Preludio


Nonostante il cielo notturno completamente limpido e la mancanza di vento dessero un impressionante di tranquillità, il poliziotto Giuseppe Mazzarsi, un sessantenne ormai prossimo  alla pensione, aveva una strana sensazione.
Eppure fino a quel momento il suo semplice giro di pattuglia al porto era stato tranquillo, fatta eccezione per qualche ubriaco che faceva un po' di rumore, ma vista la movida che c'era sul lungomare della città non era niente di insolito.

Probabilmente sarebbe tornato a casa e si sarebbe buttato sul suo letto in anticipo, se all'ultimo minuto i suoi piani non fossero andati in fumo a causa di alcune persone che facevano rumore in un capannone proprio vicino alla sua posizione e una chiamata per disturbo della quiete pubblica da parte di chi viveva lì vicino.
Pensando che si trattasse di un semplice rave party tra ragazzini, si era diretto sul posto, non molto lontano dal porto.
Il capannone in questione era una struttura abbastanza grande, probabilmente un tempo fungeva da magazzino, ma adesso la ruggine e qualche buco nel tetto lo rendevano il luogo perfetto di ritrovo per topi e tossici. Dall'interno proveniva musica trap sparata a tutto volume e risate acute che venivano intervallate da urla e tavoli (o meglio, credeva fossero tavoli) rovesciati.

Con un sospiro stanco e un borbottio che suonava come un "sono troppo vecchio per questo", scese dalla macchina e si avviò all'entrata del capannone.
L'interno, come si aspettava, era vuoto e sporco, con solo qualche tavolo e una scopa, che probabilmente era stata usata per togliere le siringhe, mentre i disturbi, una dozzina scarsa di ragazzini, erano tutti accumulati vicino a un DJ che suonava con un console portatile e due casse audio. Non si accorse che c'erano alcuni tubi in giro, che erano stati annodati come nastri per creare una sorta di scultura, o forse non ci fece caso.
Capendo che urlare non sarebbe servito a nulla, Giuseppe sparò un colpo a vuoto, attirando l'attenzione su di sé.

"Piccioti, mi dispiace interrompere il vostro divertimento, ma domani mattina la gente si alza per lavorare e vorrebbe non avere ore di sonno arretrate", disse l'uomo, cercando di non sembrare troppo severo. Dopotutto, erano pur sempre ragazzi.

Il gruppetto rimase in silenzio per un buon minuto, prima che uno di loro, un ragazzetto di forse tredici o quattordici anni al massimo, si facesse avanti con un sorrisetto di scherno. "Perché, sennò che fai, ci arresti? Le carceri non sono sovraffollate?", disse il ragazzo, causando una risata tra i suoi compagni.

Giuseppe, ora spazientito, indurì lo sguardo "Ascolta ragazzino..." tentò di dire, ma il ragazzo gli mollò un pugno allo stomaco. Ma invece di fargli semplicemente male, il colpo lo fece sbattere contro il muro. L'uomo cadde a terra come una marionetta senza fili e prima che avesse il tempo di rialzarsi, il ragazzino lo prese per i capelli e lo trascinò al centro del gruppo, che aveva smesso di cantare per concentrarsi sul nuovo avvenimento.
"Lasciatemi andare" implorò il vecchio, ma uno di loro gli mise una mano sulla bocca.
"No, no, no, vecchio. Hai interrotto la nostra festa e ora devi pagare" disse il ragazzino, con gli occhi che brillavano di gioia sadica.

Giuseppe fu trovato la mattina dopo, con le ossa completamente frantumate e gli arti strappati. La sua auto invece era stata lanciata sopra i container, a dodici metri da terra. Ma la cosa non stupì più di tanto, in fondo era l'ennesimo cadavere che veniva trovato così.

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