21. Visite

Anche l'ufficio di Lady Irene appariva mutato: una scrivania in mogano aveva sostituito quella in laminato e il pavimento era coperto da quello che immaginavo essere un costosissimo tappeto persiano.

Lady Irene non pareva deliziata dai cambiamenti, ma come darle torto: si trovava faccia a faccia con i coniugi Edevane, che pretendevano di sapere dove fosse finito il loro unico figlio, Luc.

La mia presenza era stata richiesta in quanto risultavo essere l'ultima ad averlo visto tre anni prima, anzi il giorno prima, insomma, ci siamo capiti.

Me ne stavo in piedi nelle retrovie ad osservare la trama del tappeto, sperando di non venire più tirata in ballo: non sarebbe stato carino rivelare che probabilmente lo avevo ucciso io in un modo o nell'altro, perché diciamocelo: se io fossi stato un genitore e mio figlio fosse sparito in circostanze legate alla mia presenza nella scuola non avrei potuto farmela andar del tutto bene, per quanto irrazionalmente.

Griffen se ne stava dall'altra parte della stanza a braccia incrociate, sopportando con incredibile imperturbabilità le angosce e le rimostranze della coppia.

"Vi assicuro che stiamo facendo di tutto per trovarlo e vi prometto che avrete delle risposte", tentò di rassicurarli Lady Irene.

Non sentii altro perché così – dal nulla – la visione mi colpì e mi dovetti poggiare alla parete per sostenermi.

La nebbia si sollevò in volute sinuose pronte a sopraffare la ragazza – ero io?- ma l'uomo con gli occhiali si frappose tra loro con il fucile in mano; caricò pronto a sparare, ma una figura solitaria uscì dal cancello principale tendendo la pistola automatica di fronte a sé e sparò: Luc. Aveva l'espressione distorta dalla rabbia e dall'angoscia.

La ragazza non fece in tempo a voltarsi perché la nebbia l'avvolse famelica, facendola cadere al suolo.

Luc osservò la scena per qualche istante tra il rapito e l'inorridito, dopodiché scappò nell'ombra mentre Griffen atterrava agilmente sul materasso - il fuoco nei suoi occhi – mentre sparava in aria per far diradare la nebbia.

Non interruppe la corsa e con un gesto secco si strappò il cappotto di dosso: se lo sfilò ruotandolo attorno a sé, a mo di mantello e senza un minimo di esitazione saltò sino a coprire se stesso e la ragazza che giaceva a terra esanime.

La visione terminò così come era cominciata. Tremavo. Mi voltai a guardare Griffen che stava ancora ascoltando Lady Irene.

Sapevo a grandi linee com'era andata, ma vederlo con i miei occhi era un'altra cosa.

Griffen colse il mio sguardo su di sé e si voltò a guardarmi. La sua espressione mutò quando si rese conto che mi stava succedendo qualcosa, ma la voce della Signora Edevane catturò la mia attenzione.

"Se mio figlio è morto è solo colpa vostra e di questa ragazza", concluse con voce astiosa.

Sentii montare dentro una stranissima sensazione e il tremore che avvertivo aumentò. Era giusto chiarire giusto una cosina: "Vostro figlio non è morto: è un assassino; ha ucciso lui Phil".

A dispetto del mio tono pacato scoppiò un istantaneo putiferio. I genitori di Luc si alzarono in piedi urlando e Griffen, reprimendo a stento un'imprecazione, fece un passo frapponendosi tra loro e me. L'intera stanza iniziò a tremare, i quadri alle pareti si frantumarono sul pavimento.

Che diavolo succedeva? Possibile che fossi io?

"Elise, pretendo una spiegazione!", tuonò Lady Irene alzatasi a sua volta dalla sua poltrona, ignorando i movimenti tellurici della stanza.

Lei voleva una spiegazione... Ma anche io ne volevo una: dove accidenti erano finiti i miei tre anni?

Distolsi lo sguardo e feci spallucce, in fondo era tutto ciò che sapevo.

La musica era cambiata. Non ero più la stessa persona e quella donna non aveva più alcun potere su di me, anche se probabilmente avrebbe potuto annientarmi in un istante solo volendolo. Magari così sarebbe ringiovanita di qualche altro anno, pensai distrattamente mentre uscivo dalla stanza a passi misurati. Nessuno ebbe il coraggio di fermarmi. Quasi nessuno.

"Elise!". La sua voce alle mie spalle mi costrinse a fermarmi e a voltarmi.

Mi raggiunse, mentre già mi preparavo a una discussione.

"E' tempo di andarcene da qui".

Sbattei le palpebre, stupita. "Dove...", cominciai perplessa, ma lui mi interruppe.

"Di questo mi occuperò io; prepara le tue cose e non farne parola con nessuno".

Continuò a osservarmi in attesa di una risposta e non potei non rivedere l'immagine di lui che si buttava nella nebbia per salvarmi. Andare via da lì cosa avrebbe implicato per lui? Avevo bisogno di Griffen, ma potevo essere egoista al punto da metterlo in pericolo? Io ero un bersaglio mobile e avevo il terribile sospetto di aver contribuito in quei tre anni / pochi minuti a qualcosa di terribile. Il progetto di mio padre...

Mi riscossi quando mi accorsi che Griffen mi osservava con paziente educazione, ma anche con quel pizzico di esasperazione che mostrava quando si aspettava una risposta che non arrivava.

Annuii. Sarei partita, ma prima dovevo fare giusto un paio di cose.

I ricordi stavano tornando nitidi man mano che la consapevolezza della realtà faceva presa su di me. La sensazione di sogno stava via via scemando e il fatto che Luc mi avesse tradito faceva più male di quanto volessi ammettere. Ma tu Elise sentivi che qualcosa non andava... Lo sapevi...

Sì, ma lui mi aveva consegnato alla nebbia. Mi aveva condannata a quel limbo infernale. Come aveva potuto... come aveva potuto farmi quello?

.....................................

Ero nella camera che aveva diviso con Arthur sperando di trovare qualcosa, qualche indizio.

"La sua roba è tutta nell'armadio, esattamente com'è successo con Cavendish".

La voce di Arthur, che aveva fatto capolino dalla porta, mi fece sobbalzare. Si buttò stancamente sul letto, con i piedi a penzoloni. Non portava più la fasciatura e sulla fronte c'era una brutta chiazza violacea con una cicatrice ancora fresca.

Lo guardai apprensiva. "Cosa pensi che voglia dire?".

"Non lo so. Forse una coincidenza, ma non credo che sia morto".

Abbassai lo sguardo, sentendomi colpevole. Io sapevo che non era morto, ma dirgli che il suo amico era un assassino lo avrebbe fatto sentire meglio?

Optai per una mezza bugia. "Anche io credo che lui sia vivo. Avrei bisogno del suo telefono per verificare una cosa, ma deve averlo con sé".

Arthur scosse la testa. "Lo ha Jeff; Luc non aveva finito di pagarlo. Lo stronzo è venuto a prenderselo la notte stessa del casino".

Ottimo. Sorrisi a Arthur e mi dispiacque così tanto per lui. Quella brutta ferita doveva fargli davvero male, non lo meritava.

Mi sorrise di rimando, con sguardo stupito. "Ehi, finalmente il mal di testa mi ha dato tregua!".

Abbassai istantaneamente lo sguardo per non permettergli di vedere i miei occhi, sarebbero stati rossi; rossi come quelli di qualsiasi Signore della Materia.

Ero cambiata sotto molti aspetti, ma nessuno doveva saperlo.

Non ancora.


Visto che era pronto, eccolo qui! 

Saluti dal delirio :D

B.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top