Capitolo XX
Chiacchierando scoprii che Margot era una ragazza solare e dalla battuta pronta, mi trasmetteva l'insolita sensazione di conoscerla da sempre, la sua pelle scura delineava gli zigomi pieni che spesso reggevano un fresco sorriso, al collo portava molti medaglioni che le pendevano a diverse altezze, in più qualche pietra di minerale, incastonata o traforata per adattarsi alla funzione di ciondolo.
Aveva una parlantina spigliata, riusciva a coinvolgere Lemon nella gran parte dei suoi discorsi spiegandole le varie sfaccettature della nostra comunità, comprese le radici Reali che i Camei scandivano sulla mia pelle e su quella del lupetto.
Con semplici parole la ragguagliò sui tratti che i fiorini assumevano; «Quelli nobili si trovano esclusivamente sulla parte superiore del busto di streghe e lupi bianchi, mentre il resto della popolazione li vede distribuiti sul resto del corpo senza seguire, però, un ordine preciso o prestabilito».
La riccia cercò di non tralasciare nulla, la informò inoltre che, da questo stesso simbolo si potevano riconoscere i vari componenti facenti parte della stessa dinastia. Notizia singolare ed oltremodo gradita, che fece illuminare gli occhi cristallini della biondina, sottolineandone le piccole efelidi che adornavano imprecise il nasino alla francese.
Mi sorpresi quando capii di non essere informata ed aggiornata su molte cose riguardanti la popolazione magica, c'erano state addirittura manifestazioni organizzate dalla "M.G.C." che avevano coinvolto gran parte della comunità. Erano riuscite a riempire le strade di Arteria di gente progressista, attirata, come i folletti al burro, da ogni parte del mondo, i quali avevano colto l'occasione per dare sfogo anche alle proprie idee discordanti con le vecchie usanze ancora praticate, tra cui la richiesta di poter possedere più carrozze volanti e non solo il solito calesse e la solita scopa assegnati ad ogni famiglia, come era stato deciso agli albori della nostra storia, per poter trasportare una maggiore quantità di merce in modo sicuro.
Effettivamente non vi trovavo nulla di male, nessuno moriva di fame ma, certamente, qualche Branchio in più, «le monete d'oro della comunità», precisò Margot a beneficio della biondina, non sarebbe guastato nelle tasche del popolo, da sempre amante della bella vita e cultore di oggetti preziosi.
Alcuni usavano come scusa delle incerte previsioni riguardanti imminenti guerre tra i normali, che minacciavano di conseguenza il nostro benestare da popolo unito e pacifico, "Perlomeno di facciata" pensai, tornando con la mente agli attacchi subiti dal Palazzo che, qualche ora prima, mi aveva confidato il lupetto.
Avrei passato delle ore ad ascoltarla, soprattutto perché sembrava una fonte inesauribile di parole ed informazioni, che, veritiere o meno, aveva raccolto dai tanti clienti di passaggio dalla bottega della madre dove, a quanto sembrava, si trovava spesso ad oziare.
Purtroppo però, presto fummo interrotti dalla perlacea voce della Savia che, alzandosi, diede la buonanotte a tutto il corpo studentesco ed invitò le matricole a seguire lady Pungle e lady Ginze.
Notai che quest'ultime, per la serata, avevano scelto dei vivacissimi completi fioriti, uno di un solerte giallognolo e l'altro di uno psichedelico violetto con annessi bizzarri cappellini poggiati di lato sulla capoccia, quasi fossero foglie cadute rimaste impigliate nel dorato caschetto, la mise giusta per passare inosservate insomma!
I primi ad uscire furono i docenti; l'occhio mi cadde distrattamente su una figura alta e longilinea che, mi accorsi solo in un secondo momento, mi fissava disgustata.
Feci finta di niente e mi intrattenni con gli altri chiacchierando a perditempo finché nella sala non rimase quasi nessuno, solo allora ci avviammo, finalmente rilassati, al seguito delle gemelle, accompagnati dalle ultime pigre risate e da qualche sbadiglio mal celato.
Fummo fermati poco prima di riuscire a mettere piede fuori dalla sala, nuovamente, dalla voce soave ed autorevole della Savia che, non mi accorsi prima, popolava ancora silenziosa la stanza
«Spero che la cena sia stata di vostro gradimento» Ci raggiunse con il suo caratteristico passo morbido ed elegante, rispondemmo con cenni affermativi e qualche esclamazione entusiasta.
«Non avevo dubbi» Continuò, strizzando balzante uno dei due grandi occhi, che, notai solo allora, erano di un grigio ceruleo molto particolare.
«Volevo sapere se avete già pensato agli studenti che preferite condividano con voi le stanze premio» Aggiunse guardando me e Bren «Siete gli unici ad avere il privilegio di scegliere con chi spartire l'incoscienza del riposo» Ci ragguagliò, guardando interessata le due ricce.
«Lei deve essere Margot Baldassàrre» Pronunciò sorridendo in un perfetto accento francese «Porga un caloroso saluto a sua madre da parte mia, cara... chissà magari avremo l'occasione di rincontrarci, nelle sue lettere non tralascia mai di rimarcare l'orgoglio che le trasmette impegnandosi coraggiosamente dove prima nessuno aveva osato» Affermò guardando la ragazza con apprezzamento e pronunciando l'ultima frase come fosse un complimento, Margot, incredibilmente, si inibì e le rivolse solo un sorriso timido abbassando il capo in segno di ringraziamento
«Signorina Lemon Moore, mi rammarico di non essere riuscita ad incontrarla prima, ma la premurosa Miss Coolen mi ha tenuta costantemente aggiornata sulle sue condizioni di salute, sono molto felice di vedere che si è completamente ripresa, so che queste situazioni le recano affanno e confusione, ma non si preoccupi, dallo spuntar del sole verrà condotta nell'area riservata al corso speciale... Così da cristallizzarle al meglio questi nuovi cambiamenti!» Concluse regalandole un sorriso comprensivo
«L-la ringrazio signora» Balbettò Lemon leggermente, abbassando lo sguardo imbarazzata
«Non si preoccupi cara... può chiamarmi Savia Amandine, non sono poi la signora di nessuno» Aggiunse ironizzando con uno sbuffetto aggraziato, Lemon le sorrise e si osò nuovamente a guardarla, incantandosi quasi nei tratti dell'eterea strega
«Tornando a voi preziosi ragazzi, se proprio non avete idea di chi desideriate, avete un paio di giorni di tempo per decidere, basterà informare le guardiane della Maximea» Affermò rivolgendosi nuovamente a me ed al lupetto
«Non ce n'è bisogno, per quanto mi riguarda vorrei condividere la mia camera con Lemon e Margot, sempre che loro siano d'accordo» Pronunciai guardando le due che già assentivano entusiaste.
«Vedo che hanno apprezzato il suo desiderio, mi chiedo chi non lo farebbe in realtà, considerando il privilegio dei cameroni, molto bene, non vi resta che aspettare le direzioni di lady Ginze... Vi accompagnerà volentieri nel vostro nuovo alloggio» Disse non riuscendo a trattenere un sorriso «Anche lei è molto curiosa di prendere visione di questa nuova creazione, in giornata non le ho concesso di sbirciare neanche l'entrata, per tenerla un po' sulle spine, quindi sicuramente sarà più entusiasta di voi ragazze» Bisbigliò ghignando come un'adolescente e coinvolgendoci nella cospirazione «Signorina Lemon, purtroppo però, come le ho appena fatto presente, potrà approfittarne solo per stanotte, ritornerà dalle sue amiche tra sette giorni e sei notti a partire da domani» Le ricordò apprensiva stringendole una spalla con la mano affusolata, la ragazza al contatto si immobilizzò e guardò la Savia con occhi sgranati, mentre quest'ultima si ritrasse al volo senza riuscire a controllarsi, fissandola sorpresa di rimando. Si ricompose quasi subito e si schiarì la gola guardando noialtri, che osservammo la scena confusi.
«Oh, niente di che, un assestamento di energia magica, meglio conosciuto come "il tremorio", nulla di allarmante, comunque» Aggiunse tranquillizzandoci ma divenendo più fredda, vestendosi dell'aura da intoccabile che la contraddistingueva.
«È ora che andiate. Giovanotto può comunicare eventuali novità direttamente alle lady, l'aiuteranno volentieri, buonanotte ragazzi» Concluse allontanandosi verso le porta finestre che davano sullo zampillo senza aspettare risposta, mentre l'aquila le si poggiava, ancora una volta, sul braccio teso ad aspettarla.
Ci scambiammo un'occhiata confusa, ma ci apprestammo comunque a guadagnare terreno per raggiungere le altre matricole, ormai al piano superiore.
Una volta che fummo ben lontani dalla strampalata Savia, chiesi ad una estremamente silenziosa Lemon come si sentisse, ma quest'ultima alzò semplicemente le spalle, camuffando lo spavento con l'indifferenza.
Per il momento non insistetti, decisa a farla parlare una volta da sole nella nostra nuova camera.
Intanto Margot e Bren avevano già dimenticato l'accaduto e continuavano a scambiarsi eccitati opinioni sulle Bomb Jockers, avevo racimolato più informazioni sulle giovani cantanti in un paio d'ore che sui miei nuovi compagni di scuola in due giorni!
Troppo tardi ci accorgemmo che nelle scale c'era qualcosa che non andava o, per meglio dire sulle, fummo investiti da quello che a primo occhio sembrava del denso olio e per poco non ruzzolammo fino al piano inferiore.
I pronti riflessi del lupetto ci aiutarono, rapido afferrò la balaustra con una mano e ci porse l'altra alla quale aggrapparci, Margot, la più vicina al ragazzo, si assicurò subito al braccio teso e mi prese fulminea per la spalla, impedendomi di perdere l'equilibrio mentre bloccavo Lemon per la vita.
«State immobili! Anche un minimo movimento può farci irrimediabilmente scivolare, non allarmatevi, sono ancora tutti in piedi, aspetteremo che passi qualcuno per chiedere aiuto!» Ci avvertì serio il lupetto, scoccando occhiate al di là del pianerottolo, ancora troppo distante dalla nostra posizione per essere raggiunto senza conseguenze.
«Ma che diamine è successo?» Tremò Lemon guardandosi le scarpe inzuppate nel liquido
«Probabilmente siamo vicini all'orario del risveglio della Maximea» Spiegò il lupetto
«Se avessimo già seguito qualche lezione saremmo in grado di risolvere la situazione da soli, accidenti!» Aggiunse guardandosi ancora una volta intorno in cerca di un mezzo che potesse tornarci utile
«Già, un vero peccato!» Lo assecondò Margot sarcastica mentre il procione le rimaneva saldamente attaccato sulla schiena
Dov'erano finite Esme e Len? Ero così presa dal confabulare sull'atteggiamento della Savia da non aver fatto attenzione alla mia Ierofania.
«Esme? Dove sei?» Iniziai a chiamare cercando di capire se fosse rimasta indietro o ci avesse preceduti
«Giusto! Dove sono finite? Possono chiamare qualcuno per chiedere aiuto!» Disse il lupetto tirando un sospiro di sollievo.
Ad un tratto le vidi spuntare dal pianerottolo superiore e subito mi rilassai, almeno Esme era al sicuro, purtroppo però, l'orsetta non fu cauta come la mia felina e si lanciò spensierata sul corrimano, intenzionata a raggiungere l'appartenente più in fretta, considerato che anche lui l'aveva già chiamata un paio di volte, subito dopo che io avevo richiamato Esme.
«No!» Esclamò Bren nel panico «Fermati Len! O ci farai ruzzolare tutti!» Urlò cercando di avvertila senza spostare la mano aggrappata alla balaustra, che agilmente l'orsetta scansò bloccandosi qualche metro più in giù.
«Siano lodati i Divini!» Sospirò il lupetto con un leggero tremolio nella voce, «Torna su delicatamente Len, ci abbracceremo tra un momento» Aggiunse guardandola con affetto
«Esme non avvicinarti» la avvertii «Siamo bloccati qui perché un qualche tipo di sostanza scivolosa che non ci permette di avanzare, chiedi aiuto ad un adulto per favore!» Dissi guardandola annusare diffidente le scale «Fa solo in modo che non sia l'Alvitra e stai attenta!» Aggiunsi mentre si allontanava nel suo passo elegantemente fiero, con la coda e le orecchie tese e in allerta.
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