PILOT




Ho sempre pensato che quando avrei cambiato città, l'avrei fatto per assecondare qualche follia.

Inseguire un sogno che sembrava irrealizzabile.

Dare fastidio ai mei genitori.

Diventare la groupie di qualche cantante e girare con lui il mondo.

Non mi sono mai vista come qualcuno che avrebbe fatto qualcosa del genere per lavoro, o meglio per il mio attuale lavoro, sopratutto in questo momento storico della mia vita.

Insomma, se la redazione di Sky mi avesse chiamato un giorno dicendo "ei, abbiamo visto il tuo blog sulla F1, ti vogliamo con noi" avrei fatto armi e bagagli senza pensarci due volte e mi sarei trasferita ovunque. Ma, ovviamente, non è questo il caso.

Fare l'avvocato praticante è generalmente qualcosa di paragonabile alla schiavitù. Farlo in Puglia, però, è una pacchia.

Tribunali con vista mare; sopralluoghi in posti da mozzare il fiato, tanto che quasi uno spera di dover fare qualche consulenza tecnica ogni volta che un cliente si presenta con un nuovo caso; orari comodi che permettono deliziosi aperitivi pre-serali rigorosamente all'aria aperta trecento giorni l'anno, senza neanche patire troppo il freddo nei mesi più stringenti. E le pause caffè. Ah, le pause caffè.

Non mi è ancora chiaro, quindi, cosa ci faccia precisamente qui, davanti a questo palazzo in un'altra nazione, ad aspettare un agente immobiliare che mi mostri una casa che possa ospitarmi a tempo indeterminato.

Certo, almeno il mare è vicino, di quello non sentirò la mancanza, ma io, che vivo da sola, che decido di cambiare vita di punto in bianco, che vivo da sola, è una roba che non tanto ancora mi convince. E sì, la ripetizione è voluta. Cioè, come si dorme in una casa dove ci sei solo tu e basta? Dove ogni rumore che non proviene da te è un potenziale fantasma?

Beh, credo che lo scoprirò a breve.

Comunque, anche se ancora non capisco come abbia fatto a convincermi, trovare il colpevole di questa decisione è facile. E' partito tutto da questa mia amica, Vittoria.

E' un'amica di famiglia con qualche anno più di me. E' tipo una dea, una mente brillante dietro un viso mozzafiato, nella cui ombra sono vissuta da sempre. Non ci siamo mai trovate in università, ma conosco meglio il suo libretto del mio. I suoi genitori sono così fieri di lei che ne parlano in continuazione, Vittoria di qua, Vittoria di là, e mia madre li ascolta attenta, pronta a riferirmi tutti i motivi per cui Vittoria è e sempre sarà meglio di me. Quando è stata presa in un mega studio a Barcellona, e poi trasferita a Londra, sembrava che avessero generato Einstein. O Elon Musk, che di questi tempi sembra andare più di moda.

Poi, la cara Vittoria un bel giorno è tornata a casa per il weekend e i suoi erano a pranzo da noi, così c'è venuta anche lei. Abbiamo parlato della nostra professione (perchè non potevamo parlare di stupidi ragazzi come facevamo quando eravamo adolescenti?), e l'offerta a quel punto è venuta quasi spontanea.

<<Il mio studio sta aprendo una sede nel Principato di Monaco e mi trasferisco lì, perchè non vieni a fare la mia praticante?>>

Come potevo dire di no all'idolo della mia famiglia? Alla prospettiva di essere cresciuta da una luminare del diritto? Alla fama e alla gloria che mi avrebbero atteso nei tribunali monegaschi?

<<Nei weekend potremmo girare la Costa Azzurra o, beh, qualsiasi posto ci piaccia>>

O forse è per questo che mi sono lasciata convincere?

<<Sai, il nostro studio dà anche un bel rimborso spese ai praticanti>>.

Ah, ecco. Ora ricordo. Il rimborso spese ha sicuramente avuto la sua parte.

E pensare che il mio primo semestre di lavoro l'ho passato senza vedere un centesimo. Anzi, a furia di aperitivi per combattere lo stress sono addirittura andata in perdita.

Chissà qui dove li fanno dei buoni spritz, mi chiedo mentre una mano comincia a tamburellarmi sulla spalla.

<<La signorina... mi scusi, non ha inserito il suo nome nell'application>> esclama la signora apparsa al mio fianco, con una cartellina stretta nella morsa delle braccia e un paio di occhiali da vista scivolati fino a metà naso. Ha un odore discutibile ma un bel sorriso, che presto contraccambio.

<<Donna>> affermo allungandole una mano.

<<Si, lo vedo, io intendevo...>>

<<No, Donna>> cerco di spiegarle, pensando che non dev'essere proprio un nome così diffuso in quel del Principato. <<Come le mogli dei mafiosi. O Donna Summer.>>

<<Ah>> afferma l'altra, leggermente stranita <<Io sono la Signora Rue, cominciamo?>>

Annuisco e afferro la valigia dal manico mentre la donna indica con un cenno il portone del palazzo di fronte a noi.

La signora Rue oggi ha ben due appartamenti da mostrarmi, gli unici che si sono salvati dalla selezione online degli alloggi a Monaco una volta scartati quelli troppo costosi e quelli troppo lontani dal centro. Quest'ultimo filtro non è dettato dalla sfrenata necessità di vivere nel centro della movida monegasca, più per una questione di pura pigrizia. Ci sono stata una volta nel Principato e muoversi a piedi è tremendo, tra tutte quelle salite e discese tortuose, quindi il requisito primario è sempre stato trovare un posto dove vivere che fosse vicino allo studio.

Qui siamo non lontani dal Porto d'Ercole e, sopratutto, soltanto a quattrocento metri dalla sede di Hernest & Wayne nella quale andrò a lavorare. Apparentemente perfetto.

<<Il palazzo fa parte di un complesso moderno ristrutturato dall'architetto Pierre Berges agli inizi degli anni 90, c'è un portiere per dodici ore al giorno e il sevizio di pulizie viene due volte a settimana. Il sistema di climatizzazione è centralizzato. L'appartamento è al terzo piano, l'ascensore è funzionante. Io userei...>>

Mrs. Rue si gira e, prima di poter dire <<le scale>>, si accorge della mia valigia già ficcata in ascensore.

<<Viene con me?>> domando mentre mi ci infilo a mia volta, mantenendo aperte le due porte di legno.

La donna sembra tentennare per un momento, poi mi raggiunge frettolosamente e si appresta a premere il pulsante numero tre. Le sorrido nel silenzio imbarazzato che segue durante il tragitto e lei mi guarda non troppo convinta. Non devo averle fatto un'ottima impressione.

<<Sono quasi un avvocato>> decido quindi di dire, così, dal nulla, sperando che la nozione possa favorire la mia situazione. In realtà è semplicemente qualcosa che amo dire. A tutti.

In qualunque momento.

<<Ottimo>> risponde lei senza troppo entusiasmo.

Di solito sono abituata a riceverne di più.

Dannati monegaschi.

Arrivati al piano è Mrs. Rue che deve giocare con le porte dell'ascensore per aprirle e non appena riesce a liberarci da quella sottospecie di gabbia le tocca darmi una mano con la valigia. Non so sinceramente neanche io come abbia fatto a farla entrare ed estrarla diventa una prova di forza e agilità che fa cigolare fastidiosamente e pericolosamente l'ascensore, probabilmente allarmando anche tutti i condomini.

<<Alla grande>> esclamo non appena io e la valigia riusciamo a metterci in salvo sul pianerottolo, sotto lo sguardo sempre più allarmato della povera donna.

Le mie previsioni sul fracasso che abbiamo combinato non si rivelano errate, tant'è che l'inquilino di una delle due case sul piano apre leggermente la porta, sporgendo la testa in un modo che lo fa assomigliare tanto ad una tartaruga.

<<Tutto bene?>> domanda con la voce roca, come raffreddata.

Mi giro curiosa a guardarlo, sperando di poter avere un'idea del tipo di gente con la quale potrei ritrovarmi a condividere il palazzo, tuttavia a malapena gli si intravede la pelle del viso, mentre il resto è coperto da un paio di grossi e vistosi occhiali da sole, un orrendo cappellino con la visiera piatta e una sciarpa sfilacciata che si appresta ad alzare fino al mento e che vorrebbe probabilmente sembrare ... figa.

<<Salve>> saluto, alzando una mano e abbozzando un sorriso imbarazzato. Non riesco a fare a meno di fissargli quel discutibile capo d'abbigliamento.

<<Sì, sì, tutto benissimo, sono dell'agenzia>> si appresta invece a spiegare Mrs. Rue <<Sto mostrando l'appartamento ad una papabile futura inquilina con una valigia molto pensante>>

La donna si lascia andare in una gracchiante risata che mi fa sollevare le sopracciglia, mentre lancio uno sguardo divertito al dirimpettaio. E poi sì, di nuovo alla sua sciarpa.

Quest'ultimo però non mi dà soddisfazione e torna frettolosamente nel suo guscio, sbattendo la porta.

<<Il vicinato è molto tranquillo, sono tutti molto gentili e disponibili>> comincia Mrs. Rue dopo essersi assicurata della dipartita dell'uomo-tartaruga-brutta-sciarpa-cappello-discutibile.

<<Lo vedo>> attesto, annuendo eccessivamente.

Dopo una breve e avvincente lotta con le chiavi che seguo con entusiasmo, la donna riesce a farci accedere all'appartamento. Veniamo immediatamente inondate da un meraviglioso raggio di luce, proveniente dalle finestre dell'ampio salone che già si riescono a scorgere da lì.

Forse, forse, quella vista mi convince un po' di più di quello che sto facendo.

<<Come avrà letto nell'annuncio, c'è un salone, una cucina, un bagno e una camera da letto. Un tempo erano due, ma la padrona di casa ne ha trasformata una in studio. Potrà comunque trovare una brandina anche lì, nel caso abbia ospiti. Il salone affaccia sulla strada, non sul porto, però nel suo mazzo di chiavi c'è anche quella per accedere al terrazzo e da lì la vista è spettacolare. In cucina trova l'elenco con le regole della casa. Sono sicura che, anche se alcune potrebbero sembrarle assurde, una come lei non farà fatica a rispettarle>>

Aggrotto le sopracciglia interrompendo il giro turistico, non potendo fare a meno di domandarmi che tipo di regole strane potrebbero mai esserci. Per il resto tutto sembra al proprio posto, un arredamento semplice, una bella vista, una camera da letto spaziosa, quindi la curiosità mi porta immediatamente ad andare a cercare la famosa lista.

Mrs. Rue mi segue con lo sguardo ma la sua attenzione viene presto catturata dalla suoneria del suo cellulare, al quale si appresta a rispondere.

<<Vado un attimo in camera>> mima con le labbra quando catturo il suo sguardo.

Scrollo le spalle, sinceramente contenta di poter curiosare in giro in solitaria, e ovviamente finisco in cucina, lì dove sul tavolo è presente un libricino rilegato in cartone. Sulla copertina, in rosso, la scritta "poche e semplici regole per la cura della casa".

Lascio andare una risata, pensando e sperando che l'intento di quel titolo fosse fatto apposta per riderci su. Poche non va troppo a braccetto con almeno cinquanta pagine fronte retro.

Comincio a sfogliare le pagine incuriosita, leggendo qualche regola qua e là.

Niente animali. E ci sta.

Niente feste con più di dieci persone.

E se ne invitassi undici che succederebbe?

In cucina non si frigge.

In fondo, ho sempre amato friggere in salone.

Non si cammina per casa con i tacchi, rovina il parquet e disturba gli inquilini del piano di sotto.

Un pensiero va alle mie meravigliose pantofole pelose a forma di unicorno, che a quanto pare la proprietaria apprezzerebbe parecchio.

Qualcuno tossisce alle mie spalle e quasi strappo la pagina successiva dallo spavento.

Porto una mano sul cuore e mi giro di scatto, pronta a dire a Mrs. Rue che forse, se vuole che le persone prendano in fitto le case della sua agenzia, non dovrebbe attentare alla loro vita.

Poggiato contro lo stipite della cucina però, con le braccia conserte e occhiali, sciarpa e cappello in posizione, c'è l'inquilino della porta accanto.

<<Ciao>> esclama quest'ultimo.

Per un momento credo che non sia effettivamente raffreddato, ma che quella voce rauca sia fatta apposta. E non ho intenzione di indagarne i motivi.

<<Ehi>> rispondo, togliendo la mano dal petto per fargli un mezzo cenno di saluto.

Lui - e il fatto che sia un lui è l'unica cosa che riesce ad intuirsi visto il modo in cui è conciato - si guarda attorno, come fosse a disagio. Si aggiusta la sciarpa sul viso, poi decide di togliersi almeno gli occhiali, facendo però prima un passo indietro.

Un gran bel comitato di benvenuto, devo dire.

<<Hai uno stile... particolare>> decido di fare uno sforzo per interagire, annuendo leggermente e guardando l'unica parte visibile del suo volto: un paio di occhi chiari, incavati, e delle sopracciglia dal taglio arrabbiato.

<<Beh, di solito la gente mi riconosce e comincia a gridare e...>> prova a spiegarsi lui, facendomi aggrottare la fronte.

<<Ah, quindi sei famoso>> attesto senza lasciarlo finire, chiedendomi per che cosa mai un personaggio del genere potrebbe essere diventato popolare. Mi butto sulla cosa più credibile. <<Scusa se non ti ho riconosciuto, non sono una grande fan della musica trap>>

<<Cosa?>>

<<Che?>>

<<Io non...>>

<<Ah non sei uno di quelli...>>

Faccio due mosse con le mani assieme ad una faccia imbronciata, in una pietosa imitazione degli idoli della trap che tanto vanno di moda nella scena musicale (e ai quali potrebbe tranquillamente appartenere il ragazzo che mia sta davanti).

Quest'ultimo scuote la testa, grattandosi la nuca con imbarazzo.

In realtà penso che imbarazzato dovrebbe esserlo davvero, ma per se stesso. Perché quello stile, allora, è piuttosto ridicolo.

<<Vabbè, sono famoso per altro>> decide di tagliare corto <<Comunque sono venuto a proporti un affare>>

Alzo un sopracciglio, poggiandomi con la schiena contro il tavolo (accanto al libro delle regole). Gli faccio segno di proseguire.

<<Sto cercando un coinquilino>> si spiega <<Casa mia è uguale a questa, e qualsiasi sia il prezzo dell'affitto che ti propongono loro, io te lo dimezzo>>

<<Certo che lo dimezzi, loro mi danno un'intera casa e tu solo una stanza...>>

<<E anche questo è vero>>

<<Ma tu fai così? Aspetti che venga la povera Mrs. Rue a mostrare questa casa e provi a rubarle i clienti?>>

<<Sei la prima persona under cinquanta che mette piede in questo stabile in realtà>>

<<Perchè non mettere l'annuncio da qualche parte allora? Persona famosa per motivi x cerca coinquilini>>

<<Mio padre non può sapere quello che sto facendo>>

<<Perchè?>>

<<E' una lunga storia>>

Guardo il ragazzo con fare sospetto, cercando di capire davvero chi ho davanti e cosa mi sta proponendo.

L'idea di pagare la metà dell'affitto che dovrei dare all'agenzia non mi dispiace, la prospettiva di dividere casa con qualcuno neanche in realtà. E' quel qualcuno il problema.

E anche il modo losco in cui tutto ciò sta avvenendo.

Ma decido di dargli una chance.

<<Descriviti in tre parole>> gli dico, non troppo speranzosa.

<<Caotico, irascibile...>> si ferma, prendendosi del tempo per pensare al terzo <<Non è un aggettivo, ma sono famoso per prendere decisioni di merda>>

<<Promettente>> è tutto ciò che mi viene da commentare <<Tu non sai proprio come presentarti bene alle persone>>

<<Vedi, è che prendo decisioni di merda>> controbatte <<E aggiungerei anche che sono un po' troppo sincero>>

Il ragazzo batte si le mani aperte sulla coscia e va a poggiassi sullo stipite della porta, non mostrando però segni di arrendevolezza.

Così decido di continuare il mio interrogatorio, sempre meno tentata dalla sua proposta ma divertita dal tutto.

<<Sei uno che organizza spesso feste a casa?>>

<<Sono più da "invito un paio di amici per giocare alla Play" e poi ci ritroviamo ubriachi a far casino>> afferma con il tono di chi pensa che quella risposta sia nettamente migliore rispetto al dire "sì, organizzo spesso feste", cosa che in realtà avrei gradito <<Però, credimi, ti piacerebbero i miei amici>>

Nella mia testa si figura un gruppo di ragazzi disagiati, conciati come quello che mi ritrovo davanti, intenti a passare le giornate davanti alla televisione circondati da bottiglie di birra vuole e cartoni della pizza impilati.

Certo, mi piacerebbero i tuoi amici.

<<Fumi in casa?>> procedo.

Lui scuote la testa.

Peccato.

<<Problemi con la giustizia?>>

<<Soltanto un processo pendente>> risponde, facendo un gesto con la mano per sminuire il tutto.

Avrei voglia di battermi una mano contro la fronte.

<<Civile o penale?>> chiedo, pronta a scommettere sul secondo.

<<Una roba con l'ONU>>

<<Ah, una cosina>>

Peccato che non esista una perfetta traduzione in inglese di "me cojoni", perchè ci starebbe proprio bene in questo momento. E comunque, la mia espressione rappresenta appieno la locuzione in questione e credo che almeno quella sia internazionalmente riconosciuta.

<<Si ma io non ti sto facendo tutto questo interrogatorio, mi sto fidando>> controbatte lui, cominciando a perdere la pazienza.

Il che non aiuta troppo la sua causa.

<<Non sono io che ti ho chiesto di venire a vivere con me, parlando con una voce che se la sentissi di notte non dormirei per i prossimi cent'anni e bardato dalla testa ai piedi manco fossi Tom Cruise in missione>>

Lo sconosciuto fa per controbattere, ma qualsiasi protesta viene coperta dalla voce gracchiante di Mrs. Rue che con fare sospetto fa saltare lo sguardo da me a lui e viceversa, chiedendo <<che sta succedendo?>>

<<Ho conosciuto Tom Cruise>> decide poi di rispondere lui, come se non avessimo parlato d'altro per tutto il tempo <<E' stato nel mio box una volta, un tipo bassino, simpatico>>

Guardo il ragazzo con fare incredulo, domandandogli silenziosamente cosa crede che me ne freghi che ha conosciuto Tom Cruise, e in che senso è stato nel suo box.

Ma poi, box di che?

<<Guardi, se posso per favore chiederle di lasciare casa e smettere di disturbare Miss Donna>> esclama la donna, indicando con un gesto la porta aperta dell'ingresso.

Il ragazzo spalanca gli occhi.

<<Cioè tu hai fatto storie a me per come sono conciato, e ti chiami Donna?>> domanda quest'ultimo prima di scoppiare a ridere <<Ma che nome è?>>

Una risata spontanea rivela un tono di voce molto meno roco di quello che ha tenuto per tutto il tempo e lo colpisce così forte da farlo destabilizzare per un attimo, quanto basta perchè gli occhiali che si era incastrato sulla visiera del cappello cadano per terra.

<<Su, su, ma che modi sono questi>> continua Mrs. Rue mentre lui si piega a raccogliere l'oggetto.

Mi preparo con un bel dito medio per quanto si rialzerà, mettendo su una faccia scazzata.

Se non fosse che quando torna perfettamente in piedi, troppo impegnato a controllare che le lenti degli occhiali siano a posto, il ragazzo non si rende conto di quanto la sciarpa si sia abbassata, finendo a scoprirgli il volto.

Quando poi i suoi occhi si spostano prima sul mio dito medio, poi su di me, incontrando i miei, sento un tonfo nel petto.

E caddi, come corpo morto cade. 



* qualche momento dopo*



<<Miss Donna, tutto bene, mi sente?>>

La voce di Mrs. Rue si fa sempre più vicina, mentre sento la presenza di qualcosa che batte contro la mia guancia. Ripetutamente.

<<E lei la smetta di schiaffeggiarla>>

<<Ma guardi che si fa così, mica è perchè mi diverte>> esclama l'altra voce, improvvisamente familiare <<Forse giusto un pochino>>

<<Acryerso>> cerco di esprimermi, rendendomi conto però dell'incomprensibilità del tutto.

Riesco ad aprire gli occhi giusto il tempo di vedere due volti sfocati sopra di me, poi la luce mi dà troppo fastidio e sono costretta a richiuderli.

<<Ascesto>> ripeto, provando con più intensità a tornare nel mondo dei vivi.

<<Hai un ascesso?>> domanda il ragazzo, incrementando il ritmo degli schiaffetti.

Il primo, lucido, movimento che riesco a fare è bloccare quella dannata mano, stringendo il suo polso tra le dita.

<<ACCETTO>> riesco finalmente a dire, spalancando gli occhi e sollevando il busto.

<<Affitta la casa?>> domanda giustamente Mrs. Rue, inginocchiata sul pavimento accanto a dove si trovava la mia testa.

Mi porto una mano sulla fronte, un po' per l'imbarazzo, un po' per un improvviso dolore che si espande e che deve essere dovuto alla caduta. O forse a fatto che c'è non un pilota, ma il pilota di Formula Uno del mio cuore.

<<No>> risponde per me il ragazzo, con un ghigno divertito che si impossessa delle sue labbra. E rischio di svenire per la seconda volta. <<Viene a vivere da me>>

Vado a vivere con Max Verstappen.





✨✨
Saaaaaaalveeeee
So che non è ciò che vi aspettavate AHAH non so neanche io da dove esca tutto questo (Non sarà mica colpa per la mia sfrenata passione per Friends/HIMYM/Sex&the city ecc?, no eh)

RAGA QUESTA È UNA TRASHATA, spero sia chiaro. È solo che ho riso tante volte di come sarebbe stato il mio rapporto con Max e alla fine mi sono detta: vediamo di metterlo per iscritto.
In realtà sarà anche un posto per commentare un po' di roba, così alla fine avremo un mix tra una serie tv e un talk show.

AND THIS IS IT.

Non c'è una pubblicazione fissa, va a sentimento (ma ho l'impressione che, una volta iniziate le gare, di sentimento ce ne sarà parecchio).
Quindi spero di avervi rubato qualche risata, e ne approfitto per augurarvi BUONA RACE WEEK.

Ricordatevi di seguirmi su IG (@donna_wattpad) dove spiego molto meglio tutto il progetto di Max&Donna e dove a breve riprenderemo anche con i briefing post gara, e se volete unitevi alla league su F1 Fantasy inserendo il codice: 021efc4e0d

Ciao ci sentiamo nei commenti ✨✨
Vvb, vostra Donna

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