17. Rottura
"Ah! Te l'ho fatta anche stavolta!", esultò Arthur mangiandomi l'ultima pedina di dama che mi era rimasta.
Sbuffai - detestavo perdere - ma dovevo ammettere che Arthur era bravissimo, i ragazzi erano tutti costretti a passatempi classici e lui era davvero eccezionale. Mi stiracchiai e mi alzai dal letto per raggiungere Luc che ascoltava musica – sicuramente di contrabbando- dalle sue illegalissime cuffie.
"Dai Lizzie non prendertela, tu sei brava in altro, una ragazza cinghializzata".
Mi voltai a guardarlo in malo modo. "Come, scusa?".
Arthur sollevò le mani, interrompendo la meticolosa sistemazione della scacchiera "Ehi, è un complimento! Tu non sei una tutta "gne gne", sei tosta!".
Continuavo a non essere convinta che associarmi a un cinghiale potesse essere una qualsiasi sorta di complimento, ma lasciai perdere. "Cosa ascolti?", chiesi a Luc sedendomi sulle sue ginocchia e passandogli un braccio attorno alle spalle. Si affrettò ad abbassare le cuffie, mettendo via il cellulare. Mi sorrise. "Niente di che, il solito".
Gli accarezzai una guancia, aveva l'aria stanca. "Stai bene?".
Intrappolò la mia mano tra le sua. "Certo. In questi giorni sto una favola".
Mi irrigidii, accogliendo i sussurri nella mia mente, scrutando nei suoi occhi verdi per capire, per dare un senso al monito ovattato, ma non lo trovai. Potevo solo associarlo alla ormai risaputa antipatia che Luc provava per Griffen. Possibile che fossero collegati? Iniziava a darmi fastidio più del dovuto la sua avversione per il mio maestro. Questo era preoccupante. Mi alzai dalle sue ginocchia cercando di essere disinvolta e gli stampai un rapido bacio sulle labbra. "Ci vediamo dopo, ho lezione con il corso avanzato oggi".
La voce di Arthur mi bloccò sulla porta. "Non avrai problemi da Cavendish, a quanto pare ha tagliato la corda".
Mi voltai di scatto – gelata- "Cosa? E' scappato?".
Arthur sollevò le spalle. "Non si capisce, sembra svanito nel nulla; la sua roba è rimasta in stanza".
Guardai Luc, che mi osservava attentamente in silenzio e cercai di distendere l'espressione. Il dubbio che veramente Griffen avesse fatto qualcosa di terribile mi assalì. Mi affrettai a salutare i ragazzi e uscii dalla stanza con un certo sollievo.
Sapevo che Griffen ne sarebbe stato capace, ma nonostante non potessi dire di conoscerlo veramente, sentivo che non sarebbe stato un comportamento da lui.
Strinsi i pugni nella felpa, ritrovando il laccio rosso sopravvissuto ai vari lavaggi sul fondo della tasca. Volevo strangolarci Griffen con quello... Scossi la testa davanti all'assoluta assurdità, assurda semplicemente perché se non ero in grado in quel preciso istante, figuriamoci settimane prima. Non sarei riuscita a torcergli neanche uno dei suoi bei capelli. Sei sicura Elise? Se solo pensassi veramente alla possibilità di fargli del male...
Scacciai la voce, continuando a sentire un'irrequietezza che non mi abbandonò per l'intera giornata.
Ma fu la sera dopo cena che la situazione mutò. Ci trovavamo riuniti in gruppi come spesso accadeva subito dopo cena a chiacchierare prima di ritirarci nelle nostre celle.
Ci fu del trambusto all'ingresso, vidi Phil e Lady Irene attendere davanti alla porta d'accesso e quando la porta si aprì fece il suo ingresso Griffen. Pur essendo nascosta dietro un gruppo di ragazzi più grandi non potei non notare le sue mani: le nocche erano insanguinate, così come il suo viso e il suo cappotto nero, che sembrava aver visto giorni migliori.
"Finalmente qualcuno gli ha dato ciò che merita", commentò malignamente Luc.
Prima che il fastidio prendesse il sopravvento mi ritrovai a dire l'unica cosa di cui ero certa. "Non è suo quel sangue".
Arthur si voltò verso di me "Ma come fa...".
"Peccato", lo interruppe Luc.
Mi girai lentamente verso di lui che incrociò il mio sguardo con un'espressione di vaga sfida, come se volesse vedere se avrei osato difenderlo.
Detestavo il suo atteggiamento a dispetto del fatto che ne comprendessi il motivo. Ciò mi fece provare un enorme senso di colpa. Luc mi piaceva, ma stavamo giungendo al punto che ascoltarlo denigrare Griffen mi desse quasi un fastidio fisico.
Cercai di ragionare. "Luc, Griffen è l'unico che mi stia realmente insegnando qualcosa, fosse per Lady Irene io sarei ancora chiusa nella mia cella".
Mi prese il polso. "E se stessi lottando sul fronte sbagliato?".
Scossi la testa. "Io non sto lottando, io sto solo cercando di sopravvivere".
Lo vidi combattuto, un'ombra oscurò il suo sguardo. "Credo che dovrai fare una scelta".
Ero allibita e confusa. Come eravamo arrivati a questo punto in maniera così repentina? "Ma che dici, ti rendi conto di quanto siano assurde le tue parole?".
Voltò il viso verso la folla assiepata nell'andito e io automaticamente seguii il suo sguardo. Griffen ci stava osservando in silenzio. Nel momento in cui incrociai il suo sguardo sobbalzai mio malgrado.
Luc mi tirò più forte per il polso, avvicinandomi a lui. Gli avvertimenti esplosero nella mia mente, mettendo definitivamente fine alla mia lotta interiore: non ero il genere di ragazza che poteva semplicemente accettare un atteggiamento del genere.
"Non ti fidare", mi redarguì Luc.
Oh no che non mi fido... Strattonai il braccio per sottrarmi alla sua presa. "Ho chiuso", gli sibilai contro, avviandomi nello stesso momento, verso la mia stanza.
Salii velocemente le scale e lo sentivo che camminava alle mie spalle seguendomi, ma non mi voltai. Una volta giunta in camera la aprii e raccolsi in un fagotto mal fatto le sue cose e le lanciai nel corridoio, insieme al sacco a pelo.
Fu il mio momento di guardarlo con sfida. "Io non mi fido di nessuno".
Non mi restò che chiudere la porta e restare sola; per l'ennesima volta.
Breve capitolo di transizione necessario ai fini del prossimo. Sono in ritardo con la pubblicazione anche questa settimana, ma non so proprio che farci ahahaha Scusatemi!
B.
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