BENE


La seconda parte è tutta da ricontrollare 00:42 sto crollando e nulla. Questo è tutto Ririka's pov Mary ci sarà nel prossimo.
#ioquando #sto #dormirefabeneallasalute
#finalmentetornoascrivere

Uscimmo dall'aula vuota e imboccammo di comune accordo strade diverse per evitare che, se per caso all'andata qualcuno ci avesse viste camminare insieme, qualcun altro potesse vederci nuovamente e iniziasse a diffondere per tutto l'istituto delle strane voci.

"Sarebbe un piacere… Ririka".
Mi riscossi risentendo nella mia testa il mio nome, pronunciato da una voce così sconosciuta rispetto a quelle che di solito lo usavano non sembrava neanche più la stessa parola. Ririka. Continuava a martellare insistente come un disco rotto, come se qualcuno l'avesse registrato e stesso continuando a schiacciare replay ogni volta che il suono si esauriva.

Nonostante mi avesse fatto rabbrividire averlo sentito in quel tono però, non potevo fare a meno di rimuginare e chiedermi se avessi fatto bene a metterla a conoscenza di un'altra informazione così cruciale sul mio conto oppure se mi fossi lasciata trasportare dal momento emotivo e mi fossi appena scavata la fossa da sola…

Sospirai e alzai il collo stiracchiandomi per risvegliare i muscoli che si lamentavano dolorosamente per essere stati messi a dormire per venti minuti in una posizione straordinariamente comoda ma anomala.
Feci un paio di circonduzioni con le spalle rischiando ovviamente di provocarmi danni alla cuffia dei rotatori, avevo i muscoli pressoché atrofizzati. Stesi il braccio in avanti e mi massaggiai il tendine sbuffando.

Come facevano tutte quelle cose ad essere successe in un giorno solo? Solo ieri lei mi aveva vista senza maschera per la prima volta e già in meno di ventiquattr'ore era paradossalmente venuta a conoscenza di tutto ciò che io in 17 anni di vita mi ero impegnata con zelo a nascondere a costo della vita e la colpa era solo ed esclusivamente mia.

Strizzai gli occhi con nervosismo in procinto di sedermi per terra e scoppiare a piangere nonostante non mi sentissi così male come forse avrei dovuto. Piegai indietro la schiena leggermente alzando il bacino di qualche centimetro fino a che non sentii lo schiocco sonoro e preoccupante del mio lombare che si distendeva bruscamente e ripresi a camminare.

In qualsiasi caso, continuare a piangere sul latte versato sarebbe stato inutile anche perché ero stata io a versarlo e non solo, non avevo neanche il diritto di lamentarmi perché da sola non sarebbe mai stata in grado di dimostrare nulla quindi, altro che rivelarmi, mi ero del tutto scaraventata tra le braccia dell'opposto.

Battei un paio di volte le palpebre sentendo gli occhi più stanchi del solito, principalmente a causa del cambio di illuminazione. Nell'aula era tutto talmente in penombra che la semplice luce autunnale del corridoio principale mi accecava facendomi quasi lacrimare gli occhi, come quando si guarda il cielo nel momento in cui sembra tanto chiaro da sembrare bianco e fa male continuare a guardare ma non ci si riesce a sottrarre.

Sarei rimasta volentieri ancora qualche minuto in quel silenzio scuro, mi sarei persino potuta addormentare con lei addossata alla spalla tanta era la stanchezza accumulata da quella notte di sonno indegna di essere chiamata tale.

Andai avanti fino a passare di fronte alla classe in cui sarei dovuta essere durante quell'ora e non mi fermai. Entrare avrebbe significato dovermi giustificare per la centesima volta con un povero insegnante che, anche se avesse voluto, non mi avrebbe potuto dire nulla, per timore.

Mi dispiaceva, provavo pena per tutti coloro che quando si ritrovavano a dovermi rimproverare si trattenevano perché a causa dell'influenza di mia sorella non erano neanche liberi di farsi rispettare. Non volevo entrare perché non volevo vedere il Professor Ikeda stringere i denti e sorridere rigido mentre mi diceva che andava tutto bene, che non era assolutamente colpa mia se mi ero persa la sua lezione pur essendo nell'edificio senza niente di comunicato che potesse spiegare la mia assenza, che non sarebbe stato preso alcun tipo di provvedimento perché avevo comunque sicuramente una motivazione valida per non esserci stata.

Era un potere e una possibilità che non volevo ma a cui non potevo rinunciare, per questo facevo il possibile per non creare complicazioni e non metterli in condizioni scomode per i loro stessi principi.

Mi passai leggera i polpastrelli sulle tempie sentendo la mente gonfia di domande a cui potevo ricevere risposta solo prendendo in mano un'arma a doppio taglio.

Fiducia, mi chiedeva di fidarmi di lei e aprirle la porta dei miei pensieri come se si trattasse di una spazzina, una persona che si considerava in grado e si prendeva la briga di metterci ordine ed eliminare il peggio.
Proposta allettante quanto pericolosa, cosa avrei fatto se ciò che le avessi rivelato si fosse ritorto contro di me, se lei si fosse ritorta contro di me, inorridita dai miei racconti.

Probabilmente ero solo paranoica, Mary poteva risultare una stratega calcolatrice quanto voleva ma non riuscivo ad immaginarmela tradire in quel modo la fiducia di qualcuno e approfittarne per far soffrire quindi, forse, in fin dei conti, l'opposto che lei rappresentava per me non era il vero nemico. Allo stesso tempo però come potevo fidarmi di una persona con cui di fatto avevo iniziato a parlare per la prima volta per più di mezzo secondo il giorno stesso?

Impensabile e incredibile come lei avesse già fatto tutta quella strada in avanti nei miei confronti offrendosi persino di ascoltare tutta la mia storia pur di rendersi utile.
Persino mentre le raccontavo di un semplice decimillesimo di storia della mia famiglia sembrava già più preoccupata di quanto lo fossi stata io in tutta la mia vita e lei se n'era accorta, anche di quello, perciò voleva aiutarmi; perché aveva visto un limpido segno del mio degrado mentale, la mia accettazione cieca di tutto ciò che mi era stato imposto.
In realtà non era sempre stato così ma non era qualcosa che aveva bisogno di sapere, che doveva sapere.






♧︎︎︎ ♧︎︎︎ ♧︎︎︎






Percorsi a ritroso la strada verso la mensa passando di fronte alle classi in silenzio. Guardai l'orologio a muro sopra la porta dell'ultima sul corridoio e mi resi conto che mancavano ancora 25 minuti alla fine della lezione in corso.

A quanto pareva alla fine non eravamo rimaste affatto fino al termine dell'ora nell'aula. Presi i quaderni per l'ora successiva dal mio armadietto e mi guardai intorno decidendo che strada prendere per perdere tempo e farlo trascorrere svelto facendo qualcosa di produttivo, mentre aspettavo di poter andare alla classe successiva. "Storia dell'arte classe 36"

Diedi nuovamente un'occhiata rapida all'ora, quasi volessi accertarmi di aver visto bene o per controllare che non fosse già passato del tempo dall'ultima volta in cui avevo guardato, tre secondi prima. Mancava ovviamente  lo stesso identico  tempo quindi decisi di muovermi verso la stanza collettiva, a quell'ora era impossibile incontrarvi anima viva e trovandosi in centro da lì avrei potuto raggiungere l'aula senza problemi di tempistica.

Camminai lentamente verso la stanza di svago continuando a guardare fuori le foglie danzanti sospinte dal vento in mulinelli circolari e colorati che superavano giocosi persino le cime degli alberi finché non dovetti voltare nella stanza ma prima che potessi varcare la porta andai a sbattere contro qualcuno che stava uscendo.

"Scusami io…" cominciò qualcuno interrompendosi a metà frase. Barcollai all'indietro riacquistando equilibrio e alzai lo sguardo pronta ad incontrare quello dell'ostacolo.

"Ririka?". Sbarrai gli occhi e alzai subito lo sguardo incontrando quello di Mary. Mi guardai intorno allarmata e la afferrai per una mano trascinandola per tutta la sala comune "Che ti avevo detto sul chiamarmi col mio nome in pubblico?" sussurrai camminando spedita verso l'area relax. "Quale pubblico?" domandò seguendomi. Sbuffai "Ci sarebbe potuto essere…" la lasciai e mi portai la mano alla tempia sospirando. "No, niente…" aveva ragione ma la prudenza non era mai troppa e di certo non mi aspettavo che si permettesse di chiamarmi per nome già la prima volta in cui ci trovavamo da sole, mi sentivo a disagio.

Rimase ferma alla mia destra a guardarmi nel punto dove l'avevo lasciata. "Che ci fai qui?" chiesi sospettosa incrociando le braccia recuperando. "Stavo uscendo" mi fece notare indicando la porta. Rimasi per un attimo bloccata incapace di rendermi conto che l'avevo portata con me di nuovo dentro senza un preciso motivo. "Ah…" cercai di trovare una scusa ma non mi venne in mente niente "... allora puoi andare dove stavi andando" dissi solo, dandole le spalle e andandomi a sedere al divanetto piccolo e consunto che durante le pause era sempre affollatissimo e perennemente occupato. Corrugò le sopracciglia

"Ma è stata lei a…" Annuii consapevole agitando il braccio senza speranze "Lo so, non so perché l'ho fatto, scusami, puoi andare". Mi fissò disorientata ma poi alzò le spalle e si voltò. Sbuffai rassegnata e andai a sedermi senza rendermi conto che ancora non se n'era andata. "Fantastico, ora non so neanche formulare una frase di senso compiuto e terminarla in maniera sensata in sua presenza, che incoerenza, dalle stalle alle stelle". "Cough… cough…" si schiarí la voce facendo sentire la sua presenza, capendo subito che avevo bisogno di intendere che era lì, per evitare di darmi il tempo di dire altro e continuare ad esprimere i miei pensieri ad alta voce.

Mi voltai terrorizzata e la vidi con il busto ancora ruotato verso la porta e i piedi fermi. "Ma…" Si girò verso di me "Stavo pensando di rimanere qui fino alla fine dell'ora, tanto mancano...  17 minuti. Devo finire i compiti per la prossima ora e poi lei non mi ha ancora detto quando saranno le lezioni e non penso che oltre a questo momento ne abbia tanti altri a disposizione in cui può fermarsi a parlare durante l'orario standard" spiegò guardandomi imbarazzata.
La fissai con gli occhi ancora sbarrati e probabilmente una paralisi facciale bloccata in una smorfia da sotterrare insieme a tutta me stessa.

"Certo, questa è l'area relax, non dovresti neanche chiedermi di poter restare se è quello.. quello che… vuoi" Tornò indietro "Allora? Quando?" domandò lasciandosi cadere accanto a me sul divano e incrociando le gambe sull'imbottitura stando poco attenta a dove finissero le suole delle sue scarpe.

La guardai storto e mi spostai "Non mi sembra il caso di sederti così Saotome-san, noi non siamo nient'altro che due studenti che non si sono mai parlate prima di ieri agli occhi di tutti; a maggior ragione il fatto che tu detesti il consiglio di certo non fa spontaneamente accettare che tu da due secondi a questa parte inizi a sederti accanto a me" la rimproverai andando a sedermi nella poltrona di fronte a lei, dall'altra parte del tavolino.

Mi guardò per un attimo corrucciata, probabilmente disorientata dalla distanza che avevo preso da lei anche con il linguaggio, smettendo di chiamarla per nome come invece mi aveva espressamente chiesto di fare.

"Ha perfettamente ragione vicepresidente, non sia mai" disse infine. Percepii nel suo tono una punta amarognola di sarcasmo
ma non capii perché l'avesse detto in quel modo e non ci feci troppo caso in quel momento. Tirò fuori dallo zaino un libro, un quaderno e l'astuccio e li gettò bruscamente sul tavolino per poi alzarsi, afferrare il divano e sollevarlo da davanti avvicinandolo ad esso.

La guardai allibita, avrebbe semplicemente potuto spostare il tavolino piuttosto che il divano intero.
Ci si buttò sopra e tirò fuori una penna portandosela distrattamente alla bocca mentre sfogliava velocemente le pagine del libro cercando gli esercizi.





♧︎︎︎ ♧︎︎︎ ♧︎︎︎




Restia all'idea di alzarmi da lì per cercare qualcosa da fare in quei pochi minuti restanti, rimasi a guardarla mentre scriveva le risposte ai quesiti.

Aveva un'espressione concentrata e accigliata che rasentava lo sforzo ed esprimeva appieno la sua pungente  frustrazione. Non pensai neanche a guardare di che materia si trattasse per sapere cosa la metteva tanto in difficoltà, mi focalizzai solo sul suo viso e sulla sua posizione tesa.

Guardava con odio il foglio bianco di fronte a lei e ogni tanto si passava una mano tra le ciocche bionde ravviandole involontariamente e facendole scendere in una cascata disordinata sulla spalla piegata verso il basso. Rimase ferma immobile a fissare il foglio per più di due minuti, le pupille continuavano ad andare avanti e indietro rileggendo centinaia di volte la stessa consegna, le stesse parole che pareva vedere incomprensibili.

La osservai meglio mentre si mordeva le labbra nervosamente fin quasi a farsele sanguinare e si picchiettava la matita sulla guancia, non mi ero mai accorta avesse delle lentiggini. Una leggerissima pioggerellina di puntini color orzo disegnati come sabbiolina attorno al suo naso che la facevano sembrare meno minacciosa.

Aggrottò la fronte socchiudendo gli occhi a mandorla sempre più infastidita arricciando il naso disgustata mentre i capelli le ricadevano per la quarta volta di fronte agli occhi. La vidi in difficoltà mentre si tratteneva dal lanciare la penna e tutto quello che aveva davanti ma i suoi occhi corsero un attimo ai miei che già la stavano guardando e sospirò arrendendosi senza distruggere nulla.
Mise giù la penna spossata e chiuse le palpebre per calmarsi.

Piegai la testa leggermente di lato continuando a fissarla mentre si scervellava per tirare fuori dalla sua memoria la risposta alla domanda "Triossocarbonato quarto di ferro" dissi ad un certo punto. Alzò il capo verso di me "Cosa?". Mi riscossi dallo stato di trance in cui ero entrata guardandola "Il nome iupac del carbonato ferrico, leggo bene?" dissi alzandomi per leggere la domanda nel senso giusto e non al contrario data la posizione opposta. Feci il giro del tavolo e la raggiunsi per poi piegarmi in avanti tenendo con una mano i lunghi capelli sciolti che altrimenti le sarebbero piovuti addosso data la vicinanza.

"Triossi cosa?" domandò con una smorfia confusa, come se non avesse mai sentito in vita sua un nome del genere, più che probabile se aveva dormito durante le ore di spiegazione come dormiva durante quelle del professor Ikeda "Triossocarbonato quarto di ferro" ripetei. Lo segnò accanto alla domanda e mi guardò "Perché osso?".

La guardai per un attimo disorientata dalla domanda e mi trattenne dal deglutire ansiosa rendendomi conto che stavo facendo esattamente quello che avrei dovuto fare da quel momento fino a chissà quando per chissà quanti pomeriggi, rimanere con lei ed aiutarla nei compiti.

Rimasi ferma, incerta se sedermi accanto a lei o rimettermi sulla poltrona; ancora non mi sentivo del tutto a mio agio, era una sensazione non spiacevole ma insistente che mi ricordava ogni mezzo secondo che non mi conveniva avvicinarmi più di quanto già non avevo fatto, per il suo e persino per il mio, bene.

Prima che potessi fare qualcosa che potesse imbarazzare lei e me, Mary si spostò dal divano lasciandomi abbastanza spazio per sedermi pur mantenendo la distanza di cui avevo bisogno.
La guardai riconoscente sapendo che non poteva vedermi e mi sedetti. "Nella nomenclatura iupac tutti i composti in cui c'è l'ossigeno vengono nominati con osso perché i composti dell'ossigeno si chiamano ossi-di e siccome nella iupac anche il composto non metallo più ossigeno binario rimane ossido anche per i ternari è sempre osso" spiegai.

"Come negli acidi rimane sempre acido?" "Esattamente solo che nei sali ternari si parte col dire il numero dell'ossigeno e poi si passa allo ione e al metallo mentre negli acidi la prima cosa che viene detta è proprio "acido"" Guardò perplessa il libro "Quindi questo è…. diosso…." "Esatto!" esultai già fiera di esserle stata d'aiuto. Annuí soddisfatta.

"Grazie" disse sorridendo caldamente guardandomi, rimasi interdetta per un momento vedendo dipinto sul suo viso un sorriso genuino come non l'avevo mai scorto neanche da lontano e ci misi un attimo per ricordarmi cosa si dicesse in quei casi "Prego" farfugliai corrugando la fronte confusa mentre parlavo senza neanche capire cosa stessi dicendo.

Si voltò e continuò a fare l'esercizio mentre io riprendevo il contengo disorientata dalla sua inusuale cordialità e ricominciavo a fare niente al suo fianco godendomi il silenzio interrotto solo dal ticchettio casuale dell'estremità gommata della sua matita sul libro.

Dopo un po' di tempo passato in assoluta tranquilità chiusi gli occhi rimanendo in ascolto e mi rilassai rimanendo immobile sul divano. Non avevo sonno ma in quella posizione e su quel sofà così morbido mi sarei persino potuta assopire, se a tenermi sveglia non ci fossero stati la campanella e il tonfo delle pagine del suo libro che veniva chiuso pochi minuti dopo. "Finito" disse sbuffando e alzandosi per stiracchiarsi indolenzita.

Alzai la testa e staccai la schiena dalla stoffa. "Che lezione hai adesso?" chiesi casualmente ignara mentre mi grattavo la nuca e mi sistemavo composta i capelli per rialzarmi ordinata. Alzò un sopracciglio e guardò il libro ancora aperto sul tavolo per poi guardare di nuovo me "Chimica?".

Lo guardai ancora aperto sulla pagina di esercizio "Giusto". Fece un mezzo sorriso guardandomi sospettosa "In che materia si ricorda di avermi appena aiutata vicepresidente?" chiese poi testandomi. Scossi la testa arrossendo per la vergogna "Chimica lo so, mi dispiace per aver fatto una domanda così inutile". Si interruppe un attimo mentre infilava i libri nello zaino e mi guardò storto riprendendo la mobilità "Non c'è alcun bisogno di scusarsi".

Abbassai il volto, non era l'unica persona a dirmi che spesso domandavo scusa inutilmente dimostrando chiaramente di essere abituata a farlo tante volte al giorno anche in caso di non necessità ed essere quindi particolarmente sottomessa e titubante riguardo il giudizio delle persone.

Cercai subito qualcos'altro di cui parlarle per distogliere la sua attenzione dal mio comportamento e iniziai a guardarmi intorno lentamente cercando qualcosa di papabile. "Che lezioni hai dopo chimica?" Si bloccò di nuovo "Nessuna, vado a casa perché questa è l'ultima ora".

Chiusi gli occhi sotto la maschera e mi arresi sconcertata, andavamo tutti a casa. Scoppiò a ridere e chiuse la cerniera della cartella buttandosela su una spalla. "Va tutto bene vicepresidente? Sembra talmente distratta da qualcosa che deve rimangiarsi tutto auro che dice subito dopo averlo detto" commentò risedendosi accanto a me e appoggiandomi due dita sulla maschera a livello della fronte come per controllarmi la febbre.

Alzai la testa e mi lasciai ricadere all'indietro sullo schienale elastico del divano "Sto bene" sospirai esasperata e stanca fissando il soffitto. "Sto delirando lo so, probabilmente ho solo bisogno di dormire". Mi analizzò dalla postura non avendo a disposizione il mio sguardo "Dovrebbe dormire quando ha la possibilità di farlo." Stanotte non l'ho avuta" replicai senza pensare. "Mi fissò per un attimo incerta sulla risposta… o sulla domanda "Spero che questa notte la abbia allora" decise di dire.





♧︎︎︎ ♧︎︎︎ ♧︎︎︎




Voltai la testa dalla parte opposta alla sua e guardai la mensa fino a raggiungere con gli occhi il muro opposto, dall'altra parte di tutti i tavoli. "Già" dissi con la voce mezzo incrinata per la quasi umiliazione.

Sentii Mary dietro di me alzarsi e pensai si stesse preparando per andarsene o direttamente se ne stesse già andando perciò quando me la ritrovai dietro ad un soffio dal viso che guardava nella mia stessa direzione per riconoscere a sua volta cosa incatenasse la mia attenzione al lato opposto a quello dove si trovava lei, sobbalzai con il cuore in gola. "Dove sta guardando?" chiese appoggiandosi con le braccia conserte sullo schienale di lato, avvicinandosi da dietro.

Mi irrigidii ma non mi girai per guardarla di fronte, mi limitai a sussurrare un "Nulla" e alzarmi per poi voltarmi verso di lei quando ormai c'era l'intera zona relax tra noi. Lei capí che inconsciamente si era nuovamente avvicinata troppo e mi guardò dispiaciuta "Mi scusi se ho osato troppo, non avevo intenzione di darle fastidio... mi viene naturale con tutti quindi evitarlo di punto in bianco è difficile" disse spiegando poi. "Non preoccuparti… non mi ha fatto alcun effetto la tua vicinanza, non è per quello che mi sono alzata".

Mi osservò scettica ma, rendendosi conto di quanto piena di sé si faceva vedere, cambiò espressione aggrottando prima le sopracciglia stupita di sé stessa e poi facendo una smorfia arricciando le labbra.

"Bene" Fece il giro del tavolino circondato dalle poltrone e raggiunse l'altezza dov'ero io rispetto ad esso, a tre metri di distanza da me "Deve andare a lezione ora no?" "Sì esatto, per quello" "Allora…la saluto e la ringrazio ancora per il tempo che ha deciso di togliere al suo relax per dedicarlo a me" borbottò "Di nulla".

Annuí più volte e in mancanza di altro da dire imboccò il corridoio tra i tavoli per raggiungere l'uscita.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top