Capitolo XV
Il flusso cessò di colpo e i rami in procinto di lasciar cadere ulteriori volumi si ritirarono conservando i tomi che avvolgevano. Probabilmente avevo formulato la giusta richiesta, ma per il momento non mi azzardai a verificarlo.
«Finalmente, siano lodati i Divini!» Esclamai sfinita dall'adrenalina che stava velocemente lasciando le fibre del mio corpo.
«Ti ho già detto che sei un'incosciente?» Chiese Bren retorico, con un sorrisino beffardo.
Gli scoccai un'occhiataccia ed iniziai, anch'io, a trasferire gli ultimi volumi che rimanevano ancora nel tectumcognitio.
«Avresti potuto chiedere tu, oh brillante erudito!» Proferii sarcastica, prendendo posto nella poltroncina accanto alla sua.
Lemon scuoteva la testa rassegnata mentre si accomodava al lato opposto del tavolo, a malapena visibile oltre la montagna di libri accatastati.
«Ho un'idea!» Esclamò interrompendo il nostro battibecco e prendendo il libro in cima al mucchio con entrambe le mani, data la grandezza del tomo.
«Che ne dite di iniziare a smistare i volumi? Ci servono informazioni dettagliate sugli strumenti divinatori, giusto? Che dovrebbero essere, tipo degli oggetti che permettono di avere delle visioni?» Domandò perplessa iniziando a sfogliare il primo tomo.
«Sì, più o meno» Le rispose Bren mettendosi al lavoro con il libro che si era trovato di fronte, un piccolo tomo con una copertina verde muschio, elegantemente lavorata.
«"Per strumenti divinatori vengono intesi tutti quegli oggetti o elementi senza una volontà propria che permettono ad un essere dotato di energia magica di avere delle conoscenze, tramite variabili alternative, di situazioni e avvenimenti passati e futuri"» Citai l'introduzione di un'edizione didattica, "L'occhio del sapere", mentre studiavo l'inquietante pupilla riflettente immortalata all'interno della O di "occhio".
«Esatto!» Disse Bren strappandomi il volume di mano.
«Ehi!» Lo rimproverai stizzita, cercando di riprendere possesso del tomo.
«Come pensavo, questo è stato scritto dalla tua più grande fan, Lexie». Annunciò Bren restituendomi il volume con un'occhiata sardonica.
«Cosa?» Chiesi confusa sfogliando velocemente le pagine del libro, «"Alvitra Makenna Zavanna Hurzwaton"» Lessi infine ad alta voce arricciando disgustata il naso, facendo scoppiare a ridere i due.
Gli scoccai un'occhiataccia e, dopo aver dato una rapida scorsa all'indice, accantonai velocemente il volume. «Qui non c'è nulla di utile!» Dichiarai, ancora leggermente piccata.
«A proposito!» Esclamò Bren quasi urlando «Vuoi spiegarmi che diamine ti ha fatto l'Alvitra nell'infermeria? E soprattutto, come hai fatto tu a contrastarla con quell'impeto?»
Avevo quasi rimosso l'accaduto, troppi pensieri affollavano indesiderati la mia mente, l'arrivo sfiancante all'Accademia, l'aver rivisto mia madre e il non aver ancora contattato la mia famiglia per chiedere spiegazioni riguardo a tutto ciò che mi avevano nascosto.
Mi persi così tanto nelle miei riflessioni che dimenticai la domanda di Bren, che continuava a fissarmi in cerca di risposta, mentre Lemon, incuriosita da ciò che avrei potuto dire, cercava inutilmente di distogliere lo sguardo dalla mia figura.
Sorrisi ad entrambi frastornata.
«Scusate ragazzi, troppi avvenimenti! Dicevi Bren? Ah si, l'infermeria... » Dissi riportando la mia mente all'accaduto; «La cara e dolce Alvitra Makenna ha cercato di rovistare nei miei ricordi» Rivelai frustrata sospirando.
«Cosa?» Chiese Bren allarmato, «Ma in accademia dovrebbe essere vietato! Come può aver fatto una cosa del genere? Non si scherza con questo tipo di stregonerie, mia madre mi ha raccontato che sono state punite spesso streghe che hanno abusato di questa magia, Lexie devi dirlo alla Savia!» Concluse il ragazzo con gli occhi spalancati, incapace di restare fermo sulla sua poltroncina, come se stesse aspettando di vedermi già in piedi in procinto di correre al cospetto della preside.
Sospirai ancora una volta, cercando di fare ordine tra i miei pensieri.
«Anch'io ci avevo pensato» Iniziai incerta, «Ma voglio prima cercare di capire perché la megera ha sentito l'esigenza di scartabellare allegramente tra i miei ricordi; molte cose stanno sfuggendo al mio controllo e non ci sono abituata, in più, probabilmente, la Savia sarà già stata avvertita degli accadimenti, voglio vedere cosa ha intenzione di fare» Conclusi, intrecciando sovrappensiero una lunga ciocca di capelli.
«Credo che Lexie abbia ragione, Bren» Mi appoggiò Lemon interrompendo il silenzio assopito che accompagnava le nostre mute riflessioni «Se fosse lei ad informare la Savia, quest'ultima sarebbe costretta a prendere dei provvedimenti e il tutto potrebbe andare anche a nostro discapito: le persone inizieranno a chiedersi cosa sia successo, oltre a ciò che è accaduto in corridoio, e non avremmo la stessa libertà che abbiamo ora di scorrazzare liberi in cerca di risposte» Spiegò.
«In orfanotrofio abbiamo spesso adottato una tecnica simile per prepararci ai cambiamenti indesiderati. Di solito quando qualcuno riusciva ad avere informazioni riservate; nuova famiglia, donazioni extra, bocche in più da sfamare... si creava una rete di informatori ed entro un paio d'ore avevamo tutti i dettagli di cui necessitavamo, così da organizzarci sulla giusta reazione da avere, o in caso di affidi; conoscenze e notizie dettagliate sulle famiglie richiedenti... » Concluse Lemon con un sorrisino furbo ed uno sguardo quasi nostalgico.
«Accidenti! Una piccola squadra di 007!» Dissi guardandola ammirata, lei sghignazzò complice e Bren ci guardò stranito.
«Una squadra di numeri a tre cifre? In che senso? Non l'ho capita» Domandò confuso.
Io e Lemon scoppiammo in una fragorosa risata ed il lupetto, come c'era da aspettarsi, mise su il muso guardandoci con cipiglio.
«Era un riferimento ad un film, con agenti segreti e missioni di spionaggio» Spiegò la biondina; Bren assentì ancora evidentemente confuso.
«Comunque, tornando sull'argomento principale, mi sembra di aver capito che sei riuscita a contrastare l'Alvitra: come hai fatto? È una strega estremamente potente, come ti ho già spiegato... E tu non puoi aver avuto così tanto tempo per allenarti ad eseguire una magia respingente, quanti mesi sono passati dai tuoi quindici anni?» S'informò ancora il lupetto, sempre più curioso.
«Quasi tre mesi, ma tu non hai idea di quanto possa essere autoritaria ed insistente mia zia... È da quando avevo sei anni che mi prepara imperterrita ad eseguire questa magia: "Tu fai parte del primo cameo, piccola mia; non sai quante persone cercheranno di farti del male solo perché pensano che tu abbia informazioni segrete!" Mi ripeteva talmente tanto spesso che sono arrivata a pensare che l'intera comunità magica stesse cospirando contro di me» Dichiarai sbuffando.
«Seguivo periodicamente delle sessioni private con lei e le mie due cugine sue figlie, anche se i miei poteri non si erano ancora risvegliati, ci ha insegnato le tecniche e l'atteggiamento da avere nel caso di un attacco mentale. Fino a questa mattina non ero mai riuscita ad eseguirlo, ma evidentemente le lezioni hanno dato i loro frutti nel momento del bisogno» Conclusi un po' più orgogliosa di me stessa.
«Ma tu sei la terza in linea di successione al trono, perché tanto affanno? Senza offesa, ovviamente, solo per capire» Osservò Bren.
«Okay, forse mi sono persa, sei una specie di reale, Lexie?» S'intromise Lemon leggermente sconcertata. «Si, ma rimandiamo queste spiegazioni a dopo... » Le disse il lupetto rivolgendole uno sguardo di supplica, moriva dalla voglia di sapere.
La situazione, alquanto buffa, mi alleggerì i pensieri e le mie labbra formarono spontanee un sorrisino.
«Hai ragione, ma resta il fatto che faccio comunque parte del primo cameo; se si volesse colpire la dinastia regnante, sarei tra le persone in "pericolo", ma la comunità magica è unita; tranne qualche sporadica protesta non c'è mai stato alcun pericolo!» Esclamai ovvia, mentre sfogliavo annoiata un volume logoro con la copertina traslucida.
«Lexie, ma dove vivi? Negli ultimi cinque anni a Palazzo sono riusciti a sventare tre attacchi!» Mi bisbigliò Bren concitato, «La comunità ne è all'oscuro, per evitare allarmismi, ma tu dovresti saperlo, in fondo è casa tua» Asserì guardandomi turbato.
«Cosa?» Urlai stravolta. «E da chi?» Chiesi con lo stesso tono, allarmando Esme e Len che accorsero leste ai piedi delle nostre poltroncine, lanciando occhiate guardinghe tutt'intorno.
«Shhh, abbassa la voce! Se mia madre venisse a sapere che l'ho detto in giro come minimo mi diserederebbe!» Mi inveì contro il lupo, lanciando occhiate ai tavoli vuoti che ci circondavano.
«Non si sa chi sia stato, ma sospettano che un gruppo di rivoltosi estremisti si sia messo alla carica; non è chiaro il loro scopo al momento, ma se attacchi il Palazzo non puoi avere delle buone intenzioni, in linea di massima» Affermò Bren continuando a bisbigliare animato.
«Vuoi dire che mia zia e la sua famiglia hanno rischiato la vita per ben tre volte e, ancora una volta, nessuno si è degnato di dirmi niente?!» Chiesi ancora urlando a bassa voce, sì, urlando a bassa voce: con tanto di voce strascicata e mimica facciale alterata.
Dovevo scrivere alla mia famiglia quanto prima, ma non sapevo neanche più da dove cominciare; "Che diamine vi salta in testa? Avete subito ben tre attacchi e nessuno mi ha detto niente? E per quanto riguarda la Savia? Vi scambiate le mutande e i Grimori ma io vengo a conoscerla solo dopo averle inveito contro, appena un attimo dopo aver messo un piede in Accademia?!"
Avevo l'assoluto bisogno di ragionare a mente fredda e, nel frattempo, dovevo raccogliere quante più informazioni possibili, vivere tra i normali mi aveva fornito la pazienza e la parsimonia adatte per gestire la situazione, avrei dovuto giocarmi bene le mie carte; almeno finché non sarei scoppiata, buttando per aria buoni propositi e macchinazioni in mio favore.
Mentre confabulavo ipertesa tra me e me, il ragazzo al mio fianco cercava di parlami, probabilmente inventandosi inutili giustificazioni al comportamento che la mia famiglia aveva tenuto nei miei confronti. Quel ragazzo aveva un cuore d'oro ma, in quel momento, avevo bisogno di un cervello di platino.
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