Capitolo III
Al che Bren scoppiò in un'altra risata diaframmale, ed io – con il viso in fiamme – arretrai al suo fianco e gli diedi una spallata stando però attenta a non far cadere la piccola Lemon priva di sensi.
Avanzammo in silenzio, staccandoci gradualmente dal resto degli studenti erranti, e ci inoltrammo nel bosco, un leggero cicalio ci accompagnava nel nostro cammino notturno.
Incuriosita dal diavoletto della Tasmania – non ne avevo mai osservato uno da vicino – fissavo Len in ogni suo movimento e, senza rendermene conto, cominciai a sghignazzare rumorosamente quando – in maniera piuttosto buffa – si lanciò da un ramo in pendenza al collo del proprio appartenente, che, sorpreso dal repentino abbraccio, rischiò di perdere l'equilibrio.
Presi a ridere sguaiatamente, piegandomi letteralmente in due, ringraziando mentalmente Bren per aver preso lui Lemon in spalla, altrimenti in quel momento saremmo entrambe capitombolate rovinosamente a terra.
«Ehi, non si ride delle disgrazie altrui!!» mi urlò – ridendo – Bren;
«Oh sì, invece! Ti ricordo che da quando ci siamo conosciuti non fai altro che beffarti di me, vendetta lupetto!» Dissi mostrandogli la lingua divertita.
«Su, muoviti lumacone, sta per fare giorno» continuai canzonandolo.
Non riuscii a finire la frase che mi aveva già superata spavaldamente a grandi falcate.
«Adesso chi è la lumaca?» Chiese tutto impettito senza celare il divertimento che gli venava la voce. Procedemmo spensieratamente per qualche tempo con i sorrisi che ancora fregiavano i nostri volti, mentre Esme e Len giocavano in tondo indicandoci al contempo la via.
«Siamo arrivati solo fin qui prima che la tua Ierofania facesse dietro front, ma ho la sensazione che sia nei dintorni. »
«Sì, anch'io sento qualcosa, ma non riesco a capire da che direzione provenga – osservai il ragazzo al mio fianco leggermente provato dal peso di Lemon – ho un'idea, aspettami qua, riprendi fiato e controlla Lemon, io ed Esme perlustriamo velocemente i dintorni per capire dove il richiamo è più forte, una volta capito torniamo indietro e proseguiamo assieme».
Feci per avviarmi, ma Bren mi fermò, «Ma io non ho alcun bisogno di riposo, possiamo andare tranquillamente avanti tutti assieme, non ti libererai così spudoratamente di noi!» Esclamò plateale facendo tendere la massa muscolare che reggeva la bionda.
«Non fare il bambino, lupetto! Torno in un battibaleno; e poi non penso sia molto salutare per Lemon essere sballottata a destra e a manca, aspettami qui, se tra una ventina di minuti non sono di ritorno vienimi pure a cercare.»
«Ma... » cominciò nuovamente il ragazzo
«Niente ma Bren, dobbiamo sbrigarci, Lemon ha bisogno di cure al più presto, e la mia magia, seppur ancora grezza, è più forte della tua; individuerò la giusta direzione e tornerò a prendervi» dissi iniziando ad incamminarmi.
«E, lupetto – aggiunsi voltandomi – torcile un solo capello e sarà l'ultima cosa che farai con i gioielli di famiglia ancora integri» dissi socchiudendo gli occhi minacciosa.
Mi girai nuovamente e proseguii avvolta dal suono gutturale della risata di Bren che mi solleticava la schiena.
Avanzai in fretta con a fianco la mia fedele caracal, e –dopo quelli che mi parevano almeno dieci minuti – non riuscivo ancora a capire che direzione prendere per arrivare all'Accademia, così, in accordo con Esme, usai l'armonizzazione per usufruire dei sensi avanzati della mia felina.
Corsi al suo fianco veloce e silenziosa come il vento ed attraverso i suoi occhi spezzai il buio, sempre più fitto della notte in avanzata, ma niente di tutto ciò che vidi mi aiutò a trovare la giusta via.
Stavo per gettare la spugna, frustrata, quando notai qualcosa di singolare, a cui prima – evidentemente – non avevo dato il giusto peso.
Le parole di mio padre mi riecheggiarono nella testa "non sei tu a trovarla è lei che trova te" e finalmente, presero dei contorni illuminanti e divennero la possibile soluzione a quell'ingarbugliato enigma.
Mentre pensavo a come procedere per non fare errori, sentii la voce di Bren in lontananza che strillava il mio nome, erano già passati venti minuti? Quando il suono si fece più vicino e palpabile iniziai a rispondere al ragazzo, alzandomi in punta di piedi e facendo segno con le mani.
«Bren, sono qui!» Gli urlai di rimando, mentre Esme balzava festante alla volta della nuova amica ritrovata.
«Lexie! Che diamine combini, è passata mezz'ora! Ti ho cercato in lungo ed in largo, non sapevo più che pensare!»
«Eri preoccupato, lupetto? – chiesi maliziosa – ma, bando alle ciance, che indicazioni ti sono state date per raggiungere la Maximeanima Academy?»
«Lexie, ti rendi conto di avermi lasciato da solo con una ragazza svenuta di cui so a mala pena il nome nel bel mezzo di un bosco di notte? Ti conosco da meno di un giorno! » mi rimproverò Bren, frustrato e furibondo.
Ecco, ora forse mi sentivo un tantino in colpa.
«Hai ragione Bren, scusami, scusatemi – dissi a lui e a Len, rendendomi conto del torto fatto – il tempo è scivolato via senza che me ne rendessi conto... però credo di aver capito perché non riusciamo ad avvertire completamente la presenza della Maximea.»
Il lupo e la sua diavoletta mi guardarono, interrogativi, mentre prendevo a girare in tondo
«Bren mi serve sapere cosa ti è stato detto precisamente per raggiungere l'Accademia»
«Ehm, grazie delle scuse – disse grattandosi la testa un po' imbarazzato – allora, dovrebbe essere: "Gira l'angolo subito a destra, prendi la seconda a sinistra, giù, sotto l'arco che attraversa il ruscello delle anime, tre saltelli in senso antiorario, apri e chiudi gli occhi sette volte e mezzo... ed infine, non sei tu a trovarla è lei che trova te!"» Recitò il lupetto a menadito.
«Sì, sì, lo sapevo! Sai cosa mi è stato detto, lupetto?» Chiesi visibilmente eccitata, faticando a trattenendomi dal saltellare nella notte come un'idiota.
«No, ma sono certo che tu stia per dirmelo» rise Bren roteando gli occhi e storcendo il naso per la fatica sempre crescente del tenere Lemon tra le braccia.
«Ovviamente! Ma prima sistemiamo Lemon da qualche parte, non sembri essere proprio a tua agio – dissi improvvisando un materasso di foglie – sdraiala qui, starà bene per il momento».
Dopo aver posizionato Lemon, mi stiracchiai, subito imitata da un ben più affaticato Bren.
«Allora, vuoi sapere o no?» dissi alzando ed abbassando le sopracciglia con fare cospiratore.
«Lexie, sembri una maniaca!» replicò il giovane lupo, beffardo.
«Su, taci! Non rovinarmi il momento, lupetto. Mi sono state date le tue stesse indicazioni e, siccome siamo arrivati tutti e due fin qui, penso sia stata la stessa "filastrocca" per tutti, ma cosa ancora più importante: le indicazioni non sono state portate tutte a termine, almeno fino ad ora, manca la parte finale "è lei che trova te", credo sia una prova» annunciai entusiasta.
«Streghetta ti informo che fino ad ora sono state tutte delle prove; l'apparizione della vecchia villa gotica poteva voler indicare la fede nel prossimo o semplicemente la lungimiranza, il fatto che non ci fosse nessuno che aprisse il vecchio portone inquietante; la dimostrazione di spirito di iniziativa, l'avanzamento nella stanza buia l'esternare coraggio e spirito di adattamento, mentre per il crollo del corridoio – ci rifletté qualche secondo – beh, quello sarà stato semplice sadismo» Concluse Bren con un mezzo sorrisetto complice.
«Sai Bren, ti facevo più tonto, io non ci avevo ancora pensato, geniale!» affermai stupita.
«Che bell'opinione che ti eri fatta di me, miss "non guardarmi il fondo-schiena"!» Esclamò il ragazzo fingendosi offeso, almeno io speravo stesse fingendo, stava cominciando proprio a starmi simpatico il tipetto.
«Simpaticone... okay, quindi questa potrebbe essere una prova di astuzia» tentai guardando attentamente l'orizzonte.
«Del tipo?» chiese Bren interessato
«Concentrati su quel punto, quel vuoto tra i due alberi, lo vedi? È inutile provare ad avvicinarcisi, si allontanerà» dissi prevedendo le mosse del lupetto, mentre quest'ultimo cercava di trovare ciò che gli stavo descrivendo, invano
«Non capisco cosa vuoi che veda» sussurrò concentrato sul punto in questione.
«C'è una specie di chiazza a malapena visibile, tra quei due tronchi, come se indossassi gli occhiali e non li avessi puliti bene» provai ad essere più chiara
«Sì, allora lo vedo!» disse Bren ancora parecchio confuso.
«Perfetto, credo sia un incantesimo di contenimento, dobbiamo "solo" trovare il modo di aggirarlo» dissi mentre cercavo la giusta soluzione tra le mille che affollavano la mia mente
«E tu come fai a sapere che si tratta di un incantesimo di contenimento?» chiese il lupo bianco dubbioso
«A Palazzo ce n'è sempre uno, per evitare che qualche normale ci finisca per sbaglio» spiegai soprappensiero
«E tu come lo sai, abiti vicino al Palazzo? » Mi domandò curioso
«Forse ci sono!» Esclamai euforica mentre mi sfilavo le scarpe
«Lexie, credimi, non ho nulla in contrario se senti l'esigenza di spogliarti, ma non credo sia il metodo giusto per trovare l'accademia»
«Che genio! Ma no, certo che no lupetto! Lo so che ti piacerebbe, ma ho un'idea migliore. Sai, quando qualcuno vuole trovare il Palazzo, dovrebbe conoscere l'ubicazione esatta dell'entrata se non ne è a conoscenza, deve possedere qualcosa che faccia parte dello stesso, come un lasciapassare. Penso che possiamo usare lo stesso principio con la Maximea; io non possiedo niente che faccia parte dell'Accademia e tu?» Chiesi retorica a Bren che scosse la testa e mi guardò interrogativo.
Gli sorrisi «Togli le scarpe!» ordinai concitata.
«Dato che non sappiamo dove si trovi esattamente l'entrata, penso che la nostra unica speranza sia provare a collegarci ad essa tramite il terreno, presupponendo che sia lo stesso dov'è stata costruita, potrebbe essere il nostro lascia passare!» Spiegai eccitata.
«Credo che sarebbe meglio mettere anche Lemon a contatto con il terreno, per sicurezza» asserii mentre mi accingevo a sfilare le scarpe alla biondina, priva di sensi da almeno mezz'oretta ormai.
«Va bene, tanto non abbiamo nulla da perdere» affermò Bren. Si tolse velocemente le scarpe e mi aiutò con quelle di Lemon.
«Bene, ora le posiziono meglio le mani e poi iniziamo» dissi concentrata.
«Lupetto, appoggia le piante delle mani e dei piedi sul terreno e concentrati sull'energia magica che pensiamo venga dalla Maximea» spiegai, per poi mettermi nella stessa posizione, accovacciata con i piedi scalzi e i palmi appoggiati sul terreno.
Mi impegnai con tutta me stessa, sentendo il legame con la terra e sperando che Lemon stesse bene.
Piano piano, riuscii a catturare quel filo di magia invisibile che immaginavo fosse l'Accademia. Tenni gli occhi serrati racimolando sempre più filo e più concentrazione.
«Lexie?» sentii Bren chiamarmi come dal fondo di un pozzo, mentre mi scuoteva gentilmente – gentilmente! – dalle spalle ed io, lentamente, tornavo alla realtà.
«Lexie? Lexie! È fatta Lexie! Avevi ragione! »
Ancora un po' intontita dalla magia guardai l'orizzonte e scorsi il più grande e maestoso edificio gotico che avessi mai visto.
«La Maximeanima Academy! – urlai alzandomi in piedi incredula ed improvvisando un balletto costituito principalmente da saltelli – Finalmente! Sì, sì, sì, ce l'abbiamo fatta!» continuai euforica, saltandogli inavvertitamente tra le braccia e mettendolo in imbarazzo.
«Scusami... ma dopo una giornata come questa avrei voglia di abbracciare anche un pentolone per intrugli! – dissi concitata – non che tu sia come un pentolone... cioè, insomma, sono contenta che siamo arrivati!»
«Tranquilla, nessun problema» sorrise beffardo Bren, mentre mi abbassavo ad accarezzare Esme che si strusciava allegra alle mie gambe «anzi – aggiunse – rifallo pure quando vuoi. Ed ora in marcia, speriamo riescano a capire cos'ha la ragazza.» Concluse riprendendo in braccio Lemon, e affiancando il mio sorriso che estasiato fissava l'Accademia: ce l'avevamo fatta!
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