CAPITOLO 42 PUZZLE


 CAPITOLO 42 PUZZLE

6 AGOSTO 2014

"Signorina Isabel?" chiamò un uomo seduto su una poltrona imbottita. L'uomo si tolse gli occhiali e gli pulì con delicatezza intanto che aspettava una risposta dalla ragazza di fronte a lei che era seduta sul divano e guardava fuori dalla finestra.

"Si, la sto ascoltando" rispose Isabel continuando ad avere lo sguardo perso verso un punto indefinito della ampia finestra che dava sulla parte anteriore del giardino.

"Signorina se lei non parla con me, non posso aiutarla" disse lui con tono lieve e rimettendosi gli occhiali.

"Io le ho già detto che non posso parlare di quello che mi affligge" disse lei con voce piatta, mentre accarezzava Nabi che era accucciata sulle sue gambe.

"E io le ho detto che questo è un posto sicuro, lei può parlarmi, quello che mi dirà rimarrà tra me e lei" provò di nuovo il signore a convincerla

"Mio padre le ha detto di farmi parlare?" chiese lei girando il volto e guardandolo per la prima volta da quando si fosse seduta sul divano con il suo cane.

"No signorina, io con suo padre non ho mai parlato, ho parlato solo con il signor Ha-rin che l'ha portata qui."

"Quel cretino di Ha-rin avrebbe dovuto lasciarmi morire" sospirò lei alzando gli occhi al cielo. Dopo essere svenuta in caffetteria Ha-rin aveva chiamato un ambulanza e lei si era risvegliata ore dopo in un ospedale, non ricordava poi molto di tutta la permanenza all'ospedale di Seul. Ricordava solo vari dottori in camice bianco che parlavano con Ha-rin, suo padre che si trovava in ospedale e non l'aveva degnata di uno sguardo, le urla di suo padre ai medici.

Era tutto così offuscato, quei giorni in ospedale erano così frastagliati nella sua mente, ricordava le varie flebo, alcuni esami, i dottori che le avevano posto delle domande a cui lei non aveva risposto. Era morta, si sentiva morta, non apparteneva più al suo corpo, non aveva più la forza per vivere.

Poi era stata accompagnata su un aereo privato, Ha-rin era stato con lei per tutto il volo come anche il suo autista personale. Non ricordava nulla del volo aveva dormito sedata da dei farmici, Nabi non si era allontanata un attimo da lei.

Poi era atterrata si era ritrovata in questa nuova struttura una villa molto grande con giardini, un laghetto e persone che sorridevano, e altri pazienti.

Erano tre giorni che si trovava lì e c'era questo uomo davanti a lei che provava a farle delle domande, ma lei si sentiva ancora così morta.

"Lei vuole morire?" chiese il dottore inclinando leggermente la testa e osservandola meglio.

"Non ho nulla per cui vivere, solo vuoto e sofferenza" disse con voce piatta, senza degnarlo di uno sguardo, era vero non aveva più nulla per cui vivere e se si fosse ripresa, sarebbe tornata nella prigione che suo padre aveva stabilito per il suo futuro. Sarebbe stata in prigione, avrebbe dovuto fingere e vivere una falsa, avrebbe dovuto seguire gli ordini, comportarsi come suo padre esigeva. Non voleva farlo. Fermò le carezze alla cagnolina e si prese un attimo la testa tra le mani, i pensieri le stavano facendo dolore la testa.

"E la sua cagnolina? La lascerebbe sola?" chiese il Dottore dopo averla osservata per quei primi giorni, aveva capito quanto ad Isabel importasse del cane, Ha-rin aveva insistito molto per fargliela tenere nell'istituto di recupero dove l'aveva portata.

Tolse le mani dalla testa, guardò prima il dottore e poi il suo cane che aveva incominciato a leccarle la mano che aveva appoggiato sulla sua gamba.

"No, lei è mia, non potrei lasciarla sola" disse con decisione, Nabi era l'unico motivo perché lei fosse ancora lì. L'aveva comprata era come una figlia per lei, non poteva lasciarla orfana.

"Ecco, abbiamo già una motivazione per non voler morire, poi ci sono anche il lavoro e l'università? Sono a conoscenza che lei è bravissima in entrambe"

"Il fatto che io sia brava in quello che faccio, non comporti che mi piaccia" disse facendo saettare gli occhi sul dottore per una frazione di secondo.

"Cosa le piacerebbe fare di diverso?" chiese il dottore

"Io non posso fare quello che voglio" disse lei secca, non poteva fare niente di diverso, se fosse tornata a Seul non avrebbe mai potuto vivere come lei avesse voluto.

"Signorina, ognuno di noi è padrone della propria vita, abbiamo il diritto di scegliere" provò a dirle il dottore.

Isabel guardò il dottore con astio, il corpo iniziò a tremarle, e incominciò a sentire la rabbia montarle, era rinchiusa in quel posto da qualche giorno, voleva solo essere lasciata in pace, invece ora era costretta anche a sentire le stronzate che quel dottore le stesse provando a dire. Non aveva diritto di scelta, non l'avrebbe mai avuto lei non era padrona di nulla.

Il cane agitato scese dalle sue gambe e Isabel neanche se ne accorse per come fosse presa dai suoi pensieri di odio verso quel posto, verso suo padre, verso la sua intera vita.

"E lei cosa ne sa della mia vita e di quali diritti ho? Lei non mi conosce! Io non posso scegliere! Io non posso fare niente! Non ho alternative in questa vita di merda! Lei non può aiutarmi! Non lo può fare! Pensi agli affari propri e mi lasci perdere!" urlò lei alzandosi in piedi e facendo cadere la sedia dietro di lei.

"Signorina, io voglio solo aiutarla a stare meglio" provò a dire l'uomo, guardando la ragazza con stupore, non aspettandosi un atteggiamento di ira così improvviso.

"E io le ho detto che non può, la smetta! Vada aiutare qualcun altro!" disse riprendendo il cane e incamminandosi verso l'uscita in preda alla rabbia, ma provando a contenersi. Non voleva arrabbiarsi, la sua rabbia le faceva paura, voleva solo andarsi a chiudere in un posto isolato senza alcuna persona intorno, voleva solo stare sola.

Il dottore fissò la cartella e incominciò a scrivere, finalmente la ragazza aveva avuto una reazione, era sicuramente meglio che averla vicino alla finestra o in giardino a vegetare e guardare il vuoto.

Isabel entrò in stanza sbattendo la porta e lasciando Nabi, si lanciò sul letto. Aveva bisogno d'aiuto, aveva bisogno di uscirne, ma aveva paura. Sarebbe stata meglio da morta, a nessuno sarebbe mancata.

Non voleva pensare a niente, non voleva provare più niente.

Lei non era più niente. Voleva solo essere lasciata in pace.

I pensieri la tormentavano, voleva solo spegnerli. Voleva non provare più niente. Voleva non esistere più.

Non voleva sentire la rabbia, non voleva sentire il dolore. Lei voleva solo il vuoto perché la perdita di Yoongi causava quello vuoto.

10 AGOSTO 2014

"Ciao Isabel" disse una ragazzina sedendosi vicino a lei in giardino.

"Ciao Cordelia" disse apatica Isabel posando il suo libro.

"Volevo fare un puzzle mi aiuti?" chiese la ragazzina mentre stringeva la scatola al petto e guardava la ragazza aspettandosi una risposta positiva. Isabel si girò a guardarla e sorrise tiratamente, Cordelia aveva diciassette anni, e sembrava una bambolina, era in quell'istituto da sei mesi, era molto gentile e dolce.

"Si va bene ti aiuto" sorrise Isabel intenerita dal modo di fare della ragazzina, solo uno mostro avrebbe potuto dire di no a quell'esserino così carino.

"Grazie! Oggi sembri stare meglio, stai prendendo peso" disse Cordelia allegra

"Si, sto mangiando di nuovo anche se a fatica" rispose Isabel controvoglia, odiava il dover mangiare di nuovo, il cibo non le dava più alcuna gioia.

"è difficile stare meglio, ogni giorno è una sfida" disse Cordelia studiando con attenzione un pezzo di puzzle tra le dita.

"Tu come mai sei qui dentro?" chiese Isabel osservandola incuriosita, non capiva perché quella ragazzina così carina potesse stare lì dentro, non sembrasse avere problemi a parte essere un po' stralunata.

"Mi faccio del male da sola, perché merito di stare male. Non sono adatta a questo mondo" disse sorridendo in modo inquietante.

"In che senso ti fai del male?" chiese Isabel impaurita.

"Ho provato il suicidio diverse volte, e sono piena di tagli" disse tranquilla attaccando due pezzi di puzzle

"Il dottore dice che non è vero che merito di stare male, che siamo liberi di dover essere quelli che vogliamo, e che se qualcuno dice che siamo inadatti è un loro pensiero, no la verità assoluta, che tutti meritiamo di vivere come vogliamo" disse Cordelia con voce soffice e continuando a concentrarsi sul puzzle

"Capito... A me non sembri inadatta, sembri carinissima e molto gentile. Sai la gente criticherà sempre e quando lo fa è perché è idiota" le rispose Isabel passandole un pezzo di puzzle e sorridendole gentile.

Ricordò improvvisamente di aver detto la stessa identica frase a Yoongi molto tempo addietro, proprio all'inizio della loro conoscenza. Una fitta al cuore si fece sentire dentro di lei, e il sorriso appena fatto a Cordelia svanì in un attimo lasciando spazio a una smorfia di dolore sul suo viso.

"Tu perché non vuoi mangiare? Perché vomiti? Perché vuoi morire?" chiese Cordelia con voce zucchero, come se le stesse chiedendo quale fosse il suo piatto preferito, senza il ben che minimo tatto.

"Io.... Perché...."Isabel non riuscì a finire la frase, non le andava di parlare di quello che sentiva, e in quel momento il ricordo di lui era più vivido e cominciava a sentire i soliti dolori lancinanti allo stomaco.

"Il dottore mi sta aiutando molto, qui non mi sento molto inadatta, lui mi capisce" disse Cordelia con voce soffice.

"Beh ma tu non sei inadatta." Cercò di dire Isabel

"Tu pensi di esserlo?" chiese la ragazzina continuando a concentrarsi sul suo puzzle.

"Io... no il mio problema non è questo. È non avere la libertà di vivere come voglio e con chi voglio, sentirmi in una prigione, sentirmi sempre con un vuoto dentro" disse Isabel sospirando triste e chiudendo per un attimo gli occhi, le stava rispondendo controvoglia, solo perché non voleva essere troppo brusca con lei.

"Allora ribellati no?" disse decisa attaccando altri pezzettini

"Se lo faccio persone soffriranno, non posso farlo"

"Allora trova un modo per far si che non soffrano e che tu possa essere libera"

"è difficile" sospirò Isabel

"Parlane con il dottore, lui ti aiuterà"

"Nessuno può aiutarmi" rispose Isabel.

"E come fai a dirlo se non ci provi?" chiese l'altra guardandola un attimo per poi lasciare i pezzi di puzzle alzarsi e andare via saltellando.

Isabel aggrottò la fronte e la guardò andare via, non capendo molto bene cosa fosse appena successo. Guardò il puzzle incompleto, la sua vita era incompleta come quel puzzle, prese i pezzi e rimase fuori continuando a finire il puzzle da sola.

Non avrebbe mai trovato un modo, non ci sarebbe riuscita.

Sarebbe rimasta lì dentro, dentro la bolla che si stava creando, così da non rischiare di fare altro male a lui.

15 AGOSTO 2014

"Il tuo peso sta aumentando" disse l'infermiera sorridendole gentile.

"Si, non mi viene molto da vomitare di recente" disse Isabel con voce piatta.

"Vomitavi per dimagrire?" chiese l'infermiera.

"No, perché il dolore era troppo e non riuscivo a tenere dentro nulla, dovevo buttare fuori qualcosa. Non lo facevo perché volevo, non mangiavo perché non volevo mangiare. Ma solo perché non sentivo l'esigenza di farlo, perché ogni volta che provavo lo stomaco mi si chiudeva e dovevo correre in bagno"

"Ma l'alcool scendeva giù" disse l'infermiera con ovvietà.

"Si, alcool era un compagno, aiutava a non farmi pensare"

"E ora invece come fai a non pensare?" chiese l'infermiera

"Non ho più nulla a cui pensare, non ho il telefono, non mi arrivano messaggi, non sto mentendo più, qui è come stare in una bolla" disse Isabel mentre si rivestiva.

"Non provi nulla?"

"No, non provo nulla, non sento nulla. Solo in alcuni attimi."

"Isabel non vuoi uscire da qui?" chiese l'infermiera intenerita dalla ragazza.

"No, non voglio. Qui mi sento al sicuro, so che lui è al sicuro" disse lei

"Capisco, puoi andare ora, sbaglio o hai il laboratorio d'arte?"

"Si, vado a dipingere, salve" disse andandosene trascinandosi lentamente verso l'uscita della stanza.

Si trovava nella sala grande a dipingere, concentrandosi sulla tela che avesse davanti, una collina, le stelle e una macchina, e due ombre che dovevano essere loro due.

Pensava molto di meno da quando era lì, aveva ripreso a mangiare e i farmaci la facevano dormire senza avere gli incubi.

Si trovava in uno stato di apatia.

Tutto era così soffice, così tranquillo lì dentro.

Si alzava, rifaceva il letto, si preparava, andava a fare colazione, poi prendeva i farmaci, puliva la sala, partecipava ai gruppi sentiva le storie di altre persone ma lei non parlava guardava fuori la finestra, poi usciva con Nabi in giardino.

Pranzava aiutava a ripulire, aveva il colloquio con il dottore, non parlava.

Seguiva i vari laboratori, poi cenava, ripuliva e farmaci di nuovo. Dormiva.

Era tutto sempre così.

Non era felice, non era triste, non era arrabbiata.

Non era niente.

Era solo chiusa nella sua bolla.

19 AGOSTO 2014

"Isabel, oggi mi ha chiamato tuo padre" disse il dottore durante la loro seduta giornaliera.

"Gli avete detto che sono morta?" chiese lei senza alcun sentimento nel tono di voce.

"Non sei morta Isabel" disse il dottore alzando gli occhi al cielo ormai le ripeteva che non era morta ad ogni seduta.

"Se lo dice lei, che cosa voleva quell'uomo?" chiese con astio.

"Dirmi che devi tornare a casa" disse il dottore "Mi ha minacciato e mi ha detto che sono un ciarlatano" disse la verità l'uomo sperando in una reazione.

"Ah, è la prassi, vive per minacciare. Che cosa ha detto che farà? Gli rovinerà la carriera?" chiese lei con una risatina nervosa alla fine della frase.

"Si qualcosa del genere" disse l'uomo aggrottando la fronte.

"Mi rimandi a casa, se tiene alla sua carriera, mi mandi via. Starete tutti meglio senza di me" disse lei sospirando, stanca.

"Non ho paura di questa minaccia, non ti rimanderò a casa fino a che non starai meglio. Sono io l'adulto responsabile qui." Disse secco il dottore

"Appunto, faccia l'adulto pensi a se stesso, al suo lavoro ai suoi pazienti. Lasci perdere me, io le causerò solo problematiche. Si fidi, le minacce di quell'uomo non sono da prendere alla leggera"

"Suo padre ha minacciato anche lei?"

"Dottore sono stanca di parlare, mi mandi via e si salvi, provare ad aiutarmi, provare ad amarmi danneggia solo le persone. Sono stanca che qualcuno soffra a causa mia. Ho fatto abbastanza danni. Mi lasci andare." Disse lei alzandosi e trascinandosi verso la porta per poter uscire.

"Isabel dove va?"

"In camera, non voglio parlare, sono stanca" disse lei chiudendo la porta e andando via.

21 AGOSTO 2014

Il dottore si trovava nel suo studio, seduto alla scrivania con il fascicolo aperto di Isabel, cercando di capire quale potesse essere il problema.

La ragazza insisteva nel dire che lui non poteva aiutarla, continuava ad essere apatica e lontana dal mondo chiudendosi in una bolla.

A parte una reazione reattiva, per il restante rimaneva molto tranquilla.

Aveva capito che il non mangiare e il vomitare dipendevano dal fatto che soffrisse molto e no per il dimagrire, stessa cosa il bere molto era solo un modo per non pensare.

Aveva capito che il padre aveva il pieno controllo sulla vita di lei e che non si poteva ribellare o altre persone avrebbero corso dei rischi.

Provare ad amarmi danneggia solo le persone, aveva detto. Quella frase il dottore l'aveva scritta e sottolineata diverse volte. Era quello il punto focale di tutto. Ma non sapeva la storia e non poteva capire da dove arrivasse quel pensiero.

Nessuno può aiutarmi, era un'altra frase che diceva sempre.

Se si fosse ribellata qualcuno avrebbe sofferto a causa sua, si dava le colpe di tutto.

Il dottore continuava a guardare la cartella, gli mancava un pezzo del puzzle, la persona che avrebbe sofferto a causa della ragazza, quella persona per cui lei si sentiva in colpa.

Il telefono squillò.

"Pronto?" rispose alla chiamata il dottore

"Salve dottore, sono Sang Ha-rin"

"Salve, mi dica?"

"Volevo controllare come stesse Isabel, il padre fa pressioni, lui vuole che lei torni a casa e riprenda l'università e il lavoro."

"La signorina Isabel ancora non è in grado di tornare alla sua vita, e non vuole. Si è chiusa in se stessa" rispose il dottore.

"Dottore, Isabel non può non tornare alla sua vita. È urgente deve tornare in Corea, per favore le dica che fra una settimana la verrò a prendere"

"Ma la signorina non sta bene, non può lasciare la clinica, fuori di qui rischia una ricaduta, o potrebbe tentare il suicidio" disse il dottore allarmato.

"Dottore se non torna rischia comunque, il padre mi ha dato un ultimatum se non torna entro metà settembre, sarà Yoongi a pagarne le spese"

"Chi è Yoongi?" chiese il dottore confuso.

"Il ragazzo di Isabel, o almeno lo era, lei ha detto che l'ha lasciato ma non so, lei con me non parla." Rispose Ha-rin triste.

"Quindi lei non può vivere la sua vita perché il padre non vuole che stia con questo ragazzo?" chiese il dottore, incominciando a comprendere.

"Si, ha minacciato Isabel che se non lo avesse lasciato avrebbe rovinato la carriera a Yoongi" disse Ha-rin "Dottore ma Isabel non parla neanche con lei?" chiese un attimo confuso.

"Signor Ha-rin non è facile far parlare la sua amica, se lei mi vuole spiegare meglio il tutto, sarebbe gradito così che io possa capire meglio la situazione e forse riuscire ad aiutarla. Se Isabel non parla, io non posso fare molto, non vuole essere aiutata e non posso costringerla a parlare"

"Aigo! Isabel è cocciuta, quando si mette in testa una cosa è la fine, ora provo a raccontarle tutto, sperando che possa aiutare, ma lei non deve dire niente a nessuno"

"Non dirò nulla, avanti parli" disse il dottore

Ha-rin dall'altro capo del telefono chiuse gli occhi un attimo fece un respiro profondo e poi si diede la forza di raccontare tutto, sperando di non finire nei guai.

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti! Fa caldooooo!

Questo capitolo è stato veramente ostico da scrivere!

Piccina! Tranquilli si riprenderà! Almeno credo.....

2014 un anno da dimenticare per lei a quanto pare! 

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