Cap. 19
Marinette era appoggiata con la testa sul petto del suo ragazzo e le loro gambe erano accavallate l'una sull'altra.
Ascoltava il suo petto alzarsi ed abbassarsi a ritmo regolare ed il cuore che batteva lento; sentiva il suo forte braccio tenerla teneramente dalle spalle, mentre l'altra mano era poggiata sulla sua.
Aveva cambiato le bende meno di mezz'ora prima poiché erano sporche di sangue ed aveva messo il ghiaccio per diminuire il gonfiore dovuto ai colpi dati alla rampa dello skateboard in un momento di rabbia.
Sia lei che Gabriel si erano raccomandati che sarebbe andato all'ospedale per controllare che non si fosse rotto qualcosa e, dopo varie lamentele del ragazzo, erano riusciti a convincerlo, sennò non avrebbe più potuto mangiare i croissant del papà di Marinette durante tutta la convalescenza, oltre che non potersi trasformare se non per casi gravi.
La corvina alzò la testa per guardare il ragazzo sotto di lui, osservandolo mentre dormiva.
«Mi stai osservando, Principessa.»
Ok, non stava per niente dormendo.
«C-Cosa?!»
«So che mi stai guardando. Sento il peso del tuo sguardo su di me.» ripeté aprendo un occhio e sorridendole. «La mia bellezza ti impedisce di dormire?»
Marinette gli soffiò sul volto per zittirlo, per poi tornare ad appoggiarsi sul suo petto, sospirando.
«Cosa ti preoccupa?» domandò lui, accarezzandole il braccio con la mano che aveva attorno alle spalle.
«Tutto. Catherine, i tuoi genitori, Lila... tu.» aggiunse a bassa voce, ma il silenzio nella stanza e la loro vicinanza non gli impedì di sentire.
«Mari, ti prometto che non farò nulla di avventato. Non ho più la minima intenzione di andare a caccia di Catherine.»
Marinette alzò la testa ed incurvò verso l'alto un sopracciglio.
«Ok, stavo mentendo sull'ultima parte, ma ascolterò te e mio padre, te lo prometto.» disse, per poi baciarle la punta del naso.
La ragazza si accoccolò contro l'incavo del suo collo, solleticandogli la pelle col fiato. «Non oso immaginare cosa potrei diventare se ti dovessi perdere...» sussurrò.
«Probabilmente diventerai la donna falena che vuole rubate i Miraculous a Catherine per riportarmi in vita perché non puoi restare senza di me.»
«Probabile.»
Adrien la strinse a se, facendola finire sopra di lui con tutto il corpo.
«Ma mi vuoi far dormire?» chiese con un sorriso, sbuffando.
«Non dirmi che sei uscita da camera tua, all'insaputa dei tuoi genitori, solo per dormire con me.» rispose, fingendosi sorpreso.
«Teoricamente volevo controllare come stavano le tue mani per poi andarmene come sono arrivata, ma vederti a torso nudo mi fa uno strano effetto.» sussurrò provocante, percorrendo con l'indice la linea dei pettorali.
«Hai un secondo fine, vero Principessa?»
«Assolutamente no.»
Adrien le prese le labbra in un bacio, sentendola ridacchiare mentre stringeva le mani sul suo petto, facendole scorrere lungo la pelle calda fino ai capelli biondi.
Il ragazzo scese ad accarezzarle la schiena, seguendo la spina dorsale, stringendole leggermente i glutei, per quanto poteva.
«Ahi...» gemette, sentendo una fitta alle mani.
La corvina si staccò dalle sue labbra, sfiorandogliele, prendendo il respiro.
«Non fai più tanto il pervertito con le tue mani distrutte.»
«Posso sempre parlare.» ribatté. «Sento il mio Chat Jr fremere ai soli pensieri che ho in questo momento.» ridacchiò, guardandola provocante.
Marinette arrossì di colpo, prendendo il cuscino accanto a lei per colpirgli il volto.
«Mari! Non respiro!» rise divincolandosi.
La ragazza glielo tolse, guardandolo con le guance gonfie. «Altro che ospedale. Io ti mando all'obitorio.»
«Ma dopo ti mancherei.»
«Questo è quello che pensi tu, Gattino.»
Il giorno successivo, Adrien si alzò prima del solito per andare a farsi controllare le mani.
Aveva promesso a suo padre ed a Marinette che sarebbe andato e, in compenso, aveva guadagnato un periodo di ferie dal lavoro come modello –anche se si trattava di due settimane, ma era meglio di nulla–
Salì in macchina con Nathalie, con il Gorilla che guidava in estremo silenzio e con la sua solita espressione seria; la segretaria premette un pulsante che alzò il vetro protettivo che separava la zona del guidatore da quella dei passeggeri.
Solo Nathalie sapeva la verità e faceva di tutto pur di mantenere il segreto ed aiutare i due Agreste con tutta la faccenda.
«Suo padre si è raccomandato di andare anche a casa di Master Fu per chiedergli scusa della tua reazione.» disse la donna con serietà, scrivendo qualcosa sull'agenda.
«Era mia intenzione di andare subito dopo il dottore.» rispose lui, trattenendo uno sbadiglio. «Allora, come ci si sente ad essere la segretaria del grande Chat Noir?» domandò gonfiando il petto e tirandosi indietro i capelli.
Nathalie arrossì. «Estremamente strana. Non avrei mai pensato che lei fosse l'eroe di Parigi. Per non parlare del signor Gabriel. Certo, era cupo ed estremamente distaccato...»
«...cattivo, sfruttatore, sempre arrabbiato, indelicato ed il padre che nessun ragazzo vorrebbe avere. Certo, posso continuare se vuoi.» esclamò, contando sulle dita gonfie.
Plagg sbuffò da sopra la spalla del suo portatore, facendo sobbalzare la segretaria.
«Volevo dire, –di schiarì la gola.– che dal vostro carattere non immaginavo minimamente che lei, signorino Adrien, è lui.»
«Un ragazzo-gatto in una tuta di spandex nera che tenta in ogni modo di saltare addosso alla sua ragazza perché ha gli ormoni a mille?» si intromise il kwami nero, fluttuando beatamente davanti al volto del biondo.
«Ti sei dimenticato una cosa.»
«Ah già, che fa battute talmente squallide da rendere triste ogni pagliaccio.»
Nathalie rimase in silenzio, non ancora abituata a quella specie di gatto volante.
Sembrava un po' scorbutico, ma si vedeva lontano un miglio che gli piaceva stuzzicare il suo protetto su vari argomenti.
Guardando i due discutere, sorrise scommettendo mentalmente su chi avesse perso la discussione su che cibo fosse migliore.
Il Dottor Julien alzò la cornetta del telefono, premendo sui tasti per comporre il numero del suo laboratorio.
Dopo che sua moglie Catherine lo aveva avvisato del piano che aveva ideato con Lila Rossi, la posseditrice che lavorava per loro, aveva ordinato ai suoi sottoposti di creare dei nemici che potevamo eguagliare i poteri dei Miraculous.
Per ogni mostro che avrebbe mandato, avrebbe scoperto nuovi modi per impossessarsi dei Miraculous del gatto nero e della coccinella.
Attese per qualche secondo, il tempo necessario che uno dei suoi lavoratori rispose.
«È pronta la "Bestia Z"?» domandò in tono serio, facendo capire all'uomo dall'altro capo del telefono che non avrebbe accettato un no.
«È già sull'aereo. Attendiamo un suo ordine per decollare.»
Il dottore ghignò. «Partite.»
Detto ciò, Mark riattaccò, poggiandosi soddisfatto allo schienale della sedia.
Era disposto a tutto pur di veder realizzato il suo piano, anche ideare nuove creature.
Adrien salì le scale verso lo studio di Master Fu.
Dalla visita si era venuto a sapere che, per fortuna, non aveva alcun osso rotto o lesionato, ma solo forti botte che avevano causato grandi e dolorosi lividi.
Gli avevano fasciato le mani e messo dei tutori per impedirgli movimenti troppo bruschi, siccome Nathalie, per conto del Signor Agreste, si era raccomandata una guarigione più che rapida.
Aiutata dalla donna a bussare alla porta, entrò poco dopo aver ricevuto l'assenso di Fu, salutandolo.
«Ecco il mio Maestro Shifu.»
«Sono Fu. Lasciamo stare.» sbuffò l'anziano, sedendosi al tavolino basso.
La conversazione tra i due durò poco perché un ragazzo dai capelli corvini e dagli occhi azzurri sbucò da dietro una tenda.
«Christian?!» esclamò sorpreso.
«Guarda chi si vede. Adrien. Come stai amico?» domandò con un sorriso felice, alzando la mano per fare il batti cinque.
«Potrebbe andar meglio.» rispose lui, mostrando le mani con un po' di imbarazzo.
«Che hai combinato? Hai fatto a pugni con un altro modello su chi era più figo?»
«Nessuno può battermi in bellezza.» rispose vantandosi. «No, ho solo dato sfogo alla mia rabbia repressa. Contro il muro.» precisò, facendo ridere il corvino.
«Il muro è un nemico parecchio duro da mettere a ko. Che ci fai qui?» chiese dopo essersi asciugato una lacrima.
«Sono venuto a parlare con Fu per una piccola questione da risolvere. E tu?»
«I suoi massaggi sono fantastici. Fa sparire come per magia la fatica di dieci servizi fotografici! È fantastico!»
«Almeno qualcuno apprezza le mie dita.» si intromise l'anziano, sorridendo innocentemente al biondo.
Adrien lo guardò storto. «Ora nella mia testa albergano pensieri tutto tranne che puliti. Grazie.» rabbrividì, tornando a guardare l'amico. «Che ne dici di andare a fare un giro più tardi? Così lo chiedo anche ai miei amici di raggiungerci e ti faccio conoscere le persone che mi sopportano da più di un anno.»
«Non vorrei disturbare...» disse Christian arrossendo.
«Se disturbassi non te l'avrei nemmeno chiesto. Aspettami in macchina con Nathalie, parlo con Shifu e scendo.»
«Shifu?»
«È troppo tardi per farmi cambiare opinione sul suo nome.»
Christian era seduto sul bordo della fontana di Place des Vosges tra Adrien e Nino –il migliore amico di quest'ultimo–, parlando del più e del meno mentre che aspettavano le ragazze.
Sapevano che Marinette abitava a meno di cinquanta metri dall'entrata del parco, eppure era in ritardo; e come biasimarla, pensò Christian, dato che l'avevano avvista meno di dieci minuti prima del loro arrivo al parco e lei si era appena svegliata.
Si ricordava di Marinette dalla sfilata del mese passato, quella vinta da Gabriel Agreste e dove la ragazza aveva avuto il grande onore di far sfilare alcune delle sue creazioni, poi aveva avuto occasione di parlarci quando andava a trovare Adrien durante i servizi fotografici.
Era rimasto colpito dal suo talento, dalla sua bellezza e dalla sua gentilezza; Adrien era un ragazzo davvero fortunato ad averla accanto.
Ad interrompere i suoi pensieri, fu l'arrivo di una ragazza dalla pelle scura e dai capelli mori, che li salutò con un sorriso sghembo.
«Tu devi essere Christian. Adrien ci ha parlato di te.» disse porgendogli la mano. «Io sono Alya. Migliore amica di Marinette, compagna di classe -ormai ex siccome è finita la scuola- di codeste persone e fondatrice del LadyBlog.»
Il corvino le strinse la mano ed i suoi occhi si illuminarono all'ultima frase. «Non ci credo! Ti avevo visto in alcuni video sul LadyBlog, ma non credevo di poterti incontrare di persona! Sono uno dei più grandi fan del tuo blog: lo guardo tutti i giorni.»
«Visto Alya, hai un fan.» ammiccò Nino, prendendole la mano.
«Ne sono lusingata. Oltre ad Adrien c'è un altro ragazzo famoso, che conosco, che segue il mio blog. Sono felicissima.» esclamò trattenendo un urlo di gioia.
«Per la verità lo seguono solo perché pubblichi robe interessanti su Ladybug.» puntualizzò Adrien.
«Sei solo geloso perché il mio blog ha superato i tuo follower su Instagram, carino.»
Nino, a quelle parole, scoppiò a ridere e persino Christian fece fatica dal trattenersi, mentre il biondo la guardava con offesa.
«Ciao ragazzi.»
Marinette apparve alle spalle dell'amica, che restituì il saluto, ma si fermò dall'abbracciarla non appena vide da chi era accompagnata: Lila Rossi, la ragazza che si era meritata il titolo di bugiarda patentata.
Adrien si alzò da dov'era seduto, volendo far capire agli altri che dell'italiana ci si poteva fidare, che era cambiata.
«Ehi Mari, era ora!» disse, salutandola con un casto bacio sulle labbra.
«Mentre mi stavo asciugando i capelli ho detto a Lila di venire a casa mia, così saremmo venute assieme all'incontro. Ed eccoci qua.» sorrise nervosa, sentendo il peso dello sguardo di Alya e Nino su di sé.
Adrien si rivolse a Lila: «Ti ha fatto aspettare tanto? Ti ha ingozzata di croissant nel mentre?»
«No, no. Ma sono affogata in tutto quel rosa. La sua stanza è troppo... femminile.» rabbrividì.
«A me piace.» sbuffò lei.
Alya e Nino si scambiarono sguardi complici, capendosi al volò sul fatto che avrebbero testato se fidarsi di Lila nel mentre che passavano il tempo insieme.
Marinette fece un sorriso a trentadue denti. «Christian! Ci sei anche tu!» esclamò sorpresa, avvicinandosi per salutarlo.
«Già. È un piacere incontrarti di nuovo, Marienette.» ripose lui, alzandosi a sua volta per abbracciarla.
«Cavolo, sono una stupida. –la ragazza prese Lila per un polso e la avvicinò a sé.– Lei è Lila Rossi, e anche lei è italiana.» precisò, agitando le sopracciglia.
Christian sbarrò gli occhi. «Davvero? Di che zona?» domandò rivolto alla mora.
«Un piccolo paesino della Toscana. E tu?»
«Io ho origini lombarde. E dimmi, ti sei trasferita per motivi famigliari o per lavoro?»
Lila guardò con la coda dell'occhio Marinette, poi sorrise. «Diciamo un po' per entrambi, già.»
La corvina si allontanò dai due quasi di soppiatto, volendo lasciarli conoscere meglio e sorridendo quando sentiva qualche scambio di parole in italiano.
«Non so te, ma io ho solo capito "pizza". Andiamo a prenderla a Le Caruso?» chiese Alya saltellando sul posto.
«Non hanno nemmeno nominato il cibo... almeno credo.» disse Nino tra sé e sé, venendo sentito dalla sua ragazza e coprendosi il viso per non essere colpito.
«Alya, ma sono le quattro del pomeriggio.» commentò Marinette alzando gli occhi al cielo.
«Con la storia della dieta di mia madre anche in famiglia siamo costretti a mangiare insalata, verdura e frutta tutti i giorni. Ho carenza di carboidrati!» esclamò la mora in risposta, prendendo sottobraccio la corvina e trascinandola verso l'uscita del parco. «Volete venire? Sto morendo di fame!»
I quattro, rimasti a fissarla senza parole, si scambiarono sguardi di consenso, per poi seguire le due.
Adrien fece respirare le mani, che aveva tenuto in tasca fino a quel momento, godendo dell'attimo di frescura dato dall'aria fresca; Nino abbassò lo sguardo, sbarrando gli occhi.
«Amico, che hai combinato?»
Il biondo si grattò la nuca. «Nulla di grave. Ho fatto a pugni con un ladro che tentava di rapinare la mia dolce metà.» rispose, sistemandosi i capelli con fare vanitoso.
«Ha fatto a botte con la rampa dello skateboard.» ribatté Marinette ad un paio di metri di distanza, facendo ridacchiare Lila.
«Principessa! Non dovevi dirglielo!»
«Ed immagino che non devo aggiungere che ha vinto la rampa, vero?» continuò a schernirlo, guardandolo con la coda dell'occhio ed un ghigno divertito sul volto.
Adrien corse verso di lei, ridendo non appena iniziarono una gara ad acchiapparello, mentre i loro amici li guardavano con espressioni divertite.
«Dai Adrien, si sa che Mari ti straccia!» urlò Alya per stuzzicarlo, ricevendo una linguaccia da parte del citato.
All'improvviso, delle urla di terrore arrivarono dal centro del parco e molte persone iniziarono a correre verso le uscite.
Lila raggiunse Marinette ed Adrien, mettendosi sulla difensiva e cercando di avvistare chi terrorizzava il parco attraverso la marmaglia che correva.
Solo quando la folla si fu diradata i sei notarono una creatura dalle fattezze mostruose che si guardava intorno in cerca di qualcosa.
«Ragazzi, forse è meglio fuggire.» disse Nino, afferrando per il polso la sua ragazza appena prima che le venisse in mente di prendere il cellulare ed iniziar a documentare tutto per il LadyBlog.
«Voi uscite da qua, noi vi seguiamo.» disse Marinette cercando di convincere i suoi tre amici.
«Io credevo che Papillon avesse smesso di akumatizzate le persone. Che cosa sta succedendo?» chiese Alya sorpresa, indietreggiando di qualche passo.
«Non credo che quella cosa sia un akuma.» rispose Adrien serio, registrando ogni minimo dettaglio della creatura.
Un ringhio minaccioso uscì dalle fauci di quello che sembrava essere un un mostro dalle fattezze umanoidi: era in piedi su due zampe muscolose, mentre gli arti superiori –anch'essi parecchio sviluppati– terminavano con artigli accumunati e sporchi di terra; folti peli ricoprivano il corpo, non lasciando intravedere il minimo segno di pelle umana; gli occhi gialli fissavano i ragazzi come se li stesse studiando in ogni minimo dettaglio, mentre con il naso giurava l'aria; brandelli di stoffa pendevano da parti casuali del corpo, facendo pensare a Marinette che si trattava dei vestiti che indossava precedentemente.
La corvina faticava a credere che quella creatura era un fosse stata umano.
Assomigliava in tutto e per tutto ad un licantropo.
Con un ululato, si lanciò verso di loro, fermandosi a pochi centimetri da loro, poi aprì le fauci: «Ḳh̀ā c̄hạn.»
Adrien fissò sbigottito la creatura, riconoscendo la lingua straniera; aveva sentito suo padre leggerle dai libro dei Miraculous.
Tailandese, pensò lui.
«Ḳh̀ā c̄hạn.» disse nuovamente il licantropo, inondando col suo fiato fetido i tre portatori.
Christian, senza farsi vedere, trascinò fuori dal parco Alya e Nino, facendoli nascondere nella pasticceria dei Dupain-Cheng, per poi tornare nel parco e nascondersi dietro ad un albero.
«Che sta dicendo?» sussurrò Lila, trattenendosi dal fuggire.
«Non lo so, ma posso immaginarlo.» rispose risoluta Marinette, guardandosi cautamente intorno. «Dobbiamo trasformarci ed allontanarci da qui prima che–»
Le parole della ragazza furono interrotte da delle braccia umane che si allacciarono attorno al collo del mostro, che indietreggiò e ringhiò contro il suo aggressore.
«Fuggite! Mettetevi in salvo!» urlò Christian, avvinghiato al licantropo. «Cercherò di trattenerlo fino all'arrivo di Ladybug e Chat Noir. Correte!»
Guardandosi preoccupati, i tre annuirono, correndo verso il nascondiglio più vicino per ordinare ai loro kwami di trasformarli, per poi lanciarsi subito all'attacco.
Appena tornarono nel parco, videro Christian a terra contro la statua eretta in onore dei due eroi parigini, mentre si sorreggeva una spalla destra ed un rivolo di sangue colava dal sopracciglio destro.
Il licantropo stava per staccare il corvino, quando Ladybug, aiutata dal suo yo-yo, gli immobilizzò il braccio, catturando la sua attenzione.
«Volpina, vai a portare il ragazzo al sicuro.» grugnì, facendo forza contro il mostro.
La mora annuì e, con un agile scatto, fece come le era stato detto, portandolo nella pasticceria dei genitori di Marinette.
«Non credevo che Jacob fosse così arrabbiato con Edward per Bella.» commentò sarcastico Chat Noir, mentendo la posizione d'attacco.
«Ḳh̀ā c̄hạn.» ripeté il mostro, muovendo alcuni passi verso i due eroi.
«Non credo provenga dal mondo di Twilight. A meno che non sia stato doppiato in un'altra lingua.» ribatté Ladybug, facendo roteare il suo yo-yo a lato.
«Allora dici che Luke Garroway è venuto a salvare Jocelyn?»
«Chat, la vuoi smettere con le battute per un secondo? Dobbiamo capire cos'è questa cosa.» gemette la corvina, chiudendo gli occhi e pizzicandosi il ponte del naso.
Il felino non fece in tempo a ribattere che l'ululato del mostro strappò l'aria, per poi vederlo tenersi la testa tra gli artigli affilati.
«Che sta succedendo?» chiese Lila, raggiungendoli.
«Non lo so, ma approfittiamo della sua distrazione.» rispose Ladybug, osservando il licantropo mentre barcollava. «Volpina, confondilo con le tue proiezioni, io lo immobilizzerò con il mio yo-yo.»
«Ed io che faccio?» domandò il biondo guardando la sua ragazza, confuso.
«Tu hai le mani distrutte. Resta qua e non osare metterti in mezzo.»
Chat la guardò sbarrando gli occhi, mettendosi dritto sulle gambe e chiedendo con lo sguardo il perché a Ladybug, ma lei si era voltata verso il loro nemici non appena un altro ululato catturò la sua attenzione.
«Ḳh̀ā c̄hạn! Ḳh̀ā c̄hạn! Ḳh̀ā c̄hạn! Ḳh̀ā c̄hạn!» urlò, lanciandosi verso gli eroi, che schivarono l'attacco.
Chat Noir, seppur contro la sua volontà, diede ascolto alla sua Lady, atterrando agilmente sulla statua di bronzo eretta un anno prima in onore dei due eroi parigini; osservò il licantropo, ascoltando l'unica frase che ripeteva in continuazione.
Poi, notò una cosa che lo lasciò senza parole.
Lacrime.
Il licantropo stava piangendo.
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Le cose strane succedono.
Dai, il prossimo capitolo sarà... ok. Non c'è lo dico perché sennò vi rovina tutto :3
A mercoledì :D
FrancescaAbeni
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