15. Agguato
(Nel capitolo è presente un piccolo spoiler dalla quarta stagione di GOT)
Osservavo in silenzio i corridoi, cercando di decidere quale direzione prendere.
La lezione di oggi consisteva in un grande gioco: io ero la preda e le due classi avanzate concorrevano per acciuffarmi. A quanto pareva in palio c'era l'utilizzo della tv per un totale di quattro ore, un bottino ghiottissimo per i ragazzi in completa astinenza da mezzi elettronici.
Era sera e la maggior parte aveva rinunciato, per fortuna. Ormai troppo stanchi e scoraggiati si erano diretti in mensa perché la cena è la cena e non può concorrere con qualche ora di tv comunque pilotata. Gli organismi di quei maschi in crescita necessitavano di calorie.
La prima parte della giornata era stata semplice e nonostante Luc mi avesse assicurato che avrebbe preso a calci chiunque avesse tentato di introdursi in camera di Arthur per stanarmi, non avevo acconsentito a restare troppo a lungo. Il gioco aveva uno scopo: capire se ero in grado di cavarmela, sfuggire ed eventualmente "lottare" per sopravvivere.
Il mio senso extra era stato di grande aiuto: era sempre più semplice intuire che dietro quei sussurri a volte leggeri, a volte più pressanti ci fossero delle indicazioni, degli avvertimenti che potevo seguire; il corridoio esatto da scegliere per esempio.
Ecco, in questo preciso istante i sussurri nella mia mente litigavano tra loro. Ragazzi, mettetevi d'accordo, borbottai tra me spazientita.
Compresi presto il motivo. Mark Atwood e il suo compare Brian Cavendish sbucarono simultaneamente dai due percorsi tra i quali avrei dovuto scegliere. Ne fui quasi sollevata, almeno i miei avvertimenti si scornavano per un motivo valido.
Probabilmente il mio sorriso fu frainteso perché Brian, che portava i capelli cortissimi e aveva la testa incredibilmente somigliante a una palla da cannone, mi sorrise a sua volta malignamente. "Arrenditi".
"Ragazzi, non posso, ne va del mio onore".
Mark Atwood ridacchiò; era carino, capivo perché a Gillian piacesse, ma secondo me se la tirava un po' troppo. Qualcuno doveva avvertirlo che non era l'unico al mondo ad avere gli occhi azzurri. "Cosa pensi di fare? Non hai scampo".
Incrociai le braccia. "Jeoffrey muore".
L'espressione di Brian mutò e da canzonatrice si fece feroce. "Stronza". Scattò nella mia direzione.
Oh merda. Io scherzavo, pensavo fosse più avanti con le puntate di Game of Thrones che a quanto pare erano la fissa di tutto il carcere. Mi voltai e iniziai a correre verso la direzione da cui ero arrivata.
Non potevo vincere in velocità, per di più avrei potuto incrociare altri ragazzi che magari lasciavano la mensa. Adocchiai il foro nel muro che veniva utilizzato per far scivolare la biancheria nel seminterrato e non ebbi altre idee geniali. Mi ci infilai di slancio e senza pensare a quanto mi sarei potuta far male cadendo mi lasciai scivolare giù. Andrà bene, ci sarà un bel cesto pieno di lenzuola e asciugamani.
Incredibilmente fu così e senza soffermarmi a pensare se fossero puliti o sporchi mi issai immediatamente fuori dal carrello perché un istante dopo mi raggiunse Brian che non aveva per niente l'aria amichevole. Adocchiai una scopa poggiata contro il muro e non ci pensai due volte. La afferrai, staccando con il piede la parte finale e glie la puntai contro, dopo averla fatta coreograficamente roteare con un certo effetto.
"Facciamo così: tu non mi hai visto e io non dirò a nessuno che non sei riuscito a prendermi".
Scosse la testa, il ghigno sul volto lo rendeva vagamente minaccioso. "Ho un'idea migliore: possiamo farci un po' di compagnia e io non ti riporterò dal Griff; che ne dici?".
Sorrisi dolcemente. "Perché non ci ho pensato prima?".
Brian si rilassò e fece un passo verso di me. Era corretto agire come avrei fatto di lì a pochi istanti? Era solo un viscido. Valeva? Vale tutto, rispose la voce di Griffen, che nella mia testa sempre più spesso si trovava a rimpiazzare quella che ero abituata a sentire.
Ruotai il bastone e chinandomi lo sbattei con estrema soddisfazione contro il ginocchio di Brian. Urlò per la sorpresa e per il dolore e si trovò a indietreggiare mentre lo incalzavo ruotando la mia scopa facendola cozzare sotto il suo mento. Non avrei mai raggiunto la perfezione di Griffen; ma potevo certamente accontentarmi.
Brian la afferrò con entrambe le mani, ruotando e costringendomi a piegare di lato. Era forte. Assecondai il suo movimento e mi inginocchiai utilizzando il bastone come leva e facendolo finire schiena a terra. Ero stanca e avevo fame, insomma mi ero scocciata. In quel momento rotolò giù nel cassone anche Mark che evidentemente aveva avuto qualche remora ad affrontare il cunicolo della biancheria.
Osservò Brian a terra e poi me in piedi con la scopa in mano. Sospirai. "Hai preso il numero?".
Mark sorrise. "Per quanto mi riguarda la partita è finita. Hai vinto".
Annuii. "Bravo ragazzo, portati via anche il tuo amico feccia prima che concluda il mio lavoro; sai, la mia consegna era di non lasciare in vita chiunque mi attaccasse".
I due sbiancarono e cercai di non ridacchiare per non tradire la balla appena raccontata. Ebbi come l'impressione che Brian se la sarebbe segnata, ma non mi importava. Certe lezioni vanno date. Punto. Attesi che svanissero fuori dalla porta, dopodiché seguii il percorso che dalla stanza della biancheria arrivava nelle cucine ormai deserte. La mensa era al buio, le sedie rigirate sui tavoli metallici. Era strano osservarla da questa angolazione.
Non avevo mai visto la cucina: era pulitissima, il pavimento ancora leggermente umido dopo le pulizie serali. Era evidente che il cuoco ci tenesse.
Mi avvicinai al grande frigo in acciaio e tirai fuori l'occorrente per farmi un panino. Attesi che la macchina fosse pronta e mi preparai un caffè caldo. Era bello trovarsi in un ambiente familiare: avevo lavorato in diverse tavole calde da quando avevo avuto l'età per lavorare. Mi sedetti a terra al buio e mangiai il panino sorseggiando il caffè caldo.
Sapevo che non era finita. Era strano, ma intuivo che a breve sarebbe arrivato lui, per cui acuii i sensi, cercando di avvertire il più piccolo rumore. Nonostante fossi all'erta, mi prese comunque alla sprovvista e nel momento in cui osservavo la mensa deserta me lo ritrovai a pochi passi da me nella cucina. Cercai di non sobbalzare e continuai a bere il mio caffè con fare indifferente. Si sedette sul pavimento dall'altra parte della stanza.
Tentai di non mostrarmi troppo compiaciuta. "Allora, come me la sono cavata?".
"Dimmelo tu".
"Alla grande!", esclamai tronfia, continuando a sorseggiare il mio caffè.
Griffen mi osservò inespressivo il che equivaleva a dire con riprovazione. "Quante volte hai plasmato la Materia?".
La mia sicurezza vacillò e cercai di giustificarmi. "Non c'era il tanto di darsi tutto quel da fare, te lo assicuro".
"Cavendish si è recato in infermeria con una serio trauma al ginocchio". Non suonò recriminatorio, bensì solamente leggermente curioso.
Un verso sprezzante mi uscì del tutto spontaneamente. "Quel verme ne ha avuto anche poco, mi ha ricattata: prestazioni sessuali in cambio della libertà".
Vidi di sottecchi Griffen diventare perfettamente immobile e le sue iridi mutare nel rosso fuoco che non lasciava presagire niente di buono.
Finsi di non essermene accorta e proseguii. "Però gli avvertimenti mi sono stati veramente utili, sto migliorando nell'ascoltarli, nel capirli".
Griffen fu suo malgrado catturato dalle mie parole, sciogliendo impercettibilmente la sua posa rigida. "Ne sono lieto. Era la principale dote di tua madre".
"Sì, ma chi è ad avvertirmi? Come posso sapere in un certo senso cosa succederà, quale porta aprire?".
Griffen sorrise, lo sguardo lontano. "Anne mi diceva che erano una sorta di echi dal futuro. Ti ricordi quando ti ho detto che il tempo non esiste? Che tutto è già successo?".
Annuii.
"Ecco: se tutto è già successo è possibile avere sprazzi, visioni di ciò che capiterà, perché in fin dei conti è già accaduto. Quelle che vengono comunemente chiamate percezioni sono semplicemente ritorni che alcuni di noi, in genere le donne, riescono a percepire".
"Mia madre cosa vedeva?".
Griffen si osservò le mani. "Tua madre era ciò che di più simile ad un'amica io abbia mai avuto. Era gentile e come te non amava la Materia. Credo che lei ti avesse visto".
Non è che io non amassi la Materia, è che proprio non ci capivamo. "Ti ha detto qualcosa... Su di me?".
Scosse la testa. "Mi riferì solamente che un giorno l'essere più importante della sua vita avrebbe incrociato il mio cammino".
Ebbi la sensazione che non mi stesse dicendo tutto, ma non indagai. Era già abbastanza strano che lui ammettesse così candidamente che fosse amico di mia madre, maestro di Lady Irene... Il fatto che giorno dopo giorno stare accanto a lui diventasse sempre più naturale era la riprova che forse non riuscivo più a stupirmi delle stranezze. Avevo ancora intenzione di darmela a gambe non appena avessi potuto? Nessuna voce mi rispose. Di nuovo. Ero davvero una di loro, ormai?
Interruppe i miei pensieri, alzandosi dal pavimento. "Bene, il test non è ancora concluso".
Lo guardai sospettosa dal basso. Mi alzai circospetta, arretrando sino alla parete dove stazionava l'enorme piastra con i fuochi per cucinare.
Saettai lo sguardo alla ricerca delle vie di fuga percorribili, ma ero spalle al muro. Mi preparai ad affrontarlo, ma improvvisamente alle mie spalle saltarono i tappi dei boccioni di olio per la frittura. Il contenuto si riversò a terra, con una pressione tale da sporcare l'intero pavimento.
Lo guardai esterrefatta ed offesa. Che incredibile mancanza di rispetto: il pavimento era stato appena pulito...
"La materia non è una perdita di tempo". Un sorrisetto increspò le sue labbra e io- testarda come sempre – arrischiai un passo, perdendo immediatamente l'equilibrio con un urletto ridicolo. Griffen si limitò ad allungare una mano e a rimettermi in piedi con delicatezza. "Presa".
Fu umiliante rientrare in camera senza scarpe, scortata da Griffen che per fortuna non infierì, rimanendo in silenzio per l'intero tragitto. Luc mi aspettava sulla porta e non appena lo raggiunsi mi abbracciò e mi baciò la tempia, riservando un'occhiata apatica a Griffen.
Da parte sua Griffen non fece una piega. "Edavane, hai il telefono per la sala controllo. Usalo se serve. Ho da sbrigare una faccenda".
Lo guardai curiosa, non si era mai staccato dalla mia porta dall'episodio della nebbia.
Luc fece un cenno d'assenso, tirandomi gentilmente dentro.
"Buonanotte bambini", disse Griffen mentre già si incamminava a passi decisi lungo il corridoio.
L'allenamento di Elise procede, anche se non proprio come Griffen vorrebbe :D
A martedì!
B.
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