🎸ME, MYSELF & SUGA 🎸

«Io te l'avevo detto che dovevamo fermarci a chiedere indicazioni» osservo l'ennesimo arbusto spoglio uguale a tanti altri arbusti spogli.

«E io ti ho detto che non sarebbe servito a nulla» borbotta «Comunque la strada è questa, fidati di me».

«Strada? Quale strada?» agito le mani «Qui non c'è una strada! C'è solo terra, polvere, cespugli e qualche povero albero che si sta chiedendo quale cattiveria deve aver mai fatto nella sua precedente vita per ritrovarsi, ora, a crescere in mezzo al nulla cosmico».
Lo sento sbuffare sonoramente.

«Maledetta quella volta che ho deciso di darti un passaggio»

«Cosa scusa?» mi volto, furibonda «Ripetilo ancora se ne hai il coraggio?».

«Maledetta quella volta che ho deciso di dati un passaggio!» si gira a sua volta, con i piccoli occhi neri mi fulmina.
Per un istante rimango ferma, immobile. ad osservarli, ad osservare il suo sguardo pungente, il naso tondo, le labbra rosse. Maledizione come sono rosse quelle labbra, proprio come i suoi stupidi capelli tinti.

"No Tabata, no!" ripeto ancora una volta nella mente. Per fortuna lui riprende a parlare, distogliendo finalmente la mia attenzione da quelle maledette labbra perfette.

«Ti ricordo che sei stata tu quella che ha voluto venire con me»

«Certo! Come potevo lasciarti da solo? Conoscendoti saresti rimasto senza benzina in qualche parte sperduta di questo deserto!»

«Guarda che me la so cavare benissimo da solo!»

«Si certo si vede! Infatti ci siamo persi Mr "so cavarmela benissimo da solo"»

«Ancora? Non ci siamo persi! So benissimo dove siamo! È la strada giusta!»

«Come no»
Sbuffa, un ciuffo rosso vola verso l'alto, lui accelera e la jeep si trasforma in un tagadà ma rimango zitta. Incrocio le braccia al petto e torno ad osservare il panorama fuori dal finestrino. Nel frattempo però la noto, la rapida occhiata che lancia al mio décolleté formoso.
"Stupido" penso sistemandomi meglio contro il sedile.
Passiamo diversi minuti in totale silenzio, lui guida, io guardo il sole che sta per tramontare.

«Guarda laggiù miscredente» con un rapido cenno del capo indica una sagoma scura a diverse centinaia di metri. Mi raddrizzo, poso le mani sul cruscotto impolverato, allargo gli occhi. Maledizione sapeva veramente dove andare.
Un piccolo edificio fatto di legno si avvicina e quando Yoongi parcheggia la jeep proprio al suo fianco scendo sbalordita.

«Sembra una piccola oasi nel deserto» commento.

«Non sembra, lo è» lui si avvicina, estrae una lunga chiave di metallo dalla felpa nera, sale sulla piccola terrazza rialzata e si avvicina alla porta di metallo. La apre senza alcuna difficoltà.
«Avanti vieni qui, dammi una mano» dice e un secondo più tardi supera la soglia.

«A casa mia si chiede per favore» protesto, ma faccio comunque quello che mi ha ordinato.

«Se vuoi mangiare questa sera ti conviene chiudere la dolce boccuccia che ti ritrovi e iniziare a fare lavorare le mani. Dobbiamo portare fuori un sacco di cose»

«Adesso ho capito perché hai acconsentito a portarmi con te. Ti serviva una schiava! Ammettilo!»

«Se avessi voluto una schiava da comandare ne avrei scelta una ubbidiente e di bella presenza»

«Stai dicendo che non sono di bella presenza?» sbraito superando la soglia.

«Possibile che hai da ridire su tutto?» alza lo sguardo da gatto e mi fissa irritato mentre afferra il divano, anch'esso di legno.

«Possibile che tu sia sempre scorbutico come un vecchio?» rispondo.

«Io sono un vecchio»

«Ma se abbiamo solo pochi mesi di differenza! Non osare darmi della vecchia!» poso le braccia sui fianchi, arriccio le labbra.
Lui sospira di nuovo.

«Avanti dammi una mano a portare fuori il divano e a montare le luci o mangeremo al buio e seduti a terra»
Sbuffo, ma faccio ancora una volta quello che mi dice.

Mezz'ora più tardi, con il sole ormai completamente sparito all'orizzonte, osservo il nostro lavoro. Le piccole lampade incandescenti illuminano con la loro luce calda quello che sembra a tutti gli effetti un salotto all'aperto. Il divano, il tavolo, i cuscini con i fiori, gli sgabelli di metallo che fungono da tavolini, le candele che aspettano solo di essere accese, c'è tutto.
«Devo ammettere che sei stata brava» mormora Yoongi passandomi accanto, il frigo da campeggio stretto tra le mani.

«Sei tu che avevi zero fiducia nelle mie competenze»

«Puoi darmi torto? Ti ho trovata che vagavi nel deserto, chiedendo un autostop perché avevi deciso che era una buona idea abbandonare la tua bicicletta alla stazione di servizio e continuare a piedi, sperando nell'arrivo di un buon samaritano. Che poi ancora mi chiedo, come pensavi fosse una buona idea attraversare il deserto con una bicicletta?» posa il frigorifero a terra, lo attacca alla spina.

«Ancora con questa storia? Ti ho detto che ci sono un sacco di YouTuber che lo hanno fatto e poi non è colpa mia se quella stupida bomboletta ripara fori non ha fatto il suo lavoro!» mi avvicino, pregustando già il dolce sapore di una birra fresca.

«Volevi riparare uno squarcio di dieci centimetri!» apre il coperchio.

«E allora?» mi passa due bottiglie.

«Con una bomboletta spara colla!» afferra anche il contenitore della pancetta.

«Serviva a quello: a riparare le gomme delle bici» rispondo cocciuta.
Lui scuote la testa, borbotta qualcosa nella sua strana lingua, richiude il frigorifero. Dopodiché si dirige verso il piccolo falò ancora spento.
«Hey, lo sai che non sopporto quando parli coreano» lo seguo.

«Oh, scusami se sono coreano»
Aggrotto la fronte.

«Che poi...io non sono ancora sicura che tu sia veramente un famoso rapper coreano. Per me è tutta una balla, che ti sei inventato per fare colpo»

«Io? Fare colpo? Su di te?» senza degnarmi nemmeno di un'occhiata inizia ad accendere il fuoco «Ma se ho centinaia e centinaia di giovani e belle ragazze che venderebbero persino la loro famiglia per passare anche solo un minuto in mia presenza» .

«Sì, certo, come no» mi siedo a gambe incrociate su un cuscino, apro la birra «Tutte balle! Non ho mai sentito parlare di te e nemmeno del tuo gruppo, i BCS».

«BTS» mi corregge immediatamente.

«Quello che è» bevo un sorso di birra, il liquido freddo scende lungo la mia gola, mi rinfresca. Nonostante siano le otto di sera è un giorno estremamente caldo.
«Anche perché diciamolo: come posso credere che tu sia un rapper? Da quando mi conosci la frase più lunga che mi hai rivolto sarà stata di dieci parole, di cui almeno metà erano insulti alla mia meravigliosa persona»

«Senti meravigliosa persona, passami la birra e smettila di cianciare»

«Visto? Dieci parole! Giuste giuste!» lui alza gli occhi al cielo, io sollevo un sopracciglio. Tuttavia eseguo nuovamente il suo ordine.

«E comunque ci tengo a ripetere che se proprio non mi credi puoi sempre prendere il telefono e cercare il mio nome su Google» si apre la birra «Queste sono ventiquattro parole...giuste giuste» una lieve schiumetta trasborda, lui impreca, si avvicina la bottiglia alle labbra ma non è abbastanza rapido. Una goccia di alcool scivola dalle sue labbra, scorre fino al mento. La osservo rapita e per un istante penso a come sarebbe bello raccoglierla con la lingua.

«Non sai più cosa rispondere?» sussulto, sconvolgendomi io stessa dei pensieri che sto facendo su di lui quel giorno.

«Ti piacerebbe vero potermi tappare la bocca?»

«Non sai quanto» ghigna, una strana ombra scura passa nei suoi occhi, un brivido mi attraversa la colonna vertebrale.
«Ma ora vai a prendere un altro po' di legna nella jeep. Servono più tizzoni o la griglia non si scalderà mai e già che ci sei prendi anche le verdure e lavale. Ci dovrebbe essere una piccola tanica d'acqua piovana nel retro» sbuffo posando la bottiglia a terra.

«Continuo a pensare che tu mi abbia portata qui solamente per avere qualcuno da comandare» mormoro prima di alzarmi ed eseguire i suoi ordini. Ancora.

Il tempo passa rapido, con Yoongi che si dedica alla carne e io che mi dedico ai contorni senza nemmeno rendermene conto è già ora di cena.
«Wow sembra squisito» annuso a pieni polmoni il profumino che arriva dalla tavola.

«La pancetta forse è un po' troppo cotta ma -»

«Non essere il solito perfezionista! È perfetta, croccantina al punto giusto, come piace a me» lo stomaco borbotta dalla fame «Beh come dite voi: Itadakimasu
Lui scuote la testa, sorride lievemente.

«Mangia su, o si raffredda» si gira, prende altre due birre e io, senza farmelo dire una seconda volta, mi tuffo sulla cena.

Mangio con gusto, a sazietà, come non mi accadeva da diversi mesi, forse anni ad essere sincera, e stranamente mi sento felice. In mezzo al deserto, assieme a questo giovane uomo che ho conosciuto solo da pochi giorni, mi sento felice. Il peso che porto sullo stomaco si solleva, la mente diventa leggera, le bottiglie di birra aumentano sul pavimento.
Goffamente poso la testa sulla seduta del divano, chiudo gli occhi.

«Ho bevuto e mangiato troppo» mormoro, accarezzandomi l'addome.
Lui si alza, entra in quella casetta improvvisata. Dopo una manciata di secondi esce di nuovo.
Sto per aprire gli occhi, chiedergli cosa è andato a fare, ma il suono di una chitarra risuona nell'aria prima che apra bocca.
Mi sollevo di scatto, lo guardo sbigottita.
Con il plettro pizzica le corde, con le dita scivola sul manico. Inizia a cantare. Inizia a cantare e io mi perdo. Mi perdo in un lago profondo, segreto. Un lago in cui avevo promesso di non immergermi più. Gli occhi mi diventano lucidi, il cuore inizia a rimbombarmi nelle tempie.

«So far away, you're gone...Getting far away...Too far away, you're gone»

Sono le uniche parole che capisco di quella canzone, le uniche che il mio cervello riconosce, eppure c'è qualcosa. Qualcosa nel suo modo di cantare, nel suo modo di suonare, nel suo modo di curvarsi sulla chitarra. C'è qualcosa che parla direttamente al mio cuore, alla mia anima. Mi mordo il labbro, bevo un altro sorso di birra e alzo la testa, ammirando il cielo stellato finché lui non smette.

«Non pensavo sapessi suonare la chitarra» commento tornando a fissarlo.

«Te l'ho detto che sono un musicista»

«Potevi anche suonare il triangolo per quanto mi riguardava e definirti comunque un musicista»
Borbotta qualcos'altro in coreano, posa la chitarra.

«Ho bisogno di whisky» dichiara in inglese e, dopo essersi alzato, se ne va un'altra volta.

Osservo lo strumento.
Le fiamme del fuoco si riflettono sulla superficie nera, la voglia di allungare le dita e afferrarla prende il sopravvento. Poso i polpastrelli sulle corde, un brivido mi risale il braccio e quasi senza rendermene conto stringo la chitarra tra le braccia.

«Dove è il plettro?» Yoongi arriva con due bicchieri di vetro.
Mi irrigidisco di colpo. Merda il plettro.
Punto lo sguardo alla mia destra, notando un piccolo triangolo rosso.

«È lì. Non mi serviva» rispondo superba tornando a fissare il meraviglioso strumento che tengo tra le mani.

«Non ti serviva? Sai suonare la chitarra?»
Non rispondo.
Lui si avvicina, posa i bicchieri sul tavolo, si volta, prende il whisky dal frighetto.
«Allora?» osservo il liquore dorato abbandonare la bottiglia «La sai suonare oppure no?».

«Certo che la so suonare!» rispondo.

«Suona qualcosa» mi sprona.

«Chi io?»

«Vedi per caso qualcun altro che sta tenendo la mia preziosa chitarra da quindici milioni di won come fosse una mazza da baseball?»

«Quindici milioni di won? Quanti sono?»

«In dollari?»

«No, in banane!» rispondo seccata «Certo in dollari».
I suoi occhi si assottigliano, le sue labbra diventano quasi due linee orizzontali.

«Direi circa sui diecimila dollari»

«Dieci- » mi bloccò, il respiro mi viene meno, le mani iniziano a tremare. Mollo a terra la chitarra. Merda ho mollato a terra la chitarra.
Il manico dello strumento batte contro il soppalco, sento il mio cuore fermarsi.
"Merda l'ho mollata a terra. L'ho mollata a terra!"
«Cazzo!» esclamo.
Mi allungo con uno scatto, lui fa lo stesso. Ci scontriamo.

«Merda!»
«Shibal!»
Le nostre imprecazioni si fondono mentre il suono delle nostre teste rimbomba ancora nelle mie orecchie.

«Ma sei matta?» sbraita, massaggiandosi la fronte.

«Sei tu che mi sei venuto addosso!»

«Tu hai fatto cadere a terra la mia chitarra come fosse un sacco di riso!»

«La chitarra » esclamo raccogliendola immediatamente e controllandone il manico.
«Non si è rotta» mormoro prima di lasciarmi andare contro il divano «Non si è rotta» la stringo forte contro il petto. L'iniziale senso di sollievo viene rapidamente eclissato dalla rabbia.
«Cosa diavolo ti salta in mente?» lo fulmino con lo sguardo.

«Come scusa?» piega la testa di lato, serra le labbra.

«Cosa diavolo ti salta in mente?» ripeto, sconvolta «Hai portato in questo posto sperduto una chitarra da diecimila dollari? Diecimila? E la posi così? Sul legno? In mezzo alla polvere e alla sabbia e te ne vai?»
Abbassa le spalle, cambia sguardo, le labbra tornano visibili.

«Sì, e allora?»

«Allora? Che cazzo Yoongi: diecimila dollari!»
Lui allunga la mano, afferra il bicchiere con il whisky, ne beve un lungo sorso senza parlare.

«Era quella meno costosa che avevo a casa»

«Quella meno cost-» sento il sangue abbandonare il mio viso.

«Te l'ho detto Tabata. Sono un cantante famoso, molto famoso, e quando deciderai finalmente di assicurartene la smetterai una volta tanto di usare questo tono insolente con me»

«Questo mai!» esclamo osservando ancora una volta la chitarra che stringo tra le mani «Piuttosto vado a farmi suora!».

«Di clausura mi auguro. Sarebbe un atto d'amore per l'umanità»
Lo fulmino con lo sguardo prima di ruotare il busto e sollevare lievemente lo strumento. Lo devo posare sul divano, devo evitare di fare altri danni. Tuttavia, a pochi centimetri dal cuscino, mi fermo. È stupenda, è davvero stupenda.
«Vuoi provare a suonarla?» lui mi guarda, il bicchiere di vetro gli copre metà volto, sorseggia un altro sorso di liquore.

«Io?» rispondo titubante.

«Ancora?» i suoi occhi neri mi incendiano «Certo tu»

«Non so se sono -» mi mordo il labbro «È una chitarra costosa»

«Lo è» ammette «Ma sono sicuro che, se non la lanci a terra come fosse una mazza, sia in grado di resistere alla tua furia» arriccia la parte sinistra della bocca mentre fa ruotare il whisky.
Abbasso le braccia. La voglia di pizzicare quelle corde scintillanti mi brucia nel corpo ma la spengo.

«No» scuoto la testa «No, grazie»

«Come mai?» il suo sguardo mi inchioda sul posto, mi scava dentro e prima che riesca a capire ciò che nascondo nella mia anima abbasso la testa.

«Non la so suonare» rispondo sinceramente «Ho...ho sempre voluto imparare ma non ne ho mai avuto la possibilità e ormai è tardi».

«Non è mai tardi» la sua voce dolce mi porta ad alzare lo sguardo, i suoi occhi neri mi guardano gentili «Non è mai troppo tardi per fare qualcosa, se davvero lo vogliamo. Ricordatelo Tabata».

«E chi me lo insegnerà? Chi mi insegnerà a suonare la chitarra? Tu?»

«Perché no? Sono un ottimo insegnante sai?» scola tutto il whisky con un lungo sorso e poi si avvicina, gattona verso di me, afferra il plettro, trattengo il respiro. In quel momento c'è qualcosa di ferale in lui. Nonostante il ghigno divertito, gli occhi neri brillanti, i capelli scompigliati, le gote lievemente arrossate. C'è qualcosa di diverso, qualcosa di elettrizzante. Forse è il modo in cui muove il corpo, il modo in cui i muscoli guizzano sotto la felpa.
«Fammi spazio» mormora.
Mi sposto di lato, la bocca improvvisamente si secca.
«No, vai in avanti. Devo mettermi dietro di te» continua.
Un brivido mi attraversa il corpo, smetto di respirare per un istante.

"Bevi tabata! Bevi tanto!"
Trascino il cuscino in avanti, allungo la mano e ascolto il mio stesso consiglio.
Trangugio tutto il whisky in un solo unico sorso. Dopodichè poso il bicchiere e mi volto verso Yoongi, che nel frattempo si è comodamente seduto alle mie spalle.

«E quello?» indica il bicchiere vuoto con un cenno.

«Dovevo trovare la forza per riuscire a sopportare una tua lezione in cui lo so: borbotterai e ti lamenterai per tutto il tempo»

«Guarda che se non vuoi facciamo a meno» fa per allontanarsi, gli afferro il polso. Lui fissa le mie dita prima di far incrociare i nostri sguardi.

«No, per favore» mormoro «Per favore insegnami qualcosa».
Un lieve sorriso gli solca il volto, le rughe sulla fronte spariscono, si rilassa.

«Con molto piacere» torna a sedersi «Iniziamo dalle basi che ne dici?».
Annuisco e tutto mi sembra un sogno. La chitarra che si incastra perfettamente contro il mio corpo,i polpastrelli che premono le corde, la voce di Yoongi che rimbomba nelle mie orecchie. Mi mostra come mettere le dita, come maneggiare il plettro. Mi insegna degli accordi. Sol. Do. Sol. Do. Sol. Do. E quando vede che mi riescono passa ai successivi. Do minore. Sol maggiore settima. Do minore. Sol maggiore settima.

«Non ci riesco» il suono che esce dalle corde sembra un lamento di morte.

«Devi piegare di più il polso»

«Lo sto piegando»

«Hai le mani piccole...aspetta» si posa contro la mia schiena, passa il braccio destro accanto al mio, mi fa piegare lievemente la chitarra all'indietro «Se la sistemi così e la ruoti lievemente» il suo alito caldo scivola tra i miei capelli «Permettimi un attimo».
Allontano le dita, lasciando lo strumento nelle sue mani, lasciando che il mio corpo venga premuto contro il suo, permettendo alle sue dita di scorrere sulle corde.
Le guardo affascinata, afferro il labbro inferiore tra i denti, uno strano calore inizia a scorrere nelle mie vene.

"Tabata cosa stai pensando?" cerco di riprendere il controllo.

«Prova tu» la sua voce mi fa venire la pelle d'oca, per fortuna lui non lo nota «Fammi vedere se ci arrivi così» .
Deglutisco il nulla ma faccio come mi dice.
Torno ad abbracciare la chitarra, poso le dita sulle corde giuste, provo a suonare. È meglio ma il suono esce ancora spento, tremante.

«Non è ancora -»

«Premi di più» in un istante la sua mano è sopra la mia, le sue dita sono sopra le mie.
«Non gli fai male, è duro e resistente» i polpastrelli affondano attorno alle corde, le spingono contro il manico «Prova ora».
Il calore del suo corpo brucia più del fuoco, la voce bassa mi confonde la testa. Muovo la mano destra ma tremo.
«Più forte» il cuore inizia a battere impazzito.
«Fallo più forte» il respiro accelera la sua frequenza.
«Ancora una volta» le gote si scaldano.
«Ancora Tabata»
Sussurra quelle parole direttamente nel mio orecchio, la mia femminilità pulsa, un lieve mugugno si libera dalla mia gola e colpa forse dell'alcool, dell'eccessiva vicinanza, di quel sogno che lui stesso sta facendo avverare senza nemmeno saperlo mi volto. Mollo la chitarra e mi volto tra le sue braccia.
«Ta-»

Lo bacio. Chiudo gli occhi, afferro il tessuto della sua felpa e lo bacio.
Le mie labbra premono contro le sue, il mio respiro si infrange contro il suo, il mio corpo si tende contro il suo, ma subito dopo la chitarra colpisce il pavimento, il suo suono secco mi fa rinsavire.
Mi allontano dal giovane uomo che mi fissa con gli occhi sbarrati.

"Merda!" urlo nella mia testa.
«Merda» ripeto anche a voce alta prima di voltarmi e tentare la fuga.

Poso il piede a terra, spingo con tutta la mia forza, provo ad allontanarmi da lui che sicuramente mi sta giudicando, che sicuramente si sta indignando per quello che ho appena fatto. E riesco quasi ad alzarmi, riesco quasi a dargli le spalle.
Quasi.
Le sue dita infatti si stringono attorno al mio polso, con una forza che non pensavo possedesse mi attira verso di lui. Cado contro il suo corpo, sopra le sue gambe e sono costretta ad afferrare la felpa per non sbilanciarmi completamente all'indietro.

«Sei impazzit-» non riesco a finire la frase. Affonda la mano destra tra i miei capelli, mi afferra la nuca, porta i nostri volti a pochi centimetri di distanza. Percepisco il suo alito contro le labbra, mi irrigidisco.

«Lo vuoi davvero?» i suoi occhi neri mi stregano.
«Lo vuoi davvero Tabata?» il modo in cui dice il mio nome mi fa freme.

«Sì» rispondo con un filo di voce, lui stringe più saldamente le mie ciocche tra le dita.

«Ne sei sicura?» sembra quasi ringhiare, tutto il mio essere vibra «Devi esserne sicura Tabata perché non riuscirò a fermarmi...una volta che avrò assaporato ancora una volta le tue labbra non riuscirò a fermarmi e ti vorrò...ti vorrò completamente, totalmente. Per cui se non sei sicura, se hai intenzione di fuggire ancora dalle mie braccia dimmelo subito e ti prometto che farò finta che quel bacio rubato non sia mai esistito. Farò finta di non aver mai assaggiato il dolce gusto delle tue labbra. Farò finta -».

«Inizio a pensare che forse, tu sia davvero un rapper»

«Cosa?»

«Stai parlando troppo Yoongi, stai decisamente parlando troppo» chiudo gli occhi, in un istante faccio scontrare ancora una volta le nostre bocche. Questa volta però lui non è colto alla sprovvista. Anzi. Risponde con foga, con irruenza. La sua lingua si getta subito nella mia bocca, la mano ancora libera mi afferra la vita, il suo corpo si porta sopra il mio. Mi fa distendere, sorreggendomi la testa dolcemente, ma non smettendo nemmeno un secondo di assaporare la mia bocca. E io faccio lo stesso.
Con la lingua percepisco il suo gusto, con le mani gli tasto la schiena, con il bacino mi struscio contro la sua coscia e lui si eccita. Lo sento come si eccita. non solamente grazie al suo respiro, che diventa via via più ansante; o grazie alle sue mani, che iniziano a palparmi frenetiche; o grazie alla sua lingua che sembra voler arrivare direttamente alla mia gola. No. Lo sento attraverso il suo membro che duro, preme contro il mio inguine.

«Tabata» riprende fiato per un istante, prima di tornare a divorarmi le labbra. E il modo in cui pronuncia il mio nome, il modo in cui lo mescola al suo desiderio mi fa completamente ardere in un fuoco di lussuria.
Infilo le mani sotto la felpa, godo nella sensazione della pelle liscia sotto le dita, dei muscoli tonici contratti. Gemo il suo nome direttamente nella sua bocca e lui in risposta mi afferra un seno, strizzandolo con forza.
Mi inarco, una scarica di puro piacere si conficca tra le mie cosce e senza pensarci infilo le dita sotto l'orlo dei suoi jeans, sotto l'elastico delle mutande. Le sue natiche sode riempiono i miei palmi, ci affondo le unghie.
Ringhia come un animale, mi bacia come un animale, si preme contro di me come un animale. E lo so, se scopa anche come un animale sarò perduta, perduta per sempre.
Lo spingo contro il mio mio corpo, mi strofino con forza sulla sua coscia, sempre più vogliosa, sempre più eccitata. Sento le mutande bagnarsi, la mia femminilità contrarsi dal desiderio di averlo.
«Lo sai per cosa sono famoso?» sussurra quelle parole guardandomi direttamente negli occhi «Lo sai per quale motivo sono ritenuto tra i rapper più bravi al mondo?»

«Addirittura tra i più bravi al mondo?» alzo un sopracciglio mentre provocante continuo a muovermi sotto di lui «Non ti sembra di esagerare?».
Nei suoi occhi passa di nuovo quell'ombra oscura, quell'ombra che fa pulsare il mio bassoventre, che mi fa bagnare ancora tra le gambe.

«Mi dirai tu stessa se è una esagerazione» ghigna e sensuale come un gatto scivola lungo il mio corpo, si porta tra le mie gambe, mi afferra i pantaloni, li strattona verso il basso.
I leggings neri mi scorrono sulla pelle, l'aria tiepida mi accarezza, ma sono altre le carezze che desidero, è un'altra la brezza che voglio percepire sul mio corpo.
Faccio per alzarmi, per aiutarlo a levarmi le scarpe e i pantaloni ma lui mi inchioda con il suo sguardo e con le sue parole.
«Stai giù» ringhia «Stai giù e cerca di immaginare per quale motivo sia ritenuto un ottimo rapper» ghigna ancora una volta, solleva le sopracciglia e un secondo più tardi si fionda tra le mie gambe. Non mi spoglia nemmeno completamente. Abbassa i leggings quel tanto che gli basta e affonda il viso contro la mia femminilità, contro le mie mutande bagnate. E spinge, morde, lecca, succhia.
Tendo le gambe, mi inarco verso l'alto, porto le mani alla testa e gemo. Gemo finché con un rapido movimento Yoongi non fa scivolare il tessuto che copre la mia intimità di lato e non affonda la lingua dentro di me. Dentro la parte più intima di me.
Smetto di respirare, smetto di pensare, per un secondo probabilmente smetto anche di vivere.

Lo sento penetrarmi, stimolarmi, accarezzarmi, leccarmi. Come nessuno ha mai fatto prima. Come nessuno farà mai dopo.

Piego le gambe, cerco in qualche modo di togliermi le scarpe, di togliermi i leggings, che ormai si sono arricciati attorno alle mie caviglie, perché ho bisogno di sentirlo, di sentirlo meglio mentre mi divora. Ma lui me lo impedisce. Mi afferra le cosce e mi obbliga a stare ferma. Mi obbliga a sottostare al suo volere. Solo con uno sguardo.
Per una manciata di secondi infatti i suoi occhi si puntano nei miei, oltre i ciuffi rossi, sopra il tessuto della mia maglia. E basta quello, basta quello sguardo per farmi reclinare la testa all'indietro, per farmi tremare, per far esplodere l'orgasmo. Rapido, potente, furioso.

"Cazzo è meglio del mio vibratore"

Yoongi continua a leccarmi, a succhiarmi, a eccitarmi e io mi sciolgo, la mia femminilità si scioglie. I miei umori colano nella sua bocca, lungo il suo volto e lui continua. Imperterrito, costante.

«Yoongi» gemo mentre le onde di piacere non si riducono.
«Yoongi» ansimo mentre con le unghie mi ritrovo ad artigliare il legno sotto i nostri corpi.
«Yoongi» succhia il mio clitoride, lo pungola con la lingua.
Mi tendo come la corda di un arco pronto a scoccare, ed è esattamente quello che il mio corpo sta per fare: sta per scoccare un'altra freccia.
«Yoon-» sento le sue dita che premono nella mia carne, la sua bocca che passa tutte le mie pieghe. Mi bacia, mi bacia tra le gambe, esattamente come faceva nella mia bocca. Impazzisco.

Inizio a gemere senza sosta, a stringermi i seni con forza, a muovere il bacino contro il suo volto. Sento il fuoco dell'orgasmo tornare a bruciare nel mio ventre, tornare a reclamare il suo spazio e io mi abbandono completamente. Non posso fare altro. Mi abbandono alla strabiliante lingua di Yoongi, di quel giovane uomo che ho incontrato per caso, che mi ha raccolta come uno sporco gatto randagio e mi ha fatta tornare a sorridere, a credere, a sognare.
L'orgasmo mi sovrasta ancora e lui stringe con forza le mie gambe, succhiando ogni goccia che scivola al di fuori del mio corpo, dedicandosi completamente al mio piacere.

E questa volta lo guardo.

Lo guardo mentre mi lecca, mentre mi succhia. Lo guardo mentre tiene gli occhi chiusi, mentre muove la mandibola, mentre la sua lingua ondeggia in modi che non credevo possibili. Lo guardo e vengo. Vengo per la seconda volta nel giro di pochi minuti, vengo con un orgasmo spossante, intenso. Vengo e urlo il suo nome in mezzo al deserto. Perchè non posso fare altro se non urlare, a pieni polmoni, finché ho aria.

«Tabata» la sua voce roca mi riporta alla realtà.
Alzo lievemente la testa, lui ghigna palesemente soddisfatto.
«Allora? La mia tongue technology ti ha soddisfatta?»

«La tua -» sobbalzo, mi ha appena leccata di nuovo.

«Ne vuoi ancora?» i suoi occhi neri brillano, un brivido mi attraversa, ma prima che possa tornare ancora a farmi impazzire lo blocco.

«Basta» ansimo.

«Sei già sazia?» domanda, puntellandosi sulle braccia.
Le sue labbra risplendono colpite dalla lieve luce delle lampade, la mia femminilità si contrae, lui se ne accorge.
«Ne vuoi ancora» estrae la punta della lingua, finge di leccare l'aria.
Perdo un battito, il mio ventre pulsa dolorosamente, ma prima che lui si abbassi allungo le mani, lo afferro per la felpa e lo tiro verso di me.
Il suo corpo scivola sopra il mio, mi spinge contro il legno e quando il suo volto si porta al mio stesso livello lo bacio. Le mie labbra si posano sulle sue, la mia lingua ricerca la sua, il mio stesso gusto si mescola con la mia saliva.
«Tabata ti posso gustare tutta la notte, se lo vuoi posso farlo tutta la notte, senza chiedere nulla in cambio, senza volere nient'altro in cambio se non i tuoi gemiti di piacere»

«Stai zitto Yoongi, te l'ho già detto una volta. Stai zitto e smettila di parlare»
Torno a far combaciare le nostre bocche, mentre con le mani inizio a spogliarlo. Voglio sentirlo, voglio finalmente sentire la sua pelle che sfrega contro la mia, le sue mani che mi stringono con forza, i nostri bacini che premono l'uno contro l'altro. Il suo membro che mi colma.
Gli tolgo la felpa, lui mi toglie la maglia e con un rapido movimento di piedi riesco finalmente a disfarmi anche delle scarpe; un attimo prima che lui si fiondi nuovamente sul mio corpo.
Mi palpa, mi preme verso il basso, si struscia, eccitato, maledettamente eccitato e io mi ritrovo a graffiargli la schiena. Lo sento gemere mentre le mie unghie scivolano sulla sua pelle, nella sua pelle.

«Tabata» rantola pieno di desiderio, strizzandomi entrambi i seni tra le mani.

«Yoongi» gli faccio eco.

«Ti voglio» diciamo in contemporanea.
Sorrido, lui ghigna.

«L'ho detto prima io» mento e con un movimento rapido poso i palmi contro i suoi pettorali. Maledizione non pensavo fossero così tonici.
"Voglio morderli" con forza lo spingo verso l'alto, lui mi lascia fare e in pochi secondi invertiamo le nostre posizioni.

«Mi piacciono le donne che prendono l'iniziativa»

«Taci Yoongi, per favore taci»
Gli divoro le labbra facendolo zittire e contemporaneamente ne approfitto per liberarmi finalmente dei pantaloni attillati.
Gioisco internamente: ora è arrivato il mio turno di farlo impazzire.
Lentamente abbandono le sue labbra. Mi porto lungo la mandibola squadrata, scendo sul collo. Lo bacio, lo mordo, lo succhio.
Lui geme il mio nome, affonda le unghie nelle mie natiche, mi spinge contro il suo bacino.
Sorrido, mi abbasso di qualche altro centimetro.
Ora sono sulla clavicola, la lecco e senza staccare la punta della lingua arrivo sui pettorali, sul capezzolo. La luce flebile non mi permette di distinguerne il colore ma probabilmente è rosato, piccolo, decisamente sporgente.
Ne passo il contorno, lo stuzzico, ci appoggio le labbra e poi succhio. Succhio prima di mordere.
Lui va completamente fuori di testa.
Ansima pesantemente, rantola il mio nome, si porta le mani sul volto, tra i capelli e io continuo. Continuo a tediarlo, a stimolarlo, ad eccitarlo. Porto la mano destra verso il basso, fino all'orlo dei jeans e, sebbene goffamente, ne slaccio il bottone, abbasso la cerniera. Il tessuto delle sue mutande è bagnato, giusto in prossimità della punta del suo membro. Sorrido con il suo capezzolo ancora stretto tra i denti.

È arrivato il momento di scendere un altro po'.

Gli bacio l'addome, mi porto verso l'ombelico, gli afferro i pantaloni, alzo lo sguardo.
Lui mi sta fissando, immobile, i muscoli delle braccia tesi. Inizio a far scivolare i jeans verso il basso, lui asseconda i miei movimenti, e la stessa cosa fa quando gli sfilo anche i boxer.
Mi mordo istintivamente le labbra posando lo sguardo sul suo membro. È lungo, grosso, lievemente ricurvo verso l'alto. Sarà magnifico da succhiare.
Decido di mettermi a cavalcioni della sua coscia, incuneando il suo ginocchio tra le mie gambe e poi mi curvo in avanti. I capelli mi coprono il volto ma con un movimento sensuale li porto di lato. Dopodiché apro la bocca.
«Non sei obbligata a farlo, se non vuoi» si solleva sugli avambracci, per guardami meglio e cerca di sembrare calmo, composto.

«Yoongi, ti ho detto di stare zitto» con uno scatto gli afferro la base turgida, lui sussulta, un lieve gemito lascia le sue labbra « Stai zitto e lasciami fare».
Scatto come un serpente.
Rilasso il fondo della gola e lo prendo, completamente, tutto in una volta. La sua carne pulsa nella mia bocca, lui geme il mio nome, io inizio a succhiare. Succhio mentre le mie pareti lo stringono, mentre la mia lingua lo tasta.

«Maledizione Tabata» alzo appena lo sguardo, lo vedo reclinare la testa all'indietro sopraffatto da un potente brivido «Shibal».
Non ho ancora capito cosa significhi quella parola ma dal modo in cui l'ha detta, deduco che sto facendo un ottimo lavoro. Torno a concentrarmi sul suo pene. Lo faccio uscire, assicurandomi di succhiarlo fino alla punta, poi lo faccio rientrare. Una, due, tre volte. E nel frattempo inizio a strusciarmi contro la sua gamba, vogliosa, eccitata, bagnata. Le mie mutandine infatti ora sono fradice, talmente fradice che sono sicura: gli sto bagnando la gamba, ma a lui non sembra importare, anzi. Il suo membro freme nella mia bocca, il battito del suo cuore diventa percepibile anche sotto i miei polpastrelli, tanto è turgido, tanto è eccitato.
«Tabata» alza il ginocchio, lo preme contro la mia femminilità. Gemo quando una scarica di puro piacere mi fa contrarre le cosce, il mio bacino si sposta in avanti, di riflesso, e lui ripete quel movimento. Perdo la concentrazione, rallento il ritmo delle mie succhiate, ma a lui non sembra importare, anzi, quella mia reazione lo eccita ancora di più.
«Rischio di venire» rantola e percepisco la sua gamba contrarsi.

Con un altro movimento lo faccio affondare nella mia gola, la sua punta preme contro i miei tessuti, la lieve peluria del suo pube mi solletica il naso e tutto ad un tratto la sua mano si insinua fra i miei capelli. Si è quasi messo a sedere.

«Tabata non scherzo, rischio di venirti in gola se continui» i suoi occhi neri sono puro fuoco, pura lussuria «Sei sicura che vuoi finire così? Perché non credo che con tutto l'alcool che abbiamo bevuto riuscirò a tornare operativo tanto presto per cui te lo chiedo: vuoi finire così?»
Un brivido mi attraversa la schiena. No, non voglio finire così, ovvio che non voglio finire così.
Con lentezza lo faccio fuoriuscire dalla mia bocca, poi mi lecco le labbra.

«No, non voglio finire così, non voglio»

«Speravo lo dicessi» ghigna e un secondo più tardi stringe con forza le mie ciocche e mi obbliga ad alzare la testa. Le nostre bocche si scontrano, i respiri si mescolano, le lingue si cercano.
Mi lascio spingere contro di lui, contro il suo petto, contro la sua pelle, calda, bollente, lievemente sudata. Poso le dita sulle sue spalle, scendo lungo i pettorali tonici, percepisco i capezzoli turgidi sotto i polpastrelli. Lui ansima lievemente, io mi diverto ad eccitarlo. Glieli accarezzo, li premo, li strizzo. E lui risponde. Mi stringe per i fianchi, fa scivolare il suo membro contro le mie mutandine, mi stimola, mi tasta, mi stimola, finché la voglia che abbiamo l'uno dell'altra diventa ingestibile. Finché i nostri respiri non diventano irregolari, i nostri corpi frementi, i nostri bacini bisognosi.

«Aspettami qui, vado a vedere dove ho messo i preservativi» ha il fiato corto, i capelli completamente spettinati, gli occhi carichi di promesse e non so per quale motivo ma sento che devo dirglielo, sento che con lui posso essere sincera questa notte.

«N-non serve che li prendi, possiamo fare anche senza»

«Non voglio metterti incinta»

«N-non succederà»

«Guarda che uscire all'ultimo secondo non previene una poss-»

«Sono sterile» lo interrompo.

«Sei -» sbatte le palpebre.

«Sono sterile, sono nata con una malformazione incurabile che mi impedisce...non posso avere bambini Yoongi. Sono una donna a metà, una nullità» abbasso lo sguardo. L'ho fatto, gli ho confidato il mio più grande segreto, il mio più grande tormento.
Senza nemmeno rendermene conto una lacrima scivola sulla mia guancia, lui la raccoglie con un bacio.

«Hey Tabata guardami» mi prende il volto tra le mani «Guardami».
Alzo lo sguardo.
«Tu non sei una donna a metà, non sei una nullità»

«Non posso -»

«Chi se ne frega se non puoi avere figli? I bambini sono chiassosi, fastidiosi. Ti drenano le energie come fossero dei piccoli parassiti e poi ti lasciano senza forze, esausto, a chiederti per quale motivo non dovresti soffocarli con un cuscino mentre dormono sul tuo letto »

«Oddio quello che hai appena detto è orribile!»

«Dover dividere dieci metri quadrati con tre pesti è orribile»

«H-hai figli?»

«Una specie»
Inclino la testa di lato.
«Te lo spiegherò dopo, se vorrai, ma ora...» le sue dita scorrono sulla mia schiena «Ora permettimi di farti vedere che sei una donna stupenda, una donna che ogni uomo desidererebbe avere nel suo letto...anche solo per una notte».
Così dicendo si spinge in avanti, mi obbliga a distendermi ancora una volta sulla schiena, ad allargare le gambe, a lasciare che mi sovrasti.

«Yoongi -»

«No Tabata, ora stai zitta, stai zitta e mi lasci dimostrare quanto tu sia perfetta» il tono di voce che usa non ammette obiezioni.
Annuisco e completamente dominata dalla sua aurea gli permetto di spogliarmi. Ora siamo nudi, entrambi.
«Sei perfetta» osserva le mie curve.
Con l'indice traccia una scia che parte dalle mie labbra, scende lungo il collo, tra i seni, devia sul fianco e arriva alla coscia. Dopodiché afferra con forza la mia gamba, le sue unghie premono contro la pelle. Non resisto. Un gemito si libera dalla mia gola, con le mani gli arpiono le natiche.

«Prendimi Yoongi» struscio la mia femminilità contro la sua lunghezza.
«Ti prego prendimi» spingo il suo bacino contro il mio.
Lui ansima il mio nome.
«Prendimi e fai finire questa notte nel miglior modo possibile» gli bacio rapida le labbra «Prendimi».
Un ringhio ferale si libera dalle sue labbra.

«Sei stupenda Tabata...sei stupenda anche quando implori e fidati...» il suo corpo si tende, i suoi muscoli si contraggono «Voglio sentirti implorare per tutta la notte per cui ripetilo» con la punta si struscia contro la mia entrata, lento, sensuale, perfetto.
«Ripeti che mi vuoi»

«Io - » la voce mi muore in gola quando preme contro il mio clitoride. Contraggo le gambe, lui affonda le unghie nella mia carne.

«Ripetilo Tabata» ordina continuando a muoversi, dimostrando un autocontrollo che al suo posto non avrei mai saputo avere.
«Ansima quanto mi vuoi, quando mi desideri. Dimmi che smani dalla voglia di sentirmi dentro di te, mentre ti allargo, mentre ti riempio, mentre ti scopo fino a farti perdere il respiro, fino a farti dimenticare persino come ti chiami».
Il suo respiro ora mi sfiora le labbra, il suo membro rilascia una lieve goccia sul mio pube, il mio corpo si tende.

«Yoongi» affondo le dita tra i suoi ciuffi colorati, mi spingo contro di lui, impaziente, smaniosa.

«Dimmi che mi vuoi Tabata, dimmi che mi desideri, implorami» e ancora una volta, per l'ultima volta, ubbidisco.

« Ti voglio Yoongi, ti voglio maledizione » mi strofino contro di lui «Scopami o giuro, lo giuro, che ribalto le nostre posizioni e ti scopo io».
Un brivido gli attraversa il corpo, la sua presa sulla mia coscia aumenta, nella sua gola si forma un suono gutturale che mi fa impazzire.

«Prepararti ad implorare tutti gli Dei che conosci perché ti giuro: farò in modo di farti ricordare questa notte per tutta la vita»
Si solleva su un avambraccio, con l'altra mano si afferra la base e un secondo più tardi mi penetra. Faccio appena in tempo a sentire la sua punta premere tra le mie pieghe madide che con un perfetto movimento di lombi attraversa la mia entrata. Preciso, rapido, perfetto. Affonda. Ne percepisco ogni centimetro, ogni maledetto centimetro e gemo, ansimo, impazzisco. Più Yoongi si spinge dentro di me, più mi dilata, più mi colma, più il mio corpo si scioglie, si apre, si accende. Percepisco le mie parete contrarsi, stringersi, pulsare al suo passaggio e quando i nostri bacini arrivano a toccarsi un potente brivido mi attraversa. Lui sorride, a pochi centimetri dal mio volto e nel momento in cui torna a respirare, inizia. E il suo inizio è la mia fine.

Con la mano mi solleva la coscia, con il corpo si porta lievemente indietro, con la lingua si fionda nella mia bocca e tutto quello che provo un secondo più tardi, tutto quello che Yoongi mi fa provare un secondo più tardi, è puro piacere. Denso e bruciante piacere che dalle mie gambe si propaga in tutti i tessuti, facendomi dimenare, facendomi gridare, facendomi impazzire. Il suo membro si muove, mi sfiora, mi riempie e ogni volta sembra che lo faccia con più passione, con più metodica, con più forza.
Lo sento mentre con forza si spinge dentro di me, mentre i nostri bacini sbattono, producono un suono duro, sordo. Un suono primordiale. Lo sento, nonostante stia urlando il suo nome, nonostante la mia femminilità stia producendo dei suoni sempre più bagnati, sempre più udibili. Lo sento mentre ride, mentre si esalta, mentre ringhia.

« Così Tabata così...gemi...grida...canta»

Le sue dita si stringono attorno al mio capezzolo sinistro, lo stringono, lo premono, lo torcono. Una scarica di dolore si fonde al piacere, impazzisco.
Gli artiglio le natiche, mi spingo contro di lui, accogliendolo, stringendolo, stimolandolo e ben presto non siamo più Tabata e Yoongi. Non siamo più due persone che si sono incontrate per caso qualche giorno prima. Siamo una entità unica. Un'entità composta di carne, sudore, gemiti. Un'entità che per una breve frazione di tempo condivide tutto.

«Yoongi» riesco a dire il suo nome, proprio un attimo prima che l'ennesimo orgasmo mi obnubi la mente, che mi faccia contrarre, gemere, graffiare.
La scarica di piacere che provo infatti è così intensa che non resisto. Gli pianto le unghie nelle spalle, tiro verso il basso, violenta.
Lui mescola un ringhio ad un gemito e un secondo più tardi si erge sulle ginocchia. Mi afferra per la caviglia, mi porta la gamba verso l'alto, mi obbliga a ruotare il busto di lato e poi con l'altra mano mi afferra per il fianco e mi solleva il bacino. Quello è il colpo di grazia, mentre lui riprende a penetrarmi percepisco la mia femminilità contrarsi, ingrossarsi e dopo qualche rude ondeggiamento, dopo qualche stimolazione ben assestata, esplodo. Un getto schizza all'esterno, una sensazione di totale estasi mi riveste, il cervello si spegne. Smetto di respirare, di vedere, di fare qualsiasi cosa. Percepisco solo i miei liquidi che fuoriescono, impetuosi incontrollabili.

«Mio Dio Tabata hai...hai-» molla la presa sulla caviglia, mi afferra con fermezza per i fianchi e nonostante le gambe chiuse si spinge dentro di me. Con ancora più gusto, con ancora più forza, con ancora più vigore. E io continuo ad accoglierlo, a stringerlo, perché ormai mi è chiaro: Yoongi mi ha completamente sottomessa, sedotta, soggiogata. Trasformandomi, facendomi provare qualcosa che mai avrei pensato di avvertire nella mia insignificante vita.
«Tabata» il mio nome riecheggia lontano.
«Tabata» sento ripetere con più affanno. Dieci unghie affondano nella mia pelle.
«Tabata» la presa sul mio fianco si rafforza.
«Tab-»

Geme sonoramente, il suo corpo si tende, il suo bacino preme con forza contro il mio e un secondo più tardi, proprio quando riapro gli occhi, lui viene. Il meraviglioso ragazzo dai capelli rossi piega la testa all'indietro e si libera nel mio corpo. Impetuoso, incalzante, bellissimo.
Ha i capelli rossi arruffati, la mandibola contratta, gli occhi chiusi, il torace quasi immobile. Lo osservo per un secondo che mi pare infinito.

«Tabata» in estasi ripete il mio nome prima di crollare esausto.

Lo accolgo contro il mio corpo. Il suo volto si posa contro il mio collo, il suo respiro si infrange tra i miei capelli e tutto un tratto c'è solo il lieve scoppiettio del fuoco, che accompagna i nostri corpi ancora uniti, i nostri respiri pesanti.
Non abbiamo bisogno di parlare, non vogliamo parlare, qualsiasi parola non farebbe altro che rovinare per sempre quel momento.
Passano interi secondi, interi momenti, in cui mi ritrovo a guardare il cielo stellato, in cui mi ritrovo a ringraziare chiunque sia lassù per quel breve attimo di felicità, per quei meravigliosi giorni spensierati che non pensavo più di riuscire a vivere.

«Grazie» mormoro sovrappensiero.

«Di nulla» risponde Yoongi, la voce impastata, il respiro rallentato.

"Grazie" penso ancora una volta, percependo il corpo dell'ignoto rapper farsi più pesante, più rilassato.
Tristemente sorrido alla volta stellata.
"Grazie per avermi concesso un'ultima notte di felicità"





🎸Spazio autrice🎸

E con il compleanno di Suga eccomi finalmente giunta alla fine di questa raccolta di OS!

Vi è piaciuta la storia basata sul photofolio del nostro micetto? Avreste voluto essere al posto di Tabata?
Spero di aver reso bene anche la smut con lui e di aver accontentato tutte le Sugastan (vi prego ditemi siete ancora vive? Lo siete?).

Ci tengo a ringraziare tutt* quell* che mi hanno accompagnato in questi mesi e che hanno atteso con ansia il compleanno dei nostri amati BTS per festeggiarli e per leggere le mie storie.

Che dite, vi sono piaciute?
Quale è stata la vostra preferita?

Venite a votarla sul mio profilo Instagram perché chissà...forse la vincitrice potrebbe meritare un piccolo spazio tutto per sé!

Grazie ancora.

Ricordo che vi aspetto ogni Lunedì con il capitolo di SOLAR ECLIPSE e nei prossimi mesi vi spoilero che ci saranno succose piccole novità.

Un abbraccio

A.

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