CAPITOLO 9: TALK
CAPITOLO 9: TALK
FINE NOVEMBRE 2011
Isabel era stata appena lasciata sul vialetto della grande villa patronale della sua famiglia che si trovava leggermente fuori Seul.
Si fermò per un attimo a guardare le due colonne di marmo e l'enorme poltrone, dietro di lei c'era l'immenso viale da cui si sentiva il rumore della macchina del proprio autista che andava via.
Sospirò guardando l'enorme villa davanti a lei, l'ultima volta in cui fosse stata lì dentro quella casa era stato un anno prima quando era appena arrivata a Seul. I vari domestici l'avevano scortata in una camera e aveva aspettato la cena da sola chiusa lì dentro, senza sapere bene cosa fare o se potesse uscire da quelle quattro mura. Alla fine aveva incontrato suo padre e suo fratello dopo anni, il padre l'aveva guardata per un attimo storcendo il naso, e si erano seduti tutti e tre a tavola, lei era stata in silenzio per tutta la cena. Avevano cenato in silenzio il fratello ogni tanto provava a parlare con il padre che grugniva solo in risposta per il resto lei era ignorata da entrambi. Alla fine dopo ora, finalmente il padre aveva deciso di rivolgerle la parola solo e unicamente per dirle che un assistente si sarebbe preso la briga di affiancarla nei primi giorni lì a Seul per le varie pratiche inerenti alla scuola o alla casa. Lei provò a parlarli e a dirli che volesse andare in una scuola pubblica, lui le rispose che poteva fare quello che voleva, l'importante e che non combinasse casini e che a lui non importasse, in sotto fondo si sentiva la risata sprezzante del fratello.
Alla fine il giorno dopo era fuggita da quell'enorme villa piena di lusso e di domestici e con l'aiuto di un assistente aveva incominciato a decidere della sua vita. Aveva immediatamente scelto uno degli appartamenti più piccoli tra i tanti appartenenti alla sua famiglia e ci si era fiondata subito dentro, le era stato anche addirittura intestato, poi era stata accompagnata a comprare tutto il necessario per una nuova vita. Non era solita spendere ma ne aveva approfittato per via della rabbia per l'essere ignorata da tutti. Alla fine aveva incominciato la sua nuova vita e aveva visto in un anno suo padre e suo fratello pochissime volte, e una era dovuta al fatto che avesse aggredito un'insegnate.
Ora si ritrovava di nuovo davanti a quell'immensa villa, non molto convinta di ciò che le aspettasse una volta entrata dentro, sicuramente doveva trattarsi di qualcosa di importante per essere chiamata da suo padre per cena. Prese coraggio ed entro venne subito ricevuta da uno domestico che le prese le scarpe e la giacca porgendoli delle pattine in cambio e poi la scortò verso la grande sala da pranzo.
Accomodati a tavola c'erano già suo padre e suo fratello che l'aspettavano, lei chinò leggermente il capo in un saluto cordiale.
"Siediti, sei in ritardo" disse burbero il padre
"C'era traffico" disse lei andandosi a sedere al posto da lui indicato, lui mosse la mano davanti al suo viso come a scacciare un insetto e lei fece finta di nulla mettendosi seduta.
La cena prosegui in silenzio tranne per alcuni attimi in cui suo padre e suo fratello parlavano dell'azienda e di lavoro, più che altro era il padre che parlava il fratello era troppo occupato a prestare attenzione al telefono e ad annuire di tanto in tanto senza capire nulla delle parole dell'uomo.
"Direi che questa cena sia stata notevolmente soddisfacente" annunciò l'uomo dopo aver mangiato di tutto e di più.
"Ho chiesto di far preparare anche il dolce per festeggiare il tuo ingresso all'università" disse l'uomo rivolgendosi alla ragazza per la prima volta in tutta la cena.
"Cosa c'è da festeggiare è stata trentesima sicuramente avrai pagato anche per lei" sbuffò il fratello prendendo il bicchiere di vino e finendolo subito in un sorso
"Non ho dovuto corrompere nessuno per tua sorella, non è stato come con te che tra altro sei arrivato alle ultime posizioni" decreto il signor Kim
"Grazie Aboji" disse lei invece riferendosi alla torta
"Ti sei iscritta a tutti i corsi che ti ha dato il segretario Park?" chiese poi per poter far il punto della situazione
"Si certo, ne ho aggiunti alcuni per me, non è un problema vero?" chiese lei alzando lo sguardo su di lui e poi ringraziando uno dei domestici che le porgeva il piattino con il dolce.
"No alcuno, ora dobbiamo discutere di una cosa importante" disse con tono greve
"Mi dica ABoji" disse lei, no per niente felice di sapere che ci fosse altro su cui discutere.
"Quel ragazzo di Daegu" disse il padre con tono serio, mentre lei incominciava a giocherellare con la forchetta e la torta nervosa, avevano già affrontato l'argomento a maggio quando lo aveva visto, ma lei era riuscita a salvarsi a mala pena evitando di avere il divieto di non vederlo, ed ecco il padre che riprendeva l'argomento. Argomento che pensasse fosse stato superato.
"Si chiama Yoongi, qual è il problema?" chiese alzando gli occhi e fissandolo con una faccia seria, cambiando completamente espressione indurendola
"Avevi detto che era solo un compagno di scuola, con cui studiavi" disse lui
"è diventato un amico" disse lei a denti stretti, anche se conosceva poco il padre sapeva dentro di sé che quell'amicizia non sarebbe stata gradita
"è un problema?" chiese disinvolta, cercando di reprimere il fastidio.
"Si, non puoi continuare a frequentarlo, ora che andrai all'università dovrai dire a che famiglia fai parte" proferì lui
"No." Disse lei secca
"Come scusa?" chiese lui contrito ma con un leggero stupore non si sarebbe mai aspettato una risposta contraria a un suo ordine
"Non voglio, se dico di che famiglia sono, mi tratteranno tutti in un modo falso, vorranno essere miei amici solo per il potere della mia famiglia, non voglio. Voglio poter vivere tranquilla" disse lei facendosi coraggio e fronteggiando il padre
"Ma vedi tu questa ragazzina! Devi sentire tuo padre! Sei una Chaebol cosa è questo comportamento! Te l'avevo detto Aboji non dovevamo riprenderla con noi!" esclamò il fratello, pronto a puntare il dito verso di lei
"Non t'immischiare, riguarda me e Aboji, tu non c'entri nulla nella discussione" rispose male al fratello guardandolo con arroganza, non lo sopportava proprio, lui non l'aveva mai considerata, non erano mai stati legati e ora si permetteva di intromettersi solo per fare il ruffiano con suo padre. Odiava suo fratello, odiava sua madre che l'aveva abbandonata e suo padre che continuava a darle ordini assurdi, però sapeva come farlo addolcire bastavano due moine e lui cedeva sempre.
"Isabel!" disse il suo nome il padre, sgridandola
"Per favore, non sei venuto neanche al mio diploma, mamma mi ha buttata via come se fossi un fazzoletto usato, e lui" disse indicando il fratello con disprezzo "mi odia si vede. Sono completamente sola. Non voglio circondarmi di persone false che diventano mie amiche solo perché sono per via della famiglia a cui appartengo!" disse lei facendo si che i suoi occhi si inumidissero, suo padre per quanto autoritario fosse, odiava vederla piangere.
"Dopo la laurea?" disse l'uomo "Avrai tempo fino alla laurea, però sai cosa accadrà dopo" disse severo ma un po' ammorbidito, aveva un'azienda da mandare avanti, un figlio idiota da tenere sotto controllo, proprio non gli andava di dover impazzire anche con quella ragazzina, poteva tranquillamento per il momento lasciarla a se stessa come aveva fatto nell'ultimo periodo.
"Lo so, sto seguendo i corsi per lavorare in azienda, dopo di che farò tutto quello che devo per accrescerla." Sorrise lei con un breve inchino, le serviva solo del tempo, altro tempo, non era pronta ad entrare in quell'aspirale di ricchezza e potere.
"E dopo la laurea sia, ma voglio che tu faccia amicizie con altre persone del tuo rango sociale, per ora puoi rimanere amica a questo ragazzo" disse lui secco
"Grazie, Aboji" ringraziò lei
"Ma Aboji! Non può fare tutto quello che vuole!" esclamò il ragazzo
"Non farà tutto quello che vuole, sa benissimo che si deve comportare comunque senza recare scandali, e senza essere scoperta"
"Si Aboji, ne sono consapevole" sorrise lei per poi guardare con un ghignò sul volto il fratello
"Non sono affari che ti riguardano Sung-Jo, smettila di intrometterti" rimproverò il figlio maggiore mentre lei continuava a mangiare la torta felice, l'aveva avuta vinta, e si ripromise che le avrebbe avute tutte vinte.
Il fratello la guardò con odio, odiava quella ragazzina, suo padre da quando si era classificata trentesima al test aveva incominciato a farne le lodi, e lui invece non riceveva nessun complimento solo rimproveri. Era una cosa che non sopportava, era lui l'erede dell'azienda, no quella stupida ragazzina con i capelli colorati. Sapeva che prima o poi si sarebbe liberato di lei.
Isabel tornò a casa lanciò le scarpe per aria, incominciando a camminare scalza, lasciò il cappotto e la borsa senza alcuna grazia sul divano e super distrutta dalla cena e piena di energie negative, si avviò in bagno sparpagliando i suoi indumenti per il pavimento, così da poter entrare in doccia e prendere pace per un attimo. Mentre cercava di regolare l'acqua, sbuffando ripensava alla serata, per quella volta se l'era scampata per bene. Suo padre in quell'anno non si era mai intromesso nella sua vita, anzi aveva fatto finta che lei non esistesse, ma il classificarsi trentesima al test universitario aveva cambiato tutto. In seguito a quel traguardo qualcosa si era smosso ed era stata contatta no da un assistente qualunque, ma dal segretario Park che si era presentato a casa sua facendo le veci di suo padre e incominciando a discutere del suo imminente futuro, dei corse che doveva seguire e del tipo di strada che lei avrebbe dovuto prendere per il futuro. Il segretario Park le aveva anche posto domande su di lei, e dalle risposte da lei date ne era uscito molto soddisfatto e addirittura stupito nel trovarsi davanti a lui una persona tanto intelligente e anche brava in diverse lingue.
Nessuno della sua famiglia la conosceva realmente, e lei aveva il dubbio che se avessero capito quanto fosse capace, determinata e caparbia, l'avrebbero sicuramente sfruttata in futuro.
Chiuse l'acqua della doccia, scuotendo la testa per via di quei pensieri. Non avrebbe dovuto preoccuparsi troppo del futuro aveva tempo, quattro anni di tempo erano molti.
Dopo essersi asciugata per bene, specialmente i capelli che erano ancora di un biondo sbiadito a cui avrebbe sicuramente posto rimedio subito, tornò in camera prese il pantalone del pigiama e una felpa lasciata da Yoongi qualche giorno prima e se la mise addosso.
Si sdraio nel letto, desiderando tanto di avere il suo migliore amico al suo fianco, prese il telefono per mandarli un messaggio, ma poi lo lasciò andare qualche secondo dopo, consapevole del fatto che il ragazzo potesse utilizzare il telefono solo nei giorni liberi o la sera tardi, cosa che di solito non faceva perché troppo stanco.
Avrebbe tanto voluto essere una ragazza normale e no una Chaebol, potergli stare accanto sempre. Incominciava a insinuarsi in lei una paura atroce di perderlo, ormai lui era diventato veramente importante per lei, odiava poterlo vedere poco, ma voleva a tutti i costi che lui debuttasse e realizzasse il suo sogno. Cosa che lei invece non avrebbe mai potuto fare, in America si era convinta che avrebbe potuto seguire corsi di lettere così da poter un giorno diventare una scrittrice, ma ormai aveva capito che non avrebbe mai potuto realizzare il suo sogno, e che prima o poi avrebbe dovuto anche lei prendere un posto nell'azienda di famiglia.
Con tutti quei pensieri in testa alla fine si addormentò stringendosi a quella felpa desiderando che lui fosse lì con lei.
Era notte fonda quando qualcuno si intrufolò nel suo letto facendola sobbalzare e urlare.
"Sono io!" urlò Yoongi di rimando e lei si calmò accendendo la luce.
"Omo che spavento!" urlò colpendolo con la mano sul petto con gli occhi semi chiusi per la luce proveniente dalla lampada sul comodino "Mi hai fatto venire un colpo!" lo rimproverò
"Scusa" disse lui abbassando il capo e lei cerco di mettere meglio a fuoco il ragazzo e si soffermò un attimo sul suo volto, qualcosa non andava.
"Vado via se disturbo" disse lui con la testa bassa
"Ma che dici! Ormai sei qui!" lo rimproverò di nuovo avvicinandosi a lui e sollevandogli il mento con la mano per farsi guardare in volto
"Ciao" disse lei sorridendo
"ciao" rispose lui impacciato
"Stai bene?" chiese lei sospetta e titubante sul fargli quella domanda
"Mhh, non molto" rispose con voce piatta e gli occhi lucidi
"Vuoi parlarne o dormire?" chiese lei dolcemente mentre appoggiava una mano sulla spalla di lui e lo accarezzava gentilmente
"Dormire, puoi abbracciarmi mentre lo facciamo?" chiese abbassando gli occhi a disagio
"Posso abbracciarti ogni volta che dormiamo" disse lei e lui annuì a mala pena lasciandosi trascinare giù steso da lei e facendosi abbracciare dolcemente.
Era di nuovo uno di quei periodi bui che ogni tanto arrivavano così senza preavviso, periodi in cui incominciava a sentire la troppa pressione e l'ansia aumentava pian piano in lui, fino a che non c'erano giorni in cui si ritrovava chiuso in bagno cercando di calmare il panico, senza riuscirci. Nascondendosi da chiunque come se avesse compiuto un'azione talmente orrenda da vergognarsi a morte.
Mentre qualche ora prima dopo aver finito delle prove di ballo, aveva sentito i sintomi arrivare, aveva preso tutto e apposto di dirigersi al dormitorio aveva preso un autobus per andare da lei. Aveva agito d'istinto, pensando che solo vederla per un attimo forse lo avrebbe aiutato a calmarsi.
In quel momento era così, si stava calmando, mentre sentiva il calore di lei sul suo corpo. Quel contatto umano, lo faceva sentire meno solo. Non aveva però il coraggio, di parlarne con lei, non voleva che lei lo vedesse in modo diverso, che capisse quanto fosse debole e insulso. Si strinse di più in quell'abbraccio come se fosse la sua ancora di salvezza.
"Yoongi?" sussurrò Isabel nel buio totale della camera mentre lo abbracciava e lui aveva la testa nascosta nell'incavo del collo di lei.
"Si?" chiese lui tremando, non staccandosi da lei.
"Questo sarà sempre il tuo posto sicuro, ricordati puoi essere tutto quello che vuoi qui, puoi avere tutti i momenti brutti e anche quelli belli. Io non ti giudicherò mai. Tu sei perfetto così. Tu mi piaci così" disse lei baciandogli la fronte, e incominciando ad accarezzare dolcemente i capelli. Lui incominciò a piangere come un bambino.
"Tranquillo, sfogati pure, io custodirò tutti i tuoi segreti. Qui sarai sempre al sicuro" continuò a sussurrare lei mentre lo stringeva a sé, non aveva bisogno di chiedere, di avere risposte a quel comportamento. Lei voleva solo esserci per lui.
"Ti voglio bene" disse lei e lui annuì mentre sentiva che le lacrime stavano diminuendo e credendo davvero che quello fosse il suo posto sicuro, quel letto, lei lì ad abbracciarlo e a prendersi cura di lui.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top