ripeteva le stesse parole di ieri, che dovevo imparare a non farmi guidare dalle emozioni se non volevo finirne prigioniera e schiava. Deglutii chiaramente irritata ma rimandai giù le parole che mi avrebbero certamente fatto guadagnare una vendetta a fuoco lento.
"Non c'è alcun motivo di preoccuparsi, d'altronde sono compiti quelli che dobbiamo fare no? Il peggio che può aspettarsi è che io li faccia scorretti" replicai sorridendo placidamente. "Anche quello sarebbe un peccato, significherebbe che non hai ascoltato correttamente le indicazioni della vicepresidente, è un'insegnante impeccabile". Piegai la testa in avanti "Non dubito delle sue capacità, infatti mi aspetto di migliorare enormemente grazie al suo aiuto" risposi per poi adocchiare la diretta interessata.
Fu quella la prima volta quel giorno in cui la guardai negli occhi, non potevo fare altrimenti, stavo parlando di lei con lei di fronte, era il minimo che dovessi fare.
Mi accorsi subito che era cambiato qualcosa dal giorno prima, non solo l'espressione ma anche la luce. Seppur si trovassero sempre dietro la solita maschera i suoi occhi oggi sembravano più luminosi, più visibili. Tornai a guardare la presidente e lei non aggiunse niente "Posso fare qualcos'altro?" domandai di nuovo. Lei mi fissò a lungo "Non al momento".
Annuii. "Allora se mi scusate io dovrei avviarmi" Prima che potesse ricordarsi o dire altro Ririka precedete la sorella "Vai pure Saotome-San" disse con un gesto della mano. L'altra rimase impassibile e io mi inchinai di nuovo cogliendo la palla al balzo "Arrivederci vicepresidente, presidente".
Mi voltai e tornai verso la porta controllando la velocità con cui mi allontanavo, solo quando fui entrata ed uscita dalla porta ed ebbi svoltato l'angolo nel corridoio ripresi a respirare con calma.
La vicepresidente mi aveva probabilmente salvato, forse anche senza probabilmente.
RIRIKA
Era stata una pazzia ma avevo dovuto farlo, non avrei potuto sopportare un attimo di più la vista di Mary che veniva ripetutamente colpita nel punto più debole per il solo divertimento personale di mia sorella. L'avevo congedata io, io che non ero colei con cui stava parlando. Avevo mancato di rispetto ad entrambe intromettendomi ma ero certa che Mary non l'avesse considerata una mancanza la mia; no di certo.
"A quanto pare la mia persona non vale davvero più niente per te Ririka" aveva detto lei prima di avanzare senza aspettarmi. Non avevo replicato nulla, sapevo che chiederle scusa non sarebbe servito se non a confermare la mia inferiorità a lei, lei sapeva perfettamente che io non ero leale a nessun altro se non a lei.
Lo sapeva tanto bene che non si preoccupava nemmeno di cosa io potessi pensare delle sue idee, tanto la scelta finale era in qualunque caso solo sua. Anche ciò che sceglievo io poi poteva essere cambiato da lei, come quello di tutti gli altri.
Lei era perfettamente conscia di non poter perdere l'appiglio su di me e me ne aveva data la conferma quella mattina, quando al posto di chiedermi se volevo andare a scuola in macchina, visto che in autunno di solito preferivo camminare, mi aveva semplicemente aspettata in macchina. Sapeva che non avrei protestato perché accettavo tutto quello che faceva, ne era certa fino al midollo e tutto quello che aveva detto il giorno prima non era stato che una presa in giro, un gioco, come quello di adesso.
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Entrammo insieme dalla porta ed io la seguii per i vari corridoi che, nonostante l'orario, già pullulavano di zombie poco mattinieri che trascinavano le proprie gambe verso le rispettive classi sbadigliando a più non posso e contagiando tutti coloro che li vedevano.
La sala comune, che fungeva principalmente da refettorio, era già gremita di forsennati che si scapicollavano per aggiudicarsi le sfida clou del pomeriggio e i soliti che amavano rischiare a qualsiasi ora del giorno si stavano già dissanguando di denaro.
Passammo attraverso la sala e io tenni lo sguardo il più basso possibile per tutto il corridoio tra i tavoli; essere vista insieme alla presidente, seppur io fossi la vicepresidente, non era una cosa positiva e non me la sentivo di mettere in soggezione i ragazzi facendoli passare sotto non uno ma ben due sguardi inquisitori in grado di rovinargli la mattinata, l'intera giornata e la vita in pochi secondi.
Uscite dalla sala comune Kirari si fermò di fronte a me "Hai forse dimenticato chi sei?" chiese voltandosi. Io alzai lo sguardo su di lei "No" "Allora comportati come dovresti e non tentare di sorpassarmi in qualunque modo, non si sputa nel piatto in cui si mangia né si morde la mano al proprio padrone" sussurrò appoggiandomi il palmo della mano sulla spalla prima di volatilizzarsi tanto velocemente come se n'era andata la sera prima. "Non lo farei mai" bisbigliai tra i denti. Lo so, ma ricordatelo comunque, mi parve di sentire, ma lei non era lì per poterlo aver detto.
MARY
Strinsi i denti non appena fui fuori dalla portata della loro vista, si sarebbe potuto chiaramente evitare, le avrei potute chiaramente evitare. Sospirai camminando svogliata per i corridoi che in non so quanti decimi di secondi si erano colmati di studenti materializzatisi dal nulla. Fa niente, mi dissi alla fine. Ero comunque riuscita a le uscire dalla situazione, con un po' di aiuto era vero, e da una persona che non avrebbe mai dovuto darmene ma…
Oh no, da una persona che non era autorizzata a darmene. Mi voltai di scatto come se immediatamente mi fossi resa conto di essermi dimenticata un dettaglio importante. Ririka mi aveva congedata da una conversazione che non stava intrattenendo con me ed io avevo ascoltato lei senza aspettare che la persona con cui effettivamente stavo parlando dicesse altro. Entrambe quindi avevamo mancato di rispetto alla presidente.
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Senza pensare tornai indietro tra gli studenti, andando controcorrente al flusso di tutti quelli che avevano appena varcato la porta. Non sarebbe servito a niente se non a cacciarmi di nuovo nei guai, doppi questa volta, ma dovevo assicurarmi che non fosse successo niente dopo che me n'ero andata. Entrai quasi correndo nella mensa e le vidi uscire per un pelo dalla porta dall'altra parte. Erano ancora insieme, ancora vicine, ma non riuscivo a capire se si stessero parlando.
Guardai gli altri studenti, stavano più o meno tutti lanciando occhiate intimorite alle due, era il momento giusto per passare tra loro, mentre non si muovevano. Scattai in avanti superando un gruppo di ragazzine del primo anno che spettegolavano a voce bassissima guardando verso le due che io stavo inseguendo e passai accanto ad un ragazzo con in mano almeno dieci plichi di fogli che gli impegnavano entrambe le braccia e un ginocchio che stava usando per ribilanciare il tutto.
Sfiorai per un pelo una ragazza dai capelli rossi che si era girata nella mia direzione spostandosi proprio mentre le correvo accanto e continuai a muovermi il più velocemente possibile senza destare troppi sospetti ma era difficile. Stavamo tutti guardando verso una direzione che era già stata sicuramente bollata da tutti come da evitare e io mi stavo proprio incamminando da quella parte. Nonostante ciò nessuno poteva capire incontro a chi stavo correndo, la porta era semplicemente un uscita quindi non dovevo preoccuparmi che qualcuno si accorgesse di nulla di strano, forse.
Per un attimo ebbi l'impressione di essere chiamata da qualcuno e rallentai la camminata veloce per ascoltare di nuovo ma il mio nome non venne ripetuto e io ripresi a muovermi velocemente. Non appena toccai con la mano lo stipite della porta ed uscii nel corridoio per metà vidi una sagoma di spalle ferma alla fine del corridoio da sola e mi pietrificai. Era lei.
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"Non l'avrebbe dovuto fare lo sa?" chiesi alle sue spalle. "Sì lo so" "Quindi perché?" "Per lo stesso motivo per cui tu sei qui adesso". Tacqui pensandoci a fondo "Non ne ho idea" "Esatto". Non si era ancora voltata nella mia direzione ma non sarebbe comunque cambiato niente, era comunque coperta come sempre.
"Allora…" iniziai disorientata "Oggi alla prima lezione che avremo insieme ti dirò tutto quello che devi sapere sui nostri futuri appuntamenti" "Sì, certo… aspetti, appuntamenti?" domandai per un attimo confusa. "Gli incontri, le lezioni di tutoraggio, l'aiuto tra pari, chiamalo come preferisci" replicò piccata.
La guardai sorpresa "Ah, sí certo, mi scusi". Si voltò "No, scusami tu… questa mattina è solo partita non nel migliore dei modi" "Non lo dica a me…il mio incubo è partito direttamente stanotte e non penso affatto sia finito" rabbrividii incrociando le braccia. "Soffri di incubi?" domandò. Alzai la testa e rimasi in silenzio seria. "Non sono sicura che si possa trattare di una malattia" "Ma è sicuramente una sofferenza" disse abbassando lo sguardo.
La osservai, non riuscivo più a capire chi delle due stesse consolando l'altra a quel punto. "Vicepresidente? Si sente bene?" chiesi. Lei mi guardò di bottò "Non è bene per te farti vedere con me così spesso visto che dovremo tenere le lezioni a scuola. Prima o poi lo verranno a sapere, questo è certo, ma fino a quel momento sono sicura che sarebbe più facile per entrambe se nessuno sospettasse che ci sia alcun tipo di relazione tra me e… lei"
Non era quello il motivo per cui l'avevo seguita, non volevo certo sentirmi dire che dovevo starle lontana per non far credere a qualcuno che la cercassi di mia spontanea volontà. "Io…". Provavo la stessa delusione frustrante che avevo provato quando ieri mi aveva detto che non le faceva alcun effetto la mia vicinanza, nessun effetto diverso da quello che le avrebbe potuto fare chiunque altro ma non potevo reagire come avevo già fatto. Non ripetevo lo stesso errore due volte.
"Ha ragione" dissi senza ironia o sarcasmo nella mia voce "Sarà meglio che mi allontani allora" dissi indietreggiando senza neanche curarmi di chi avrei potuto travolgere. Mi irritava terribilmente il fatto di non potermi muovere liberamente nei suoi paraggi per non dover attirare attenzioni non volute. Perché? Perché le stavo fin troppo attaccata, ecco perché. Mi girai solo quando sentii il muro dietro di me. "Allora ci ved… arrivederci vicepresidente".
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Girai i tacchi e mi allontanai nel corridoio dalla parte opposta alla direzione in cui prevedevo che andasse. Tirai indietro la spalla schivando una ragazza che mi veniva incontro che non aveva neanche accennato di volersi spostare e continuai a scendere sempre più vicino al muro per non venire travolta da nessuno degli entranti. Avevo ormai quasi raggiunto di nuovo l'entrata e da lì avrei potuto seguire la curva ed avviarmi alla mia classe prima che la seconda ondata di studenti facesse il suo ingresso intasando ogni strada possibile.
Voltai l'angolo strisciando la manica sull'intonaco, per quanto addormentati potessero essere gli studenti del primo anno davvero non sapevano come cedere la strada ai più grandi. Un altro, ne bastava un altro che non fingeva nemmeno per sbaglio di spostarsi per non darmi una spallata e la spallata se la sarebbe presa da me quello subito dopo.
Continuai a camminare in senso opposto fino al penultimo corridoio prima della classe ma prima che potessi imboccarlo
sentii forte chiaro qualcuno che urlava "Aspetta". Mi girai di scatto e presi in pieno un ragazzo che correva nella mia direzione. Entrambi cademmo a terra l'uno sull'altro "Ehi, guarda dove vai" urlai scrollandomelo di dosso.
"Scusa, scusa, non ti avevo vista" "Appunto, guarda dove vai" gridai di nuovo alzandomi per poi spolverarmi i vestiti. "Mi dispiace davvero" si scusò lui contrariato. "Posso sdebitarmi in qualche maniera Saotome-San?" mi pregò supplice.
Lo guardai meglio e poi occhieggiai dietro di lui "Andandotene direi" dissi guardando fisso la persona alla fine del corridoio, immobile. Lui fece per dileguarsi "Ma aspetta, tu sei non è vero? Ti ho ridotto a cagnolino tre mesi fa giusto?" Lo vidi sussultare "S-sí" tremò. Sogghignai.
"Dovresti seriamente stare attento a come ti muovi e a chi prendi dentro sai?" lo minacciai. Percepii la sua paura da come mi guardava "Non vorresti certo che ti sfidassi io questa volta no?" "Assolutamente no, non potrei neanche rifiutare per non perdere la faccia ma non facendolo perderei tutto il resto" piagnucolò.
"Allora guarda dove vai" sibilai "Sì" disse quasi mettendosi sull'attenti "Vai" lo mandai via. Lui scattò in avanti mai poi rallentò subito dopo per non andare addosso a qualcun altro. "Idiota" commentai con disprezzo, poi mi girai.
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"È così che tratti coloro a cui hai fatto più male?" chiese lei. "Come dovrei trattarli? Regalargli un mazzo di fiori e fargli le mie condoglianze?" "Mary" mi riprese "Non tu, da te non accetto prediche". Sorrise "Non dovresti mettergli così paura, tu sei meglio di così" "Certo, anche tu potresti essere meglio di quanto sei ma non mi sembra tu sia cambiata Itsuki"
Mi guardò rilassando l'espressione corrucciata "Ne sei sicura?". Sbuffai "Menti ancora dicendo che i tuoi mazzi di carte non sono truccati?" Lei mi colpí la spalla guardandosi intorno allarmata "Ma che diavolo… abbassa la voce almeno" disse a denti stretti. Risi "Troppo tardi" "Sei una traditrice ipocrita, hai letteralmente terrorizzato i tuoi avversari sconfitti a tal punto da costringerli ad aiutarti a battere chi scegli di sfidare o osa farlo di sua sponte Sumeragi " "È successo chissà quanto tempo fa" protestai "Sì certo" commentò sarcastica.
La fulminai "Io ho smesso veramente diversamente da te" sibilai. Smise di ridacchiare "Sì, hai ragione sono io quella che continua a frodare gli altri, è incredibile come ancora non se ne sia accorto nessuno oltre a te e Yumeko. Ryota pensa ancora che io sia semplicemente forte e non che stia giocando con le menti di tutti". Scossi la testa "Quel ragazzo è troppo onesto e ha una opinione troppo alta di tutti noi" feci una smorfia aprendo la porta della classe ancora vuota.
"Che fai?" chiese Itsuki vedendomi entrare. "Non vedi?" indicai ovvia l'interno dell'aula. "Sì ma è prestissimo" "Non ho finito i compiti" Bugia. Lei alzò gli occhi al cielo "Vuoi che ti faccia copiare i miei? Ma… aspetta, per oggi non c'erano compiti di lingua" protestò "Fa niente" risposi mentre mi sedevo in fondo alla classe.
Lei mi guardò sospettosa tirare fuori i quaderni e alzò le spalle. "Vado dagli altri, ci vediamo tra una ventina di minuti quando inizieranno veramente le lezioni". Annuii "Fai quello che ti pare" alzai le spalle fissando il foglio bianco di fronte a me.
Sbuffò e se ne andò. Vidi la sua ombra passare di fronte al lato della classe finché non scomparve poi mi alzai e andai alla finestra.Avevo bisogno di stare da sola, esattamente l'opposto di ciò di cui avevo bisogno prima.
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Sospirai sentendo gli occhi più stanchi del normale, era sempre così dopo un incubo. Non ci feci caso e me li stropicciai con attenzione, senza farmi del male da sola per la troppa energia usata. Feci un resoconto veloce dell'elenco di tutto della mia vita che era stato intaccato nel giro di due giorni "I sogni, il movimento a scuola, i pomeriggi, i pensieri" Fin troppe cose per i miei gusti.
Oggi non c'era il vento di ieri, come avevo previsto stamattina sarebbe arrivato più tardi, la brezza leggera che non riusciva neanche a sollevare neanche le misere foglie secche a terra ne era la prova. Guardai fuori frustrata, se non potevo vedere niente di dinamico che mi affascinasse fuori allora tanto valeva fare qualcosa all'interno.
Tornai al mio banco e rimirai il foglio bianco di fronte a me. Prima che me ne potessi accorgere stavo disegnando il volto di qualcuno di irriconoscibile, non sapevo neanche come fossi arrivata a quel punto. Il viso ovale, le labbra delicate e poco carnose, la linea dritta e morbida del naso, i capelli lunghi e lisci, gli occhi…mi fermai lasciando cadere la matita. Presi il foglio e lo appallottolai per poi alzarmi e buttarlo nel cestino.
Appoggiai i piedi sulla sedia accanto alla mia e le spalle sullo schienale, tirai indietro il collo e chiusi gli occhi. Era da quella mattina che non li richiudevo perché avevo ancora paura ma in quel momento se anche li avessi tenuti chiusi o mi fossi addormentata sapevo già cosa avrei sognato, a cosa avrei pensato. A ciò che più mi aveva dato fastidio quella mattina.
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