Capitolo 6

Il giorno stesso in cui Nina dichiarò la gamba di Kaz guarita, Inej tornò di corsa alla villa per avvisare che nel pomeriggio ci sarebbe stata un’altra asta.

«Kaz, ti va di venire con me?» chiese mentre andava a prendere una gran quantità di soldi.

«Tutto allenamento per la mia gamba nuova.» disse con un sorrisino.

Quel pomeriggio andarono all’asta insieme. La padrona si era vestita con abiti color porpora, più eleganti del solito, abbastanza da catturare l’attenzione di Kaz un po’ troppo spesso.

Gli schiavi di quel giorno erano quasi tutti muscolosi, provenienti dal nord, assolutamente intenzionati a fuggire dalla loro nuova condizione; Kaz osservò con interesse le guardie tenerli fermi e addirittura ucciderne uno quando egli uccise a mani nude una delle guardie.

«Ammiri che riescano a tener testa alle guardie?» gli sussurrò Inej.

«Se fanno loro del male, mi sentirò solo più felice.» fu la risposta di Kaz.

Nel bel mezzo della vendita di tutti quei bestioni, salì sul palchetto un ragazzo. Kaz capì subito cosa gli era successo da come si muoveva e, semplicemente, dalle chiazze bluastre sulla pelle. C’erano solo due differenze da com’era stato lui poche settimane prima: il ragazzo era calvo e aveva un’espressione disperata da condannato a morte.

«Lui non c’entra nulla con questa vendita.» stabilì.

«Non gli hanno fatto guarire le ferite.» mormorò Inej.

Fu lei la prima ad offrire per lui. Pagò dieci sesterzi, stavolta, e qualcuno rilanciò il prezzo. Inej alzò l’offerta nuovamente, senza più nessuno a chiedere per lui. Pochi minuti dopo il ragazzino era con loro.

Sembrava sinceramente spaventato. Nessuno aveva preannunciato avesse problemi con il contatto fisico o simili, ma Kaz era abbastanza convinto quel giovane li avesse, anche peggiori dei suoi.

«Non credo ci saranno altri per noi, possiamo tornare a casa. Vado a pagare.»

Inej li lasciò e Kaz invitò il ragazzo a seguirlo fuori dalla folla, stando attento a non toccarlo direttamente. Il ragazzo osservò stranito il suo modo di fare, ma non fece commenti.

La padrona li raggiunse. «Okay, possiamo andare.»

Mentre camminavano Kaz disse, per smorzare un po’ la tensione: «Stavo pensando che potrei continuare ad usare il bastone per andare in giro. Mi farebbe sottovalutare.»

«Ti posso procurare legno da intagliare, se ci tieni.» rispose Inej.

«Non mi dispiacerebbe.»

«Va bene.»

«Ci sono dei tizi che ci inseguono.»

Inej guardò Kaz e si girò brevemente, abbastanza da vedere degli uomini seguirli.

«Come fai ad esserne certo?»

«Erano tra la folla, inoltre...» disse e indicò il ragazzo, che si era girato e stava ora tremando.

«Ci vogliono tener d’occhio o vogliono agire in qualche altro modo?»

«Vogliono uccidermi.» rispose il ragazzo a piano, certo di quel che diceva.

«Domina, con il suo permesso mi vorrei occupare di quei tizi.» disse Kaz con un sorrisetto.

«Permesso accordato, ma vai almeno in un vicolo.»

«Certamente. Ragazzo… Come ti chiami?»

Il ragazzo si morse le labbra. Kaz disse, prima che potesse rispondere: «Ho bisogno tu venga con me. Inej, fai il percorso normale; io faccio quel vicolo che conduce di nuovo sulla strada principale. Tu la raggiungerai tramite il vicolo, io mi occupo di quei tizi.»

«Sono tre bestioni...» mormorò dubbioso il ragazzo.

«Solo perché sono stato catturato e schiavizzato, non vuol dire che mi abbiano preso facilmente. Fidati, so quel che faccio.»

I tre si divisero. Il nuovo schiavo seguì Kaz nel vicolo e proseguì secondo le indicazioni del corvino, nella cui mano era improvvisamente apparso un pugnale.

I tre uomini erano grandi, ma Kaz li colse di sprovvista e fu più rapido di quanto fosse mai stato, colpendo in punti precisi per metterli fuori gioco. Quando Inej e il nuovo schiavo si ricongiunsero, arrivò anche lui, una mano nascosta tra le pieghe dell'abito insieme al pugnale insanguinato.

«Problema risolto?» chiese Inej.

«Credo siano vivi, quindi non ne ho creati di nuovi.»

Infine arrivarono a casa. Una volta chiusa la porta, Inej tolse le catene al giovane.

«Mi sembra tutto intero, quindi è meglio che faccia un bagno.» stabilì la donna. «Poi chiediamo a Nina una bandana o una parrucca.»

«Io...» mormorò il giovane prima di chiudere la bocca di scatto.

«Dì quel che vuoi, ragazzo. Qua si può parlare.»

«Non so se… Non...»

«Nessuno attenterà alla tua vita. Non qua dentro. Comunque Kaz ti farà compagnia se vuoi, o Jesper, o entrambi.»

Nel giro di un’ora i tre ragazzi erano nell’acqua calda della vasca. Il giovane non sembrava aver idea di dove posare gli occhi, notò Kaz, anche se non era la cosa peggiore da osservare in lui.

Aveva tantissimi lividi e li aveva ovunque, sul collo, sulle braccia, sul corpo. Il ragazzo si accorse che il corvino lo stava guardando e sussultò.

«In poco più di una settimana i lividi andranno via, non temere.» lo rassicurò Kaz.

«E nessuno qua dentro te ne farà di nuovi, a meno che non sbatti una gamba contro il letto, ma allora avrai fatto tutto da solo.» aggiunse Jesper con leggerezza.

«Come… fate a dirlo? Che guarirò?»

«Kaz ci è già passato. Fisicamente sta benissimo, psicologicamente no ma non si può pretendere tutto dalla vita.»

«Beh, la salute sarebbe bello pretenderla.» ribatté Kaz. Guardò poi il giovane e disse: «Io sono Kaz, comunque. Lui è Jesper.»

«Sembrate… felici.»

«Inej ci considera persone e non oggetti. Fa una bella differenza.» disse Jesper prendendo il sapone e iniziando a lavarsi.

«Ero scettico anche io all’inizio, ma non stanno scherzando.» commentò Kaz.

«Quindi siete degli schiavi pure voi?»

«Sì. Comunque non pensarci troppo ora, avrai tempo per riprenderti.» disse Jesper tendendogli la saponetta senza toccarlo. Kaz lo aveva avvisato che probabilmente anche lui aveva subito il suo stesso trattamento e non voleva quindi essere toccato.

Il giovane la prese con prudenza e iniziò a lavarsi lo sporco di dosso. Appena si lavò il volto, Jesper fece: «Sopracciglia rosse. Non dirmi che eri rosso…»

Il giovane fece un breve cenno affermativo. Jesper fissò Kaz e disse: «Chiunque sia stato, lo lancerò nel Tevere. Con un masso attaccato alle caviglie.»

«Fosse così facile...» sussurrò il giovane. Guardò un momento l’acqua, poi fisse: «Wylan. Mi chiamo Wylan.»

«Benvenuto tra noi, Wylan.» disse Jesper con un sorriso. Il giovane rimase imbambolato un secondo di troppo e Kaz lo prese come un buon segno.

Quando salirono, il corvino disse a Jesper di occuparsi di Wylan; lui andò da Inej ed entrò nel suo studio dicendo: «Si chiama Wylan.»

«Allora i nostri sospetti erano fondati. Lui è il figlio di Jan Van Eck.» rispose la padrona.

«Sì, deve essere lui. Ora è calvo, ma naturalmente è rosso di capelli, direi che è quasi certamente lui. Il che vuol dire che se vogliamo occuparci di quell’uomo ora abbiamo un vantaggio in più e una motivazione in più: non rinuncerei alla vendetta, ma sapere che quell’essere ha riservato il mio stesso trattamento a suo figlio mi fa incazzare.»

«Non ti avrei mai giudicato uno che ci tiene alle persone.»

«Se me l'avessi chiesto prima della cattura, ti avrei detto che possono andare tutti al Tartaro.»

Inej sorrise e finì di scrivere sulle pergamene, poi si alzò e disse: «Tu vorresti che agissimo contro di lui? Jan è un nobile davvero potente, io non potrei proteggere nessuno di voi neanche con il mio status.»

«Lo so, ma tanto prima di ogni altra cosa dobbiamo chiedere a Wylan se vuole aiutarci.» rispose Kaz.

«Hai già un piano, vero?»

Kaz sorrise. «Potrei, sì.»

«E cosa otterremmo se vincessimo?»

«Vendetta, soldi, amici potenti, il controllo delle reti di schiavitù e altro ancora.»

Inej sorrise. «Niente libertà? Con più potere e più da offrirvi, io potrei liberarvi tutti.»

Kaz la guardò un lungo momento, indeciso se lasciar uscire dalla bocca ciò che davvero pensava.

No, voglio restare con te.

«Non è tra le mie priorità.» disse infine.

La giovane fece un sorriso e gli andò davanti, lasciando al massimo un braccio a dividerli.

«Aiutare chi è come noi mi renderebbe immensamente felice. Se hai un piano, io te lo appoggio.»

«Come noi?»

Inej si girò e spostò la sua tunica abbastanza da lasciar intravedere un simbolo scuro. Un maschio a fuoco.

«Ci sono passata anche io. Probabilmente Jan era coinvolto.»

Kaz le sfiorò la pelle scura, facendola rabbrividire. Ritrasse la mano e disse: «Non resterà impunito.»

Fece per uscire quando Inej disse: «Non dirlo a Nina e Jesper. Non sanno che anche io sono stata una schiava.»

«Perché lo hai detto a me?»

«Perché tu resteresti con me come schiavo?»

Kaz osservò la padrona, poi sorrise e annuì, sentendosi insolitamente felice.

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