01x02 - "Il modo in cui mi guardi"
<<E questa è la tua stanza>>
Lascio scivolare la borsa fino a farla cadere per terra e poggio la spalla contro lo stipite della porta, prendendomi un attimo per osservare il tutto.
Max imita la mia posa, incrociando le braccia sul petto. Si è liberato di quella ridicola sciarpa e degli occhiali da sole, ma indossa ancora il cappellino. Quell'odioso cappellino.
<<Magari andiamo all'Ikea nel weekend, prendiamo qualcosa di carino, di...femminile>> aggiunge il ragazzo, schiarendosi leggermente la gola. <<Ora porto gli scatoloni di là>>
Senza aspettare una mia risposta il ragazzo si muove frettolosamente fino a raggiungere uno dei tre/quattro scatoloni abbandonati contro il muro e comincia ad impilarli l'uno sull'altro.
<<Diciamo che si vede che...>> mormoro, cercando le parole giuste per descrivere ciò che ho davanti agli occhi. Max, nel frattempo, prova a sollevare tutti i pacchi insieme ma non riesce a farli staccare dal pavimento neanche di mezzo centimetro. Così, prima di rimanere bloccato con la schiena in una posizione piuttosto divertente, decide di sollevarne solo i primi due. <<Che è inabitata>> concludo, in tono abbastanza neutro.
<<Sono mesi che cerco qualcuno a cui sub affittare la camera ma, beh, è complicato>> si spiega, guardandomi dal centro della stanza con un sorrisino colpevole. <<Non pensavo che sarei riuscito davvero ad avere un coinquilino>>
Dà una ginocchiata leggera sotto agli scatoloni per sistemarseli meglio tra le braccia.
<<O coinquilina>> si corregge.
<<Ed io sono l'unica polla ad esserci cascata>> borbotto a bassa voce, in italiano, così che quando lui mi guarda con un'implicita richiesta di tradurre ciò che ho detto, scrollo semplicemente le spalle.
In realtà, la stanza in se non è male. Ha una finestra dal lato opposto alla porta, un letto singolo addossato alla parete, una bella libreria di fronte con una televisione incassata tra le mensole.
E' il modo in cui appare il problema. Spoglia. Disordinata. Il letto è sfatto, il tappeto coperto di briciole. Le mensole della libreria, anziché essere piene di libri, sono stipate con pacchi di patatine, pop corn, RedBull e bibite gassate. In uno scomparto sono ammassati due fucili. In un'altro, delle cuffie.
Torno un attimo sui fucili.
Fucili.
<<E' la nostra sala giochi>> si spiega poi, notando il mio sguardo indagatore <<E quelli sono per il Paintball>>
<<Ovviamente>> rispondo con una risata nervosa.
Alla fine mi decido ad entrare, pensando per la prima volta che questa sarà davvero la mia stanza, il mio angolo sicuro nel Principato di Monaco. Non ha certamente quell'aria confortevole che avrei voluto per una camera da letto.
Ma chi se ne frega?
Dormirò nella sala giochi di Max Verstappen.
Avrei dormito persino ai piedi del suo letto.
Non fare la schifiltosa, Donna.
Max Verstappen.
A meno che questa non sia soltanto una grossa, grossissima allucinazione indotta da qualche gas nell'aria del Principato studiato per mettere fuori gioco i forestieri, questa persona che mi sta accanto è davvero Max Verstappen.
La mia vita è appena diventata la trama di una Fan Fiction.
<<Domani porto tutto in salone, per ora ti libero di questi>> afferma, lanciandomi un'ultima occhiata carica di scuse e imbarazzo. Sparisce con i cartoni tra le braccia e mi prendo il tempo di addentrarmi un po' di più nella camera, dando un'occhiata fuori dalla finestra, passando un dito sulla mensola con infilati l'uno accanto all'altro i vari videoghioni - in base alla polvere si riesce tranquillamente a capire quali preferiscono e quali non vengono usati da decenni-.
Poi, sempre guardando la parete attrezzata, mi viene in mente una domanda.
<<MAX>> lo richiamo.
E' la prima volta che pronuncio il suo nome per rivolgermi a lui e non per parlare di lui e, sinceramente, mette un po' troppa pressione.
Dovrò sicuramente trovargli un soprannome.
<<Cosa?>> grida lui dall'altra stanza.
Si sente un tonfo e non sono troppo sicura di voler andare a controllare.
<<Che intendevi prima?>> domando quindi, facendo finta di niente. Lui arriva dopo qualche momento, tutto trafelato. Mi guarda poggiando entrambe le mani sugli stipiti della porta, bloccando il passaggio. Nell'espressione del viso c'è dipinto un punto interrogativo. <<Quando hai detto "è la nostra sala giochi">> mi spiego.
Max sembra continuare a non capire.
<<Oh, no scusa, non intendevo che ...>> esclama dopo qualche attimo, mettendo prima le mani avanti e poi cominciando a indicare noi due, ripetutamente. La sua faccia è paonazza. <<Non che fosse la nostra...>>
<<No, no, neanche io ...>> rispondo, con un collasso degli organi interni in corso che comincia non appena comprendo ciò che lui pensava di aver inteso. Idiota.
<<Ahh>> dice, prendendo un grosso respiro. Tutta questa faccenda lo sta mettendo parecchio sotto pressione, mi sembra quasi di riuscire a vedere la fronte imperlarsi di sudore. <<I ragazzi vengono qui a giocare alla Play>>
<<I ragazzi>> ripeto.
Giusto per cercare di far sembrare la cosa reale.
<<Daniel, Charles... e Carlos, ultimamente>>
Il modo in cui parla naturalmente di loro non dovrebbe sorprendermi, eppure lo fa. Eccome se lo fa.
Non stiamo parlando mica di un Daniel, un Charles e un Carlos qualunque.
<<Pierre, quando è nel Principato>> aggiunge, contandoli sulle dita della mano <<E Lando qualche volta>
Certamente.
Due stronzi così, a caso.
<<Se ti dà fastidio l'idea che vengano a casa...>>
<<NO, NO MACCHE'>> mi ritrovo a frenarlo, forse con troppo entusiasmo.
<<Vabbè, me ne sarei fregato comunque>> risponde lui, con un sorrisino furbo. Si passa una mano dietro la nuca e mi fa un cenno verso il corridoio <<Ti faccio vedere il resto della casa>>
Annuisco e lo lascio andare per primo, ma non lo seguo subito. Piuttosto, dopo averlo visto sparire oltre la porta, faccio uno scatto verso il letto e mi ci siedo sopra. Passo una mano sulle lenzuola sfatte.
Le chiappe di Max Verstappen sono state qui. E quelle di Daniel Ricciardo. E chissà quali altre chiappe di piloti famosi.
Le mie chiappe sono sulle loro chiappe, o meglio, sulle orme lasciate dalle loro chiappe.
<<Donna?>> esclama il padrone di casa, tornando sui suoi passi.
Scatto in piedi nell'esatto momento in cui sporge la testa nella stanza e prima che possa dire qualsiasi cosa con un balzo lo raggiungo, andando quasi a sbattergli contro complici la foga e il parquet lucido.
Credo stia cominciando a pentirsi della sua proposta ma, ehi, se non fosse stato Max Verstappen, col cavolo avrei accettato di andare a stare in una camera da letto del genere.
Lo seguo lungo il corridoio illuminato dai faretti sul soffitto fino alla porta accanto a quella della mia stanza, ovvero l'ingresso della sua stanza. Decide di aprirla e di farmi dare una sbriciata all'interno. Non mi sorprendo affatto del letto sfatto, dell'armadio con le ante spalancate e i vestiti ammassati sulla sedia, ma apprezzo le pareti grigie e i colori neutri, il collage con le foto di vecchi podi che occupa parte del muro a sinistra, l'intera collezione di monoposto d'epoca che riempie della opposta.
E' una stanza semplice, normale se togliamo il fatto che quello nelle foto sul podio è lui.
Ammassati davanti al letto, ad aumentare il caos, ci sono i cartoni che ha tolto dalla mia stanza.
Di fronte alle nostre (nostre!!!) stanze, si trova l'unico bagno.
<<Dovremo dividerci un po' di spazi>> annuncia, allungando una mano all'interno per far scattare la luce dall'applique vicino l'ingresso.
Una doccia grande, uno specchio lungo sopra il lavandino rettangolare, un gioco di mensole piene di suoi prodotti. Decido autonomamente che in quel "dividersi gli spazi" rientri anche il concetto di aggiungere qualche tocco decorativo in più. Qualche piantina qua e là, dei porta spazzolino decenti, magari abbinati al dispenser del sapone. Cose che probabilmente per Max appartengono ad un mondo ultraterreno.
E comunque, è normale ritrovarsi con le palpitazioni al pensiero di dover fare la doccia nello stesso spazio in cui la farà lui? Chiedo per un'amica.
<<E quella?>> pass a domandargli quando lui sembra porre fine al tour della zona notte, evitando di mostrarmi ciò che si trova dietro l'ultima porta rimasta del corridoio.
<<Quella porta non si apre>> statuisce, guardandomi con fermezza.
<<Se no? Trovo l'accesso per Narnia?>> lo prendo in giro facendomi una risata, abbastanza convinta che stia scherzando.
I suoi occhi chiari, però, si fanno soltanto più guardinghi.
<<Non si apre>> ripete, portandosi un dito davanti al viso e puntandomelo subito dopo contro.
<<Lo sai che questo è il modo peggiore per nascondere qualcosa a qualcuno? Dirgli di non andare a cercarlo?>> gli faccio presente, senza neanche cominciare a dilungarmi sulla più spicciola questione riguardante il fatto che quella sarà anche casa mia.
Come può pretendere che non la veda tutta?
Che ci tiene dentro, i cadaveri dei suoi nemici? I suoi travestimenti imbarazzanti di carnevale? Una stanza per lavorare l'argilla in pieno stile ghost? Certe cose non posso essere dette, sopratutto a qualcuno con una fantasia galoppante come la mia.
Se solo non fossi leggermente inibita da lui, gli elencherei tutte le idee che mi sono venute in mente sull'utilizzo di quella stanza. Ma è inutile negarlo. Sono dannatamente inibita.
<<Niente accesso nella stanza segreta, ho afferrato>> rispondo quindi, scuotendo la testa.
Lascio che la mia mente venga attratta da altre cose sulle quali ossessionarsi.
Tra cui l'enorme nuca di Max.
Il suo collo mi è sempre sembrato imponente nelle foto, ma dopo averlo seguito in lungo e in largo per casa posso dire che è davvero, davvero, spropositata.
<<E siamo di nuovo qui>> afferma, distogliendomi da quelle riflessioni.
Oltre la zona notte, l'appartamento è composto da un salone illuminato da una grossa vetrata con l'affaccio su un balcone e da una cucina - la zona più bella della casa - comprensiva di sala da pranzo. Il tutto ha uno stile pulito, moderno. Niente di troppo ricercato, ma neanche freddo.
Si vede che a Max, dell'arredamento, frega poco e niente, ecco.
Ma nel complesso è una bella casa.
Con il suo permesso, potrei farci grandi cose.
<<Ti lascio del tempo per sistemarti?>> mi domanda, dondolando leggermente sui talloni.
E' strano pensare che questo è soltanto l'inizio di una inquantificabile serie di giornate che passeremo insieme. Io e Max.
A casa nostra.
Annuisco, sorridendogli.
<<Sai, so che dovrei fare bella figura con te e poi sono anche italiana, quindi te lo aspetteresti, ma non ho intenzione di cucinare sta sera>> dico prima di andare a svuotare le valige. <<Sotto pressione faccio roba da schifo>>
<<Pizza?>> domanda quindi, scrollando le spalle.
<<Alla grande>>
Andremo molto d'accordo.
***
Anche dopo aver sistemato le mie cose, la stanza continua a ricordare più la sala giochi più ambita dei piloti contendenti nel campionato 2021 che la mia camera da letto. Tuttavia, almeno ora ha una parvenza di pulito e sul letto ci sono le mie lenzuola - il che ha significato anche dire addio all'idea di dormire con, come compagnia, il profumo di qualcuno dei ragazzi che è passato di qui. Pensare che sarebbe stato il profumo del suo sedere ha certamente aiutato il processo-.
Ho lasciato la porta socchiusa, ma Max prima di entrare si preoccupa comunque di bussare.
<<Ho ordinato le pizze>> esclama dopo aver afferrato il mio "entra". Annuisco. Ma non è usanza del Principato chiedere con che condimento? Va beh. <<Cominciamo a spostare i videogiochi in salone? Ho già liberato una mensola della libreria>>.
Uh, la nostra prima attività insieme.
Stavo finendo di aggiustare le magliette nell'armadio, ma ad una proposta del genere non saprei neanche dire di no così lascio perdere e gli faccio segno di entrare. Max ha con sé uno scatolone vuoto che riempiamo fino all'orlo delle confezioni di plastica con le etichette colorate.
<<Ok, mi tolgo subito le questioni imbarazzanti>> affermo una volta davanti alla libreria, intenti a riempire uno degli spazi vuoti tra le mensole.
Lui mette i videogiochi sparsi e io li sposto mano a mano, aggiustandoli in ordine alfabetico. Se si accorge di questa mia azione, decide di non parlarne.
Piuttosto lo vedo cominciare ad agitarsi per la mia frase.
<<Vai, sono pronto>> mi risponde, prendendo un grosso respiro.
Gli lancio uno sguardo di traverso che lui, invece, evita. Vorrei tanto, tantissimo sapere cosa sta pensando.
Cerco di impedire un sorriso mentre scelgo di prolungare un po' la sua agonia.
<<Ora che viviamo insieme, significa che posso venire a vedere ogni gara?>> esclamo alla fine, riuscendo a mantenere un tono molto più serio di quanto mi sarei aspettata.
Non che la questione non meriti serietà, anzi. E' di fondamentale importanza. Il paletto di tutto il nostro rapporto.
<<No>> afferma però lui, guardandomi dal basso, ora accovacciato accanto al cartone con i videogiochi.
Ha la bocca spalancata e le sopracciglia alzate, in una rappresentazione molto divertente di una faccia stupita.
<<Oh, andiamo, ma sono la tua coinquilina>>
Ho effettivamente un ottimo punto di vista.
<<Ma se non faccio venire neanche mia madre>>
Max scuote la testa, tornando in piedi. La sua spalla, ora accanto alla mia, è di pochi centimetri più alta.
<<Tre gare>> continuo a cercare di barattare, consapevole di avere tutto il tempo del mondo per far diventare tre gare metà del campionato.
Lui comincia a scrutarmi, assottigliando lo sguardo. Io a questo punto proprio non ce la faccio a impedirmi di sorridere. Lo so che sta cedendo. In realtà, quegli occhioni chiari sono molto più espressivi di quanto mi sarei immaginata.
<<Monaco>> afferma quindi, come ultimo termine della nostra negoziazione.
Torna a guardare la mensola ed io faccio lo stesso, sentendomi improvvisamente al settimo cielo.
<<Monaco>> ripeto per suggellare la promessa.
<<Sono tutte qui, le cose imbarazzanti?>> si preoccupa di domandare poi.
<<Oh, sono sicura che ne verrano fuori altre, col tempo>> dico <<Niente di cui preoccuparsi comunque. Tu hai qualcosa da confessare?>>
<<Sono sicuro che verrà fuori col tempo>> mi scimmiotta.
Giuro che se avessi più confidenza gli tirerei uno scappellotto su quella nuca mastodontica che si ritrova.
L'arrivo delle pizze ci impedisce di proseguire.
Max offre la cena, in nome della prima sera, e mentre va a ritirarle dal fattorino corro in cucina a sistemare sul tavolo qualche posata e due tovagliette. Rimango lì ad aspettarlo per una quantità ingiustificata di tempo.
<<Ma che stai facendo?>> grida quindi lui dall'altra stanza.
Con la fronte aggrottata mi sporgo dal muro che delimita la cucina, per poi trovarlo stravaccato ad un'estremità del divano e con il cartone della mia pizza poggiato all'altra.
Anche lui mi guarda senza capire effettivamente cosa stia succedendo.
<<Le pizze si mangiano sul divano>> si decide a spiegarmi.
Certo, è una consuetudine non scritta. Le pizze si mangiano sul divano. Ne ero certamente a conoscenza.
<<Sono già tagliate>> aggiunge, vedendomi tornare indietro.
A quel punto, non mi resta che raggiungerlo.
Seduti l'uno di fronte all'altro, con i nostri cartoni delle pizze sulle gambe e intenti a buttar giù la pizza margherita più brutta che abbia mai mangiato, succede esattamente ciò che temevo.
Il silenzio.
In linea di massima, sono una persona con cui è più che facile chiacchierare. Mostrami un minimo di intenzione e troverò qualcosa di cui parlare finchè non saremo entrambi costretti a smettere, o non deciderò che c'è qualcosa che merita di più la mia attenzione.
Max, beh, sono sicura che non ci sarebbe niente che attirerebbe mai la mia attenzione più di quanto faccia lui. Però mi manca il "La", mi manca qualcosa, e con tutta la pressione che sento a star lì, davanti a lui, a mangiare della pizza stravaccati sul divano come se ci conoscessimo da vent'anni, iniziare una conversazione è la cosa più difficile che abbia mai dovuto fare.
Così semplicemente fisso la mia pizza, poi ogni tanto guardo lui. Cerco di catturare particolari di una scena che mai mi sarei immaginata di vedere nella mia vita. Il modo burbero in cui mastica; i suoi pedi sul cuscino del divano, a pochi centimetri da me. Smettila, mi dico, rendendomi conto del modo strano col quale comincia a ricambiare il mio sguardo.
Mi focalizzo sulla cena ma dura poco. Lo guardo di nuovo e gli sorrido, con la bocca piena di pizza.
Smettila.
<<Ok se dobbiamo convivere devi smetterla di guardarmi in quel modo>> afferma lui, esasperato, gettando il trancio di pizza che aveva in mano nuovamente nel cartone.
<<LO SO CI STO PROVANDO OK>> rispondo con fin troppa enfasi. <<Non so come convivere con una persona come... te>>
<<Ma sono una persona normalissima>> controbatte lui.
<<Ti avevo come sfondo del telefono fino a cinque minuti fa, l'ho dovuto cambiare perchè era troppo imbarazzante>>
<<E' una cosa cringe>>
<<E' una cosa normale, non pensavo di dover venire a vivere con te oggi>> in realtà credo anche io che abbia ragione lui, non metterò mai più come sfondo del telefono una persona famosa. <<E poi non so, vuoi fare conversazione, non vuoi farla, quanto posso disturbarti, quanto no, saremo amici, saremo coinquilini...>>
<<Donna>> mette un freno alla mia serie infinita di dubbi esistenziali <<Trattami come tratteresti qualsiasi altra persona>>
Se lo vuole lui.
Prendo un grosso respiro, e mangio un boccone di pizza.
Penso ad un range di cose di cui potremmo parlare. Non voglio annoiarlo da subito con i pipponi sulla Formula Uno, né vorrei sembrare indiscreta chiedendogli qualcosa di fin troppo personale - come, ad esempio, perchè mai avesse bisogno di una coinquilina a cui sub affittare casa-.
Alla fine rimango con due opzioni. Una riguarda una cosa alla quale tengo parecchio, ma è fondamentalmente una critica e me la tengo.
L'altra, è la mia confort zone.
<<Credevi che il mondo sarebbe finito nel 2012?>> domando con nonchalance.
Max mi guarda in silenzio, sbattendo lentamente le palpebre.
<<In che senso?>> si azzarda a chiedere, stupito, rimanendo fermo in una posa anche piuttosto divertente, con un trancio di pizza sospeso per aria.
<<Andiamo, il 21 dicembre 2012>> lo incito <<Hai fatto qualche follia in vista della fine del mondo o non ci credevi?>>
<<Quasi mi mancano le vecchie e usuali domande, cosa fai nella vita, qual è il tuo cibo preferito...>> commenta, scuotendo la testa <<No, comunque, non ci credevo.
<<Vado con la prossima. Cosa pensi sia successo davvero all'attentato delle torri gemelle?>>
Max si ingozza l'ultimo pezzo di pizza per poi coprirsi il viso con la mano libera. Sotto sotto, però, credo di vederlo ridere.
<<PID?>> chiedo ancora, questa volta scoppiando a ridere a mia volta.
<<Che?>> domanda esasperato.
<<Paul Is Dead?>>
<<Perchè mi sembra che tu abbia appena switchato su una lingua che non conosco?>>
<<Cioè non ti spacchi di video brutti sui complotti tutta la notte?>>
Il ragazzo scrolla le spalle.
Non che mi aspettassi davvero che Max fosse un tipo da complotti, ma sarebbe stato divertente.
<<Sono la mia grande passione>> affermo.
<<Per curiosità, questi sono tipo i tuoi argomenti di conversazione ad un primo appuntamento?>>
<<Non sapevo di essere ad un appuntamento>>
<<Oh, no, infatti, noi siamo passati direttamente alla convivenza>>
Forse i miei "party tricks" a base di complotti non avranno riscosso successo, ma Max ha un tono rallegrato e sentirlo ridere e scherzare mi aiuta, finalmente, a sentirmi un po' più a mio agio.
Pensare che probabilmente sarà anche convinto della mia pazzia non aiuta troppo, ma almeno è divertito. E con divertito, posso lavorarci.
Non mi lascio quindi prendere dallo sconforto quando, andando a buttare sul balcone il cartone della pizza, ci ritroviamo in piedi, l'uno di fronte all'altra, senza sapere cosa fare. Mi dico che è normale un po' di iniziale imbarazzo. Che forse ci sarebbe stato con qualsiasi potenziale coinquilino. E comunque, meglio quello che vivere da sola.
<<Dovremmo andare a dormire>> propone lui.
Alle otto e mezza, di giovedì sera.
<<Già>> dico, battendomi le mani sulle cosce.
Sono anche la prima a muovere il primo passo per tornare verso il salone.
<<Lavori domani?>>
Mi sorprende con quella domanda, così mi fermo in mezzo alla stanza e giro la testa fino a riuscire a guardarlo.
<<Si, tu?>>
<<Si>>
Annuisco prima di riprendere a camminare. Gli lancio un'ultima occhiata ed un mezzo sorriso prima di sparire oltre la porta del corridoio, mentre lui non sembra seguirmi subito.
Andiamo, davvero deve essere questa la nostra prima notte da coinquilini?
Sei molto più divertente di così.
Mi prendo qualche momento per pensare, appena oltre la soglia del corridoio. Alla mia destra c'è la porta socchiusa della mia stanza.
Vuoi davvero andati a chiudere lì?
No, certo che no.
C'è Max Verstappen di là.
Ok, vado.
Faccio dietro front e torno di scatto in salone, soltanto per rendermi conto della presenza di Max a pochi passi da me, intento a venirmi incontro.
<<Vediamo un film?>> domanda lui. Forse avrei dovuto aspettare di sentire la sua proposta, perchè la mia invece, pronunciata nello stesso identico istante, è: <<Ci sbronziamo?>>
<<Ok, hai ragione. Vediamo un film. O potrei farti vedere quei video sui complotti di cui ti dicevo prima>> mi correggo subito.
<<Forse dovremmo ubriacarci>> rilancia però Max.
<<Posso raccontarti la Teoria del complotto del Nuovo ordine mondiale>>
<<Ok, dobbiamo ubriacarci>>
Sorrido.
La pizza è stato un ottimo punto di partenza, ma ora cominciamo a ragionare da coinquilini.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top