Capitolo XXIV
Il cuore iniziò una corsa inarrestabile, sospinto dalla forza della paura. Rimasi congelata a guardare le malevole nubi avvicinarsi fatali.
Ormai anche il dolore delle recenti scottature si rimestava alla confusione del tumulto di sentimenti di terrore. Cercai di muovermi, provai a richiamare Esme al mio fianco, tentai una fuga... ma tutto ciò avvenne solo nella mia mente.
Paralizzata di fronte al pericolo inarrestabile, non riuscii a fare altro.
Un dolore straziante mi colpii il fianco, urlai, ma qualsiasi reazione sarebbe stata fallace di fronte all'avvelenante squarcio che si espandeva corrosivo nel mio corpo.
Provai a reggermi in piedi e finalmente mi riappropriai delle facoltà delle mie membra.
Mi guardai alle spalle, giusto in tempo per scansare un'altra letale sferzata. Esme, nel frattempo, era impegnata a tenere a bada una coppia di mostri, la seguii con lo sguardo di sottecchi, ma presto, inevitabilmente, saremmo state surclassate.
Dalle pareti continuavano a prendere forma impietose quelle lacerazioni di morte senza volto. Cercai di spiegare loro, inutilmente, che non volevamo prendere nulla, avevamo bisogno solo di trovare un'uscita... ma la corsa verso la fine appariva ormai inarrestabile.
Cercai un oggetto nella cameretta che mi aiutasse a difenderci, anche se le mani ridotte a prolungamenti anneriti e avvizziti non mi avrebbero consentito di stringere neppure un Branchio.
Un tonfo mi rapprese il cuore; Esme era stata scaraventata a terra. Urlai il suo nome, facendomi spazio carponi tra le nefaste catene striscianti.
«Esme!» Strillai sconvolta, quando vidi una lama pronta a trafiggerle il petto
«No!» Soffrii squarciando l'organo che mi pompava ossigeno «Lasciatela stare, vi prego! Prendete me, è solo colpa mia! Lei è innocente!» Continuai ad urlare spezzando ancor di più, futilmente, le mie corde vocali.
Qualcuno di quei mostri mi bloccò tiranno sul terreno, sentii il sospiro della morte perforarmi la pelle e i polsi mi furono incatenati dolorosamente, rendendomi inservibile.
La prima lama aveva straziato l'arto frontale della mia Ierofania, che tentò di sottrarsi al colpo mortale usando tutte le sue forze per riuscire a spostare la traiettoria, imprigionò i miei occhi ai suoi sofferenti, ma presto cancellò il dolore dall'iride felina per dedicarmi un'ultima occhiata colma di amore e gratitudine, arrendendosi all'inevitabile, cessò di lottare e mi trasmise mentalmente tutti i momenti felici che avevamo trascorso insieme, investendomi del suo immenso affetto.
Accoccolate di fronte ad un falò in spiaggia, mentre le raccontavo le leggende sulle stelle... un grosso gomitolo di lana elfica che le lanciavo nel giardino del Palazzo, il mio regalo per il suo compleanno... una passeggiata nella notte tra le lanterne sospese ad Arteria, il giorno della festa della merla... un gioco improvvisato sulla gelida neve dicembrina e, per ultimo, il momento del nostro incontro, quando con un musetto curioso, ancora cucciola, mi si avvicinò sulla distesa sabbiosa incrociando il suo sguardo al mio in una nuova, magica, coscienza...
«Noooo!» Urlai supplicandola con gli occhi di non arrendersi, «Esme!» Ripetei disperata richiamando il potere dell'unico incantesimo che mi era stato insegnato.
In quel frangente, molto più irrompente dell'episodio precedente, la magia risalì rapida nelle mie vene, incenerendo con la sua potenza minerale ogni danza armonica che il mio sangue stesse eseguendo con l'ossigeno, lasciandomi senza fiato nella sua corsa dai miei arti inferiori al cervello.
Sentii un'esplosione, ma non capii se fosse avvenuta solo dentro la mia testa, ebbi a malapena il tempo di sentire i polsi liberi che caddi in un profondo oblio tormentato dalla sofferenza dell'espressione della mia felina.
«Calma, calmati Lexie» Sentii sussurrare da una voce familiare mentre un urlo mi moriva in gola e il corpo iniziava a tremare convulso.
«Esme?!» Gridai tra le lacrime, cercando di aprire gli occhi sempre più pesanti; stesa supina, sentivo qualcosa di soffice sotto il mio corpo sfibrato, iniziai ad annaspare in cerca di ossigeno con la sensazione di vuoto che mi avvolgeva l'anima.
«Calmati Lexi, ho detto calmati!» Mi ripeté la voce usando un tono deciso seppur dall'eco affettuoso, ma l'immagine di Esme in fin di vita era il mio cilicio personale, che continuava a trasportarmi seviziandomi nel baratro più oscuro, dove il mio cuore si fasciava di nero e sofferenza, accelerando i battiti nella costante ricerca di ossigeno.
«Sta avendo una crisi di panico!» Affermò concitata un'altra voce familiare, fui investita da una raffica di ossigeno dall'odore salmastro, mischiato a una zaffata erbacea... aprii gli occhi di scatto, fissando allibita la moltitudine di liane che scendevano dal soffitto, con il viso fradicio di lacrime.
Presa coscienza della realtà, fui aggredita da violenti singulti e la mia mente, ancora scombussolata ed impreparata ad affrontare il lutto, era intenzionata a ricondurmi tra le braccia delle tenebre, con il benestare del mio cuore a brandelli...
«Lexie, guardami!» Ordinò perentoria la voce che aveva profumo di conforto, avrei preferito di gran lunga smettere di pensare e tuffarmi nuovamente nell'incoscienza, ma, non riuscii a disubbidire e lentamente, godendo del dolore fisico che annebbiava quello interiore, mi voltai ad incrociare due oceani blu mareggiati dalla preoccupazione.
«È tutto finito tesoro mio, era solo un incantesimo» affermò comprensiva zia Cara, asciugandomi le lacrime e carezzandomi affettuosa la testa,
"No!" Avrei voluto dirle, ma ebbi timore di aprire bocca, diffidando dal riuscire a trattenere il grido di battaglia del mio cuore.
Mi limitai a scuotere la testa, osservandola con sguardo vacuo, aspettando di essere risucchiata nel vortice d'incoscienza che avrebbe coccolato la mia mente incredula.
Sentii il bacio che la sovrana mi diede sulla fronte rinfrancarmi leggermente, ma non avevo idea di come si potesse reagire, tornare nuovamente a vivere, senza Esme, avrei preferito rimanere nell'incoscienza.
«Devi essere molto confusa tesoro, ma è tutto finito» Ripeté abbracciandomi con gli occhi e guidando un morbido fazzoletto di stoffa a raccogliere le lacrime che non avevano intenzione di cessare.
«Esme» Sussurrai sofferente rivolgendole uno sguardo di supplica.
«Non credo di farcela s-senza... » Bisbigliai balbettando, non concludendo la frase da brava codarda.
«Lo so», Disse apprensiva la Regnante continuando le dolci carezze «Ma deve riprendere anche lei le forze prima di raggiungerti»
Strabuzzai gli occhi troppo gonfi ed acuii le orecchie per assicurarmi di non stare proiettando i miei desideri più profondi «Cosa?» Domandai con una voce che io stessa stentavo a riconoscere.
«Non affaticarti, piccola... ora Miss Coleen ti darà qualcosa per stare meglio» Aggiunse apprensiva la strega che mi stava di fronte spostando lo sguardo alle mie spalle.
«No» Affermai nel panico «Esme!» Dissi ancora strascicando le parole nella mia gola arida.
«Non fare la testarda come al solito, Lexie!» Sentenziò zia Cara scoccandomi una leggera occhiata di rimprovero «È ancora debilitata, sta riposando nella stanza a fianco». Concluse ferma facendo avvicinare Miss Coleen, ma io avevo già preso una decisione... raccolsi tutte le forze che mi restavano e, ignorando gli spasmi di dolore provenienti da qualsiasi punto del corpo, riuscii a mettermi seduta sulla brandina ed aspettai che il capogiro passasse, per alzarmi e raggiungere Esme sotto i concitati rimproveri delle streghe che mi stavano di fronte.
Ben presto però, il dolore si stava trasformando nuovamente in oblio e fui costretta a sdraiarmi un'altra volta per evitare di svenire.
«Devo vederla» Affermai in un sussurro.
«Ci sarà tempo, cara... ora bevi questa» Sussurrò la druida porgendomi quella che mi sembrava una noce di cocco spezzata.
«No, non capite» Ripresi di nuovo disperata mentre altre calde lacrime solcavano il mio viso gelato «Devo vederla» Aggiunsi tra un singhiozzo ed un altro, mentre il mio corpo esausto ricominciava a tremare.
«Non fare la bambina, Lexie!» Comandò mia zia dura, ma incapace di velare il suo sguardo preoccupato... purtroppo, il mio non era un capriccio, era un'esigenza, una necessità, in quel momento avevo bisogno di Esme molto più che dell'ossigeno e mia zia dovette leggerlo nel mio sguardo agitato.
«Bevi l'intruglio di Miss Coleen, io vado a recuperare Esme» Affermò con voce dolce ed autoritaria lasciandomi un bacio sulla guancia mentre un'onda castana le ricadeva sulla gota pallida.
Si vedeva che era molto stanca, le massicce occhiaie erano colorate di un malaticcio vinaccio, segno che ultimamente non aveva dormito molto.
Annuii brevemente ringraziandola con un piccolo sorriso, tutto ciò che al momento riuscivo a fare, e mi voltai a prendere la scorza dalle mani della druida, che mi issò leggermente dalle spalle, per permettermi di ingurgitare il caldo liquido violaceo... aspettai che un terribile ed acidulo sapore invadesse le mie pupille gustative, ma venni sorpresa dal vellutato nettare che inondò la mia bocca, mai avevo assaggiato estasi più pura, ma forse, il mio giudizio al momento era corrotto dalla molesta fame che stava rapidamente prendendo vita.
«Mmmh» Mi rilassai beata «Cos'è questa bontà?» Chiesi in un sussurro, posizionandomi nuovamente sul cuscino, mentre il balsamo leniva la mia gola graffiata.
«Qualche goccia dal ruscello delle anime e feci di unicorno, mia cara» Spiegò orgogliosa la druida.
«Cosa?» Gracchiai stridula strabuzzando gli occhi mentre già il mio corpo recuperava energie.
«Oh, non fare quella faccia Miss Lexie! Le feci di unicorno sono difficilissime da avere e non potevo certo somministrarti un altro vitasilium visto che l'unico, nonché l'ultimo del mese, lo hai ingurgitato qualche giorno fa!» Affermò leggermente piccata rivolgendomi un'occhiatina di rimprovero.
«Non ho avuto neanche il tempo di dirigermi nelle mie piantagioni d'emergenza, considerato che da tre giorni non faccio altro che somministrarti ogni tipo di cura per farti rinvenire al più presto, sotto l'esplicito ordine di tua zia la regnante oltre quello della mia coscienza!» Aggiunse, non troppo dispiaciuta in realtà, mentre sistemava meglio le lenzuola che mi avvolgevano.
Io ero ancora disgustata dalla notizia di aver ingerito delle feci e ci misi qualche tempo a digerire le informazioni, oltre all'intruglio...
«Grazie Miss Coleen ma, tre giorni?» Chiesi allibita guardandomi intorno, in cerca di una conferma divina, probabilmente.
«Sì, ahimè» Affermò pensierosa spalmandomi un unguento rinfrescante sulle mani ancora visibilmente avvizzite, ricoperte fino ad un attimo prima da spesse bende imbevute.
«È una situazione delicata, Miss Lexie... sarebbe meglio aspettare tua zia la Regnante e la Savia Amandine per affrontare questo discorso» Aggiunse guardandomi seria.
«Spero di non essere nei guai» Sussurrai afflitta guardando il mio corpo anchilosato.
Sentivo le bende coprirmi in ogni parte, anche il viso era ricoperto da qualcosa, ma evitai di immaginare come dovessi apparire in quel momento, concentrando i miei pensieri sulla stanzetta da bambini e sul perché in un'accademia piena di adolescenti ci fosse qualcosa di tanto pericoloso... ero certa di aver rischiato la vita e il muso angustiato della mia Ierofania non poteva che confermare la mia ipotesi, inoltre, sapevo essere un ricordo che mi avrebbe perseguitata a vita, persino in quel momento faticai ad ancorarmi alla realtà.
«Non penso sia questo il punto» Soffiò la druida rivolgendomi un sorriso tranquillizzante con i suoi occhi di cioccolato.
Stavo per ribattere spaesata, quando un leggero trambusto attirò la mia attenzione nella direzione che aveva imboccato zia Cara.
«Esme!» Urlai ignorando il lamento della mia gola, colta da un ulteriore pianto liberatorio quando presi visione della mia felina che cercava di alzarsi dalla culla che mia zia faceva levitare in mia direzione.
«Oh Esme... » Sussurrai con il cuore stracolmo di gioia, riprendendo a respirare vita solo in quel momento.
Spazio autrice:
Ciao ragazzi! Scusate l'attesa, spero sia stata ben ricompensata! >.<
Un bacio e grazie ancora per esservi appassionati a questa storia. ❤
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