22. Confronto
Attesi fuori dall'aula del primo anno che la lezione terminasse. La vita sembrava tornata alla routine di sempre. Era pazzesco che tutti andassero a lezione, a mensa, come se non fosse successo nulla. Nessuno aveva osato richiamarmi all'ordine. Avevo il vago sospetto che Griffen c'entrasse qualcosa, ma le cose non sarebbero andate diversamente comunque: nessuno avrebbe più potuto costringermi alle ridicole lezioni che si tenevano ai corsi base. In fondo io ero quasi laureata. Sicura, bella?
La porta si aprì prima che potessi piombare nuovamente nella commiserazione di me stessa. Bisogna essere concreti e lavorare con ciò che si ha, anche se quel che si ha fa davvero schifo.
Finalmente il mio obiettivo uscì dall'aula, intento a sistemare i libri nello zaino.
"Ciao Jeff".
Jeff sobbalzò e poi fece un cenno nella mia direzione. Continuò a camminare e io lo affiancai. Mi guardò in tralice -sospettoso - e io gli feci cenno di seguirmi in un corridoio di servizio.
Dopo aver controllato di essere fuori vista andai al punto. "Ho bisogno del telefono di Luc".
"Ha un prezzo".
Sospirai. "Non voglio tenerlo, devo solo controllarlo; non lo hai resettato vero?".
Gli occhi di Jeff brillarono rapaci dietro le lenti degli occhiali. "Tutto ha un prezzo, anche una sbirciatina".
Stronzo. Sorrisi melliflua. "Credi mi importi qualcosa dei tuoi sporchi traffici? Dirò al Griff cosa combini e che stai nascondendo degli indizi per ritrovare Luc".
Sbiancò in maniera visibile al di sotto della carnagione scura. Griffen era una specie di eroe per lui. Frugò nella tasca e mi mise in mano il cellulare con stizza.
Anuii soddisfatta. "Te lo ridò stasera".
Fece per controbattere, ma una mia occhiata lo fece desistere.
Mi chiusi a chiave nella mia stanza e cercai nel telefono, senza sapere cosa esattamente. L'ultimo periodo l'avevo visto spessissimo con gli auricolari, per cui cercai la musica, ma le tracce erano tutte vuote. I titoli erano quelli di canzoni innocue, tutte conosciute e che non avrebbero destato sospetti, ma una volta fatte partire... il silenzio.
Mi passai il telefono tra le mani, cercando di figurarmi Luc, di capire cosa avesse spinto quello che era stato il mio ragazzo a fare qualcosa di tanto orribile.
Luc era da solo nella camera che divideva con Arthur, le cuffie nelle orecchie, seduto alla scrivania, lo sguardo vitreo, perso lontano. Premeva sul cellulare come a voler cambiare traccia di continuo. Si chinò fino a poggiare la fronte sul ripiano in legno e iniziò a sbattere ritmicamente la testa. Sollevò di scatto la testa e lanciò il telefono e le cuffie sul letto alle sue spalle, salvo correre un attimo dopo e recuperarli entrambi. Si sedette sul letto e ricominciò ad ascoltare dondolando il busto avanti e indietro.
Lanciai a mia volta il telefono come scottata, preda di un improvviso conato di vomito. Cosa aveva ascoltato? Cosa lo aveva convinto a fare ciò che aveva fatto? Ma tu lo sai Elise, lo ha fatto anche con te. Il progetto.
Corsi fuori dalla mia stanza. Mio padre era capace di cose orribili e andava fermato, ad ogni costo. Su di lui non sapevo assolutamente nulla e avevo bisogno di apprendere il più possibile. Non volevo parlarne con Griffen, mi serviva la versione peggiore, per cui c'era solo una persona adatta.
Bussai alla porta di Lady Irene. Mi fu concesso di entrare e la trovai intenta a sollevare una cornice scheggiata. Quando mi vide posò nuovamente a terra la cornice e mi fece cenno di sedermi.
"Un bel macello eh?", dissi per rompere il ghiaccio.
Annuì. "Troppi Signori della Materia in una stessa stanza, ecco il risultato".
Ero abbastanza certa di essere stata io, ma mi guardai bene dal dirglielo.
"Cosa vuoi Elise?".
"Ho bisogno di sapere tutto su mio padre, credo c'entri lui con quello che ha fatto Luc e su dove sia finito".
"Avresti potuto dirlo ai suoi genitori, sono preda della più totale disperazione e in più gli hai detto che il loro unico figlio è un assassino".
"Non avevo le informazioni che ho ora".
Mi guardò circospetta, valutando quanto potesse fidarsi delle mie parole. "Sei come lei, giusto?". Vedendo che non capivo si accomodò meglio sulla poltrona, incrociando le dita. "Anzi, non solo come tua madre". Si guardò attorno nel suo nuovo e scintillante ufficio. "Hai preso una buona dose da entrambi i tuoi genitori. Purtroppo".
"Non c'è bisogno che ti impegni così tanto per farmi capire che ti sono antipatica, ci sono arrivata un po' di tempo fa".
Sbuffò spazientita e dovetti ammettere che era proprio bella, nonostante indossasse abiti poco adatti all'età che ormai dimostrava. L'austera gonna e camicetta di almeno una taglia più grande non rendevano giustizia alla sua figura. "Non si tratta di simpatia, tu metti in pericolo tutto ciò per cui io ho lottato in questi anni: concedere una vita tranquilla a questi ragazzi, lontano dal pericolo e dai fanatismi".
Era ingiusto. "Non è colpa mia, non ho chiesto tutto questo!".
Mi guardò con pietà. "Sarebbe stato molto meglio che tu non avessi ereditato alcuna delle capacità che sembri avere. Sarei stata ben felice di proteggerti e di concederti le stesse opportunità che avranno gli altri ragazzi".
Risi senza divertimento. "Così avresti potuto continuare la tua vita tranquilla fuori dal mondo insieme a tutti i ragazzi che ti ostini a far crescere come degli inetti emarginati".
"Come osi!", tuonò sbattendo violentemente una mano sulla scrivania.
Repressi il naturale moto di paura che mi colse. Allungai invece un dito e lo posai dolcemente sul ripiano della scrivania. Si ruppe con un sonoro crac dividendosi in una perfetta metà. Mi bastò immaginarlo affinché diventasse reale; pericolosamente facile.
Lady Irene guardò il ripiano con avversione e subito dopo me, con una strana cautela.
Bene, avevo la sua attenzione. "Andrò ad uccidere mio padre e la faremo finita. Dove posso trovarlo?".
"Non lo so, girano informazioni contrastanti. Intendi andare con Griffen?".
Perché sembrava essere la cosa che più le interessava? Scossi la testa con attenzione. "Mettimi a disposizione una macchina e un po' di contanti e sparirò dalla tua preziosa scuola in men che non si dica. Da sola". Lo stomaco mi si contorse all'idea, ma su una cosa Lady Irene aveva ragione: era a causa mia se in tanti erano morti, non potevo avere altri sulla mia coscienza, soprattutto Griffen che già tante volte aveva rischiato per me.
La vidi rilassarsi, per cui sorrisi. "E adesso parlami di lui".
Elise ne sta per fare un'altra delle sue. :D
Alla prossima!
B.
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