Capitolo VIII

Attorniata da un esiguo gruppo di persone cominciai a piangere, copiose ed incontenibili lacrime solcavano il mio volto scosso.

Qualcuno mi stava sorreggendo per le spalle, avendo cura di non farmi cadere. Voci sconosciute si rivolgevano alla mia persona, ma nei miei occhi riecheggiava l'immagine del viso deturpato dal dolore della donna che mi aveva messa al mondo.

Cercai di frenare la pioggia salata che mi solcava le guance, di comprendere cosa fosse successo, ma – posando lo sguardo su Esme –  sprofondai nuovamente in una valle di lacrime, abbracciai disperatamente il suo folto manto, grata per averla ancora al mio fianco.

Con calma mi ripresi e riuscii a distinguere le voci agitate di lady Pungle e lady Ginze nel bailamme di suoni che giungeva alle mie orecchie; chiedevano apprensive agli studenti che mi accerchiavano cosa fosse successo.

Tra il gruppo di ragazzi si fece largo una figura a me conosciuta, il volto segnato da ansia e preoccupazione, «Lexie! Ti ho sentita urlare, cos'è successo? Stai bene?» Si informò agitato Bren, scavando nelle tasche e tirandone fuori un fazzolettino orlato che si preoccupò di porgermi. Gli sorrisi grata e mi asciugai le lacrime che Esme stava già leccando via.

Spossata e con fatica riuscii a rimettermi in piedi ma, non appena gli fui di fronte, il mio intero corpo prese a tremare convulsamente; senza il tempo di chiedere aiuto, caddi rovinosamente a terra, negli occhi il più profondo degli oblii.

Ripresi coscienza lentamente, avvolta da morbide lenzuola; la mia attenzione fu subito catturata da dei bisbigli e, seppur tentai, non riuscii in alcun modo a riaprire gli occhi, la magia saltellava più insistente che mai in tutto il mio corpo, una reazione che mai avevo avvertito prima di allora.

Mi resi conto di trovarmi distesa su un lettino, circondata da un intenso odore di camomilla e valeriana che cullavano insistenti il mio oblio. Percepii anche l'odore di Esme, che richiamava alla mente fiori esotici e distese di sabbia cocente, e questo bastò per tranquillizzarmi.

Cercai di concentrarmi sulle donne che discutevano; riconobbi tra le due la Savia che interloquiva animatamente con una voce femminile che non seppi identificare. Tentai di muovermi per richiamare a me l'attenzione delle streghe, ma anche questo tentativo fallì, il mio corpo non rispondeva ai miei stessi comandi.

«Ma non è possibile!» Affermò irritata la sconosciuta «Non ha nemmeno iniziato le lezioni del primo anno, Amandine! Avrà avuto un calo di zuccheri, era inopportunamente digiuna» Aggiunse ancor più piccata.

«Non sbaglio molto spesso Makenna, come ben sai. Vorrei che andassi a controllare l'ultima attività degli specchi e mi riferissi più dettagli possibili. Ci andrei io stessa, lo sai, ma in questo periodo sono troppo sensibile agli influssi magici, per di più sono impegnata con i nuovi alunni, un gruppetto da sette ha appena varcato il confine e... »

Non riuscii a sentire altro, che l'oblio mi attirò nuovamente a sé.

Lottai contro il nero più denso per riuscire a svegliarmi, angosciata dalla consapevolezza di non essere cosciente, ma nemmeno in un sogno.

Ancora troppo scossa dalle emozioni in subbuglio ripensai all'immagine di mia madre, rivista per la prima volta dopo dodici lunghi anni dalla sua scomparsa, con le lacrime che feroci le solcavano il dolce viso.

Svuotai la mia angoscia nella frustrazione di quel buio assordante e, quando di me non rimaneva che una coltre indistinta di emozioni, mi tornarono alla mente le parole della Savia; cosa poteva esser accaduto?

Qualcuno improvvisamente prese a tamponarmi la fronte con quello che al tatto sembrava un panno umido ed io, rinfrescata, cercai nuovamente di aprire gli occhi, riuscendoci, finalmente, a fatica. Sbattei le palpebre più volte, ancora tremendamente pesanti, e mi guardai attorno spaesata.

Una donna di mezza età mi stava osservando apprensiva; portava una cuffietta ed un camice turchesi e qualche ciocca di capelli color caramello si ribellava insistente al copricapo, occhi nocciola mi scrutavano giudiziosi, mentre la mano con il panno si riponeva in una bacinella piena d'acqua sul comodino.

Per una strega era molto strano indossare qualche ruga d'età, di solito si affacciavano dopo i trecento anni o, almeno, questo è quello che avevo sentito dire.

«Buongiorno cara, come ti senti? Sei stata incosciente solo per un paio d'ore, ma non si sa mai» Constatò aggiustandomi meglio il lenzuolo sulle spalle.

Solo allora mi accorsi che qualcuno mi aveva messo indosso una vestaglia da notte bianca. Mi guardai confusa, «Mi scusi Miss, chi mi ha cambiata?» Chiesi non ricordando il nome della strega che solo il giorno precedente la Savia aveva nominato.

«Ti ho cambiata io tesoro, niente che non abbia già visto un milione di volte, tranquilla» mi rassicurò.

Tentai di sollevarmi almeno sulla schiena, ma fui assalita da una prepotente emicrania.

La donna mi rimise gentilmente con la testa sul cuscino ed aspettò che riaprissi gli occhi per parlarmi.

«Cara, resta stesa almeno per un altro po'» proferì porgendomi un sorso d'acqua.

«Sospettiamo che tu abbia avuto una specie di "sovraccarico di magia", che ti ha mandato in corto circuito il corpo, anche se questo solitamente succede quando una strega non è abbastanza allenata a compiere determinati incantesimi. Non sappiamo ancora precisamente come sia potuto accadere ma sarebbe davvero utile se tu riuscissi a ricordare qualcosa.» Concluse accarezzandomi la fronte.

«Ah, quasi dimenticavo, io sono Miss Coleen, la curatrice della scuola, anche se tutti i ragazzi mi chiamano la druida per le mie conoscenze della vegetazione, sono ancora convinti che non io lo sappia, facciamoglielo credere!» Affermò facendomi un occhiolino amichevole.

Sorrisi spontaneamente, «Salve Miss Coleen, la ringrazio per essersi presa cura di me, io sono Lexie» Mi presentai. «Comunque non so esattamente cosa sia successo» continuai, intenzionata a non rivelare realmente cosa io ricordassi, non prima di averci capito qualcosa da sola.

«So solo che un attimo prima girovagavo per i corridoi dei dormitori femminili in cerca delle docce e l'attimo dopo non ero più neanche in accademia, però evidentemente nella realtà lo ero, dato che alla fine mi sono ritrovata nuovamente davanti a quegli specchi neri da brividi!» Conclusi, cercando di rimanere il più vaga possibile.

«E quando non eri più in accademia dove ti trovavi?» Chiese Miss Coleen

«Beh – cominciai pensandoci su – Penso in accademia... scusi ma ho ricordi molto confusi. Posso dirle che mi è sembrato di trovarmi nella foresta, ma probabilmente era solo un qualche tipo di suggestione mentale dovuta alla pesante giornata di ieri.» Affermai cercando di essere il più convincente possibile.

La strega mi guardò attentamente, valutando e soppesando la mia risposta, non dovevo essere stata molto convincente e probabilmente capì che le stavo mentendo.

«Va bene Miss Lexie, allora ti vado a prendere qualcosa da mettere sotto i denti» Disse continuando ad assecondarmi mentre si allontanava con la bacinella piena d'acqua in mano, «Magari ti aiuta a ricordare qualcosa!» Aggiunse furbamente facendomi, ancora una volta, l'occhiolino.

«Okay... ragazzi potete anche entrare a salutarla ora» disse rivolgendosi a qualcuno che io non riuscivo a vedere. «Tanto le sareste saltati addosso appena non mi avreste vista più nei paraggi!» Sbuffò divertita tirando via un separé che celava Bren e Lemon intenti ad origliare.

Subito i due si raddrizzarono e mi accorsi che Lemon indossava una vestaglia simile a quella che avevo indosso io stessa. Come sospettavo era ancora in infermeria.

Sorrisero entrambi imbarazzati e si avvicinarono goffamente al mio lettino.

«Sai Lemon, ieri sera mi ero ripromessa di venirti a trovare prima di colazione, ma nei miei progetti ci sarei dovuta arrivare sulle mie gambe!» Annunciai per sdrammatizzare e cancellare l'imbarazzo dai loro visi. I due ridacchiarono come sperato e Miss Coleen si allontanò raccomandandomi severamente di rimanere sdraiata.

Lemon mi abbracciò timida ed io ricambiai come potei, Bren invece si limitò a qualche pacchetta impacciata sul braccio.

«Cos'è successo?» Chiese apprensiva e curiosa la ragazza. «Sei anche tu nel corso speciale come me?» Continuò con una fievole luce di speranza negli occhi.

Nel frattempo mi godevo la dolce sensazione del pelo di Esme sotto le dita.

«Non ne ho idea, ragazzi... Lemon sarebbe bello anche solo perché andremmo a lezione insieme, ma la Savia ieri sera ci aveva riferito, a me ed a Bren, che siamo stati i primi a superare le prove. Non so se in questo caso cambi qualcosa.» Affermai stringendole affettuosamente la mano candida.

«Ehi Bren, è da quando mi sono svegliata che voglio parlarti, dopo quanto tempo dal mio, ehm... grido sei arrivato? E quando mi hai trovata cosa stavo facendo?» Domandai curiosa e preoccupata allo stesso tempo

Bren si grattò la testa pensieroso... «Bhe, Len ti ha sentita molto prima di me ed ha iniziato ad agitarsi, io mi sono messo in allerta di conseguenza e penso di averti sentita solo la seconda volta. Sono arrivato insieme ad altri studenti che stavano scendendo le scale e ti hanno sentita per caso. Non so se vuoi davvero sentire il resto però.» Concluse rammaricato.

Evitava il mio sguardo, doveva essere successo qualcosa di poco simpatico.

Mi posizionai meglio sul lettino, avevo fatto una miriade di figuracce durante gli anni di scuola tra i normali, una in più quanto mai poteva nuocere ancora alla mia autostima ed alla mia reputazione? Cercai mentalmente di convincermene.

«Avanti Bren, spar... ehm, dimmi tutto!» Annunciai decisa.

«Davvero Lexie, non c'è bisogno che tu sappia proprio, proprio tutto.» Annunciò il lupo alquanto titubante.

«Dai Bren!» Sbottai infastidita, «Ce la posso fare, garantito! Non è la prima volta che mi metto in ridicolo, non preoccuparti!»

«Okay... » annunciò sconfitto, «Ricordati che io ti avevo avvertita!» Continuò cercando di farsi coraggio.

«Quando sono arrivato, eri in piedi di fronte agli specchi, gli occhi vacui che fissavano il tuo riflesso... spaventosa. Continuavi ad urlare ed i tuoi capelli levitavano macabri intorno al tuo volto. Ad un certo punto sei scoppiata in lacrime e farfugliavi sconvolta qualcosa, finché un ragazzo non ti ha scossa insistentemente, mi hai fatto morire di paura. Il resto lo sai... » Concluse accarezzando imbarazzato la sua diavoletta della Tasmania.

«Oh... » Esclamai senza parole. «Molto peggio di quanto mi aspettassi, ma grazie comunque per avermi aiutata!» Aggiunsi, cercando di sorridere, cosa che evidentemente non mi riuscii splendidamente, data l'espressione compassionevole che modellava i suoi lineamenti.

Feci un grosso respiro preparandomi alle numerose occhiate che mi aspettavano appena uscita da qui.

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